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Autore: Dylanation    14/02/2024    1 recensioni
• ANGST •
Luke se n'è andato, non c'è più.
Ashton fa i conti con se stesso, con il vuoto che questa perdita gli ha lasciato, ripercorre alcuni ricordi.
Vorrebbe compiere qualcosa di estremo ed una sera è molto vicino a farlo, ma... d'improvviso compare qualcosa. O qualcuno. Di certo non è niente di terreno. Luke.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ashton Irwin, Luke Hemmings
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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Qualche tempo fa ho estratto a sorte dei prompt e dei personaggi.
Ashton, Luke, Michael – Ghost AU.
Questo è il risultato di circa 45 minuti di flusso di coscienza un filo angst.
Ho male al cuore.
- Dylan


 
• GHOST OF YOU •
 


La vita di Ashton è cambiata, non è più la stessa. È un uomo vuoto e finito, senza scopi, senza obiettivi, senza colori, odori, sapori.
Ashton Irwin non esiste più.
È rimasto un involucro di carne appetibile che giorno dopo giorno appassisce. A volte pensa di lacerarsela come quando aveva 15 anni, ma non ha le energie neppure per quello. Che senso avrebbe?
Un taglio, un altro ancora, il sangue, il bruciore, il lieve picco di endorfine e poi...? E poi sarebbe ancora lì.
In un mondo in cui Luke Hemmings non c’è più, quindi un mondo in cui non vale la pena esistere.
 
È sull’orlo del baratro, letteralmente.
 
Non hanno capito quanto sia pericoloso lasciarlo solo con i propri pensieri, con la propria miseria? O forse lo hanno capito ed a nessuno frega un cazzo. Possibile.
Non è il tipo da fare cose troppo elaborate. Per questo durante la passeggiata serale – che secondo il suo psicologo fa molto bene alla sua salute, illuso – semplicemente ha pensato di uscire dal sentiero prestabilito ed avvicinarsi alla boscaglia marginale, attraversarla, spingersi fino a quel pezzo di terra che sporge a picco sulla scogliera schiumosa e acuminata.
Non sarà un bello spettacolo per chi lo troverà, ma a lui che importa? Egoista lo è sempre stato.
 
L’aria è fresca e umida, l’estate sta finendo. Lo sciabordio delle onde suicide è così invitante, così rilassante. Il cielo stellato è vasto su di lui.
Trasferirsi fuori città gli ha fatto bene, questo deve ammetterlo. Una buona idea, quello psicologo troppo costoso, la ha avuta.
 
Gli ripete sempre che Luke vorrebbe il meglio per lui, ma in fin dei conti cosa ne sa? Ashton a quello non crede granché. Luke... Era egoista tanto quanto lui. Se non di più.
Luke ed il suo amore per le attenzioni, per le luci della ribalta, per le ovazioni della folla. Luke che voleva essere guardato, sempre. E Ashton non sapeva più cosa guardare, ora che Luke era morto.
 
Lo aveva guardato, la notte prima dell’incidente. Eccome se lo aveva fatto.
Ricorda le sue lunghe gambe morbide e sinuose nella penombra della notte, ricorda quelle cosce infinite pallide e dalla peluria dorata. Sopra al ginocchio, il suo tatuaggio sottile e delicato come lui.
Ricorda la sua bocca bagnata, rosa come petali appena nati, schiudersi, tendersi, arricciarsi e cercare baci che gli ridessero vita. Le labbra di Michael, così rosse, lo accontentavano sempre.
Ashton li aveva guardati baciarsi con una passione tale da scuotere le viscere dell’inferno.

Michael era l’unico a saperlo baciare così, e Ashton amava osservarli.
Le mani di Luke si aprivano sulla schiena di Michael affondando nella pelle morbida, tra i muscoli senza definizione. Ogni singola parte di lui chiedeva di più, sempre, continuamente, a chiunque.
Ai fan chiedeva più applausi, più grida, più energia; alla band chiedeva più intensità, più trasporto, più emozione.
Ma ad Ashton e Michael... Ah. Chiedeva cose sovrumane.

Guardatemi di più, baciatemi di più, toccatemi di più, scopatemi di più.
Tutta la notte, ancora, un altro orgasmo, più carne, altro sesso, più amore, veneratemi.

 
Luke si era preso tutto quanto già in vita.
Con la morte... Si era portato via quello che Ashton non sapeva neppure di possedere. Gli aveva dato ogni cosa, ma ora scopriva di essersi tenuto per sé quelle poche cose che lo rendevano umano.
Non la dignità, no, quella l’aveva persa il giorno in cui si era inginocchiato a terra nel cesso di un locale ed aveva succhiato Michael tra le cosce mentre questo baciava Luke facendolo ansimare e gemere come Ashton non era mai stato in grado di fare. Ashton che in teoria era il suo fidanzato, Ashton che lo amava al punto da non riuscire a dirgli di no in nessun caso.
E cazzo. Aveva sempre creduto di essere una persona leale e fedele almeno con colui che amava, ma Luke lo aveva cambiato anche in quello.
No, non lo aveva cambiato. Gli aveva solamente mostrato la verità.
 
Ashton adorava sentire il sapore di Michael sulla lingua, la sua carne che si rompeva sul suo grosso cazzo, le sue preghiere blasfeme. Quegli occhi verdi che si riempivano di lacrime, quella pelle lattea – più di quella di Luke – che si marchiava e macchiava con un nonnulla.
 
Ashton, quando Luke era in vita, ha perso dignità, controllo, definizione di sé, orgoglio. Ma almeno... In cambio aveva tutto quello che gli serviva.
 
Ora che Luke non c’è più, guarda in basso e gli sembra che quella fine sia l’unica opzione possibile.
L’acqua non è forse il suo elemento? Immagina il proprio sangue mischiarsi ad essa, schiumare, rimestarsi, disciogliersi. È quasi sessuale, è qualcosa che gli si addice.
Gli viene spontaneo guardare in alto, dove una luna a metà lo guarda di rimando. Fredda, disinteressata, opaca.
 
Ha sempre creduto in qualcosa, Ashton. È una persona spirituale, ma ora non sente più assolutamente nulla. Per questo quando la vista gli si annebbia pensa che siano lacrime.
Si stupisce lo stesso. Non piangeva dal giorno del funerale.
 
Un profumo dolce si alza all’improvviso, e ad Ashton manca il fiato.
È già morto e non se n’è accorto? Si è buttato in un momento di confusione mentale ed ora la sua anima stanca sta fluttuando chissà dove? Beh, meglio così. Non sa se ne avrebbe avuto razionalmente il coraggio.
Codardo.
Eppure anche se offuscato, il paesaggio attorno è lo stesso.
Quello però è senza dubbio il profumo di Luke, e Ashton non riesce neppure a disperarsi. È confuso, è a pezzi, è talmente allo stremo da accettare persino la folle idea di essere in presenza di un’esperienza ultraterrena.
Luke dopotutto... Non era forse un angelo?
Un angelo bellissimo, spietato, totalizzante, vendicativo e purificante. Ashton gli ha venduto anima, corpo e cervello. Non c’è niente di strano nel pensare che stia venendo a reclamarlo in punto di morte.
 
A quel pensiero, sente un pizzicorio di vita, dentro. Paradossale.
Stare con Luke per l’eternità, anche in forma di luci e ombre, è l’opzione più bella che esista. Gli angeli non hanno nulla di concreto probabilmente, non potrà mai più baciarlo, toccarlo, tantomeno sentirlo godere. Ma potrà amarlo, e non ha bisogno di nient’altro.
 
È un tocco congelato però quello che lo ridesta in un istante da quel pensiero tanto dolce quanto velenoso.
Il paesaggio ora è a fuoco più che mai, la luna brilla un po’, addirittura, e l’oceano luccica qua e là di bagliori che sembrano lacrime.
L’unica cosa offuscata, è una sagoma di nebbiolina azzurra ad un metro da Ashton. Ha una forma precisa, ha lineamenti, ha curve, riccioli e fossette.
 
Ashton due secondi fa si sarebbe lanciato in avanti, ma nel vedere il fantasma di Luke fluttuare di fronte a sé scatta all’indietro incespicando e cadendo sull’erba soffice, pronta alla rugiada.
Se non è morto... C’è molto vicino. Devono essere gli effetti degli antidepressivi, o dei medicinali per aiutarlo a dormire, o forse le gocce per l’ansia. Ma no, lo sa benissimo. Sta cercando di razionalizzare ma non c’è via di fuga.
 
Luke gli sorride tristemente, lo guarda in un modo che è tenero e pieno d’amore. Gli si avvicina con timidezza.
Ashton ha la bocca schiusa, gli occhi d’oro sgranati, il cuore che nonostante il dolore batte contro la cassa toracica come se la stesse prendendo a testate. Vuole uscirgli dal petto e mettersi nelle gelide mani di Luke, è comprensibile.
 
«Luke...»
 
La mano di Luke si appoggia sul suo ginocchio, è un freddo che non ha niente a che vedere con le percezioni terrestri o umane.
Va in panico nel momento stesso in cui si accorge che la nebbiolina che compone Luke si sta diradando piano piano, a partire dalle sue bellissime gambe, ora piegate davanti a lui.
 
Ashton non aspetta. Si fa avanti e lo abbraccia.
Capisce immediatamente di non poter stringere, è come cingere una nuvola di vapore ma a lui quell’evanescente consistenza basta e avanza.
 
Vuole respirarlo, vuole sentirlo nei polmoni.
La testa di Luke si muove in quell’abbraccio, gli si posa nell’incavo della gola, è rassicurante e devastante.
 
«Luke io non ce la faccio più.»
 
La sensazione di gelo totale si stacca piano, Luke è svanito per metà e ora sta cercando di guardarlo negli occhi. Gli mette le mani sulle guance, un umidore ghiacciato lo pervade dandogli brividi dietro la nuca.
Le iridi di Luke sono piene e nonostante non siano del tutto reali, hanno lo stesso colore di quando quel corpo era carne, ossa e sangue.
 
«Vivi.»
E ad Ashton sembra di esserselo immaginato visto che la bocca bellissima di Luke non s’è mossa. Ma quella era la sua voce, e gli ha rimbombato nel cervello come se fosse un pensiero nato da lui stesso.
«E prenditi cura di Michael, avete bisogno l’uno dell’altro.»
 
Il cielo stellato dietro la sagoma di Luke è sempre più nitido, i tocchi di quelle mani stanno scomparendo, le goccioline di chissà cosa si stanno disperdendo.
 
«Io ti amo, Luke.»
 
Le lacrime gli annacquano tutto quanto, non si era reso conto nemmeno di stare piangendo.


La disperazione lo colma al pari dell’amore, Luke si è dissolto.
E lui rimane lì invece, corpo solido, biologia pulsante, limitazione terrena.
Ha nei polmoni il freddo dell’essenza che ha respirato. È dolce e pervasiva esattamente com’era Luke, spera che le sue cellule ne abbiano assimilato il più possibile. Vuole portarselo dentro.
 
Lui... Ha dato tutto a Luke in questi anni, forse troppo. Per questo ora che non ha più niente è stato Luke a dargli qualcosa.
Non un motivo, non una speranza, non un palliativo. Gli ha ridato parte della vita che gli aveva tolto, che si era preso con il suo bellissimo e ammaliante egoismo.
 
Ashton decide di rimanere lì, quella notte. Tra l’oceano e la luna, con in testa la ricostruzione dell’immagine di Luke, fermo in gola il sapore del suo profumo, dentro al cuore quel pezzo di vita che gli ha messo dentro a forza.
 
Luke... Che aveva al collo il ciondolo che gli aveva regalato, accanto a quello di Michael. Luke che prima di svanire del tutto gli aveva detto quattro parole che non sarebbero mai più andate via dalla memoria di Ashton.
Le avrebbe per sempre sentite risuonare con quella voce, quell’intonazione, quella dolcezza, quell’ironia inconsapevole.
 
«Vi amo da morire.»
 
Stupido, dolcissimo Luke.
 
  
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