Giochi di Ruolo > Il Richiamo di Cthulhu
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Autore: MedusaNoir    14/02/2024    0 recensioni
Arkham, ottobre 1928. La brillante studentessa di Biologia Ellen Lawlier viene convocata dal decano Miller per un consulto: la carcassa di una creatura ignota è stata rinvenuta sulle sponde del Miskatonic River e l’università ha deciso di mettere in piedi un’equipe per indagare. Ben presto si ritroverà immischiata in qualcosa di più grande: streghe, cultisti, una pesante eredità e quattro libri sui quali tutti vogliono mettere le mani...
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo XXVI

 

L’indomani erano ancora vivi, una considerazione tutt’altro che banale dopo gli eventi delle ultime ore.

Alexander e Pain li radunarono nell’ingresso, una sala abbastanza ampia da consentire loro di accomodarsi su sedie incrinate, divani logori o i materassi su cui avevano dormito tre dei civili, mentre i soldati si erano impadroniti del secondo piano, dal quale potevano godere di una migliore visuale. Erano a corto di cibo, ma un pozzo li aveva riforniti di acqua pulita, e per il momento poteva bastare.

«Cos’è questo posto?» domandò Alexander a bruciapelo non appena ebbero dato inizio alla riunione d’emergenza.

«Caverby, o quel che ne resta» rispose Pain. «In passato era un villaggio di esili dimensioni, fondato da puritani così radicali da essere scacciati dalla loro comunità, ma negli ultimi sette anni è stato utilizzato come deposito di alcolici. Me ne aveva parlato il collega che ha sventato l’operazione, e quando il governo mi ha mandato a collaborare con Cutty mi è tornato in mente. È un porto sicuro, mettiamola così.»

«Quindi non vi siete mai fidato di lui?»

«Non esattamente. Avrebbe dovuto collaborare con l’esercito, ma una volta smantellata Innsmouth ha preso le redini delle future operazioni, e qualcuno dall’alto glielo ha lasciato fare.»

In un angolo, Lilyan tirò su con il naso. Si erano procurati la legna per accendere il camino, ma erano ancora provati dalla nuotata notturna; anche Ellen malediceva il raffreddore che prudeva nelle narici. Erano entrambe sedute sul lato meridionale dell’edificio, insieme ai loro compagni, in modo da avere i soldati di fronte: potevano sia osservare le loro mosse che tenerli a distanza. Avrebbero avuto bisogno di tempo per imparare a fidarsi di loro, ma non ne avevano.

Due notti.

Ellen andò dritta al sodo. «Avete un piano.»

«Solo un’idea, per adesso. Conto di perfezionare i dettagli entro domani. Per allora, voi ve ne sarete già andati.» Pain scoccò un’occhiata di avvertimento ad Alexander. «A meno che voi, detective, non vogliate accettare la sua offerta.»

Uscire da quella orribile situazione era sembrato un sogno a lungo irrealizzabile: ci avevano provato, ma Darcus e i maledetti libri si erano ancorati alle loro vite. D’altra parte, ora potevano passare il testimone a qualcuno di cui, se le cose fossero andate storte, nessuno avrebbe sentito la mancanza.

Fu Michael a interrompere il silenzio calato dopo l’infida insinuazione di Pain. «Potremmo cambiare aria per un po’.»

«Boston è troppo vicina» disse Janet, che tuttavia sembrò valutare la proposta.

«Non Boston. Verreste da me, in Europa. Ci sarebbe un oceano tra noi e Darcus.»

«C’è… anche l’India» mormorò Lilyan. «Janet, sono là i tuoi genitori adesso?»

Lo sguardò dell’archeologa dardeggiò dall’amica ai soldati, come se temesse che avrebbero potuto usare quell’informazione per rivenderla al nemico o fare del male alla sua famiglia.

«Non… non so… Credo che l’Europa sarebbe la scelta…»

«Non abbiamo scelte» la interruppe Alexander con una risolutezza inedita, la stessa con cui, la sera prima, Ellen gli aveva visto tagliare la gola a uno dei carcerieri.

«Detective, ha forse…»

«…preso in considerazione la proposta di Darcus? No, niente affatto. Sono soltanto stufo di aspettare il momento in cui potrò gettarmi il passato alle spalle. Abbiamo provato ad affidare la nostra missione… la mia missione a Cutty, e cosa ne abbiamo guadagnato? Niente di buono.»

«Cutty è un megalomane che collabora con un pluriomicida, ma potete affidarvi a noi.»

«No, generale. Ho eluso il mio compito per fin troppo tempo, e so che devo essere io a portarlo a termine. Insieme a voi, perché al contrario di mio zio non sono un pazzo, ma non posso lasciare che altri svolgano il lavoro al mio posto.»

«Di quale lavoro state parlando, della vendetta? Volete farvi giustizia per la vostra famiglia?»

Alexander esitò, ma non c’erano più motivi per mentire. «Mio padre era il Guardiano dei libri, come suo padre e suo nonno, e come tutti i primogeniti dei McCrindle. Doveva evitare che qualcuno ci mettesse le mani sopra, eppure ha delegato il compito al fratello minore, e li ha persi. Sono l’ultimo McCrindle rimasto, ed ero il primogenito di Owen, dunque avrei ereditato il suo ruolo e ho fatto… con l’aiuto dei miei amici… ciò che avrebbero dovuto fare tutti i Guardiani che mi hanno preceduto: bruciare i libri. Ne è rimasto uno, e devo sbarazzarmene prima che Darcus possa attuare il suo piano finale.»

Pain annuì impercettibilmente. «Date le nostre esigue forze, non posso impedirvi di unirvi a noi, se questo è il vostro proposito. Ma gli altri?»

Rimasero zitti sotto lo sguardo fermo di Alexander, ma il detective non chiese il loro aiuto. Disse solo alcune frasi che li colpirono come una scarica di corrente elettrica: «Ricordate come ci siamo sentiti dopo la chiesa? Se ora fuggirete, sarete al sicuro, perché io farò in modo che Darcus non possa nuocere più a nessuno. Però non vi sentirete mai al sicuro.»

Combattere Darcus era diventata una battaglia personale per ciascun membro del gruppo. Pain lesse il muto assenso sui loro volti.

«Otto. Tre soldati, due uomini che presumo siano andati in guerra, e tre civili. Ci servono rinforzi.»

 

***

 

Avevano passato l’intera giornata all’aperto mentre Pain “pensava ai rinforzi” rintanato in una rimessa per la legna. Kurtz e Setter, che in sua assenza si erano dimostrati loquaci, si erano offerti di allenare le donne con le due armi da fuoco a disposizione, mentre Alexander e Michael si esercitavano nel corpo a corpo, facendo attenzione a non peggiorare la ferita del medico. Erano riusciti perfino a cacciare qualche scoiattolo, una misera cena, e temevano che il giorno seguente non sarebbe andata meglio: non potevano avvicinarsi alla costa per pescare – Dio solo sapeva se sarebbero diventate loro le prede – e recarsi nei paesi vicini era escluso.

Stanchi e indeboliti, erano andati a dormire presto, spegnendo le candele che, nel bosco tenebroso, avrebbero potuto attirare l’attenzione.

«Ti fidi di lui?» mormorò Michael, che come Ellen faticava a prendere sonno al pensiero che quella potesse essere la loro ultima, intera notte.

«Di Pain? Neanche per sogno.»

«Parlavo di Alexander.»

Nell’oscurità della loro stanza, Ellen si rotolò sul materasso e cercò di mettere a fuoco la figura di Michael.

«Alexander? Temi anche tu che…?»

«Non si alleerebbe mai con Darcus. Mi riferivo alla sua determinazione. È reale o cercava di convincere Pain a portarci in battaglia?»

«La risposta è piuttosto semplice.»

«Tu dici?»

«Lilyan. E anche Janet. Poteva lasciare che scappassero con te in Europa, ma ha preferito salvare la loro sanità mentale. Metterà a repentaglio le loro vite, ma… posso capire il suo punto di vista.»

«“Con me in Europa”? Tu non saresti venuta?»

«Anche io sono stufa di scappare.»

Aveva avuto tempo per riflettere, dopo la confessione della notte precedente. Era stato difficile valutare il suo passato in maniera distaccata, fino a quando non aveva deciso di parlarne, e renderlo perfino più reale. Dannazione, aveva affrontato mostri e stregoni, come faceva a essere ancora terrorizzata dall’uomo che l’aveva concepita?

«Pain mi preoccupa» cambiò argomento, consapevole che non aveva paura di una persona, ma di ciò in cui l’aveva trasformata. «Che faceva nella rimessa per la legna?»

«Opto per un telegrafo.»

«Fammi capire: ha materassi, munizioni e un telegrafo, ma non cibo in scatola o armi. Mi sembra piuttosto disorganizzato.»

«Forse non voleva destare sospetti, e ha portato qui una cosa alla volta.»

«Mi turba lo stesso. So che si sta comportando come se fosse dalla nostra parte, però…»

«Ragazzina, è talmente cristallino da potergli guardare attraverso.»

«Che intendi?»

«È il tipico soldato. Esegue gli ordini, non fa domande. Rispetta le gerarchie, pretende disciplina e gli piace fare lo spaccone con i prigionieri. Se però nota che le cose non vanno esattamente come gli è stato detto, comincia a porsele da solo, le domande. Si crea un riparo, noto soltanto a un paio di uomini fidati, e si prepara a combattere un sistema in cui non si riconosce.»

«Lo hai imparato quando eri sotto le armi?»

«No, dai romanzi.»

Avrebbe voluto prenderlo a calci, ma non ne aveva le forze. Sbuffò e ripensò al comportamento di Pain, e quasi le parve di rintracciare in lui le caratteristiche dell’antieroe che aveva letto nei libri di sua madre. Anche allora aveva detestato quell’archetipo. Paradossalmente, lo vedeva più adatto a Lilyan, che di certo stravedeva per personaggi del cazzo come Heathcliff, eppure il suo più grande amore sembrava essere stato un eroe positivo a tutti gli effetti.

«Lilyan, ieri notte… L’avrebbe ucciso. Stava davvero per farlo.»

«L’avrei fatto anche io, se non mi avesse salvato la vita.» Le dita di Michael scivolarono sul suo ventre, fermandosi appena prima dell’ematoma. «L’ha esasperata. Dubito che abbia alzato le mani su di lei…»

«L’ha presa per i capelli.»

«…dopo quella volta. Credo che abbia puntato sul suo nervosismo. È fragile.» Indugiò. «A proposito… Janet e io crediamo che Lilyan non abbia capito.»

«Cosa non ha capito?»

«La storia degli ibridi. Cioè, ha capito come nascono, ma non che Darcus vuole usarvi come incubatrici.»

Ellen tremò: anche quella prospettiva sembrava più reale pronunciata ad alta voce.

«Non glielo dirò.»

«Ellen, dovremmo parlare di questo. Se…»

«Non sappiamo come funzioni. Perfino io potrei rimanere incinta di… di quelle cose.»

Avvertì gli occhi di Michael allargarsi per lo stupore e sbuffò.

«Sei un medico, te ne eri già accorto. E poi basta pensarci: denutrizione, ambienti malsani… Non mi serve una conferma per sapere che sono sterile.»

Non le chiese se le andasse bene, la conosceva abbastanza per evitare domande del genere.

Sì, sì che mi va bene. È l’unica cosa che funzioni in questa cazzo di vita.

La sua infanzia le aveva insegnato molto, suo malgrado, e l’aveva spinta a prendere decisioni drastiche per il proprio futuro. Lei e Michael prendevano protezioni, ma era anche una questione di salute, e non aveva intenzione di legarsi a un uomo fino al punto di sposarlo e avere dei figli. Avrebbe risparmiato quel mondo di merda ad altri bambini.

Tuttavia, in quel momento la prospettiva di rimanere incinta di un essere umano non la disturbava tanto quanto l’alternativa proposta da Darcus. Rabbrividendo ancora, si strinse a Michael e cercò conforto nel calore del suo corpo.

 

***

 

Le foglie calpestate la misero in guardia prima ancora di rendersi conto che era sveglia.

Portò la mano verso il punto in cui era solita tenere la pistola di Michael, imprecando mentalmente quando si ricordò che gliela avevano tolta nella base militare. Si limitò a scuotere piano il medico e a portarsi un dito davanti alle labbra, ma la sua prudenza era vana: la voce di Pain risuonò nel silenzio.

«Chi va là?»

«Caporale Medina.»

Pain non avrebbe urlato se non avesse atteso visite: i tre soldati si davano il cambio alla finestra e fino a quel momento Ellen aveva pensato che lo facessero per controllare eventuali nemici, invece stavano aspettando qualcuno.

Era l’alba. Attraverso il vetro impolverato, riuscì a scorgere il profilo di un uomo che, con le braccia in alto, segnalava di essere innocuo. Ellen entrò nell’ingresso mentre Pain lo tirava dentro.

«Ti hanno visto?»

«Nossignore, ho seguito le vostre istruzioni.»

Sotto quella divisa, i militari le parevano tutti uguali, eppure Medina aveva lineamenti meno marcati dei suoi colleghi, era più giovane e di altezza media, così che per guardare Pain doveva tenere il mento alzato. Il generale attese che si radunassero tutti nella stanza, come la mattina precedente, prima di procedere con le presentazioni.

«Il caporale Medina è uno dei miei uomini più fidati. Quando mi è stato ordinato di collaborare con il professor Cutty, ho formato l’unità antiterrorismo portando con me alcuni soldati scelti.»

“Unità antiterrorismo”, non “paranormale”: le vedute di Pain e Cutty erano completamente differenti.

«Kurtz e Setter sono sempre con me, come avete potuto appurare. Medina e altri sette… mi vorrebbero morto. Questo è come deve apparire il nostro rapporto.»

«Il generale Pain ci ha strappato a incarichi più onorevoli per gettarci in un buco dimenticato del mondo» spiegò Medina con un sorriso che stonava con la divisa, la situazione, tutto. Solo a quel punto Ellen si accorse che ne avevano avuto bisogno.

«Medina è stato felice di raccontare alcuni dei miei squallidi segreti a Cutty, segreti ovviamente falsi, costruiti per l’occasione. Aveva l’incarico di presentarsi qui qualora fossi sparito dalla base per oltre trenta ore senza avvertirlo.»

«Sono il vostro migliore informatore» gongolò il caporale, ma presto tornò serio. «Sta accadendo qualcosa di losco. Ero tentato di venire prima, ma ho atteso.»

«Hai fatto bene. Racconta.»

«Due sere fa, il dottor Hubert ha svuotato l’infermeria per evitare testimoni, una precauzione inutile: uno dei nostri ha visto trasportare Cutty su una barella. Era messo male. Negli alloggi dei prigionieri non c’era nessuno, e la vostra assenza mi ha dato la conferma che cercavo.»

«Non sono stato io a conciarlo in quel modo.»

Pain indicò Alexander con un cenno del capo, e Medina lo fissò con ammirazione prima di continuare. «Ha solo il naso rotto e deve usare una stampella, ma è in grado di muoversi. Ieri pomeriggio ci ha ordinato di tenerci pronti: stasera torneremo a Innsmouth.» L’assenza di stupore sui volti dei presenti dovette svelargli che ne erano già a conoscenza.

«Quanti?»

«Quasi tutti. Io rimarrò nella base con la nostra unità fidata, oltre ad altri venti soldati.»

«Quei venti da che parte stanno?»

Medina esitò. «Taylor, Thompson, Ramirez…»

«Merda.»

«Cosa c’è?» chiese Alexander.

«Dovremo combattere, se vorremo penetrare nell’armeria. Taylor è quello a cui il caporale Setter ha puntato una pistola alla testa.»

«È fedele a Cutty» aggiunse Medina. Solo un’ombra di curiosità passò sul suo viso.

«Speravo in Carter o Peterson. Mi stimano, e avrebbero potuto aiutarci.»

«È proprio questo il problema.» La risposta di Medina confuse anche Pain. «Si sono opposti. Hanno saputo che eravate stato condotto fuori dalla base contro la vostra volontà, e hanno fatto irruzione nel laboratorio per avere un chiarimento. Ma Cutty li ha fatti catturare e… C’è qualcosa di strano in loro, generale Pain.»

Michael fece un passo avanti. «Hanno lo sguardo vacuo, non è vero?»

Medina annuì, e fu il turno dei cinque civili di informare Pain.

«Darcus li tiene sotto il suo controllo mentale.» Michael non si curò dello sbigottimento di Medina. «Quando eravamo ad Arkham, Darcus ha usato la criminalità organizzata, ma alcuni dei gangster erano incoscienti. È probabile che volesse essere sicuro che non lo avrebbero tradito.»

«È possibile farli rinsavire?»

«Non ne abbiamo idea.» Si voltò verso l’infiltrato. «Cosa li sta costringendo a fare?»

«Niente. Sono entrati nelle celle ieri sera e se ne restano lì senza muovere un muscolo.»

«Merda, merda…» sibilò Pain. «Tutti quei discorsi sul sangue e i sacrifici… Vogliono ammazzarli.»

Nessuno fiatò, confermando i timori del generale. Ellen non sapeva chi fossero, da dove provenissero, se avessero una madre o dei figli, ma provò pena per loro. Forse sarebbero stati in grado di salvarli, o forse sarebbe stato inutile. Provarci era la sola alternativa, perché se Darcus e Cutty non erano del tutto invasati, allora quella notte…

«Dobbiamo armarci. Quando partiranno?»

«Due ore dopo il tramonto, approfittando delle tenebre. È chiaro che non vogliano essere scoperti.»

«Da dove puoi farci entrare?»

«Le cucine della mensa non saranno sorvegliate.»

«Hanno uno sbocco sull’esterno, perché non sorvegliarle?»

«Vogliono che ci piazziamo in gruppi intorno al laboratorio, alla sala radio e all’armeria. Credo si aspettino che uno di noi tradisca.»

Pain ringhiò. «Sono loro i traditori, e la pagheranno cara.»

 

***

 

Entrare nell’edificio militare sarebbe potuto essere complicato, uscirne – scoprirono a loro spese – si sarebbe rivelato anche peggio.

Tutto si basava sul carisma di Medina, il soldato belloccio e pettegolo, alla mano, con cui scambiare confidenze e a cui permettere qualche cazzata; agli occhi dei suoi colleghi, era il buffone della base, ma in realtà aveva portato a termine il doppio delle loro missioni e non veniva promosso a un grado maggiore soltanto per mantenere la farsa. Quella sera, Medina si sarebbe allontanato durante il turno di guardia, lamentando di avere ancora fame e proponendosi di sgraffignare qualcosa nelle cucine, perché “al suo sorriso non si poteva dire di no” – stando alle parole di Kurtz.

La prima parte del piano andò come progettato.

Medina aprì l’ingresso secondario all’ora concordata, attese che fossero entrati tutti, poi si dedicò a fare incetta di pane al formaggio. «Devo pur sostenere la mia scusa.»

Pain non commentò. «Situazione.»

«Ala nord, telecomunicazioni: Thompson e il solito gruppo. Ala ovest, laboratorio: Taylor. Ala sudovest, armeria.» Medina ammiccò a Lilyan e Janet. «Il mio posto.»

«Non sospettano un bel niente…»

«Ve l’ho detto, Fauerbach, ho scelto l’uomo giusto.»

Dovevano fidarsi delle sue parole, perché Medina pareva tutto, fuorché “l’uomo giusto”, ma stare in sua compagnia li rasserenava. Ne avevano bisogno, per una notte come quella che li attendeva.

«Chi altro c’è con voi?»

«Cinque dei nostri e tre dei loro.»

«Gli altri?»

«Williams e Harding sono alle telecomunicazioni, come previsto. Hanno già pensato a tutto.» Medina sorrise di nuovo di fronte alla muta domanda di Janet. «Segnale disturbato, in modo che non possano captare il vostro.»

Quindi avevano ragione: Pain teneva un telegrafo, o qualcosa di simile, nella rimessa del casolare.

«Non illudetevi» precisò il generale. «Fino a quando non arriveremo all’armeria, non potremo dirci al sicuro.»

Si mossero furtivamente, in ordinata fila dietro Pain, mentre Medina, a una decina di piedi di distanza, li precedeva fischiettando per occultare eventuali rumori. Dopo avere svoltato a sinistra, al termine di un corridoio senza finestre, lo udirono parlare.

«Ehilà, ragazzi! Come promesso, sono tornato con… Ah, è tardi.»

Quelle parole misero in allarme Pain, che con la pistola spianata affrettò il passo. Le sue spalle si rilassarono quando svoltò l’angolo dietro Medina.

La situazione era già stata, in parte, risolta. Medina, con i panini al formaggio tra le braccia, osservava dispiaciuto i tre soldati storditi e legati contro la parete, mentre quelli che dovevano essere gli uomini di Pain riponevano le armi.

«Sembra che mi sia perso tutto il divertimento.»

«Ci stavi mettendo una vita, Diego. Bentornato, generale Pain.»

La prima cosa che fece Pain fu controllare le corde ai polsi dei soldati catturati. «Voi sapete ancora fare nodi resistenti.»

«Con tutto il rispetto, generale, questi mocciosi non saprebbero nemmeno fare un nodo piano.»

Non era un’esagerazione, data la rapidità con cui Pain si era liberato per ben due volte nel giro di qualche ora.

L’armeria si aprì con tre giri di chiave. A Ellen tornò in mente la collezione di Masters di Ventimila leghe sotto i mari: lo stesso romanzo in edizioni differenti. Per una profana con lei, le armi avevano esattamente lo stesso aspetto; distingueva soltanto fucili, pistole e pugnali, ma non sapeva andare oltre e nemmeno le interessava. Le dessero un revolver, lei l’avrebbe usato.

Non persero tempo a scegliere. Pain afferrò una borsa di cuoio e mostrò il contenuto ad Alexander. «Le armi che vi abbiamo requisito. Se volete, prendete anche un pugnale da combattimento, in caso di scontro ravvicinato, ma fate in fretta. Vi do tre minuti, poi passeremo alle uniformi. Kurtz, Setter, i proiettili. Medina, va’ a nord, avverti…»

«“Avverti” chi?»

Ellen sentì il sangue gelare. Si girò con cautela, stringendo il calcio della pistola finalmente tornata in suo possesso, ma era certa che fosse scarica. Sulla soglia, un uomo – Taylor, ricordò – teneva la canna contro la tempia di Medina, un braccio ad avvolgergli il collo per impedirgli di scappare; alle sue spalle, insieme ad altri, Ellen riconobbe il soldato che aveva infierito su Michael.

«Sergente Taylor, abbassa la pistola.»

«Spiacente, generale, abbiamo ricevuto ordini differenti.»

Ellen, Michael, Janet, Pain… tutti erano armati, tutti avrebbero potuto rispondere al fuoco. Taylor però premeva la pistola contro Medina, immobilizzato, e i suoi compagni erano pronti a esplodere un colpo; i più fortunati di loro, invece, potevano contare su un’arma già carica, ma al sicuro nel fodero o puntata a terra. Ellen li contò rapidamente: ne riusciva a vedere undici, ma era convinta ce ne fossero altri. Avevano lasciato scoperta un’intera area? Questo significava che…

«Sapevamo sareste tornato, nel caso foste riuscito a fuggire. Pensavamo vi sareste liberato dei civili, ma non ha importanza: ce ne occuperemo noi. Il nostro unico dubbio era su chi potessimo fare affidamento… Peccato per Medina, mi piaceva.»

Parlava già al passato, e questo contribuì ad accrescere le vene sul collo di Pain. «Non ho intenzione di negoziare.»

«Nemmeno noi. Adesso, se volete seguirci…»

La voce di Taylor si strozzò mentre una lama penetrava nella sua carne. Prima ancora che il sangue sgorgasse dalla coscia, Medina si era liberato e aveva estratto il pugnale per affondarglielo nel petto. Taylor rantolò.

Quando avevano combattuto la creatura invisibile, erano stati perlopiù tutti contro uno: il mostro sapeva celarsi, ma ogni umano sapeva quale fosse il suo nemico. In quel momento, invece, il caos generato dalla morte di Taylor li costrinse a farsi da parte per diversi secondi, cercando di capire chi dovessero colpire, da chi dovessero tenersi alla larga. Non ricordavano quali fossero i soldati fedeli a Pain, potevano soltanto seguire l’intuito, mirando a coloro contro cui si scagliavano il generale e Medina. Si spinsero fuori dall’armeria e verso l’uscita della base senza smettere di sparare e ripararsi contro i militari che, come se Pain glielo avesse mutamente ordinato, cercavano di fare da scudo. Se solo avessero avuto più tempo, solo altri cinque minuti, si sarebbero infilati anche loro delle tute antiproiettile, invece di costringere i loro alleati a prendersi i colpi per salvarli.

«Correte!» gridò Pain, ed Ellen non se lo fece ripetere.

Scattò in avanti e si pietrificò alla vista di altri due soldati, ma poi scorse la scia di sangue dietro di loro e comprese chi fossero.

Williams e Harding.

«Per di qua!» le urlò uno dei due, facendole strada verso l’uscita. «Presto, presto!»

Le mancava il fiato, e quella doveva essere la parte più semplice dell’operazione. Si fermò nonostante gli ordini del soldato per attendere Michael, e Janet, e Alexander e Lilyan, e…

«NO!»

Pain urlò, ma i suoi amici erano salvi. Erano salvi. Scapparono nel bosco, seguendo Williams e Harding finché entrambi non alzarono una mano in segno di attesa. Scivolarono sul prato mentre i soldati restanti li raggiungevano.

Uno, due, tre…

Ellen smise di contare le forze e cominciò a contare gli uomini quando vide Pain trascinare un corpo. Ebbe un sussulto allo stomaco.

Non c’era più niente del sorriso del caporale Medina. Solo un volto dilaniato, spaccato in due, e il sangue che colava sulle mani inermi di Pain.

   
 
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