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Autore: Tynuccia    09/02/2024    1 recensioni
[Gundam SEED Freedom] Con un misto di curiosità e preoccupazione, Shiho decise di non punzecchiarlo oltre. Quando voleva, il suo capo sapeva essere decisamente ermetico.
Genere: Generale, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Yzak Joule
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ricollocamento
 
 
 
 
 
Shiho staccò gli occhi dal rapporto che stava redigendo quando la porta del suo ufficio si aprì, rivelando la figura autoritaria del Comandante Joule che, ovviamente, non si era neanche preso la briga di bussare prima di marciare fino alla scrivania. Indossava ancora il cappello, e lei lo fissò curiosamente. Sì porto la mano alla fronte, mettendosi sull’attenti alla meno peggio. “Signore”, lo salutò, quindi fece un cenno alla poltrona di fronte a lei, ma l’albino non accolse il suo invito e si schiarì la gola. 
 
“Ti manca molto a finire?”, domandò, andando dritto al punto, e non le lasciò neppure l’opportunità di replicare, che subito decise per lei. “Ah, chissenefrega se me lo consegni un po’ in ritardo. Devo parlarti”.
 
Il tono perentorio la fece preoccupare, e sollevò un sopracciglio. “È successo qualcosa di grave?”. 
 
Yzak si concesse qualche istante per soppesare la situazione, quindi decise di stringersi nelle spalle. “Dipende da come la vorrai interpretare”, rispose, con un vago tono di mistero, quindi distolse lo sguardo. “Andiamo a berci qualcosa di caldo? È una questione altamente confidenziale, e qua dentro anche i muri hanno le orecchie”.
 
Lei, che ovviamente non si sarebbe mai rifiutata di passare del tempo con il suo superiore fuori dal perimetro militare, si limitò a mettersi in piedi, agguantando la borsa, per poi seguirlo in corridoio. Era mortalmente serio, agitato quasi, e la curiosità si insinuò sotto la sua pelle. “Se posso permettermi, signore, non è molto bravo a mettere a proprio agio la gente”.
 
Yzak sbuffò, guardandola di traverso. “Di solito sei più brillante di così”, la redarguì. “Non mi hai detto nulla di nuovo, mi sembri la mia tutrice quando avevo otto anni”.
 
Shiho fece spallucce, continuando a camminare un passo dietro a lui. “Non è mai troppo tardi per cominciare, sa? Mi sta facendo venire la tachicardia”. E, mentalmente, ringraziò che non ci fosse Elthman nei paraggi, pronto a prenderla in giro per il doppio senso di quelle parole. 
 
“Mettiti l’anima in pace, allora. Non devo mica ucciderti”, borbottò l’albino, cedendole il passo mentre uscivano dalla porta principale. “Andiamo in quel bar all’angolo? A quest’ora non dovrebbe essere troppo affollato”. 
 
Con un misto di curiosità e preoccupazione, Shiho decise di non punzecchiarlo oltre. Quando voleva, il suo capo sapeva essere decisamente ermetico. 
 
Si accomodarono ad uno dei tavolini nell’angolo, lontano dalla vetrata, e subito un cameriere si avvicinò loro, affatto colpito dai due ospiti in uniforme. “Avete già deciso?”, domandò con voce annoiata. 
 
Shiho vide che il suo accompagnatore le fece un cenno. “Per me un caffè. E una fetta di torta, per favore”, chiese, valutando che era l’orario propizio per uno snack. 
 
“Una tazza di tè verde”, ordinò invece Yzak, molto più brusco. Non aggiunse altro e rimase con il mento poggiato su un pugno, lo sguardo perso alla sua sinistra. 
 
Shiho sentì il proprio petto stringersi, mentre ammirava il profilo delicato e aguzzo al contempo del ragazzo. Decise di abbassare gli occhi, prima che lui potesse coglierla in fallo mentre lo fissava, e fu più che lieta quando il cameriere tornò con i loro ordini. “Ahh, che meraviglia!”, esclamò, agguantando la forchetta per prendersi un pezzo di torta. Appena lo mise in bocca, un mormorio soddisfatto lasciò le sue labbra. 
 
“Quella roba ti farà male”, valutò lui, asciutto, sorseggiando il proprio tè. “Davvero, non so come fai a non avere i denti cariati, o pesare almeno trenta chili in più”.
 
“La vita è una sola”, dichiarò solennemente Shiho. “Penso siano i privilegi di essere una Coordinator, quindi è giusto approfittarne”. Scavò nel dolce, infilzando un nuovo boccone. “Ne vuole provare un po’?”.
 
Yzak arricciò il naso. “Neppure sotto tortura”.
 
“Peggio per lei”, borbottò Shiho, ritrovando nuovamente il buonumore quando si cacciò la forchetta tra le fauci.
 
L’albino esalò un sospiro, valutando che avrebbe potuto approfittare della pausa per arrivare al nocciolo della questione. “Mi hanno convocato al quartiere generale, questa mattina”, confidò, lasciando che la temperatura della tazza gli riscaldasse le mani gelate. Vide la sua sottoposta guardarlo curiosamente. “A quanto pare vogliono che io mi occupi dell’intelligence, presso lo Stato Maggiore”. 
 
Lei sgranò gli occhi e, dopo aver deglutito, si sciolse in un sorriso allegro. “Questa è una bellissima notizia, Comandante!”, esclamò, traboccante d’orgoglio.
 
“Tenente Colonnello”, la corresse, e al suo sguardo interrogativo si strinse nelle spalle. “Con la promozione ho guadagnato anche un nuovo grado militare”.
 
Shiho sembrò soppesare la cosa ed intrecciò le braccia sul seno, appoggiandosi allo schienale della sedia. “Tenente Colonnello Joule”, recitò, meditabonda, quindi sogghignò. “Non ha lo stesso appeal di Comandante Joule”.
 
Yzak roteò una mano in aria. “Solo perché non sei abituata”, replicò, spiccio. “Mi hanno informato che la Voltaire passerà sotto la giurisdizione di qualche soldato di cui non ricordo neppure il nome, ma questo mi porta a chiederti: hai mai pensato al tuo futuro, Shiho?”.
 
Lei rimase un attimo in silenzio. La risposta più ovvia sarebbe stata negativa. Non si era mai davvero preoccupata, soprattutto perché ciò che davvero le interessava era stare al suo fianco, e renderlo orgoglioso di lei. Sapere che anche solo un’ora di straordinario in più avrebbe potuto alleggerirgli il carico di lavoro era tutto ciò che desiderava, ma di certo non avrebbe potuto dirglielo così apertamente. 
 
Incontrando un muro, e ignaro dei suoi pensieri, Yzak scosse il capo. “Se volessi rimanere sulla Voltaire, per me non ci sarebbero problemi, sia ben chiaro. Stavo solo ragionando sul fatto che questa mia promozione possa significare un avanzamento di carriera anche per te. Non ti piacerebbe tornare al laboratorio di ricerca?”.
 
Shiho sollevò un sopracciglio, sentendo il proprio cuore galoppare. Solo ora stava carpendo dove voleva andare a parare lui. Benché il suo viso rimase neutrale, dentro di sé avvertì il panico sbocciare. 
 
“Oppure c’è il nuovo gruppo sotto la giurisdizione di Cagalli e Lacus, i Compass. So che ci lavora anche un certo Albert Heinlein, che è—“.
 
“Il leggendario ingegnere!”, non riuscì a trattenersi dal dire Shiho, che non solo conosceva, ma ammirava con tutta sé stessa. Notando l’espressione scocciata di Yzak per averlo interrotto, mormorò parole di scusa, e si tenne occupata con un sorso di caffè.
 
“Sia come sia”, riprese l’altro, “sono certo che qualsiasi cosa sceglierai di fare, potresti avere molto di meglio che la carriera fatta finora sulla Voltaire”.
 
Tra i due scese il silenzio, ma non di quelli confortevoli a cui erano abituati. “Sta cercando di licenziarmi?”, mormorò dopo un attimo lei, esibendo un sorriso rattristato. 
 
Yzak guardò l’orologio che portava al polso. “Non credo sia possibile. Tra meno di otto ore non sarò neppure più il tuo capo, e la giurisdizione dell’ormai ex Joule Team non mi riguarda più”. 
 
Il pensiero di doversi separare da lui, anche solo in qualità di Comandante, le provocò una spiacevole fitta alla bocca dello stomaco. “Secondo lei cosa dovrei fare?”. 
 
“Non è tanto la mia opinione, che conta, quanto quello che desideri tu”, sospirò Yzak, distogliendo lo sguardo. L’espressione che le campeggiava in volto era dannatamente malinconica, e non voleva permettersi il lusso di spaziare troppo con la mente. 
 
Shiho piluccò la propria fetta di torta con la forchetta, rivolgendo ad essa un sorriso spento. Il suo desiderio era continuare a servire lui, ed i suoi ideali. Erano quasi quattro anni che lavoravano insieme, e nonostante la sua mansione fosse lontana da quella preventivata dai suoi studi e dalle sue capacità, non riusciva a immaginarsi un mondo in cui non sarebbe stata al suo fianco. 
 
Non ricevendo risposta, Yzak decise di andarle incontro. “Se dipendesse totalmente da me, è ovvio che ti chiederei di seguirmi”, disse, e la vide sollevare il capo per fissarlo con occhi sgranati. “Non troverò mai una subordinata altrettanto capace, e so perfettamente che saresti in grado di brillare anche con le attività dell’intelligence”. Prese un sorso di tè, trovando fastidioso lo scintillio che le faceva ardere lo sguardo, ma mai quanto le farfalle che quell’espressione aveva risvegliato nel suo stomaco, per chissà quale motivo. “Ma, ripeto, non è una decisione che spetta a me”. 
 
Logico, freddo e razionale. Era quello l’Yzak di cui si era tanto innamorata, e Shiho non riuscì a reprimere un sorriso. Che si fosse dato tanto pensiero perché lei potesse costruirsi una carriera sfavillante era già un balsamo per il suo cuore, e quella considerazione le fece trovare il coraggio di prendere finalmente parola. “Credevo che, quando mi ha dato il soprannome di Housenka per il mio stile di combattimento, non sarebbe potuto esistere onore più grande, per me”, confessò. “Ma sapere che vorrebbe che continuassi a lavorare per lei, in un campo professionale tanto diverso…”. Si interruppe e prese un grosso respiro. “Si fida di me?”.
 
“Ciecamente”, replicò l’albino, senza battere ciglio. 
 
“Allora forza. Me lo chieda ufficialmente”.
 
Yzak di norma avrebbe trovato la situazione irritante. Si era preso la briga di parlarle con il cuore in mano, preoccupato che stesse buttando alle ortiche il suo talento, ed ora quella sciocca della Hahnenfuss gli dava l’impressione di non aver ascoltato mezza parola;
eppure avvertì l’animo farsi più leggero alla prospettiva di non doversi separare da lei, professionalmente parlando, quindi si raddrizzò e si schiarì la gola. “Shiho Hahnenfuss, vorresti continuare a far parte del Joule Team presso lo Stato Maggiore?”.
 
Shiho fece il saluto militare, per la seconda volta nel giro di un’ora da seduta. “Signorsì, Tenente Colonnello Joule”.
 
Nuovamente Yzak dovette nascondere le labbra con la tazza, e ne approfittò per finire il proprio tè. “Hai ragione. Suona proprio male”, concesse. “Se vuoi, puoi continuare a chiamarmi come hai sempre fatto”. 
 
“Questo sì che è un sollievo”, commentò Shiho, tornando a mangiare la sua torta con spirito rinvigorito. “E Dearka?”.
 
“Quell’asino me lo trascino dietro dai tempi dell’asilo, non posso certo lasciarlo a piedi ora”, borbottò Yzak. “Soprattutto perché, conoscendolo, uscirebbe dall’esercito e intraprenderebbe una carriera orribile. Tipo il surfista”.
 
Shiho scoppiò a ridere. “Non so proprio cosa farei, senza voi due”, disse, e colse l’ombra di un sorriso anche sulle labbra sottili del suo superiore. 
  
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