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Autore: Jolya_10    03/02/2024    1 recensioni
Per cinque anni si era chiesto come avesse potuto rimanere ancora in quella casa, dopo la sconfitta di cell e il sacrificio di Kakaroth non c’era nessun motivo per continuare a starci… ma lei… forse era lei il solo motivo che l’aveva spinto ad essere uno di loro… No, c’era qualcos’altro e l’aveva appena scoperto…
Si avviò verso le camere da letto con un leggero sorriso sulle labbra… dopotutto gli avevano reso la felicità!
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Trunks, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Era una giornata particolare, si sentiva ancora nell’aria l’odore dell’estate, il calore dei raggi del sole che accarezzavano la pelle ancora abbronzata, la brezza marina che si disperdeva nel vento, i grilli stridevano ancora le loro zampette, una figura minuta con una buffa testolina lilla correva, nell’enorme parco brulicante di piante secolari e variopinti cespugli di fiori, cercando di raggiungere una grossa libellula dalle ali lunghe che ormai aveva spiccato il volo.

All’improvviso spuntò da dietro il fusto di una quercia un’altra testolina stramba stavolta con dei capelli neri e uno strano taglio.

“Ehi Trunks… aspettami!” cercava di raggiungere l’amico che ormai attratto dall’animaletto era andato lontanissimo. 

“Fa presto Goten, sto rincorrendo una libellula!” gridò al compagno di giochi saltellando all’indietro.

Poi d’improvviso inciampò su qualcosa e si ritrovò gambe all’aria a guardare il cielo terso, l’altro finalmente lo raggiunse e si chinò su di lui.

“Tutto bene Trunks?” gli disse tendendogli la manina piccola e paffuta.

“Ce la faccio da solo!” con un colpettino, scostò l’aiuto offertogli e cercò di rialzarsi con non poca fatica.  

Era davvero piacevole osservare da lontano quei due piccoli bizzarri bambini, pensava la madre di uno dei due, seduta su un giaciglio non molto distante da loro… così simili eppure così diversi, figli di due mondi completamente lontani.

“Ma cosa è stato a farmi cadere?” indispettito Trunks cercava tra i fili d’erba l’oggetto del misfatto, vide un luccichio e si apprestò a raccogliere una palla arancione lucida con stampate sopra tre stelline.

“Ehi guarda cos’ho trovato Goten.” Mostrò la sfera con fare trionfante e uno scintillio nei grandi occhioni azzurri.

“Wow, ma è una biglia grande.. è bellissima, me la fai toccare?” anche Goten era entusiasta, anche nei suoi occhi si intravedeva un senso di esaltazione.

“Puoi toccarla, ma senza farla cadere okay?” raccomandò il più grande alzando l’indice a mo’ di ammonimento.

“Si, si, certo” rispose l’altro annuendo anche con la testa,… la prese nelle piccole mani e ci si specchiò dentro tanto era lucida.

“Okay ora basta ridammela…” 

“La voglio tenere un altro po’ in mano è così liscia!” chiese il più piccolo alzando il braccino per evitare che l’altro gli prendesse la sfera tra le mani.

“Ma è mia, l’ho trovata prima io!” 

Cominciarono a darsele di santa ragione come erano soliti fare, la donna attirata dalle piccole urla di sfida che si lanciavano pensò che nonostante conducessero una vita “normale” la loro natura era quella di combattere e nulla avrebbe potuto cambiarli.

Decise che era il momento di separarli e tornare a casa…

Rotolavano a terra “Dammela!” diceva uno “soltanto un altro po’” affermava l’altro e continuavano a combattere e a sporcarsi, finché non li sovrastò la figura di una donna alta, magra, con un paio di occhiali da sole e un piccolo foulard intorno al collo.

“Adesso è giunto il momento di andare a casa… Trunks lascia subito il collo di Goten!”

“Si mamma.” Immediatamente il bimbo ritrasse le mani. E aiutò l’altro a rialzarsi da terra.

“Che cos’è quella cosa che avete in mano? Trunks, sai che non voglio per casa oggetti trovati a terra.”

Subito il ragazzino si affrettò a nascondere la sfera dietro la schiena e disse: “niente Mamma, non è proprio niente… andiamo?”

La donna s’incamminò davanti seguita da suo figlio e dal figlio del suo miglior amico…

Si, il suo miglior amico… che adesso non è qui sulla terra per godere delle prodezze del secondogenito: un bambino dalle innaturali doti combattive e da un cuore puro e ingenuo, proprio come il padre!

Prese una capsula dalla tasca del jeans e la lanciò per terra, ne uscì l’ultimo modello di Air-car,

aprì lo sportello posteriore del velivolo, ci fece salire il moretto seguito a ruota dall’altro, poi andò davanti e si posizionò al lato guidatore.

Una nube di fumo si alzo dietro quando mise in moto il mezzo che li avrebbe riportati alle loro dimore.

 

Il paesaggio che si poteva vedere una volta giunti nelle terre dei monti Paoz era il più caratteristico del mondo… distese e distese di boschi abbracciati da colli che si susseguivano come le dune di sabbia nel deserto, all’orizzonte si poteva ammirare la palla di fuoco che al tramonto fuggiva dal giorno e si nascondeva dietro le verdi colline che ombreggiavano sulla piccola dimora Son.

Appena l’Air-car fermò il suo volo e si spensero i motori il piccolo Goten aprì lo sportello e si fiondò fuori per abbracciare la sua adorata mamma.

“Ciao, Mamma!” disse saltandogli al collo.

“Ciao piccolo mio!” rispose la donna dai lunghi capelli neri e due occhi dello stesso colore nei quali si rispecchiava l’amore che nutriva per il proprio figlio, nonostante sentisse incessantemente la mancanza del marito.

“Come sono stati oggi queste due piccole pesti, Bulma, ti hanno fatto disperare?” disse mettendo giù il figlio che si apprestò entrare in casa con l’amico.

“Assolutamente Chichi… due “angioletti”! Tuttavia sono nati per combattere è inevitabile tenerli calmi senza che si azzuffino…” rispose Bulma passandosi le dita tra i suoi capelli azzurri. 

“Comunque, Trunks ha già deciso che tra due giorni ritorneremo a prendere Goten… avete da fare?” chiese la donna turchina.

“No…anzi… Gohan sta preparando l’esame di ammissione alla scuola di Satan City e un po’ di tranquillità ci vuole in casa…” rispose la mora.

“Okay allora ci vediamo tra due giorni! Trunks, vieni subito, dobbiamo andare, dì a Goten che verremo giovedì”

I due nanerottoli uscirono dalla porta di casa e mentre Trunks salì sul piccolo aereo Goten rimase abbracciato alla gamba della madre guardando il suo migliore amico andare via.

 

La grossa cupola gialla che sovrastava l’enorme giardino circostante si ergeva maestosa al centro della Città dell’Ovest, la si poteva vedere già da due kilometri prima di arrivarci.

Bulma parcheggiò l’air-car nel giardino ed entrò in casa.

Il silenzio che aleggiava in entrando nell’edificio fu interrotto dai passi piccoli e veloci di Trunks che si affrettò a salire le scale per riporre al sicuro il suo prezioso tesoro.

“Finalmente!” una voce roca e profonda fece sussultare la donna che era appena entrata nella spaziosa cucina.

“Oddio Vegeta, mi hai fatto paura!” disse poggiandosi una mano sul petto.

“Tsk, Donna terrestre…”  borbottò avviandosi verso le camere e i bagni per una doccia rigenerante.

Il bambino uscì dalla stanza allegro per aver nascosto la sfera in un posto sicuro, mentre trotterellava per il corridoio incrocio una figura maestosa e imponente con un asciugamano intorno al collo.

“Ciao Papà” disse il piccolo con gli occhi bassi.

“Mmm” fu la risposta del padre che lo superò senza neanche guardarlo e si chiuse in bagno.

Il piccolo “angioletto” chinò il capo e triste per la risposta appena ricevuta continuò il suo cammino verso la cucina.

“Ehi piccolino, cosa c’è?” disse  la donna affaccendata ai fornelli quando fide il visino triste del figliolo, gli passo una mano sulla testa lilla e lui alzò lo sguardo.

“Mamma, perché Papà non mi rivolge la parola?”

Una morsa allo stomaco colpì Bulma che si sentì persa per quella domanda che tante volte aveva cercato di evitare.

“Vedi, Trunks…” cominciò la turchina prendendo il figlio in braccio e conducendolo sul divano.

“Tuo padre, è un po’ triste perché non ha avuto la fortuna di nascere in una famiglia allegra come la nostra.” Il bambino guardava la madre con gli occhi carichi di interesse e meraviglia… era la prima volta che lei gli parlava di suo padre.

“Non aveva un amico come io ho Goten?” chiese ingenuamente 

“No, tesoro, non aveva amici, passava tutto il tempo ad allenarsi!” concluse infine Bulma.

“Anche il padre di Goten era solo?”

Un altro piccolo colpo inferto al cuore… 

Parlare di Goku era per Bulma ricordarsi di un grande amico che era andato via per sempre, per salvare loro…

“Si, anche il padre di Goten è vissuto senza amici, finché non ha incontrato me.”

La storia si faceva ancora più interessante, il bambino si rese conto che quella sarebbe stata una serata indimenticabile.

Bulma continuò la sua storia:

“Abbiamo passato tante avventure insieme, ci siamo divertiti tantissimo avevamo tutti un solo obiettivo: eravamo in cerca delle sfere del Drago”

Ancora più preso Trunks interruppe la madre 

“Wow, cosa sono le sfere del Drago Mamma?”

Bulma riprese a parlare soddisfatta dell’interesse che aveva suscitato nel figlio.

“Sono delle sfere poco più grandi di una pallina da tennis, sono lucide e arancioni, con delle stelline  sulla superficie, sono sette in tutto e quando sono riunite tutte è possibile evocare un drago che esaudisce un desiderio.”

Trunks non aveva capito bene tutto ciò che aveva detto la madre, ma sapere della fattezza delle sfere e della possibilità di esprimere un desiderio, era per lui un momento di gioia pura.

Si ricordò della palla arancione che aveva trovato al parco e fu entusiasta della scoperta: avrebbe potuto chiedere ciò che voleva alla sfera e al drago che ci abitava dentro.

Bulma guardò il bimbo di sottecchi, si rese conto che forse gli aveva parlato troppo presto delle sfere poiché il piccolo aveva lo sguardo perso nel vuoto e un espressione sognante stampata sul visino paffuto.

Appoggiato allo stipite della porta c’era la sagoma di un uomo che pareva fatto d’alabastro, osservava la scena di una madre che parla con il proprio figlio e ascoltava tutto ciò che la donna diceva al bambino… 

A Bulma, parlare di lui, le riusciva benissimo, solo lei sapeva cosa albergava nel cuore dell’uomo, era l’unica a poter parlare dei suoi sentimenti.

Poi un’affermazione  del pargolo attirò ancora di più la sua attenzione

“Che peccato che Papà non aveva una sfera del drago da piccolo, magari esprimeva il desiderio di non essere più solo!”

Bulma capì che la situazione stava degenerando e così fece scendere Trunks dalle sue gambe e lo intimo di andare a lavare la mani poiché tra poco sarebbe stata pronta la cena.

Quando il bambino passo dinanzi alla porta l’uomo era scomparso… era andato fuori.

Bulma cercò di non pensare a ciò che il figlio aveva affermato, le faceva male sapere che anche Trunks si fosse reso conto dello stato d’animo del compagno.

 

La cena era pronta, un profumo inteso e invitante aleggiava per l’intera stanza, era, però, piuttosto strano il fatto che nessuno dei due uomini della casa stesse già li a reclamare il pasto.

Vegeta era fuori in giardino, con le braccia conserte e lo sguardo rivolto verso un cielo nero e puntellato da una miriade di lucine bianche, pensava… 

Pensava a cosa sarebbe successo se avesse scoperto l’esistenza delle sfere del drago quando era ancora piccolo, avrebbe chiesto l’immortalità? O la forza eterna? Non sarebbe stato vittima dei voleri di Freezer… sarebbe potuto essere un ragazzino libero!

Trunks era in camera sua, aveva scovato il suo tesoro e adesso era lì a rimirare la sua superficie patinata e con le minuscole dita scorreva lungo il contorno delle tre stelle, pensava…

Pensava che avrebbe potuto esprimere il desiderio di poter rendere la felicità al padre, magari così facendo, l’avrebbe accettato come figlio e magari anche fatto allenare con lui… sarebbe stato finalmente un ragazzino felice!

 

“La cena è pronta!” disse sottovoce.

Era uscita anche lei in giardino, si affiancò all’ombroso principe e continuò

“Forse ti ha turbato sentire che tuo figlio si preoccupa per te?”

Un breve lampo di stupore passò sul viso del Sayan, si chiese come facesse quella stupida donna terrestre ad accorgersi sempre della sua presenza in ogni occasione… sempre!

“NO. Non mi interessa affatto! Preoccuparsi per qualcun altro non è da Sayan!”

Rispose brusco.

“Oddio, Vegeta, Trunks è solo un bambino che vorrebbe l’attenzione del padre, ma è così difficile da comprendere?”

Poi avviandosi verso casa aggiunse: “Forse per voi scimmioni fissati per la guerra un bambino è solo una macchina da combattimento!”

Entrò dall’enorme porta a vetri e si diresse in camera del figlio, bussò e disse tutta allegra

“Trunks è pronta la cena, sbrigati altrimenti quella ruspa di tuo padre se la spazzola tutta!”

Trunks uscì dalla stanza in preda al panico, corse verso la cucina e trovò davvero il padre seduto a mangiare come un forsennato… per fortuna era ancora tutto li… fiuu!!

Si sedette accanto a lui e cominciò a trangugiare tutte quelle prelibatezze.

 

Finita la cena il più piccolo della strana famigliola scese dallo sgabello e corse verso la sua cameretta dove ci si barricò a contemplare la sua fonte di speranza.

“Bene, è il caso che carichi i robot e la lavastoviglie” disse Bulma interrompendo quel religioso silenzio che si era creato da quando Trunks aveva lasciato la tavola, si alzò e cominciò a trafficare con i macchinari.

Vegeta rimase per un po’ a fissare i movimenti della donna, si alzò… nella stanza si sentivano solo i rumori metallici dei robot e il fruscio dei vestiti dell’uomo che si avvicinava lentamente alla figura china dinnanzi ad esso.

Lei ebbe un sussulto nell’essere presa da due braccia possenti…

Lui con dei movimenti secchi della testa le spostò i capelli e si insinuò tra il viso e il collo respirando in modo profondo.

Sentire il suo respiro sul collo le provocava sempre delle fitte al bassoventre, appoggiò entrambe le mani sul ripiano di marmo, si diede una spinta e si voltò di scatto… si ritrovarono faccia a faccia, occhi negli occhi.

Come sempre ognuno di loro era invaso da una valanga si sensazioni familiari ma tuttavia ancora ignote… si guardavano e bramavano l’uno le labbra dell’altro, con le bocche semiaperte sospiravano e si cercavano.

Finirono di agonizzare e finalmente si baciarono, un calore pervase il collo del Sayan, sentiva la testa pulsare e un’irrefrenabile voglia di lei, tutto ciò lo dimostrava nell’impeto con il quale muoveva la lingua e dalla velocità con cui muoveva le mani.

Si ritrovarono nel giro di pochi ma interminabili minuti sul letto della loro camera a consumare  ciò che solo la notte e le mura di quella stanza potevano vedere, uniti l’uno all’altra come due spiriti selvaggi, a corrodersi l’anima nel piacere di quelle sensazioni…

 

Quella mattina sembrava che il Dio del sole avesse deciso di trasmettere a tutti che era un giorno singolare, specialmente per un cucciolo di Sayan che quel giorno aveva deciso di realizzare un progetto maturato nei due giorni passati.

Con la sua minuta manina bussò alla cascina della famiglia Son, in attesa che la madre del suo amichetto venisse ad accoglierlo salterellava dall’inquietudine di dover portare a termine il piano.

“Buongiorno Trunks” disse Chichi nel momento in cui apri la porta di casa.

“Ciao, Chichi, Goten è in casa?” rispose.

“Certo, ora te lo chiamo… Ciao Bulma” aggiunse poi alzando gli occhi e rivolgendosi alla donna nell’air-car affacciata al finestrino. Poi si voltò e urlò:

“Goten vuoi sbrigarti che Trunks è già qui?”

“Si mamma, arrivo..!” rispose una vocina sommessa dall’interno della casa.

Si sentì un trambusto e poi si vide un piccolo marmocchietto  uscire fuori casa dare un bacio alla madre e schiacciare la mano contro quella dell’amico.

Insieme salirono sul velivolo e si avviarono verso la residenza Brief.

 

Un colpo dopo l’altro, avanti… indietro, un pugno nel vuoto… la pressione sul corpo, la gravità più alta di duecento volte… come un macigno sul petto… quel giorno era davvero insopportabile il caldo: una boccata d’ossigeno avrebbe purificato l’aria metallica di cui erano impregnati i suoi polmoni.

Uscì dalla stanza gravitazionale e si diresse in cucina, stava troppo sudato e accaldato, doveva rinfrescarsi, prese una bottiglia di succo di pompelmo da frigorifero e la bevve camminando… ma qualcosa attirò la sua attenzione al di là della finestra che dava sul retro del giardino.

Due piccoli Sayan nascondevano qualcosa, bisbigliavano tra loro… finchè uno di loro, il più grande, disse a voce alta: “ La mia Mamma ha detto che dentro questa sfera c’è un drago che realizza i desideri!” il moretto stupefatto chiese: “Un drago? un drago vero?”

“Ma certo, razza di sciocco un drago vero e magico che realizzerà il mio desiderio!” rispose orgoglioso di se  l’altro.

“tsk” borbottò Vegeta da dietro e si girò, si avviò per uscire fuori, c’era un sole da spaccare le pietre e sicuramente la compagna stava distesa sotto qualche grande albero a godersi la frescura dell’ombra.

Appena uscito fuori si vide passare dinanzi i due nanerottoli, che correvano verso la parte più isolata del giardino, si voltò e vide lei… leggeva, all’ombra del grande salice con un vestitino che lasciava tanto all’immaginazione, non potè fare a meno di sentire di nuovo quella morsa al collo.

Decise che non era il caso di avvicinarsi così alla luce del giorno.

Passò in casa, diretto alla camera di gravità, quando  sentì di nuovo la voce del figlio di Kakaroth che bisbigliò sottovoce: “Trunks, qui va benissimo, dai caccia la sfera e esprimi il desiderio!”

“Okay…” disse.

Si sentirono rumori di carte e di nuovo la voce di quello che si diceva fosse suo figlio che disse: “Oh, potente drago, che abiti in questa sfera, puoi realizzare un mio desiderio?” il bambino rimase per un momento con l’orecchio teso in attesa della risposta del Drago… ma questa non venne, poi continuò: “Fai che mio padre possa sorridere qualche volta, ma sopratutto che mi faccia allenare con lui. Grazie ciao!”

Un buco allo stomaco… come una lama che trafigge il petto… una sensazione di smarrimento e di stupore, questo fu quello che il Principe sentì dopo quella affermazione. Non riusciva a sopportare oltre, girò i tacchi e tornò ad allenarsi ancora con più foga e rabbia.

 

 A cena, Bulma si rese conto che  Trunks era davvero di ottimo umore, spesso alzava gli occhi verso il padre e mangiava la sua cena con una luce di speranza nei grossi occhioni azzurri.

Che strano, anche Vegeta si era reso conto degli sguardi del figlio ma ancora non aveva urlato dicendogli di non fissarlo… era davvero una situazione paradossale.

Prima che quella sottilissima atmosfera di tranquillità potesse rompersi Bulma propose al figlio un bel bagno giardino.

“Che bello. Grazie Mamma! Vado a prepararlo!” usci dalla stanza ancora più felice di prima.

“Tu adesso mi spieghi cosa è successo!” disse la donna tra il sospetto e il divertito.

Lui alzò lo sguardo e rispose: “Tuo figlio possiede una sfera del drago…”

“Beh allora? Cosa c’entra questo con il fatto che lui ti fissava felice e tu non hai fatto una grinza?”

Chiese ancora una volta Bulma.

“niente!” ribatté di nuovo Vegeta, poi si alzò e s’incamminò verso i piani superiori, passò davanti alla compagna e le passò una mano sul fianco sussurrandole nell’orecchio: “ti desidero da oggi!”

Poi si staccò e camminando disse senza voltarsi: “Prima di salire sopra dici al moccioso che domani cominceremo l’allenamento, e poi spiegagli il vero significato delle sfere perché non ci ha capito un tubo!”

Lei esterrefatta cominciò a sbraitare sul fatto di continuare a non capire cosa volesse dire quel suo comportamento, lui la lasciò urlare come una gallina, tanto prima o poi si sarebbe calmata, avrebbe messo a posto le cose con il figlio e sarebbe andata da lui…

Per cinque anni si era chiesto come avesse potuto rimanere ancora in quella casa, dopo la sconfitta di cell e il sacrificio di Kakaroth non c’era nessun motivo per continuare a starci… ma lei… forse era lei il solo motivo che l’aveva spinto ad essere uno di loro… No, c’era qualcos’altro e l’aveva appena scoperto…

Si avviò verso le camere da letto con un leggero sorriso sulle labbra… dopotutto gli avevano reso la felicità!

   
 
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