Capitolo
XXVI
L’indomani erano ancora
vivi, una
considerazione tutt’altro che banale dopo gli eventi delle
ultime ore.
Alexander e Pain li radunarono
nell’ingresso, una sala abbastanza ampia da consentire loro
di accomodarsi su
sedie incrinate, divani logori o i materassi su cui avevano dormito tre
dei
civili, mentre i soldati si erano impadroniti del secondo piano, dal
quale
potevano godere di una migliore visuale. Erano a corto di cibo, ma un
pozzo li
aveva riforniti di acqua pulita, e per il momento poteva bastare.
«Cos’è
questo posto?» domandò
Alexander a bruciapelo non appena ebbero dato inizio alla riunione
d’emergenza.
«Caverby, o quel che ne
resta» rispose
Pain. «In passato era un villaggio di esili dimensioni,
fondato da puritani
così radicali da essere scacciati dalla loro
comunità, ma negli ultimi sette
anni è stato utilizzato come deposito di alcolici. Me ne
aveva parlato il
collega che ha sventato l’operazione, e quando il governo mi
ha mandato a
collaborare con Cutty mi è tornato in mente. È un
porto sicuro, mettiamola
così.»
«Quindi non vi siete mai
fidato di
lui?»
«Non esattamente. Avrebbe
dovuto
collaborare con l’esercito, ma una volta smantellata
Innsmouth ha preso le
redini delle future operazioni, e qualcuno dall’alto glielo
ha lasciato fare.»
In un angolo, Lilyan tirò
su con
il naso. Si erano procurati la legna per accendere il camino, ma erano
ancora
provati dalla nuotata notturna; anche Ellen malediceva il raffreddore
che
prudeva nelle narici. Erano entrambe sedute sul lato meridionale
dell’edificio,
insieme ai loro compagni, in modo da avere i soldati di fronte:
potevano sia
osservare le loro mosse che tenerli a distanza. Avrebbero avuto bisogno
di
tempo per imparare a fidarsi di loro, ma non ne avevano.
Due notti.
Ellen andò dritta al sodo.
«Avete
un piano.»
«Solo un’idea, per
adesso. Conto
di perfezionare i dettagli entro domani. Per allora, voi ve ne sarete
già
andati.» Pain scoccò un’occhiata di
avvertimento ad Alexander. «A meno che voi,
detective, non vogliate accettare la sua offerta.»
Uscire da quella orribile
situazione era sembrato un sogno a lungo irrealizzabile: ci avevano
provato, ma
Darcus e i maledetti libri si erano ancorati alle loro vite.
D’altra parte, ora
potevano passare il testimone a qualcuno di cui, se le cose fossero
andate
storte, nessuno avrebbe sentito la mancanza.
Fu Michael a interrompere il
silenzio calato dopo l’infida insinuazione di Pain.
«Potremmo cambiare aria per
un po’.»
«Boston è troppo
vicina» disse
Janet, che tuttavia sembrò valutare la proposta.
«Non Boston. Verreste da me,
in
Europa. Ci sarebbe un oceano tra noi e Darcus.»
«C’è…
anche l’India» mormorò
Lilyan. «Janet, sono là i tuoi genitori
adesso?»
Lo sguardò
dell’archeologa
dardeggiò dall’amica ai soldati, come se temesse
che avrebbero potuto usare
quell’informazione per rivenderla al nemico o fare del male
alla sua famiglia.
«Non… non
so… Credo che l’Europa
sarebbe la scelta…»
«Non abbiamo
scelte» la interruppe
Alexander con una risolutezza inedita, la stessa con cui, la sera
prima, Ellen
gli aveva visto tagliare la gola a uno dei carcerieri.
«Detective, ha
forse…»
«…preso in
considerazione la
proposta di Darcus? No, niente affatto. Sono soltanto stufo di
aspettare il
momento in cui potrò gettarmi il passato alle spalle.
Abbiamo provato ad
affidare la nostra missione… la mia missione
a Cutty, e cosa ne abbiamo
guadagnato? Niente di buono.»
«Cutty è un
megalomane che
collabora con un pluriomicida, ma potete affidarvi a noi.»
«No, generale. Ho eluso il
mio
compito per fin troppo tempo, e so che devo essere io a portarlo a
termine.
Insieme a voi, perché al contrario di mio zio non sono un
pazzo, ma non posso
lasciare che altri svolgano il lavoro al mio posto.»
«Di quale lavoro state
parlando,
della vendetta? Volete farvi giustizia per la vostra
famiglia?»
Alexander esitò, ma non
c’erano
più motivi per mentire. «Mio padre era il
Guardiano dei libri, come suo padre e
suo nonno, e come tutti i primogeniti dei McCrindle. Doveva evitare che
qualcuno ci mettesse le mani sopra, eppure ha delegato il compito al
fratello
minore, e li ha persi. Sono l’ultimo McCrindle rimasto, ed
ero il primogenito
di Owen, dunque avrei ereditato il suo ruolo e ho fatto… con
l’aiuto dei miei
amici… ciò che avrebbero dovuto fare tutti i
Guardiani che mi hanno preceduto:
bruciare i libri. Ne è rimasto uno, e devo sbarazzarmene
prima che Darcus possa
attuare il suo piano finale.»
Pain annuì
impercettibilmente.
«Date le nostre esigue forze, non posso impedirvi di unirvi a
noi, se questo è
il vostro proposito. Ma gli altri?»
Rimasero zitti sotto lo sguardo
fermo di Alexander, ma il detective non chiese il loro aiuto. Disse
solo alcune
frasi che li colpirono come una scarica di corrente elettrica:
«Ricordate come
ci siamo sentiti dopo la chiesa? Se ora fuggirete, sarete al sicuro,
perché io
farò in modo che Darcus non possa nuocere più a
nessuno. Però non vi
sentirete mai al
sicuro.»
Combattere Darcus era diventata
una battaglia personale per ciascun membro del gruppo. Pain lesse il
muto
assenso sui loro volti.
«Otto. Tre soldati, due
uomini che
presumo siano andati in guerra, e tre civili. Ci servono
rinforzi.»
***
Avevano passato l’intera
giornata
all’aperto mentre Pain “pensava ai
rinforzi” rintanato in una rimessa per la
legna. Kurtz e Setter, che in sua assenza si erano dimostrati loquaci,
si erano
offerti di allenare le donne con le due armi da fuoco a disposizione,
mentre
Alexander e Michael si esercitavano nel corpo a corpo, facendo
attenzione a non
peggiorare la ferita del medico. Erano riusciti perfino a cacciare
qualche
scoiattolo, una misera cena, e temevano che il giorno seguente non
sarebbe
andata meglio: non potevano avvicinarsi alla costa per pescare
– Dio solo
sapeva se sarebbero diventate loro le prede – e recarsi nei
paesi vicini era
escluso.
Stanchi e indeboliti, erano andati
a dormire presto, spegnendo le candele che, nel bosco tenebroso,
avrebbero
potuto attirare l’attenzione.
«Ti fidi di lui?»
mormorò Michael,
che come Ellen faticava a prendere sonno al pensiero che quella potesse
essere
la loro ultima, intera notte.
«Di Pain? Neanche per
sogno.»
«Parlavo di
Alexander.»
Nell’oscurità
della loro stanza,
Ellen si rotolò sul materasso e cercò di mettere
a fuoco la figura di Michael.
«Alexander? Temi anche tu
che…?»
«Non si alleerebbe mai con
Darcus.
Mi riferivo alla sua determinazione. È reale o cercava di
convincere Pain a
portarci in battaglia?»
«La risposta è
piuttosto
semplice.»
«Tu dici?»
«Lilyan. E anche Janet.
Poteva
lasciare che scappassero con te in Europa, ma ha preferito salvare la
loro
sanità mentale. Metterà a repentaglio le loro
vite, ma… posso capire il suo
punto di vista.»
«“Con me in
Europa”? Tu non
saresti venuta?»
«Anche io sono stufa di
scappare.»
Aveva avuto tempo per riflettere,
dopo la confessione della notte precedente. Era stato difficile
valutare il suo
passato in maniera distaccata, fino a quando non aveva deciso di
parlarne, e
renderlo perfino più reale. Dannazione, aveva affrontato
mostri e stregoni,
come faceva a essere ancora terrorizzata dall’uomo che
l’aveva concepita?
«Pain mi
preoccupa» cambiò
argomento, consapevole che non aveva paura di una persona, ma di
ciò in cui l’aveva
trasformata. «Che faceva nella rimessa per la
legna?»
«Opto per un
telegrafo.»
«Fammi capire: ha materassi,
munizioni e un telegrafo, ma non cibo in scatola o armi. Mi sembra
piuttosto
disorganizzato.»
«Forse non voleva destare
sospetti, e ha portato qui una cosa alla volta.»
«Mi turba lo stesso. So che
si sta
comportando come se fosse dalla nostra parte,
però…»
«Ragazzina, è
talmente cristallino
da potergli guardare attraverso.»
«Che intendi?»
«È il tipico
soldato. Esegue gli
ordini, non fa domande. Rispetta le gerarchie, pretende disciplina e
gli piace
fare lo spaccone con i prigionieri. Se però nota che le cose
non vanno
esattamente come gli è stato detto, comincia a porsele da
solo, le domande. Si
crea un riparo, noto soltanto a un paio di uomini fidati, e si prepara
a
combattere un sistema in cui non si riconosce.»
«Lo hai imparato quando eri
sotto
le armi?»
«No, dai romanzi.»
Avrebbe voluto prenderlo a calci,
ma non ne aveva le forze. Sbuffò e ripensò al
comportamento di Pain, e quasi le
parve di rintracciare in lui le caratteristiche dell’antieroe
che aveva letto
nei libri di sua madre. Anche allora aveva detestato
quell’archetipo.
Paradossalmente, lo vedeva più adatto a Lilyan, che di certo
stravedeva per
personaggi del cazzo come Heathcliff, eppure il suo più
grande amore sembrava
essere stato un eroe positivo a tutti gli effetti.
«Lilyan, ieri
notte… L’avrebbe
ucciso. Stava davvero per farlo.»
«L’avrei fatto
anche io, se non mi
avesse salvato la vita.» Le dita di Michael scivolarono sul
suo ventre, fermandosi
appena prima dell’ematoma. «L’ha
esasperata. Dubito che abbia alzato le mani su
di lei…»
«L’ha presa per i
capelli.»
«…dopo quella
volta. Credo che
abbia puntato sul suo nervosismo. È fragile.»
Indugiò. «A proposito… Janet e io
crediamo che Lilyan non abbia capito.»
«Cosa non ha
capito?»
«La storia degli ibridi.
Cioè, ha
capito come nascono, ma non che Darcus vuole usarvi come
incubatrici.»
Ellen tremò: anche quella
prospettiva sembrava più reale pronunciata ad alta voce.
«Non glielo
dirò.»
«Ellen, dovremmo parlare di
questo. Se…»
«Non sappiamo come funzioni.
Perfino
io potrei rimanere incinta di… di quelle cose.»
Avvertì gli occhi di
Michael
allargarsi per lo stupore e sbuffò.
«Sei un medico, te ne eri
già
accorto. E poi basta pensarci: denutrizione, ambienti
malsani… Non mi serve una
conferma per sapere che sono sterile.»
Non le chiese se le andasse bene,
la conosceva abbastanza per evitare domande del genere.
Sì, sì che mi va
bene. È l’unica
cosa che funzioni in questa cazzo di vita.
La sua infanzia le aveva insegnato
molto, suo malgrado, e l’aveva spinta a prendere decisioni
drastiche per il
proprio futuro. Lei e Michael prendevano protezioni, ma era anche una
questione
di salute, e non aveva intenzione di legarsi a un uomo fino al punto di
sposarlo e avere dei figli. Avrebbe risparmiato quel mondo di merda ad
altri
bambini.
Tuttavia, in quel momento la
prospettiva di rimanere incinta di un essere umano non la disturbava
tanto
quanto l’alternativa proposta da Darcus. Rabbrividendo
ancora, si strinse a
Michael e cercò conforto nel calore del suo corpo.
***
Le foglie calpestate la misero in
guardia prima ancora di rendersi conto che era sveglia.
Portò la mano verso il
punto in
cui era solita tenere la pistola di Michael, imprecando mentalmente
quando si
ricordò che gliela avevano tolta nella base militare. Si
limitò a scuotere
piano il medico e a portarsi un dito davanti alle labbra, ma la sua
prudenza
era vana: la voce di Pain risuonò nel silenzio.
«Chi va
là?»
«Caporale Medina.»
Pain non avrebbe urlato se non
avesse atteso visite: i tre soldati si davano il cambio alla finestra e
fino a
quel momento Ellen aveva pensato che lo facessero per controllare
eventuali
nemici, invece stavano aspettando qualcuno.
Era l’alba. Attraverso il
vetro
impolverato, riuscì a scorgere il profilo di un uomo che,
con le braccia in
alto, segnalava di essere innocuo. Ellen entrò
nell’ingresso mentre Pain lo
tirava dentro.
«Ti hanno visto?»
«Nossignore, ho seguito le
vostre
istruzioni.»
Sotto quella divisa, i militari le
parevano tutti uguali, eppure Medina aveva lineamenti meno marcati dei
suoi
colleghi, era più giovane e di altezza media,
così che per guardare Pain doveva
tenere il mento alzato. Il generale attese che si radunassero tutti
nella
stanza, come la mattina precedente, prima di procedere con le
presentazioni.
«Il caporale Medina
è uno dei miei
uomini più fidati. Quando mi è stato ordinato di
collaborare con il professor
Cutty, ho formato l’unità antiterrorismo portando
con me alcuni soldati scelti.»
“Unità
antiterrorismo”, non “paranormale”:
le vedute di Pain e Cutty erano completamente differenti.
«Kurtz e Setter sono sempre
con
me, come avete potuto appurare. Medina e altri sette… mi
vorrebbero morto.
Questo è come deve apparire il nostro rapporto.»
«Il generale Pain ci ha
strappato
a incarichi più onorevoli per gettarci in un buco
dimenticato del mondo» spiegò
Medina con un sorriso che stonava con la divisa, la situazione, tutto.
Solo a
quel punto Ellen si accorse che ne avevano avuto bisogno.
«Medina è stato
felice di
raccontare alcuni dei miei squallidi segreti a Cutty, segreti
ovviamente falsi,
costruiti per l’occasione. Aveva l’incarico di
presentarsi qui qualora fossi
sparito dalla base per oltre trenta ore senza avvertirlo.»
«Sono il vostro migliore
informatore» gongolò il caporale, ma presto
tornò serio. «Sta accadendo
qualcosa di losco. Ero tentato di venire prima, ma ho atteso.»
«Hai fatto bene.
Racconta.»
«Due sere fa, il dottor
Hubert ha
svuotato l’infermeria per evitare testimoni, una precauzione
inutile: uno dei
nostri ha visto trasportare Cutty su una barella. Era messo male. Negli
alloggi
dei prigionieri non c’era nessuno, e la vostra assenza mi ha
dato la conferma
che cercavo.»
«Non sono stato io a
conciarlo in
quel modo.»
Pain indicò Alexander con
un cenno
del capo, e Medina lo fissò con ammirazione prima di
continuare. «Ha solo il
naso rotto e deve usare una stampella, ma è in grado di
muoversi. Ieri
pomeriggio ci ha ordinato di tenerci pronti: stasera torneremo a
Innsmouth.» L’assenza
di stupore sui volti dei presenti dovette svelargli che ne erano
già a
conoscenza.
«Quanti?»
«Quasi tutti. Io
rimarrò nella
base con la nostra unità fidata, oltre ad altri venti
soldati.»
«Quei venti da che parte
stanno?»
Medina esitò.
«Taylor, Thompson,
Ramirez…»
«Merda.»
«Cosa
c’è?» chiese Alexander.
«Dovremo combattere, se
vorremo
penetrare nell’armeria. Taylor è quello a cui il
caporale Setter ha puntato una
pistola alla testa.»
«È fedele a
Cutty» aggiunse
Medina. Solo un’ombra di curiosità
passò sul suo viso.
«Speravo in Carter o
Peterson. Mi
stimano, e avrebbero potuto aiutarci.»
«È proprio questo
il problema.» La
risposta di Medina confuse anche Pain. «Si sono opposti.
Hanno saputo che
eravate stato condotto fuori dalla base contro la vostra
volontà, e hanno fatto
irruzione nel laboratorio per avere un chiarimento. Ma Cutty li ha
fatti
catturare e… C’è qualcosa di strano in
loro, generale Pain.»
Michael fece un passo avanti.
«Hanno lo sguardo vacuo, non è vero?»
Medina annuì, e fu il turno
dei
cinque civili di informare Pain.
«Darcus li tiene sotto il
suo
controllo mentale.» Michael non si curò dello
sbigottimento di Medina. «Quando
eravamo ad Arkham, Darcus ha usato la criminalità
organizzata, ma alcuni dei
gangster erano incoscienti. È probabile che volesse essere
sicuro che non lo
avrebbero tradito.»
«È possibile
farli rinsavire?»
«Non ne abbiamo
idea.» Si voltò
verso l’infiltrato. «Cosa li sta costringendo a
fare?»
«Niente. Sono entrati nelle
celle
ieri sera e se ne restano lì senza muovere un
muscolo.»
«Merda,
merda…» sibilò Pain.
«Tutti quei discorsi sul sangue e i sacrifici…
Vogliono ammazzarli.»
Nessuno fiatò, confermando
i
timori del generale. Ellen non sapeva chi fossero, da dove
provenissero, se
avessero una madre o dei figli, ma provò pena per loro.
Forse sarebbero stati
in grado di salvarli, o forse sarebbe stato inutile. Provarci era la
sola
alternativa, perché se Darcus e Cutty non erano del tutto
invasati, allora
quella notte…
«Dobbiamo armarci. Quando
partiranno?»
«Due ore dopo il tramonto,
approfittando delle tenebre. È chiaro che non vogliano
essere scoperti.»
«Da dove puoi farci
entrare?»
«Le cucine della mensa non
saranno
sorvegliate.»
«Hanno uno sbocco
sull’esterno,
perché non sorvegliarle?»
«Vogliono che ci piazziamo
in
gruppi intorno al laboratorio, alla sala radio e all’armeria.
Credo si
aspettino che uno di noi tradisca.»
Pain ringhiò.
«Sono loro i
traditori, e la pagheranno cara.»
***
Entrare nell’edificio
militare
sarebbe potuto essere complicato, uscirne – scoprirono a loro
spese – si
sarebbe rivelato anche peggio.
Tutto si basava sul carisma di
Medina, il soldato belloccio e pettegolo, alla mano, con cui scambiare
confidenze e a cui permettere qualche cazzata; agli occhi dei suoi
colleghi,
era il buffone della base, ma in realtà aveva portato a
termine il doppio delle
loro missioni e non veniva promosso a un grado maggiore soltanto per
mantenere
la farsa. Quella sera, Medina si sarebbe allontanato durante il turno
di
guardia, lamentando di avere ancora fame e proponendosi di sgraffignare
qualcosa nelle cucine, perché “al suo sorriso non
si poteva dire di no” –
stando alle parole di Kurtz.
La prima parte del piano
andò come
progettato.
Medina aprì
l’ingresso secondario
all’ora concordata, attese che fossero entrati tutti, poi si
dedicò a fare
incetta di pane al formaggio. «Devo pur sostenere la mia
scusa.»
Pain non commentò.
«Situazione.»
«Ala nord,
telecomunicazioni: Thompson
e il solito gruppo. Ala ovest, laboratorio: Taylor. Ala sudovest,
armeria.»
Medina ammiccò a Lilyan e Janet. «Il mio
posto.»
«Non sospettano un bel
niente…»
«Ve l’ho detto,
Fauerbach, ho
scelto l’uomo giusto.»
Dovevano fidarsi delle sue parole,
perché Medina pareva tutto, fuorché
“l’uomo giusto”, ma stare in sua
compagnia
li rasserenava. Ne avevano bisogno, per una notte come quella che li
attendeva.
«Chi altro
c’è con voi?»
«Cinque dei nostri e tre dei
loro.»
«Gli altri?»
«Williams e Harding sono
alle
telecomunicazioni, come previsto. Hanno già pensato a
tutto.» Medina sorrise di
nuovo di fronte alla muta domanda di Janet. «Segnale
disturbato, in modo che
non possano captare il vostro.»
Quindi avevano ragione: Pain
teneva un telegrafo, o qualcosa di simile, nella rimessa del casolare.
«Non illudetevi»
precisò il
generale. «Fino a quando non arriveremo
all’armeria, non potremo dirci al
sicuro.»
Si mossero furtivamente, in
ordinata fila dietro Pain, mentre Medina, a una decina di piedi di
distanza, li
precedeva fischiettando per occultare eventuali rumori. Dopo avere
svoltato a
sinistra, al termine di un corridoio senza finestre, lo udirono parlare.
«Ehilà, ragazzi!
Come promesso,
sono tornato con… Ah, è tardi.»
Quelle parole misero in allarme
Pain, che con la pistola spianata affrettò il passo. Le sue
spalle si
rilassarono quando svoltò l’angolo dietro Medina.
La situazione era già
stata, in
parte, risolta. Medina, con i panini al formaggio tra le braccia,
osservava
dispiaciuto i tre soldati storditi e legati contro la parete, mentre
quelli che
dovevano essere gli uomini di Pain riponevano le armi.
«Sembra che mi sia perso
tutto il
divertimento.»
«Ci stavi mettendo una vita,
Diego.
Bentornato, generale Pain.»
La prima cosa che fece Pain fu
controllare le corde ai polsi dei soldati catturati. «Voi sapete
ancora fare nodi
resistenti.»
«Con tutto il rispetto,
generale,
questi mocciosi non saprebbero nemmeno fare un nodo piano.»
Non era un’esagerazione,
data la rapidità
con cui Pain si era liberato per ben due volte nel giro di qualche ora.
L’armeria si aprì
con tre giri di
chiave. A Ellen tornò in mente la collezione di Masters di Ventimila
leghe sotto i mari:
lo stesso romanzo in edizioni differenti. Per una profana con lei, le
armi
avevano esattamente lo stesso aspetto; distingueva soltanto fucili,
pistole e
pugnali, ma non sapeva andare oltre e nemmeno le interessava. Le
dessero un
revolver, lei l’avrebbe usato.
Non persero tempo a scegliere.
Pain afferrò una borsa di cuoio e mostrò il
contenuto ad Alexander. «Le armi
che vi abbiamo requisito. Se volete, prendete anche un pugnale da
combattimento, in caso di scontro ravvicinato, ma fate in fretta. Vi do
tre
minuti, poi passeremo alle uniformi. Kurtz, Setter, i proiettili.
Medina, va’ a
nord, avverti…»
«“Avverti”
chi?»
Ellen sentì il sangue
gelare. Si
girò con cautela, stringendo il calcio della pistola
finalmente tornata in suo
possesso, ma era certa che fosse scarica. Sulla soglia, un uomo
– Taylor,
ricordò – teneva la
canna contro la tempia di Medina, un braccio ad avvolgergli il collo
per
impedirgli di scappare; alle sue spalle, insieme ad altri, Ellen
riconobbe il
soldato che aveva infierito su Michael.
«Sergente Taylor, abbassa la
pistola.»
«Spiacente, generale,
abbiamo
ricevuto ordini differenti.»
Ellen, Michael, Janet,
Pain… tutti
erano armati, tutti avrebbero potuto rispondere al fuoco. Taylor
però premeva
la pistola contro Medina, immobilizzato, e i suoi compagni erano pronti
a
esplodere un colpo; i più fortunati di loro, invece,
potevano contare su un’arma
già carica, ma al sicuro nel fodero o puntata a terra. Ellen
li contò
rapidamente: ne riusciva a vedere undici, ma era convinta ce ne fossero
altri.
Avevano lasciato scoperta un’intera area? Questo significava
che…
«Sapevamo sareste tornato,
nel
caso foste riuscito a fuggire. Pensavamo vi sareste liberato dei
civili, ma non
ha importanza: ce ne occuperemo noi. Il nostro unico dubbio era su chi
potessimo fare affidamento… Peccato per Medina, mi
piaceva.»
Parlava già al passato, e
questo
contribuì ad accrescere le vene sul collo di Pain.
«Non ho intenzione di
negoziare.»
«Nemmeno noi. Adesso, se
volete
seguirci…»
La voce di Taylor si
strozzò
mentre una lama penetrava nella sua carne. Prima ancora che il sangue
sgorgasse
dalla coscia, Medina si era liberato e aveva estratto il pugnale per
affondarglielo nel petto. Taylor rantolò.
Quando avevano combattuto la
creatura invisibile, erano stati perlopiù tutti contro uno:
il mostro sapeva
celarsi, ma ogni umano sapeva quale fosse il suo nemico. In quel
momento,
invece, il caos generato dalla morte di Taylor li costrinse a farsi da
parte
per diversi secondi, cercando di capire chi dovessero colpire, da chi
dovessero
tenersi alla larga. Non ricordavano quali fossero i soldati fedeli a
Pain,
potevano soltanto seguire l’intuito, mirando a coloro contro
cui si scagliavano
il generale e Medina. Si spinsero fuori dall’armeria e verso
l’uscita della
base senza smettere di sparare e ripararsi contro i militari che, come
se Pain
glielo avesse mutamente ordinato, cercavano di fare da scudo. Se solo
avessero
avuto più tempo, solo altri cinque minuti, si sarebbero
infilati anche loro
delle tute antiproiettile, invece di costringere i loro alleati a
prendersi i
colpi per salvarli.
«Correte!»
gridò Pain, ed Ellen
non se lo fece ripetere.
Scattò in avanti e si
pietrificò
alla vista di altri due soldati, ma poi scorse la scia di sangue dietro
di loro
e comprese chi fossero.
Williams e Harding.
«Per di qua!» le
urlò uno dei due,
facendole strada verso l’uscita. «Presto,
presto!»
Le mancava il fiato, e quella
doveva essere la parte più semplice
dell’operazione. Si fermò nonostante gli
ordini del soldato per attendere Michael, e Janet, e Alexander e
Lilyan, e…
«NO!»
Pain urlò, ma i suoi amici
erano
salvi. Erano
salvi.
Scapparono nel bosco, seguendo Williams e Harding finché
entrambi non alzarono
una mano in segno di attesa. Scivolarono sul prato mentre i soldati
restanti li
raggiungevano.
Uno, due, tre…
Ellen smise di contare le forze e
cominciò a contare gli uomini quando vide Pain trascinare un
corpo. Ebbe un
sussulto allo stomaco.
Non c’era più
niente del sorriso
del caporale Medina. Solo un volto dilaniato, spaccato in due, e il
sangue che
colava sulle mani inermi di Pain.