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Autore: DarkYuna    01/02/2024    0 recensioni
"Se amarla è una condanna... allora che io sia dannato.".
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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7.








La luce si dissolve, assorbita dalla notte come un segreto celato dagli angoli più oscuri dell'universo. Nell'aria, il profumo di mistero e passione si fa sempre più fitto, intanto che i destini si tessono in un abbraccio fatale. Tutto è calma apparente, ma gli incubi si annidano nell'ombra, pronti a risvegliare orrori sepolti nei segreti dell'anima.
Nelle settimane successive la vita prende una piega inaspettata, è un susseguirsi di sorrisi, felicità mai saggiate, premo a fondo il pedale dell’acceleratore, una follia in cui mi butto ad occhi chiusi, il cuore palpita frenetico, mi rendo conto di quante cose mi sono privata per timore di vivere troppo… e che sapore ha l’amore.
Il vero amore. 
 
 
Ma chi è nato nelle tenebre, non può sperare di vivere nella luna, poiché, presto o tardi quelle tenebre da cui rifugge lo colpiranno per riportarlo all’inferno.
 
 
Ed è per questo che adesso sto guidando a rotta di collo giù per la  "La Collina delle Rose Nere", è un sussurro, solo un flebile e debole sussurro al risveglio di uno degli incubi più agghiaccianti, che mi spinge a superare i limiti consentiti di velocità per raggiungere il centro del paese. Ho il cuore che brucia di una pira animalesca, i polmoni liquefatti dal panico più raccapricciante, proprio come quando è accaduto con mio padre, la replica è la medesima, un terrore che squarcia e si ciba del buonsenso. 
 
 
Rischio di finire fuori strada due volte, non importa, la mia vita non conta, l’obiettivo è arrivare prima della Morte: la partita oggi la sto giocando con lei.
Parcheggio il SUV in doppia fila, lascio perfino il motore acceso, lo sportello aperto e scendo a rotta di collo, corro per la strada del mercato del paese dove lavora Aidan.
Un vivace spettacolo di colori, suoni e odori mi passa attorno.
Le bancarelle sono piene di prodotti freschi e artigianali, una varietà di frutta e verdura, disposte in file ordinate come gemme in una corona naturale. Le arance brillano come piccoli soli, le mele emanano un loro profumo avvolgente e le fragole piccole pietre preziose rosse. I venditori di formaggi offrono un assortimento di gusti e profumi che tentano i visitatori, con il loro richiamo irresistibile.
Nelle bancarelle dei fiori, mazzi di petali colorati si coordinano, diffondendo un olezzo che cattura i sensi. I banchi di spezie esplodono di aromi di terre antiche in cui sono stata.
 
 
La strada chiusa al traffico è animata da artisti di strada che suonano musica tradizionale, una colonna sonora vivace. I turisti si spostano pigri tra i banchi, devo schivarli, mi rallentano, sono costretta a spingerli malamente. Più di qualche volta mi becco delle rispostacce poco gentili, di norma replico per le rime, ma gli insulti mi scivolano addosso come acqua fresca d’estate, ho cose più importanti alla quale prestare attenzione.
Cerco disperata i tratti familiari nei volti degli sconosciuti, individuo il banco del pesce ubicato verso la fine della lunga strada. Riconosco uno dei suoi amici, di lui non v’è traccia.
 
 
Mi fermo, ho il fiato grosso, faccio violenza su me stessa per parlare.
<< Dov’è Aidan?! >>, interrogo agitata al suo amico… Dean, David, Darrell o qualcosa del genere. Non rammento mai i nomi, li dimentico il secondo dopo che li ho appresi.
 
 
<< Ehi ciao Hespera! >>, accoglie caloroso. Lui se lo ricorda bene come mi chiamo, beato lui, io ho il cervello di una centenne nel corpo di una di trentadue. Corruga le sopracciglia, non comprende il perché sia turbata a quel modo. << È successo qualcosa? >>.
 
 
Un flebile respiro gelido fa intirizzire la pelle sul collo, il respiro della Morte mi ha raggiunta.
Accade tutto con una lentezza logorante, distolgo gli occhi dall’uomo dietro al bancone, vengono richiamati a gran voce dalla strada, lì dove il passaggio dei mezzi è consentito, nel petto ho una grancassa che rintocca l’orologio della fine, segna l’ora cruciale. Ed è allora che lo vedo.
È vicino ad un furgone scolorito, sta impilando le cassette di legno di pesce su un carrello portapacchi da trasportare al banco, qualcuno lo saluta ed è mentre sta per attraversare la carreggiata distratto che, dalla parte opposta un camion arriva a gran velocità, nemmeno avesse perso il controllo.
Fragile, esposto, in pericolo…
 
 
Non mi fermo a riflettere, ogni palpito è prezioso, se ci fossero meno umani userei semplicemente la magia, ma non posso, non qui, devo rischiare il tutto per tutto.
Scatto verso di lui, non c’è un piano sensato, vado semplicemente allo sbaraglio come ho sempre fatto, metto in pericolo perfino me stessa per salvarlo.
Aidan si rende conto della mia presenza all’ultimo, poi del camion che lo ha puntato, non fa in tempo a togliersi dalla strada, la confusione lo inchioda sul posto. Mi lancio su di lui, uso il peso del corpo di rimbalzo per spostare il suo di forza: il camion ci schiva per un pelo.
Colpiamo il selciato con violenza, rotolando entrambi a terra. Si ode un tonfo sordo, e il mercato è un’accozzaglia di grida spaventate.
Nel secondo successivo, un male acuto al braccio mi fa imprecare sommessa.
Ignorando il dolore, sollevo lo sguardo per assicurarmi che lui sia al sicuro. Aidan è scosso su di me, fortunatamente illeso, quella che s’è fatta seriamente male sono io. Il suo peso mi schiaccia.
 
 
<< Hespera! >>, ripete più volte, sotto shock. Si issa malfermo sulle ginocchia, cerca frenetico se io abbia ferite evidenti, trema in maniera visibile, gli occhi s’affollano di lacrime, smarrisce il controllo.
 
 
<< Mi sono rotta il braccio, cazzo! >>, inveisco con calma, la fitta mi costringe a terra, la testa vortica convulsa, tengo fermo il polso sinistro sullo stomaco. Mi sono già rotta le ossa in passato, riconosco il dolore.
 
 
<< Cosa hai fatto? Perché? Perché? >>, blatera in preda ad un terremoto interiore. È chiaramente sconvolto dall’incidente, devo prendere la situazione in mano.
 
 
<< Aidan respira, sono viva. Starò bene, ma ora devi portarmi a casa mia. >>. Se non avessi le vertigini, mi alzerei tranquillamente per tornare alla mia macchina e andare a casa da sola. Non è un braccio rotto a fermarmi: ho subito di peggio.  
 
 
<< Cosa? No! Devo chiamare un’ambulanza, subito! >>. L’urgenza nella voce è straziante, è stata colpita una persona che per lui significa tanto. Non affronta il frangente con l’adeguata lucidità.
 
 
<< No! >>, enfatizzo razionale. << In ospedale no! Devi portarmi a casa mia. Mia madre saprà cosa fare. >>. Mai stata in un ospedale umano e non inizierò adesso, le loro tecniche barbare imporrebbero una guarigione lenta e dolorosissima.
 
 
Osserva come impazzito, diviso da quel che è giusto fare e ciò che gli chiedo io.
 
 
<< Aidan, fidati di me. >>, lo prego.
Le persone si sono affollate intorno a noi, preoccupate e curiose. Parlano, parlano tutte insieme, parlano di cosa fare e non, parlano… decisamente troppo!
 
 
Titubante accetta la mia follia, prende d’impeto in braccio, si fa largo tra la gente per convogliarci al furgoncino scassato parcheggiato qualche metro più avanti. Mi adagia accorto di fianco al posto del guidatore, poi sale anche lui e parte più veloce che può.
<< Non chiudere gli occhi! >>, strepita fuori di sé. << Non devi addormentarti, Hespera! >>. Lancia sguardi ad intermittenza tra me e la strada, ha smarrito il controllo totale.
 
 
Un ghigno amaro si stampa sul viso.
<< Non sono in punto di morte Aidan, mi sono solo rotta il braccio. >>. Ho ancora la forza per fare una battuta provocatoria. << Cerca di non ammazzarmi tu piuttosto! >>.
 
Schiva per un pelo una macchina a cui ha tagliato la strada in curva.
<< Cosa… come? Come lo sapevi? >>. Non ha bisogno di ragguagli sull’incidente, è consapevole del perché, sapevamo che questo giorno sarebbe giunto, non così presto però: ciò che non gli è chiaro è ben altro.  
 
 
Scrollo il capo, le azioni sono appena accennate, la sofferenza si sta irradiando a tutto il corpo, qualsiasi movimento mi fa vedere le stelle.
<< Non lo so. >>. Mai avuto premonizioni o simili, è tra i pochi doni soprannaturali che non sono riuscita a coltivare, alla fine ho rinunciato, credendo di non essere portata. Il mio sesto senso ha sempre fatto acqua da tutte le parti. << Quando mi sono svegliata ti ho… sentito. Non chiedermi come, perché non mi è… >>. Un fulmine a ciel sereno blocca la frase. Una reminescenza sconnessa, ambigua, che fatico a rammentare come si deve, prende il sopravvento.
Non ho mai prestato particolare attenzione a questo antico mito, l’ho sempre sottovalutato, giudicato solo una diceria, una stupidaggine, appunto.
Una vaga speranza tra gli umani più che per le streghe, perché le streghe non soffrono la solitudine, noi ci beiamo di essa.
In teoria.
Perché la pratica è tutt’altra cosa.
 
 
<< Che c’è? >>, interroga Aidan, confuso dall’improvviso zittirmi. << Ti senti male? >>. Gli ci vorrà molto per riprendersi dall’episodio di oggi, il mio cervello invece sta già navigando in altri mari, talmente abituata agli imprevisti che oramai non costituiscono più alcun problema.
Se fosse vero, se l’intuizione si rivelasse reale… io sarei in un mare di guai.
 
 
<< No, voglio solo tornare a casa. >>, chiudo in fretta il discorso, la voglia di scherzare è venuta meno, anche la voglia di vivere non è pervenuta.
 
 
*****
 
 
La tempesta è giunta infine.
E non parlo solo di quella che si è abbattuta su Coralba al crepuscolo, sospendendo il festival estivo serale ed obbligando i cittadini ed i turisti ad una delusa ritirata nelle loro abitazioni.
Mi riferisco anche alla tempesta che ha travolto me, precisamente spezzandomi il polso sinistro mentre salvavo l’uomo di cui sono innamorata.
Mia madre Thalassa ha impiegato tutto il pomeriggio a risaldarmi l’osso, applicando abbondante Iperico selvatico e Rosmarino, e steccando il braccio: domattina starò già meglio. Sono imbottita di Artiglio del Diavolo, ed è come un post sbronza, fin troppo chiaro ed assennato.
 
 
Aidan è fermo in una posizione statica da quasi dieci minuti davanti la finestra, tiene le mani in tasca ed osserva il giardino che costeggia la proprietà, smarrito in elucubrazioni private. È troppo buio per vedere realmente alcunché, prova solo ad ingannare il tempo, compiendo azioni senza senso.
Non si è mosso da questa stanza neppure per un istante.
 
 
<< Dovresti tornare a casa a riposare, tra qualche ora sarò come nuova. >>, dico ad un certo punto, attirando la sua attenzione.
 
 
Fuoriesce dalla catatonia con un lungo sospiro, si volta su se stesso e si mantiene lontano.
<< Resto un altro po’ se non ti dispiace. >>. L’apprensione ha solcato un cipiglio scuro tra le sopracciglia. Benché sia fuori pericolo, non abbassa la guardia. << Come ti senti? >>.
 
 
<< Come una che è già stanca di essere trattata come una bambolina delicata di porcellana. >>. Preferisco tuttavia, rimanere sdraiata, non garantisco che la pressione sanguigna non giochi qualche brutto scherzo. << Avvicinati. >>.
 
 
Sorride appena, è un’azione vuota, meccanica, non si è del tutto ripreso, sul suo viso leggo l’angoscia malcelata. Viene a sedersi all’estremità del letto a due piazze. È la prima volta che entra nella mia camera.
 
 
<< Vicino a me. >>, specifico, tamburellando l’altra mano sul lato vuoto del letto.
 
 
Tentenna di defaillance.
<< Sei sicura? >>. Non siamo mai stati distesi nello stesso letto.
 
 
<< Non mi romperò, stai tranquillo. Stai con me stanotte, vuoi? >>.
 
 
Si sdraia impacciato al mio fianco, trovo riparo sul suo torace, sono più tranquilla se è qui con me e posso tenerlo d’occhio. Il suono del cuore culla i pensieri.
<< Sarà sempre così tra di noi? Tu che ti fai male per salvarmi? Io che sarò sempre più vicino alla morte che alla vita? Cosa accadrà la prossima volta? Ti romperai qualche altra cosa o peggio? E se il camion avesse investito te? >>.
 
 
<< Noi streghe siamo più forti di quanto tu possa credere. >>, lo rassicuro sincera. Prima di dichiarare morta una strega, ne deve passare di acqua sotto i ponti. << È difficile per noi morire… l’unico che può davvero uccidermi sei tu. >>. Incontro l’occhiata allarmata a metà strada. Devo ancora accertarmi che la mia teoria sia esatta, anche se so che è così, che non ho bisogno di parlarne a mia madre, né di fare ricerche. È vero, è reale, è davvero lui… 
 
 
<< Non puoi tenermi sotto una campana di vetro per sempre. >>, non è petulante, rimarca solo la dura concretezza.
 
 
<< E non intendo farlo, permettimi solo di… starti più vicina. Solo questo. >>.
 
 
<< Più di così? >>, scherza a stento, riferendosi a noi due abbracciati. È una comicità vuota, satura di tristezza.
 
 
<< Qualche incantesimo di protezione. So che non serviranno a nulla, ma lasciami provare. Non sentirai dolore, per te non cambierà nulla, voglio solo essere certa, va bene? >>.
 
 
Batte le palpebre, le iridi languide annegano nelle mie, la bocca si distende in un caldo sorrido familiare. Il tempo cadenzato da una ventura avversa, altera ogni momento d’una intensità lacerante, e vengo sbaragliata da un’atroce sincerità: non posso vivere in un mondo dove lui non c’è.
 
 
Lambisce i miei capelli, l’indice si sofferma sul mio naso e tamburella dilettevole. Le punte delle dita sfiorano delicate la pelle.
<< Hai già stregato il mio cuore… puoi farmi tutto ciò che vuoi. Non ho paura Hespera, non mi sono mai sentito più vivo in vita mia da quando ti ho incontrata, voglio che tu lo sappia, che tu sappia che non lo rimpiango, non rimpiango niente, che se tornassi indietro sceglierei ancora di avvicinarmi a te. Sceglierei di nuovo questo, sceglierei di nuovo te. >>. 
 
 
Ripenso al rituale per spezzare le anime, quello che mi condurrebbe con un biglietto di sola andata alla pazzia, ma che garantirebbe una vita lunga ed in salute a lui e nella dissennatezza del dolore prendo la più difficile delle decisioni.
Sangue e sperma, chiedeva il sortilegio.
E sia.
 
 
<< Fai l’amore con me. >>, pronuncio a bruciapelo, spiazzandolo. Attrice consumata, dissimulo con maestria il vero stato d’animo, in verità vorrei scoppiare a piangere.
 
 
<< A-adesso? >>, replica imbarazzato, balbettando. Oltre ai baci, non siamo mai andati oltre.
 
 
<< Sì, adesso. >>, insisto determinata, salendo procace su di lui a cavalcioni. << Ho voglia di fare l’amore con te adesso. >>.
La bocca cerca famelica la sua, mi ferma prima che possa continuare.
 
 
<< M-ma aspetta, non mi sono fatto neppure una doccia, ho gli abiti da lavoro sporchi! E-e p-poi tu hai il polso rotto! Ed oggi è stata una giornata così. Aspettiamo per favore! >>.
Non m’importa se non sia pulito, né che abbia un odore forte, men che meno che il dolore possa ostacolare. Lo voglio come un addio che non posso tollerare, con una violenza tale che stanotte sarò io a morire.
 
 
Lo analizzo sbigottita, nel mio mondo nessun maschio rifiuta una proposta del genere.
<< Perché mi respingi? >>. Non sono offesa, né ferita, più che altro sorpresa, molto sorpresa. << Ho fatto qualcosa di sbagliato? >>.
 
 
Si spinge seduto verso di me, blocca il mio viso tra le mani.
<< Oh no, no, Hespera! No, tu sei perfetta, anche troppo perfetta. Incredibilmente perfetta! Non credere che io non ti desideri più di qualsiasi altra cosa al mondo, non ho fatto che desiderarti sin dall’inizio, ma un conto è il desiderio e un conto è la realtà. >>.
 
 
Credo di essermi persa qualche pezzo della spiegazione strada facendo.
<< Che significa? >>.
 
 
Abbassa gli occhi, gonfi di vergogna, fallisce due volte la confessione.
<< È la prima volta. >>, mormora così a bassa voce che in un primo momento non credo di aver capito bene. << Ecco, l’ho detto. Ora lo sai. >>.
La purezza della confessione, il tono dolcemente imbarazzato, le fattezze tenere, hanno un’influenza prodigiosa, spengono la ragione, incendiano il cuore.
Lo contemplo, ed è come se non avessi fatto altro negli ultimi cento anni, come se avessi atteso lui nel corso dei secoli, come se ogni cosa che io abbia fatto, detto, sbagliato, rinunciato, era un “frattempo”, in attesa di lui, in attesa di questo unico momento in cui finalmente il mio destino, quel misterioso filo d'argento che si tesse nelle eternità, trovasse il giusto intreccio.
Lo sguardo si perde nell'abisso profondo degli occhi di terra, ed io vedo la mia anima riflessa lì, non esiste passato, presente o futuro che valga, se non questo attimo incantato in cui il mondo intero è diventato un preludio a lui, al suo sorriso, al suono della voce, all'odore della pelle.
Un'unione che nessun tempo, nessuna magia, nessuna creatura, né nl cielo e né in terra, potrà mai spezzare.
 
 
Le difese cadono con uno schianto di cristalli corvini, nuda nell’essenza primordiale, inerme, faccia a faccia con il sentimento più radicato, immenso e reale che abbia mai sperimentato.
La paura si mescola alla passione, la dolcezza si unisce alla ferocia, lo abbraccio di slancio, il bacio è il più crudele dei commiati, una fiele che non riesco a mandare giù, nel calore del corpo contro il mio so di essere finalmente a casa, non devo più fuggire. In lui trovo il mio rifugio, la mia salvezza, la mia ragione di essere.
È il mio destino.
Ora lo so.
 
 
<< Aidan. >>, sussurro in un singhiozzo che sconquassa i polmoni, mentre riprendo da dove mi ha fermata, trascinandolo giù nel letto con me. << Io ti amo. >>.









Note: 
Con un ritardo incredibile, ecchice qui con il settimo capitolo di questa storia.
Beh, si sapeva che prima o poi qualcosa ad Aidan doveva accadere, ma Hespera è riuscita a salvarlo. Ma quante volte ci riuscirà? E cos'è che ha capito? Farà davvero l'incantesimo spezza anime? 
In questo capitolo mi sono proprio impegnata per far uscire la dolcezza "spupazzosa" di Aidan, che anziché preoccuparsi di essere ad un passo dalla morte, è ad Hespera che pensa. Sempre e comunque.

Di solito scrivo storie erotiche, ma non so il perché, in questa storia non me la sono sentita di aggiungerci descrizioni minuziose di sesso. Mi sembra più una storia dolce, malinconica, non ce le vedevo delle scene erotiche. Vorrei che si tenesse su quel tono tenue e delicato che ho scelto per la narrazione. 

Ringrazio sempre chi segue questa storia anche in silenzio.

 

La storia può presentare errori ortografici.

 

Un abbraccio.
DarkYuna


 
  
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