Anime & Manga > Lamù
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Autore: Achille88    18/09/2009    6 recensioni
Fanfic ambientata dieci anni dopo gli eventi narrati nell'ultimo volume del manga. Come tutti gli appassionati della serie sapranno, Lamù si è lasciata sconfiggere una seconda volta da Ataru dopo aver notato le sue piccole corna dorate scivolare via dalla sua mano e intuendo i veri sentimenti del ragazzo nei suoi confronti, salvando così la loro turbolenta relazione sul filo del rasoio. Ma... cosa sarebbe successo se i cornini di Lamù NON fossero caduti dalla mano di Ataru? Che cosa sarebbe accaduto se il congegno per la cancellazione della memoria attivato accidentalmente da Benten avesse svolto il suo compito e avesse spazzato via dalla mente degli abitanti di Tomobiki qualunque ricordo relativo agli extraterrestri, spezzando irrimediabilmente il legame fra Ataru e Lamù?
Genere: Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Atarù Moroboshi, Lamù, Miyake Shinobu, Ran
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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FAREWELL, MY DARLING

 

“Accidenti, come si è fatto tardi!”, esclamò Ataru con una certa apprensione dopo aver visto sul quadrante del suo orologio da polso le lancette che segnavano le 11 e 25. Accelerò il passo per poter tornare a casa da sua moglie e da suo figlio il più presto possibile, tenendo ben stretta in mano la sua ventiquattrore che portava sempre con sé ogni mattina per recarsi al lavoro.

Come ogni altro salaryman[1], Ataru trascorreva le sue giornate lavorative negli uffici della sede principale della società presieduta dal suo ex compagno di classe Shutaro Mendo, la Mendo Financial Group, e tornava a casa la sera tardi, con Shinobu che lo aspettava pazientemente dopo aver messo a letto il loro figlio Kokeru[2], nato da pochi mesi. Essendo diventato un padre di famiglia su cui gravava la responsabilità di mantenere sempre sotto controllo il bilancio familiare, Ataru aveva ormai rinunciato al suo sogno giovanile di avere un harem tutto per sé; tuttavia, durante il quotidiano tragitto casa-lavoro, si concedeva il lusso di gettare un’occhiata fugace alle donne che camminavano in strada, soprattutto poi se indossavano la minigonna durante le belle giornate!

Per arrivare più in fretta a casa, il giovane signor Moroboshi decise di attraversare il parco cittadino semideserto. Nei pressi della fontana notò una coppietta alle prese con un vivace battibecco; nel vedere quella scena, Ataru abbozzò un sorriso e ripensò a tutti gli accesi diverbi che durante la sua turbolenta adolescenza aveva avuto con la ragazza che sarebbe poi diventata sua moglie.

Subito dopo, però, il sorriso scomparve dal volto di Ataru, lasciando al contrario un’espressione turbata. “Ancora quella sensazione!”, sussurrò a bassa voce mentre la coppia di fidanzatini aveva già fatto pace e si allontanava mano nella mano.

Ataru non riusciva proprio a capacitarsi: ogni qual volta che si trovava ad osservare delle coppie di giovani innamorati, il suo cervello cominciava a pulsargli prepotentemente nella testa, come se volesse cercare di fargli ricordare qualcosa di molto importante senza tuttavia riuscirci.

“Non riesco proprio a capire perché mi succeda questo!”, mormorò Ataru subito dopo aver ripreso il cammino.

Finalmente giunto nella propria villetta familiare che aveva acquistato pochi mesi dopo il matrimonio grazie al fondamentale apporto finanziario dei suoceri, Ataru si avviò verso la cucina e si sedette di fronte a sua moglie Shinobu, la quale gli offrì una tazza di tè verde fumante.

“Scusami se ho fatto più tardi del solito, ma mi hanno accollato delle pratiche che richiedevano la massima urgenza”, si giustificò Ataru, stanco per la dura giornata di lavoro e preoccupato per quanto gli era capitato poco prima.

Shinobu si limitò ad alzarsi dalla sedia e a circondare amorevolmente le spalle dello sposo come una qualsiasi moglie devota.

“Come sta Kokeru?”, chiese di nuovo Ataru dopo aver finito di bere il suo tè.

“Dorme nella sua cameretta come un angioletto”, rispose la giovane signora Moroboshi. “Ho dovuto cullarlo per più di mezz’ora per riuscire a farlo addormentare!”.

Ataru non fece caso alle parole della sposa e riprese a fissare le foglie di tè che giacevano sul fondo con sguardo assente.

“C’è qualcosa che non va?”, domandò Shinobu con premura.

Suo marito rimase in silenzio per qualche secondo, poi rispose: “Mentre tornavo a casa ho avuto di nuovo questa strana sensazione. Il cervello continua ancora a martellarmi nel cranio”.

Sua moglie desiderava intervenire, ma un cenno dello sposo la convinse a lasciarlo proseguire: “Non so come spiegarlo: è come se dentro di me fosse stato cancellato per sempre il ricordo di qualcosa di molto importante… o qualcuno. Ma, per quanto mi sforzi, non riesco a ricordare niente. Non lo trovi molto strano?”.

“Capisco cosa intendi”, affermò Shinobu poco prima di recarsi in salotto e tornare con due piccoli coni dalla superficie dorata stretti in mano. Nel vedere quegli strani oggetti, Ataru ebbe un sussulto e chiese: “Dove gli hai trovati?”.

“In un cassetto della tua scrivania, durante il trasloco”, rispose la moglie. “Quando li ho visti, ho sentito come una fitta al cuore”, continuò a spiegare Shinobu. “Nel vederli, ho pensato che dovevano essere appartenuti a qualcuno che ha avuto un ruolo importante nella nostra vita… ma per quanto mi sia sforzata, non sono riuscita a risalire alla sua identità”.

Ataru afferrò uno dei coni e lo passò continuamente fra le dita, fissandolo con attenzione; poi esclamò: “Queste sono corna!”.

“Infatti!”, disse Shinobu. “Però, da quel che so io, nessun animale è minuto di corna dorate così piccole. Che strano…”.

“Non so proprio cosa pensare”, affermò sconsolato Ataru. “Forse non lo sapremo mai…”.

“In ogni caso, sarà meglio andare a letto”, consigliò Shinobu, facendo notare al marito che era ormai passata la mezzanotte. “Domani devi svegliarti presto!”.

“Già…”, si limitò a dirle Ataru, subito dopo aver posato le piccole corna misteriose sul tavolo e avviandosi con la sposa in camera da letto.

 

***

 

“Ti ricordi quando giocavamo insieme da bambine in questo posto?”, domandò Ran a Lamù, seduta al suo fianco su una panchina a ridosso di uno spiazzo dove un gruppo di ragazzini giocavano a pallone; fra questi spiccava un bambino con la tuta tigrata e due minuscoli corni dorati che emergevano dalla folta capigliatura verde marino: il suo nome era Naoto[3] ed era il figlio primogenito di Ran e Rei.

“Ehi, ma mi hai sentito?”, chiese nuovamente l’aliena dalla folta chioma viola, notando che l’amica continuava a seguire ogni minimo movimento di Naoto, senza perderlo di vista neanche per un momento.

“Cosa? Che hai detto?”, chiese Lamù come se fosse appena scesa dalle nuvole.

Ran scosse la testa e le chiese: “Ti stai di nuovo tormentando l’anima per quanto è successo dieci anni fa, non è vero?”.

“Non posso farci niente; è più forte di me!”, si lamentò Lamù angosciata.

“Devi smetterla di addossare solo su te stessa le responsabilità di quanto è successo allora. Ataru ormai si sarà costruito una vita ed è ora che anche tu lo faccia!”.

“Che vuoi dire?”.

“Lo sai benissimo!”, saltò su Ran. “Finora non hai fatto altro che crogiolarti nei tuoi ricordi e hai rifiutato anche solo di conoscere altri uomini. Non puoi continuare a permettere che una scelta azzardata compiuta in passato possa precluderti per sempre la possibilità di essere felice. Vuoi rimanere in questo stato di frustrazione per il resto della tua vita? E’ una follia!”.

Lamù non rispose e riprese a guardare Naoto che correva con la palla incollata ai piedi. “Gli sono affezionata”, commentò infine, riferendosi al proprio ‘nipotino’. “Per me Naoto è come il figlio che non potrò avere mai più da Ataru per colpa della mia stessa vigliaccheria”.

Nel nominare colui che un tempo considerava l’uomo della sua vita, la bella oni ripercorse con la mente tutti gli avvenimenti che erano seguiti al suo rapimento da parte di Rupa, fino ad arrivare all’ultimo giorno della sfida con Ataru. A quei ricordi per lei così dolorosi, Lamù sentì il cuore come stretto in una fredda morsa e si portò la mano sul petto; non avrebbe mai potuto dimenticare il tragico momento in cui il congegno per la cancellazione della memoria era entrato in funzione, cancellando per sempre ogni ricordo relativo agli extraterrestri dalla mente degli abitanti di Tomobiki.

Vedendo l’amica così abbattuta, Ran decise di assumere un atteggiamento più conciliatorio e le strinse premurosamente le spalle. “Se la cosa può farti sentire meglio, puoi considerare quello che hai fatto come un ultimo gesto d’amore nei confronti di Ataru”, le suggerì.

“Non ti capisco”, commentò Lamù.

“Hai già dimenticato come ti sentivi quando abbiamo dovuto lasciare per sempre la Terra? Eri talmente abbattuta che per giorni ti sei richiusa nella tua stanza, senza voler vedere nessuno e rifiutando persino il cibo. Temevamo che potessi compiere qualche sciocchezza…”.

Lamù ricordava bene quei giorni trascorsi a letto con il cuore lacerato da un dolore straziante. “Come avrei dovuto sentirmi in quei tristi momenti?”, le chiese stizzita.

“Non te ne faccio una colpa”, rispose con calma Ran. “Però ti invito a riflettere: cancellando ogni tuo ricordo dalla mente di Ataru, gli hai sicuramente impedito che vivesse il tuo stesso trauma e permettendogli di poter costruire una vita senza dover vivere con il peso che ti porti addosso”.

Sebbene le fondate osservazioni dell’amica non l’avessero fatto sentire meglio di prima, Lamù la ringraziò comunque per il tentativo e si sforzò di abbozzare un lieve sorriso. La sera stava ormai per giungere e Ran chiamò Naoto, ricordandogli che era ora di tornare a casa per la cena. Nel sentir proferire la parola ‘cena’ dalle labbra della madre, il bambino si congedò dai compagni di giochi e corse verso le due aliene con la velocità di un fulmine.

“Tutto suo padre!”, commentò Ran sorridente.

“Zia Lamù si ferma a cena da noi?”, domandò improvvisamente Naoto all’indirizzo della madre.

“Per me non ci sono problemi”, rispose Ran, rivolgendo lo sguardo all’amica d’infanzia. Nel vedere il volto del piccolo in tuta tigrata, Lamù non poté fare a meno di accettare l’invito, per la grande felicità di Naoto.

Le due aliene e il piccolo oni si diressero verso l’astronave che Ran aveva parcheggiato a qualche metro di distanza dallo spiazzo e una volta accesi i motori, arrivarono nella casa in cui Ran e suo marito vivevano, circondata da ettari di terreno su cui venivano coltivati gli ortaggi che sfamavano quotidianamente la famigliola aliena. Una volta entrati, tuttavia, la padrona di casa chiese al figlioletto di aspettare qualche minuto in cucina e condusse Lamù in una stanza buia, nella quale vi era solamente un tavolo con sopra un braciere di bronzo.

“Perché mi hai portata qui?”, chiese Lamù memore della bravura di Ran nelle arti magiche.

L’amica d’infanzia non le rispose e dopo aver versato all’interno del braciere dei pezzi di carbone, vi adagiò una fiaccola e in pochi istanti si sviluppò una fiamma che illuminò l’intera sala.

“Hai con te una foto di Ataru?”, domandò Ran, che in cuor suo sapeva già la risposta.

Rimasta inizialmente spiazzata dalla domanda, Lamù estrasse dalla borsetta l’unica fotografia di Ataru, la stessa che aveva inserito anni addietro nel suo computer di bordo per sapere se il suo tesoruccio fossa davvero l’uomo ideale[4]. “Cosa vuoi che…”, balbettò con un certo timore.

“Devi bruciarla!”, affermò l’aliena dalla lunga chioma viola, indicando il braciere.

“Non posso farlo. Questo è l’unico ricordo che ho di Ataru e…”.

“Non è vero!”, la interruppe Ran con accesa veemenza. “Conserverai per sempre il ricordo di Ataru nel tuo cuore, ma se non farai come ti dico non ti libererai mai più dei fantasmi che continuano a tormentarti a distanza di così tanti anni. Allora Ataru ha sacrificato te invece del suo orgoglio e tu non l’hai potuto sopportare. Il vostro amore è ormai finito e le vostre vite viaggiano su binari opposti. Brucia quella foto e potrai ricostruirti una vita, conservando dentro di te soltanto i ricordi felici dei momenti che hai trascorso con lui sulla Terra”.

Dopo un attimo iniziale di smarrimento, Lamù si convinse della veridicità delle parole di Ran e protese timidamente il braccio verso il braciere, fino a lasciar cadere la foto al suo interno e lasciandola in balìa delle fiamme.

Ran le si avvicinò e la rassicurò: “Hai fatto la cosa giusta”. Dopodiché la lasciò per un attimo sola e raggiunse Naoto in cucina.

Lamù rimase da sola nella stanza ad osservare il braciere che ardeva. Si avvicinò ad esso e guardò con tristezza il ricordo di Ataru mentre veniva inesorabilmente divorato dalle fiamme. Quando anche le ultime labili fiammelle si spensero e della fotografia non rimasero che minuscoli brandelli anneriti, Lamù mormorò: “Addio per sempre… tesoruccio” e lasciò la stanza, versando un’ultima lacrima in ricordo della turbolenta relazione che l’aveva legata ad Ataru per quattro anni.

 

Fine           



[1] Termine con cui in Giappone vengono definiti i lavoratori salariati impiegati nel settore terziario.

[2] Kokeru Moroboshi è il figlio che probabilmente avrebbero avuto Ataru e Shinobu se Lamù non fosse mai comparsa sulla Terra (cfr. il 12° capitolo del manga Parentele e l’OAV Che cosa accadrà nel futuro di Lamù).

[3] Per il nome del figlio di Ran e Rei ho tratto ispirazione da Naoto Date, protagonista maschile della celebre serie anime e manga L’Uomo Tigre di Ikki Kajiwara.

[4] Cfr. il 23° capitolo del manga Il girotondo dello zodiaco e il 28° episodio dell’anime Test di compatibilità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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