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Autore: CrystalWolf_019    12/02/2024    1 recensioni
Noe aveva sete.
Due settimane erano passate dagli avvenimenti in seguito all'incontro con Mikhail, nei quali era venuto a conoscenza di una parte del passato di Vanitas e della vera identità del suo maestro- no, il conte Saint-Germain.
Due settimane di false piste e buchi nell'acqua e Noe non riusciva a concentrarsi perché aveva un terribile buco alla gola.
….
Vanitas era confuso.
A lui non piaceva essere confuso, non piaceva non sapere le cose e non gli piaceva cosa Noe Archiviste gli facesse provare.
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Dante, Johann, Noé Archiviste, Vanitas
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Spoiler!
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Noe aveva sete.

Due settimane erano passate dagli avvenimenti in seguito all'incontro con Mikhail, nei quali era venuto a conoscenza di una parte del passato di Vanitas e della vera identità del suo maestro- no, il conte Saint-Germain. 

Due settimane di false piste e buchi nell'acqua e Noe non riusciva a concentrarsi perché aveva un terribile buco alla gola. Dominique era impelagata in ricerche nella tenuta di Averoigne nella quale erano cresciuti, e lui si era ritrovato senza sangue da bere.

Per carità, a causa delle leggi e della sua capacità di leggere i ricordi era abituato a tenersi la sete di sangue per se. Ma con Vanitas sempre a zonzo al suo fianco, dopo tutto ciò che era successo, gli risultava quasi impossibile. 

Aveva il desiderio costante ed impellente di toccarlo, averlo vicino. Avrebbe voluto morderlo, cercare su di lui il punto più morbido e conficcare i propri canini fino a sentire il sangue caldo inondargli la gola...la cosa lo faceva sentire meschino, perché sapeva quanto Vanitas fosse contrario alla cosa. Si ritrovava la notte in scenari confusi e affannati, i pantaloni troppo stretti e la gola secca. Vanitas sembrava ignorare la cosa, ma la signorina Amelia invece lo aveva già preso da parte per offrirgli il proprio polso. Noe aveva ringraziato ma aveva rifiutato: non voleva che si sentisse obbligata. E poi non era Vanitas; nessuno era come lui. 

Non riusciva a capire l'entità del suo stato d'animo e in un momento di solitudine con Dante aveva accennato ai propri problemini notturni riguardanti l'umano.

Il rosso aveva sospirato con il fare più impacciato, e al contempo esasperato, del mondo. Come se avesse l'ovvietà  davanti agli occhi e Noe fosse lo stupido a non coglierla. «A te piace Vanitas.» Noe sbatté le palpebre e scosse la testa. «No non mi piace.» Dante non riusciva a capacitarsi di come fosse ingenuo, e non aveva la pazienza per mettersi a spiegare cose tanto...delicate. «Senti -interruppe il monologo da Noe iniziato sul perché Vanitas non dovesse andargli a genio- parlane con Johann. Lui saprà spiegarti meglio di me.» 

 

Vanitas era confuso. 

A lui non piaceva essere confuso, non piaceva non sapere le cose e non gli piaceva cosa Noe Archiviste gli facesse provare. Sentiva il cuore in gola quando stavano vicini, l'impellente voglia di sentirlo stretto, vicino...e voleva anche che tutto ciò avvenisse senza i vestiti addosso. 

Vanitas aveva perso l'ingenuità tempo prima nei laboratori di Moreau, e la verginità con una prostituta tempo prima, per evitare di sentirsi inferiore rispetto ai suoi coetanei, sbagliato: un po' forse se ne era pentito.

Quando era con Jeanne, si rendeva conto che il morso di lei lo faceva crollare in uno stato di godimento tale da farlo gemere, da volerla stringere addosso e da fargli venire un erezione. Ma sempre più di frequente in quei momenti in cui Jeanne lo faceva "suo" -ciò lo faceva sentire un po' una sgualdrina e la cosa non capiva se gli piacesse o meno- e chiudeva gli occhi, immaginava il corpo dell'Archiviste sopra il suo, le sue braccia stringerlo e il suo morso...dieu quanto anelava il suo morso: si arrovellava cercando di capire cosa avrebbe provato se...se Noe non fosse stato un maledetto Archiviste. Dopo i fatti con Mikhail aveva quasi pensato di lasciarsi andare a quel desiderio...ma c'era ancora la questione di Luna che doveva tenere per se. Però; lo sguardo violaceo carico di promesse del vampiro non lo aiutava. La sua pelle ambrata, le labbra piene, il suo essere un fottuto belloccio non faceva che accrescere quel bruciante desiderio che lo stava logorando dentro. Anche perché, come poteva qualcuno come Noe scegliere lui al posto di Dominique. E si abbandonava quindi a Jeanne, sperando che l'illusione del sentimento che provava per lei potesse salvarlo.

 

Il giorno dopo, Johann lo attendeva sul suo letto quando tornò in camera, lo sguardo di chi non aspettava altro che questo. «Johann! -esclamò il vampiro sorridendo- ti stavo cercando!» il damphir sogghignò. «Lo so. Dante mi ha spiegato la situazione.» Noe si tolse il cappello. «Oh bene allora puoi aiutarmi.» Il damph sorrise sinistro, pronto a degustarsi l'innocenza di Noe trasformarsi in consapevolezza; a diciannove anni aveva bisogno di crescere dopotutto. «Oh no, solo Vanitas può aiutarti tesoro.» affermò mellifluo, alzandosi e avvicinandosi a lui. Gli prese il mento tra le dita, dovendo alzare lo sguardo per sopperire al 1.87 di Noe. Diamine quel vampiro era un gigante. «Ma è Vanitas il mio problema.» Johann rise e gli picchiettò il petto all'altezza del cuore, meravigliandosi della durezza dei pettorali e azzardando una palpata. «Oh wow, anche io fossi in Vanitas vorrei avere una ripassatina.» Noe si scansò dal contatto inaspettato e disagevole, arrossendo. «Cosa vorrebbe Vanitas da me?» Johann si avvicinò flessuoso come un predatore. «Hai mai sentito parlare di sesso?» Mormorò come se stesse raccontando un segreto. Il volto di Noe assunse un cipiglio confuso. «L'identità di genere di una persona?» Johann scosse la testa. «No, l'azione.» Il vampiro guardò il proprio gatto come se potesse dargli qualche suggerimento, ma Murr stava bellamente rosicchiando i bordi del suo cilindro. «No, il mio maestro non mi ha insegnato nulla a riguardo.» il suo sguardo si adombrò. «Il conte non mi ha mai istruito su di esso.» fu costretto a correggersi. Gli occhi chiari del Damphir si addolcirono. «Allora lo farò io.» Le iridi violette di Noe si rianimarono. «Questo sesso potrebbe risolvere i miei problemi con Vanitas?» il ghigno sulle labbra di Johann fece nuovamente capolino. «Oh eccome.» Noe lo prese per le spalle. «Ma è fantastico! Devi dirmi cosa devo fare.»

 

Quando Vanitas tornò in camera -entrando per una volta dalla porta- era solo. Aggrottò le sopracciglia vedendo il cappotto dell'Archiviste buttato alla rinfusa sul letto, insieme al cilindro e i pantaloni. Murr uscì da sotto al letto guardandolo con un cipiglio scocciato. «Dove diamine è il tuo proprietario. Non lo vedo da tutto il giorno.» il moro sbuffò, affacciandosi dalla finestra per vedere dei clienti entrare nell'hotel. Fu colto dall'illuminazione. «Ma certo! Quell'idiota starà di nuovo lavorando al ristorante.» alzò gli occhi al cielo. "Per ripagare dell'ospitalità" gli aveva risposto un giorno. Si catapultò fuori dalla stanza, diminuendo il passo e rimproverandosi per la troppa enfasi. Sgattaiolò nella sala ristorante, rimanendo affacciato per controllare se l'Archiviste fosse lì...niente, non lo vedeva da nessuna parte. Fece per tornare indietro, con l'amaro in bocca, quando dalle cucine vide uscire mezzo barcollante l'albino, con due piatti dall'aria gustosa in mano che gli fecero brontolare lo stomaco vuoto. I suoi occhi però si puntarono sul bel vampiro: i pantaloni neri, le scarpe eleganti, il panciotto stretto sulla camicia bianca che ne evidenziavano la vita stretta e le spalle allenate. Più di una signorina nella sala gli puntava occhi addosso come avvoltoi, e qualche giovane cercava di nasconderlo con scarso successo. Il sangue di Vanitas ribollì di gelosia, gli intestini che adesso si stringevano in una morsa. Il corvino non sapeva di cosa essere più infastidito: della sua stessa reazione o di quella dei commensali. Fu distratto dal rumore delle posate che si infrangevano a terra, lo sguardo che saettava verso lo sgradevole suono. Noe si piegò in un inchino, biascicando dispiaciuto delle scuse alla signorina con i capelli biondi alla quale aveva portato la pietanza. Vanitas aggrottò le sopracciglia. Sapeva quanto i riflessi di Noe fossero sviluppati, non era da lui commettere una cosa del genere. Si chinò a terra, addirittura appoggiandosi stancamente alla sedia della ragazza, che arrossì quando la mano guantata del vampiro le sfiorò una spalla. Vanitas digrignò i denti e osservò l'albino congedarsi senza nemmeno notarla: dentro di se gorgogliò di nero compiacimento, che si infranse quando l'Archiviste venne preso sotto braccio da Miss. Amelia e portato chissà dove. Subito si precipitò in sala sotto gli occhi sgomenti del tavolo affianco alla porta. Riserbò per loro uno sguardo malevolo prima di partire all'inseguimento dei due; una bruttissima sensazione ad accompagnarlo.

E se Noe fosse stato...maledetto...?

Nono, glielo avrebbe detto...giusto?

D'un tratto non voleva più sapere dove Amelia lo avesse portato, ma era troppo tardi.

Si fermò quando sentì la voce di lei, accucciandosi dietro un angolo e sbirciando la scena coperto da una pianta. 

«Noe! Non potete continuare così! Avete bisogno di nutrirvi.» il cuore di Vanitas sprofondò sotto i suoi piedi. Noe aveva fame.

Il desiderio del morso pulsò sotto pelle insieme alla paura viscerale che aveva provato quando Mikhail lo aveva aizzato contro di lui. «No...sto bene...sono abituato.» biascicò appoggiandosi mollemente al muro. «Non voglio...» sussurrò. Il corvino si ricordò di Dominique, al momento distante, che gli diceva quanto Noe odiasse sbirciare nei ricordi altrui. Stava morendo dalla fame per questo. 

Vanitas strinse i pugni: se solo non fosse stato un Archiviste.

Amelia lo spinse contro il muro, un'espressione improvvisamente decisa sul viso. Noe sembrava al patibolo invece, mentre la signorina si tirava con uno strattone una manica su. Vanitas volle sprofondare. «Bevi.» ordinò. L'albino scosse la testa e lei gli premette il polso sulle labbra. Gli occhi di Noe divennero Rossi come rubini. Vanitas ribollì dalla rabbia nel suo angolo, e dovette nascondersi velocemente quando il vampiro, come richiamato da ciò, guardò nella sua direzione.

"Non guardarmi così" implorò mentalmente il moro. "Non ho nulla da darti".

Noe parve sconfitto. Con un colpo di reni ribaltò la situazione, stringendo delicatamente il polso di Amelia mentre lei restava schiena al muro, completamente rossa in volto. 

Vanitas ammirò la lingua dell'Archiviste saggiare appena una porzione di pelle sul polso prima di affondarvici i denti.

La ragazza cadde tra gli strati della sottana, una mano sulla bocca e la faccia rossa così come gli occhi. Sembrava starsi trattenendo dal mostrare piacere e Vanitas la invidiò così tanto che strinse la propria mantella tra le dita. Così voglioso di interrompere quella visione ma così attratto da essa. Noe bevve solo qualche sorso prima di staccarsi. Una mano sugli occhi mentre indietreggiava. «Mi dispiace tanto...» affermò. Lei tremava troppo per rispondere. Vanitas corse finalmente via.

 

Quando Noe entrò in stanza Vanitas già c'era. Seduto sul davanzale della finestra guardava fuori con un'aria funerea. «Vanitas!» si animò il vampiro. «Sei già qui.» sorrise appena. Espressione che morì quando il corvino si girò verso di lui. «Si Bhe me ne stavo andando. Magari Jeanne vuole stare un po' con me.» l'albino strinse i pugni lungo i fianchi. «Ci sei stato tutto il pomeriggio.» constatò e l'altro scrollò le spalle. «Magari vuole passare anche la notte assieme.» la morsa in cui stringeva le mani si allentò del tutto in un'arrendevolezza che non gli apparteneva. «Capisco...» mormorò.

Vanitas aveva già un piede fuori dalla finestra quando la voce di Noe lo bloccò sul posto. Pietrificandolo fin dentro le ossa e facendogli esplodere il cuore. «E se anche io volessi che passassi la notte con me?» il corvino si girò, le guance stupidamente in fiamme. «Ti rendi conto di come può suonare questa frase?» forzò un ghigno che quasi si estinse all'espressione di Noe. Bruciava come fuoco. 

«Johann mi ha detto che c'è solo un modo per far finire questa cosa che ho.» Vanitas iniziò a temere il peggio quando Noe prese fiato. «Vanitas fai sesso con me!» praticamente gridò.

Il corvino scivolò indietro sul tetto e prima di sbattere la testa si ritrovò tra le braccia dell'altro. Lo riportò in stanza prendendolo per i fianchi come una bambolina, mollandolo solo per chiudere poi la finestra. L'ultimo discendente della luna blu esplose «Ma che cazzo stai dicendo brutto idiota?!? Sai almeno di che cosa stai parlando!?» Noe deglutì guardandolo però dritto negli occhi. «Non del tutto.» Vanitas voleva picchiarlo. «E allora!» - «So quello che Johann mi ha spiegato!» gridò esasperato. «Dante mi ha detto che solo lui poteva aiutarmi. Non so cos'altro fare!» si passò una mano tra i capelli e poi si tolse i guanti, strattonandogli con i denti. Vanitas si sentì preso in giro da se stesso quando si invidiò persino di quei pezzi di stoffa. «Quei due...appena li rivedo-» - «Vanitas io non ce la faccio più. -affermò il vampiro- questa costante voglia di toccarti, di...» non lo disse ma il suo sguardo scivolò sul marchio di Jeanne e si adombrò.

Vanitas sprofondò e si coprì il collo. Ma non era quello che -incredibilmente- gli interessava di più al momento.

«Tu vuoi- toccare me?» Noe lo guardò come se fosse pazzo. «Si. E so che invece tu vuoi che sia Jeanne a farlo e fa male.» si portò una mano al petto. «Qui.» Vanitas non poteva crederci: era tutta colpa sua. Quella tresca con la burreau era iniziata perché voleva capire cosa ci trovassero di così bello i vampiri dopo aver sentito Dominique gemere dietro la porta in seguito al morso di Noe. 

E lui voleva essere morso da Noe così tanto...ma non poteva e aveva ripiegato su Jeanne.

In quel momento voleva morire. «Tu sei un maledettissimo idiota!» sbraitò e lo prese per il colletto della camicia. Murr soffiò nella sua direzione e smise solo quando Noe alzò una mano, senza staccare gli occhi violacei da quelli azzurri di Vanitas. «Che ti piaccia o meno mi sento così.» sussurrò l'albino. «Non capisci proprio niente tu! Sempliciotto senza cervello cresciuto nelle campagne.» Noe aggrottò le sopracciglia, evidentemente perplesso. «Sei cresciuto in campagna anche tu.» Vanitas lo mollò, slacciandosi la mantella, caldo di collera. «Se tu non fossi un maledettissimo Archiviste avrei fatto bere a te il mio sangue!» berciò infine e se ne pentì subito dopo. «Cosa...?» Noe si strinse su se stesso, facendosi quasi piccolo nella sua imponente statura. Vanitas voleva scappare via e non affrontare quella conversazione mai più. «Quindi...non posso nemmeno toccarti...» soffiò il vampiro. «Ma se lo fai sempre! Come se te ne fosse mai importato qualcosa.» Noe scosse la testa e Vanitas sapeva benissimo che non era quello che intendeva: ma aveva bisogno di sentirselo dire. Il vampiro ci cascò con tutte le scarpe e non ne fu affatto sorpreso. «Intendo...come fai con Jeanne.» Vanitas lasciò cadere le mani. «Vieni qua.» Noe si avvicinò cauto, flessuoso come il predatore che era. L'umano dovette alzare al solito lo sguardo per incontrare i suoi occhi. Lo prese di nuovo per il bavero della camicia, lo strattonò a se e gli diede una testata. «Vaffanculo.» ringhiò e poi premette violentemente le loro labbra insieme. Noe sussultò e posò le mani sui suoi fianchi, sollevandolo un po' e costringendolo ad alzarsi sulle punte mentre lui si chinava. Vanitas si rese conto che Noe non aveva mai baciato nessuno quando fu lui a doversi muovere, e Noe impacciatamente provò ad imitarlo, prendendoci la mano anche troppo in fretta. Si staccò però bruscamente con una mano sulla bocca: gli occhi purpurei. Vanitas ansimò e lo trattenne vicino. «Se mi mordi ti ammazzo.» Noe soffiò tra i canini affiliati e lo prese in braccio. Il corvino gli cinse i fianchi con le gambe e sentiva già il vampiro piuttosto duro la sotto. La cosa lo mandò su di giri: solo con un bacio era stato capace di farlo capitolare in quella maniera. Si fece più coraggioso, stringendogli i capelli tra le dita guantate. Il vampiro lo baciò di nuovo, e questa volta gli ficcò la lingua in gola in un impeto del tutto animalesco che nemmeno lui sapeva dove gli fosse uscito. Vanitas parve però gradire perché emise un verso che gli fece ronzare le orecchie, iniziando a muovere la lingua contro la sua, motivandolo a fare lo stesso. Se lo strinse di più addosso e Vanitas si staccò solo per guardarlo con un ghigno in faccia, rosso e ansimante. «Letto.» Noe si sentì soffocare. «Vuoi andare a dormire...?» L'umano alzò gli occhi al cielo facendo una smorfia. «No idiota voglio che tu mi prenda, mi sbatta sul letto e ti corichi sopra di me. Ma diamine Johann cosa ti ha detto?!» Noe non gli rispose, girandosi velocemente e lasciando cadere di peso Vanitas sul proprio letto, sovrastandolo. Il corvino perse tutta la sua sicurezza e gli sembrò piccolo e indifeso. Voleva mangiarselo. «Mi ha detto -mormorò piano l'Archiviste- che devo togliermi i vestiti.» e piano iniziò a sbottonarsi il panciotto, sentendo i pantaloni farsi sempre più fastidiosi addosso. Nonostante questo non voleva mettersi fretta, troppo ipnotizzato dallo sguardo perso che Vanitas non gli scollava di dosso. Lasciò cadere il gilet lungo le spalle, scrollandolo via. Vanitas si tirò su, sfregando così inevitabilmente il proprio inguine contro quello del vampiro. Gemette e si accasciò su quest'ultimo, arpionandogli la camicia e facendo saltare tutti i bottoni. Noe sorrise, i canini che gli pungevano appena le labbra. «Impaziente.» Vanitas gliela strattonò di dosso. «Si sbruffone.» si fermò per ammirare quel capolavoro che la natura aveva partorito. Le spalle ampie, i pettorali, l'addome allenato, la peluria bianca che scompariva nei pantaloni. Voleva morire con quell'immagine ben impressa negli occhi, così avrebbe saputo che un angelo lo stava portando con se. I suoi stessi pensieri lo disgustarono, ma non fece in tempo a dispiacersi perché Noe si era slacciato la patta dei pantaloni, e quei boxer sembravano sul punto di esplodere. «E mi ha detto che devo spogliare anche te.» l'entusiasmo di Vanitas si spense. Cercò di sgusciare via e Noe lo prese per le spalle. «Cosa, che c'è.» come poteva spiegare a qualcuno di tanto bello quanto schifo facesse invece lui? Quanto avrebbe cambiato idea sul proprio desiderio di volerlo se solo lo avesse visto?

«Vanitas...» mormorò il vampiro. «Smettila di pensare.» disse come se fosse facile. Il moro non fece in tempo a rispondergli male perché l'albino aveva preso a leccargli il collo. Baciandolo di tanto in tanto, chiudendo le mascelle giusto per fargli sentire i denti senza davvero morderlo. Quel bastardo lo stava torturando. Gemette e gli strinse i capelli in una mano, mentre con l'altra gli afferrava alla cieca un bicipite. Noe sospirò sulla sua pelle bagnata. «Ancora.» mugugnò. «C-cosa?» l'ultimo discendente della luna blu si maledisse per aver appena balbettato. «Quel suono.» voleva soffocare, svenire e per Luna gli piaceva davvero. «Sei un maledetto.» sussurrò strozzandosi con le sue stesse parole quando il vampiro prese a succhiargli appena la pelle del collo, allentandogli il papillon e facendogli saltare di botto il panciotto. Non ebbe il tempo di dire nulla perché Noe lo spinse contro il letto, tuffandosi a baciarlo e liberarlo dai vestiti, stracciandoli via dalla sua pelle. Vanitas si scansò e lo spinse via quando il fresco lo solleticò. Solo i guanti gli erano rimasti addosso insieme ai brandelli della sua camicia mostrati dal gilet rozzamente aperto. Di nuovo gli insulti gli morirono in gola quando Noe guardò ogni sua cicatrice con la rabbia cieca che aveva visto negli occhi rossi dell'atro solo quando lo aveva diviso da Moreau. Ma poi il suo sguardo scivolò vellutato come i guanti che indossava lungo tutto il suo corpo, facendolo fremere di aspettativa. «Sei proprio bello Vanitas.» e Noe non conosceva bugie. Il moro se lo tirò addosso, trattenendo le lacrime e baciandolo come se potesse sparirci dentro. Voleva che Noe lo prendesse, lo facesse suo, lo annullasse da se stesso e gli facesse dimenticare ogni sofferenza. Noe scese dalla sua bocca al collo, scostandosi come scottato, lo sguardo scuro e i canini sguaiati. Ebbe paura, Vanitas, ma poi vide dove era rivolto lo sguardo del vampiro e si coprì il collo con una mano. «Tu sei suo.» Vanitas scosse la testa e allungò le mani. «No. Nono torna qui.» e se lo spinse di nuovo addosso, cingendogli la schiena con le gambe. «Lascia perdere. Noe giuro su Dio lascia perdere o ti prendo a calci.» Noe sembrò un po' ferito ma fece quanto chiesto. Si tuffò su di lui, prendendo a leccare e succhiare lembi di pelle. Si fermò su un capezzolo, girandoci attorno con le labbra. «Noe~» ansimò Vanitas; il controllo che man mano lo abbandonava. Voleva Noe Archiviste. Noe e basta. Noe che lo coccolava, che lo toccava: Noe e solo Noe. «Johann mi ha anche consigliato di fare delle cose...» sussurrò. E a Vanitas non poteva fregare di meno, tranne che Noe gli stava leccando la pelle sensibile dell'aureola e allora Johann era magicamente diventato il suo più grande amico. Si muoveva inesperto ma con quasi sicurezza. Vanitas non avrebbe voluto che smettesse mai. Con una mano lo stringeva ad un fianco e con l'altra si sorreggeva, e poteva godersi la schiena muscolosa tendersi oltre la coltre di capelli bianchi. La pelle color del cioccolato al latte che nelle luci delle candele si intrecciava di ombre non facevano che evidenziarne la bellezza, come nel più splendido quadro del Louvre. E lui si sentiva come la creta di quelle candele, malleabile sotto le mani di Noe che lo accarezzavano, con quella del fianco scendeva sempre più giù e «Ahh~» Vanitas aprì le gambe ancora fasciate dai pantaloni, mentre il vampiro massaggiava esitante la sua erezione. «Dieau~ Toglili cazzo toglili.» ansimò cercando a tentoni di levarsi legnette e liberare gli stivali. Noe si alzò, lasciandolo mezzo nudo ed eccitato, premurandosi di togliergli piano le scarpe, non facendo che accrescere il suo cocente desiderio. E Vanitas si tirò su, molto più frettoloso per intimare a Noe di togliersi le calzature e abbassargli così i pantaloni. Gemette solo a guardarlo, e l'impulso di toccarsi su quell'immagine per il resto della sua vita gli sembrò la cosa più sensata che avesse mai partorito la sua mente. Noe lo guardava dall'alto, con le iride purpuree concentrate su di lui. Il vampiro si inginocchiò; per lui. Gli tremarono le gambe quando Noe gli sfilò delicatamente i pantaloni, le mani che tremavano appena, facendo trapelare il nervosismo che in realtà provava. Quando rimasero entrambi in intimo, l'aria nella stanza parve farsi più pesante e burrosa. Le gengive del vampiro pulsavano tanto era forte la voglia di affondare i denti nella pelle nivea dell'altro, e dovette prendere parecchi respiri profondi per evitare di assalirlo. D'altro canto, Vanitas lo guardava con aria tanto desiderosa che non sapeva cosa pensare, cosa fare. «Cos'altro ti ha detto Johann...?» Noe non rispose ma gli aprì le gambe e vi si accucciò in mezzo. Dopo uno sguardo sanguigno all'umano, iniziò a tracciare una scia bagnata lungo l'interno coscia del moro, che ricambiò gemendo e prendendo tra le mani i capelli lattei dell'altro. I denti acuminati carezzavano la pelle, ma Noe non permetteva loro di intaccare la pelle, nonostante si fermasse di tanto in tanto sui punti che sembravano far tremare maggiormente l'umano. Ma poi il vampiro si allontanò, gli occhi serrati e la mascella digrignata. Vanitas si risvegliò dal suo stato di godimento, sentendo i sensi di colpa salire. Stava per togliere la verginità a Noe così, senza che prima affrontassero delle fasi o quello che le persone normali facevano dopo una confessione. Vanitas si strinse su se stesso, tirandosi addosso il lenzuolo, l'erezione nelle mutande che non era per niente felice della sua presa di coscienza. «Noe. Basta così.» lo sguardo del vampiro tornò di colpo su di lui, gli occhi tra il viola e il rosso che lo guardavamo quasi disperati. «Perché?! Cosa ho fatto-» - «Niente ma stiamo andando troppo spediti. Ci sono delle cose riguardo a...questo che ti devo spiegare.» Noe scosse la testa, mettendosi seduto con una smorfia e sistemandosi come nulla fosse l'erezione sotto al tessuto dei propri boxer. «Quindi ora andrai da Jeanne immagino.» Vanitas sgranò gli occhi e gli tirò il cuscino addosso. «Non vado da nessuna parte idiota, mi hai pure stracciato i vestiti dove vuoi che vada.» assottigliò lo sguardo. «A proposito grazie tante.» Noe sospirò, e si sedette vicino a lui, tirandoselo addosso a cavalcioni. Vanitas imprecò per la situazione piacevole, ma Noe nonostante il sospiro lussurioso e gli occhi nuovamente rossi, lo abbracciò soltanto, appoggiandosi mollemente nell'incavo del suo collo, al lato non marchiato dalla burreau. «Resta con me stanotte.»

 

Quando Noe si svegliò, Vanitas non era più in stanza, alcuni dei vestiti dell'Archiviste spariti e la mantella del corvino da nessuna parte. Murr lo guardava dal davanzale della finestra aperta, è solo per un secondo, Noe fece finta che Vanitas fosse ancora con lui.

   
 
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