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Autore: lolloshima    18/02/2024    0 recensioni
“Keiji, sei bellissimo”.
“Stronzo!”
“Sei ancora arrabbiato con me?”
“Stronzo e traditore!”
“Lo sai che non è stata colpa mia…”
Anche gli amori più grandi possono finire. E se accade, quello che resta è un grande dolore e qualche vestito.
* *
Questa storia partecipa alla challenge del gruppo facebook Non solo Sherlock #igiornidellamerla
Prompt: Un cane urina sui pantaloni
Genere: Angst, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bokuto era stravaccato sulla poltrona di velluto della camera da letto, una gamba sollevata sul bracciolo, la testa abbandonata sullo schienale. Indossava il suo abito più bello, quello che aveva comprato per la laurea di sua figlia Emma*. Lo aveva indossato solo in un’altra occasione, era quasi nuovo.

Non c’era stato verso di fargli entrare il completo del matrimonio. Erano passati molti anni, e il suo fisico non era più quello di un tempo.

Dondolando la gamba a penzoloni, teneva gli occhi fissi sull’uomo che, di fronte allo specchio, lottava con il colletto della camicia.

“Keiji, sei bellissimo”.

“Stronzo!”

“Sei ancora arrabbiato con me?”

“Stronzo e traditore!”

“Secondo me stai esagerando. Lo sai che non è stata colpa mia…”

Akaashi armeggiò ancora qualche istante con l’ultimo bottone della camicia. Era tutto inutile, le mani gli tremavano troppo per riuscire a far entrare quel maledetto dischetto nella microscopica asola del colletto.

Imprecò sottovoce e decise di lasciar perdere definitivamente.

“Non c’è niente da fare, non mi sta più!” si passò le mani trai capelli, in preda alla frustrazione.

“Hai bisogno di aiuto, Keiji?”

Akaashi voltò la testa alle sue spalle. Sopra al grande letto erano ammucchiati uno sull’altro, in una pila disordinata, un numero indefinito di vestiti di diversa foggia e colore.

“E’ tutta colpa tua, Koutaro! Non ho nessuna intenzione di vestirmi come un pinguino per te!”

“Non sei costretto a metterti la giacca, vestiti come vuoi…”

Una lacrima silenziosa solcò il volto rugoso dell’uomo, e non sfuggì a Bokuto. “Io non volevo farti soffrire, Keiji davvero” gli disse piano, con tutta la sincerità di cui era capace.

“Perchè l’hai fatto, Koutaro?”

“Non potevo fare altrimenti, ci sono situazioni contro le quali è impossibile lottare. Ti prego credimi, se fosse stato per me…”

“Perchè mi hai lasciato?” la voce gli si incrinò, e nascose gli occhi sotto i palmi delle mani.

“Kaiji, ti prego, non fare così”.

“Avevi detto che saresti stato con me per sempre, lo hai promesso davanti a tutti” continuò l’altro, soffocando un singhiozzo.

“Te l’ho detto, ci sono cose più grandi di noi. Come quando ci siamo incontrati. Non avrei mai potuto fare a meno di innamorarmi di te”.

“Sei solo un maledetto bugiardo. Avevi giurato che mi saresti stato sempre fedele!”

Bokuto alzò i palmi della mani all’altezza del petto, in segno di difesa. “Beh, tecnicamente io non ti ho...”

“Che c’è, non ti bastavo più? Non eri più felice, con me?” sbottò Akaashi, liberando finalmente il volto dalle mani, gli occhi arrossati e umidi oltre le lenti degli occhiali.

Bokuto si fece serio, si raddrizzò sulla poltrona e fissò gli occhi ambrati su di lui. “Sei stata la cosa più bella che mi sia capitata in tutta la vita.”

“Potevi almeno portarmi con te”.

“Keiji, non dirai sul serio...”

Akaashi tornò a girarsi verso lo specchio, dando le spalle all’altro.

“Vorrei non averti mai incontrato!” sussurrò abbassando lo sguardo a terra.

Bokuto piegò il busto in avanti, puntò i gomiti sulle ginocchia a unì le mani sotto al mento.

“Davvero non riesci a perdonarmi?”

Le lacrime ripresero a scendere dagli occhi di Akaashi. “Non posso perdonarti Koutaro. Non ti perdonerò mai!”.

Bokuto alzò gli occhi al soffitto e sospirò a fondo.

“Adesso finisci di prepararti, ti aspettano”.

“E che fretta c’è?” scattò Keiji con rabbia. “Forse non posso arrivare in ritardo alla festa in tuo onore?” urlò fuori si sé. “Tanto è solo l’ennesima occasione per celebrare il grande Bokuto Koutaro! La sai una cosa, vecchio stronzo?” continuò sbottonandosi la camicia. “Io non ci vengo! Non mi muovo di qui. Non ho nessuna intenzione di vederti come sempre al centro dell’attenzione dopo quello che mi hai fatto. Fottiti!”

L’altro scattò in piedi. “Sei forze impazzito? Non ti riconosco più. Non sei fiero di ricordare l’ultima impresa di tuo marito?” cercò di ironizzare. “Beh, ex marito…”. Akaashi gettò con rabbia la camicia sul letto, restando in maglietta e Bokuto capì che quella non era la strada giusta.

“Ti prego. Non sarebbe la stessa cosa senza di te. Ne abbiamo parlato tanto, me l’avevi promesso… Sarà l’ultima volta, vedrai...” Bokuto si interruppe. Forse gli stava chiedendo troppo, soprattutto dopo che lui stesso aveva tradito la promessa più importante, quella di non lasciarsi mai.

“Odio dover parlare bene di te, dopo che mi hai lasciato.”

“Va bene, hai ragione” continuò con calma Bokuto. “Non ci andare. In fin dei conti è vero, è solo l’ennesima cerimonia piena di gente e parole vuote. Anzi, ti dirò di più. Non ci vado neppure io. Starò qui con te, guarderemo vecchie foto e ricorderemo tutto quello che abbiamo fatto insieme. Parleremo, e sono sicuro che troverò il modo di farmi perdonare”.

“Koutaro…”

Bokuto si avvicinò di qualche passo. Dalla bocca di Akaashi uscì un’unica parola, appena sussurrata: “Vattene!”

Bokuto lo guardò con dolcezza. “Non voglio lasciarti in queste condizioni...”

“Sto benissimo, vattene via.”

Bokuto abbassò la testa e si avvicinò alla porta. “Ricordati quello che ti ho detto. Ce la farai” gli disse prima di sparire.

Ricordava benissimo quello che gli aveva detto Koutaro. Ma come poteva dargli retta?

Quando una amore finisce, non vuoi ascoltare nessuno. Non vuoi pensare a niente, senti solo un gran freddo nell’anima, ti senti inutile e vuoto, cerchi di trovare un motivo al tuo dolore, una ragione al fatto di essere rimasto solo, ti chiedi solo perché è successo e perché devi soffrire così tanto. Ti viene voglia di morire, di lasciarti andare. Non riesci a pensare al futuro, un nuovo amore è addirittura inconcepibile.

Qualsiasi cosa gli avesse detto Koutaro, Akaashi non voleva rifarsi una vita, non voleva incontrare un altro uomo.

Lui non lo voleva un altro amore, il tocco di un’altra mano, il bacio di un’altra bocca.

Non se ne faceva niente delle nuove possibilità, delle opportunità che la vita poteva offrirgli, degli amici pronti a sostenerlo.

Lui voleva Koutaro. Voleva il suo amore, le sue mani, la sua bocca. Tutte le sue 37 debolezze.

Dove aveva sbagliato? Forse era colpa sua, avrebbe dovuto tenerlo stretto, impedirgli di andarsene...

Si avvicinò al letto e alla montagna di vestiti che vi era abbandonata disordinatamente sopra.

Erano tutti di Bokuto.

Rovistò con le mani nell’ammasso di indumenti. Ognuno era un ricordo, ognuno una stilettata al cuore.

La maglietta che Bokuto aveva voluto comprare al primo concerto dei Ladybaby che avevano visto insieme. Era talmente consunta che l’immagine della band metal era sbiadita e la stoffa si era lacerata sotto le ascelle e lungo il colletto.

La felpa comprata in Thailandia. Ne avevano prese due uguali, ma Koutaro aveva regalato la sua a un ragazzino che gli aveva chiesto l’autografo in aeroporto. Keiji non aveva avuto cuore di dirgli che in realtà quel fan lo aveva scambiato per un cantante pop koreano, e gli aveva ceduto la sua.

La giacca che avevano fatto indossare a Kotaro quando i MSBJ avevano vinto il campionato di pallavolo. Di quel completo non esistevano più i pantaloni, perché l’akita inu di Atsumu e Kiyomi ci aveva fatto la pipì sopra, e Bokuto aveva continuato la cerimonia di premiazione in giacca e pantaloncini corti.

La divisa del liceo, decisamente diventata troppo piccola. Koutaro si era sempre rifiutato di gettarla via, e anche Akaashi aveva conservato la sua. Troppi i ricordi che portavano con sè. La indossavano quando Koutaro un pomeriggio a scuola lo aveva bloccato contro il muro, aveva afferrato la sua cravatta attirandolo verso di sé, e senza dire niente lo aveva baciato per la prima volta. Al solo pensiero Akaashi sentiva ancora lo stesso batticuore, e sentiva ancora nelle narici il profumo del dopobarba che lo aveva avvolto.

Avevano quella divisa quando Koutaro gli aveva sfilato la giacca e aveva infilato le mani sotto la sua camicia, esplorando ogni centimetro della sua pelle. Aveva sentito un gran calore in tutto il corpo, nonostante fosse inverno e si trovassero nella terrazza della scuola.

Si eccitava ancora ripensando a quante volte i pantaloni di quelle divise erano stati abbassati quel tanto che bastava per sfogare la voglia improvvisa di amarsi ovunque, fossero i sotterranei della scuola, gli spalti di un palazzetto, gli angoli più nascosti degli spogliatoi, o lo sgabuzzino di qualche palestra.

Akaashi scacciò quei pensieri, tornando a concentrarsi sull’ammasso di indumenti accatastati sul letto. Avrebbe dovuto disfarsi al più presto di tutta quella roba!

In fondo al mucchio, nascosta da tutto il resto, apparve una polo bianca, bordata da liste nere e gialle. Sul petto, era cucito a caratteri cubitali il numero quattro. Akaashi estrasse la maglia della squadra di pallavolo del liceo Fukurodani, la maglia di Bokuto.

La afferrò con entrambe le mani e la portò al viso, aspirando forte.

Deglutì a fatica e sentì gli occhi pizzicare. “E’ davvero troppo”.

Le ginocchia gli cedettero e si accasciò a terra. Le lacrime iniziarono scendere incontrollate, prima silenziosamente e poi in un pianto sempre più forte, finché si lasciò andare ai singhiozzi, si piegò sulle cosce con il volto tra le mani.

Qualcuno bussò piano alla porta e dall’uscio comparve la testolina bionda di suo nipote Kei.

“Nonno Keiji, stai piangendo?”

Subito dopo Emma entrò nella stanza.

“Papà, non sei ancora pronto?… Tutto bene?”

Kiji si ricompose, sollevò gli occhiali sulla fronte e passò entrambi i palmi sugli occhi.

“Sto bene, non è niente”.

“Piangi per nonno Kou? Ti ha fatto arrabbiare?” domandò il bambino andando verso il nonno.

“Sì, Kei-chan, il nonno mi ha fatto arrabbiare.”

“E’ perché è andato via con la moto?”

“Adesso basta, Kei-chan” lo fermò la mamma. “Lasciamo in pace il nonno, deve prepararsi”. Emma poi si rivolse al padre. “Papà, ti manca molto? Tetsurou e Kei sono già arrivati, ti stanno aspettando”.

“Non so cosa mettermi…” cercò di giustificarsi Keiji mettendosi in piedi.

Emma si avvicinò al letto e recuperò la camicia bianca che era stata gettata sopra la pila degli altri vestiti. “Tieni, metti questa, andrà benissimo”.

“Datemi 5 minuti. Voi andate avanti, ci vediamo lì.”

Emma prese per mano il figlio e si avviò verso la porta.

“Farete pace, vero nonno?” continuò a chiedere Kei-chan mentre veniva trascinato dalla madre. “Dovete fare pace, non voglio che nonno Kou vada via triste”.

Quando la porta si richiuse Keiji si ritrovò solo. Prese un lungo respiro e si preparò ad affrontare suo marito, per l’ultima volta. Lo doveva a sua figlia, a suo nipote, ai suoi amici.

Posò la maglia del Fukurodani sul letto e iniziò piegarla con cura, in silenzio. “Sono davvero tentato di gettarla via” pensò a voce alta.

* *

Alla fine aveva messo la giacca.

La sala era gremita e chiassosa, esattamente come la voleva Bokuto. Il suono che si sentiva di più, mescolato alle chiacchiere, era quello delle risate. Aneddoti e racconti divertenti si avvicendavano.

Akaashi non se ne stupì quando entrò.

Una piccola folla lo circondò per salutarlo e stringergli la mano. “Proprio una bella festa, non trovi?” disse Bokuto, comparso al suo fianco.

“Non dovresti essere qui, vicino a me. Il tuo posto è al centro, dove tutti ti possano guardare.”

“A me interessi solo tu.”

“Potevi pensarci prima!”

Ad un certo punto, improvvisamente, il chiacchiericcio cessò di colpo. Adesso toccava a lui parlare.

Si schiarì la gola, prima di iniziare.

“Non è la prima volta che il grande asso Bokuto Koutaro viene festeggiato e premiato. Quante volte abbiamo onorato le sue vittorie nella pallavolo e i suoi successi sportivi? Forse non tante quante quelle in cui abbiamo ricordato le sue gaffe…”

Una risata sommessa si sollevò tra il pubblico presente. Bokuto arrossì, accanto a Keiji.

“Ma oggi non parlerò di questo. Non sono nello stato d’animo di festeggiarlo. Non dopo che mio marito mi ha mollato, dopo quasi trentacinque anni di vita insieme”.

Un silenzio imbarazzato calò nella sala.

“Sì, Bokuto, ce l’ho con te, perchè mi hai lasciato. Nel modo più egoista ed infantile, hai semplicemente fatto di testa tua, senza ascoltare nessuno, senza pensare alle conseguenze che le tue azioni avrebbero potuto avere sugli altri. Su di me. Non mi hai ascoltato, non ti sei confidato con me, non mi hai dato neppure il tempo di abituarmi all’idea. E soprattutto, non sei stato sincero...”.

 

Esco a fare un giro in moto” gli aveva detto prima di uscire.

E’ quasi ora di cena, non puoi rimandare?” aveva risposto lui senza troppa convinzione, mentre era ai fornelli.

Devo fare una cosa importante”.

 

“Hai semplicemente deciso di andartene, di punto in bianco. Forse dovrei ringraziarti, visto che in questo modo mi sono liberato di te. Non dovrò più occuparmi dei tuoi sbalzi di umore, delle tue manie, dei tuoi scatti di entusiasmo, non dovrò preoccuparmi del tuo colesterolo, dei mille occhiali persi chissà dove, delle scarpe spaiate, delle chiavi che dimentichi sempre. Non dovrò più inventarmi delle storie buffe per farti addormentare. Vai pure, Koutaro. E porta con te tutti i tuoi palloni da pallavolo, le tue inseparabili ginocchiere alte, la tua collezione di magliette con le frasi dedicate all’asso, i tuoi poster di Kageyama e Hinata. Portati via le tue 37 debolezze”.

Gli occhi gli si inumidirono, e tutto divenne sfocato.

“Ma se vai via, di quante altre cose mi privi? Della tua perenne voglia di giocare, della tua energia, del tuo entusiasmo da bambino, che non ti ha mai abbandonato, neanche adesso che sei nonno. Un nonno meraviglioso.” Cercò con lo sguardo la testa bionda di suo nipote, che gli sorrise, accoccolato in braccio alla madre.

“Andandotene, mi porti via tutto, Koutaro. Il mio migliore amico. Il mio primo e unico amore. Il padre di nostra figlia. L’altra metà della mia anima. Un amante focoso e passionale. Una roccia cui aggrapparmi. Tutta la mia vita”.

 

Mi dispiace tanto Keiji, chi poteva aspettarselo?” gli aveva detto Tsukishima stringendolo forte mentre lui piangeva sulla sua spalla.

 

Nessuno sapeva, neppure io potevo immaginare che il bro…” gli aveva detto Kuroo, con gli occhi lucidi, sbarrati e increduli, quasi a giustificarsi al posto del suo amico di sempre per quello che era successo.

 

E’ vero, quella sera stava venendo da me, avevamo un appuntamento…” gli aveva detto il giovane preparatore atletico dei MSBJ al telefono.

 

“Perché Koutaro? Perché non mi hai detto niente? Mi dispiace, ma io non posso...”. Un nodo alla gola gli impedì di continuare la frase. Girò la testa di lato. Bokuto non era più al suo fianco.

 

Si è trattato di un malore mentre era alla guida” gli aveva detto la poliziotta ferma sulla porta. “Il medico legale ha parlato di un problema al cuore, che probabilmente aveva da tempo. Lei ne era al corrente?”

 

Akaashi ricacciò le lacrime in gola e si sforzò di continuare. Fissò lo sguardo davanti a sé, in direzione della bara di legno chiaro, completamente ricoperta di fiori, che si trovava al centro della stanza.

Uno scomparto aperto lasciava intravedere il busto e il volto sereno di Koutaro. Chiunque lo avesse conosciuto, non si sarebbe stupito più di tanto se fosse saltato in piedi all’improvviso, esclamando “Hey hey hey!! Scherzetto!”

“Io non posso…” riprese con fatica. “Per quanto mi sforzi, non posso smettere di amarti, e continuerò a farlo per quello che resta della mia vita. E ti perdono, amore mio”.

Per un attimo, sembrò che le labbra di Bokuto si piegassero impercettibilmente in un sorriso.

Mentre Akaashi si chinava sulla bara per lasciare un leggero bacio sulla bocca di suo marito, la giacca si aprì leggermente, scoprendo una maglietta bianca, bordata di nero e giallo. Cucito sul petto, un grande 4. Il numero di maglia destinato agli assi.

* * *

* NOTE DELL’AUTRICE: nel mio haedcanon Bokuto e Akaashi (ovviamente marito e marito) hanno adottato una bambina, Emma, che da grande ha sposato Ryu, il figlio di Kuroo e Tsukki (anche loro convolati a nozze). Questi quattro super nonni hanno un nipote, che si chiama Kei-chan.

   
 
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