Mikasa
- Eren! Come ti senti? -
Rapida come un fulmine, Mikasa
attraversò la stanza e sedette sul bordo del letto, studiando il
ragazzo con occhio attento e vagamente spiritato a causa dell'ansia.
- Hai mal di testa? Mal di stomaco? Ma
di gola? Nausea? Vertigini? -
Eren alzò le mani nel tentativo di
rassicurare la giovane e arginare quell'ondata soverchiante di
domande. - Mikasa, non devi preoccuparti, davvero. Io sto... -
Lei non lo lasciò neanche finire e gli
posò un palmo sulla fronte.
- Sei molto caldo, hai ancora la
febbre. - sentenziò in tono grave. - Dobbiamo abbassarti la
temperatura. -
Iniziò a rovistare in una capiente
borsa a tracolla che Eren non aveva notato fino a quel momento. Ne
estrasse un involto di tessuto riempito di ghiaccio e glielo depose
sul capo.
- Ehi, Mikasa! Non serve che tu... -
Ma il tentativo di ribellione venne
puntualmente stroncato da un violento accesso di tosse.
La ragazza scosse la testa. - Non è un
buon segno. Il Dottor Jaeger diceva che in questi casi potrebbero
essere a rischio i polmoni. -
Eren cercò di riprendere fiato tra uno
spasmo e l'altro. - Mikasa, ho solo un maledetto raffreddore. Non ha
senso allarmarsi così. -
La giovane lo guardò severamente. - Ha
senso eccome, invece. - ribatté decisa. - Non devi trascurare la tua
salute, Eren. So che vuoi ricominciare al più presto ad allenarti e
migliorare l'indurimento per chiudere la breccia nel Wall Maria, ma
se non riposi come si deve, rischi di peggiorare la situazione e
prolungare ancora di più il periodo che dovrai passare a letto,
oltre a danneggiare il tuo fisico. -
Suo malgrado, Eren dovette riconoscere
la logica insita nella predica dell'amica. Inoltre, la prospettiva
che quella prigionia si protraesse costituiva un ottimo deterrente e
una leva efficacissima per indurlo a più miti consigli.
- Mi dispiace. - sospirò, lasciandosi
ricadere indietro sui cuscini.
- Non fa niente. - rispose la ragazza,
rimettendosi a trafficare con gli oggetti all'interno della borsa. -
L'importante è curarti a dovere e fortunatamente qui ho tutto ciò
che serve. -
Estrasse un vasetto di vetro contenente
una sostanza vischiosa e verdastra.
- Togliti la maglia. - ordinò.
Eren strabuzzò gli occhi e si sentì
avvampare. - Come, scusa? -
- Devo massaggiarti questo sul petto. -
- Posso farlo da solo. - protestò il
ragazzo. - Non sono un bambino. -
- Allora smettila di fare tutte queste
storie. - replicò Mikasa. - Stai molto male e sei indebolito dalla
febbre. Per una volta metti da parte l'orgoglio e lascia che mi
prenda cura di te. -
Con una certa riluttanza unita a una
buona dose di imbarazzo di cui tuttavia non seppe individuare la
fonte, Eren si sfilò la casacca, rimanendo a torso nudo.
Mikasa avvertì un lieve fremito
percorrerle il corpo e concentrò tutta la sua attenzione sul vasetto
di unguento. Svitò il coperchio e un intenso profumo di erbe
balsamiche si sprigionò nell'aria. Eren lo identificò all'istante.
Era un aroma inconfondibile che apparteneva alla sua infanzia e aveva
attraversato lo spazio e il tempo per giungere intatto fin lì,
esattamente uguale a come lo ricordava. Profumo di casa e di cure
amorevoli.
- Ma questo... non sarà... -
Mikasa annuì, accennando un sorriso
mesto. Era sicura che l'avrebbe riconosciuto. - Sì, è il vecchio
rimedio di tuo padre. -
Eren le rivolse un'occhiata sorpresa. -
L'hai preparato tu? -
L'amica si strinse nelle spalle. - Un
giorno gli chiesi la ricetta e lui mi insegnò l'intero procedimento.
Memorizzai tutto, così se in futuro ne avessimo avuto bisogno, avrei
saputo come prepararlo. Non è poi così difficile,sai. Le erbe
medicinali che occorrono sono piuttosto comuni. -
Eren non rispose, ancora una volta
meravigliato dalle doti e dalla lungimiranza di Mikasa. A lui non era
mai venuto in mente. Pur sapendo quanto abile fosse suo padre
nell'esercitare la propria professione, non aveva mai pensato di
chiedergli qualcosa riguardo alla preparazione dei medicamenti. A
quel tempo, i suoi pensieri erano molto più attratti dall'ignoto
oltre le Mura piuttosto che dalle piccole cose che costituivano la
sua pacifica, banale quotidianità.
Una quotidianità che aveva
erroneamente dato per scontata, finanche a detestarne la monotonia.
Prima che questa venisse brutalmente calpestata dai Giganti. Ora,
doveva ammetterlo, se ne vergognava. Se solo avesse potuto riavere
indietro ciò che da bambino aveva tanto rifuggito...
Mikasa immerse le dita nel barattolino
e iniziò a spalmare l'unguento sul torace del giovane che sussultò
a quel contatto.
- Va tutto bene? -
- Uhm, sì, è solo che... be', è
freddo. - tartagliò il ragazzo.
- Capisco. -
Gli massaggiò il petto con movimenti
ampi e circolari, come il Dottor Jaeger le aveva insegnato,
sforzandosi di ignorare le sensazioni che sentiva germogliare e
fiorire prepotentemente dentro di sé mentre i suoi palmi scorrevano
sopra la pelle di Eren, bollente di febbre. Gli anni di addestramento
avevano scolpito i suoi muscoli, trasformando il ragazzino dal fisico
nervoso in un adolescente prestante e robusto che presto sarebbe
diventato un giovane uomo indiscutibilmente attraente. Lo amava fin
dall'infanzia, ma ora quel sentimento aveva assunto una forma nuova,
più dirompente e viscerale. Una forma selvaggia e dotata di denti,
che talvolta le mordeva l'anima.
Prese un inspiro profondo nel tentativo
di schiarire la mente e tenere a bada la parte più intima e
femminile di sé che ruggiva a gran voce desideri inconfessabili.
- In realtà l'hai sempre fatto. -
mormorò Eren, all'improvviso, distogliendola dal conflitto interiore
con la propria libido.
Mikasa smise di frizionargli il petto e
alzò lo sguardo. - A cosa ti riferisci? -
Il giovane distolse il proprio,
prendendo a fissare un punto imprecisato della camera. - Ti sei
sempre presa cura di me, fin da quando ci siamo incontrati da
bambini. Inutile negarlo: sei sempre stata tu a proteggermi. Ogni
volta. -
- Eren, questo non è vero. - La
ragazza arrossì, schermendosi. - Tu mi hai salvata. Non sarei qui se
non fosse per te. -
Lui serrò la mascella e con una mossa
improvvisa avvolse le dita intorno al polso di Mikasa, facendo
pressione per sollevare il busto fino a ritrovarsi ad un soffio dal
suo viso.
- Eren?! -
- Non capisci? Volevo diventare forte.
- continuò lui, ignorando l'effetto che quell'improvvisa vicinanza
aveva prodotto sull'amica. - Forte abbastanza perché tu potessi
guardarmi con ammirazione e considerarmi al tuo livello, senza che ti
sentissi più in dovere di correre in mio aiuto e tirarmi fuori dai
guai. E invece ancora una volta mi ritrovo a non poter fare altro che
contare su di te. -
Spiazzata e incerta su come replicare,
Mikasa optò per un silenzio evasivo. La presa sul polso bruciava
come se la stesse ustionando e poteva intravedere il proprio riflesso
sconcertato negli occhi di Eren. A un tratto, lei stessa si sentiva
divorata dalla febbre e la gola le si era prosciugata al punto che
non sarebbe riuscita ad emettere un suono neanche se l'avesse voluto.
Non era abituata a sentirlo parlare così apertamente. Forse
l'ipertermia lo aveva indotto al delirio. Aveva sentito di casi in
cui la temperatura corporea troppo alta comprometteva le facoltà di
raziocinio del malato.
Tuttavia, la necessità di trovare una
risposta adeguata si volatilizzò nel momento in cui la porta si
socchiuse e una voce gentile fece capolino nella stanza.
- Eren, sei sveglio? Il Capitano Levi
mi ha detto di portarti la cen... Uh? -
Armin sostava sull'uscio, con un
vassoio tra le mani.
I suoi occhi saettarono dal rossore che
imporporava le gote di entrambi alle mani di Mikasa ancora poggiate
sul petto nudo di Eren, lucido di unguento. Ovviamente non gli sfuggì
il dettaglio del polso della giovane stretto fra le dita di lui e la
vicinanza decisamente eccessiva tra i due.
I volti paonazzi nella stanza
aumentarono di un'unità.
- Ah, scusatemi tanto! Non volevo
interrompervi! Me ne vado subito. -
Mikasa tolse di scatto le mani dal
torace di Eren. Nonostante l'innocenza delle sue intenzioni, poteva
capire quanto quella scena risultasse equivocabile. Lei stessa si era
abbandonata a fantasticherie innegabilmente audaci giusto un attimo
prima e il suo battito cardiaco ancora non accennava a rallentare.
Seppure in buona fede, non poté evitare di sentirsi colta in
flagrante e provò a spiegarsi. - Armin, aspetta. Non è come pensi!
-
- N-non penso proprio niente! Cosa
dovrei pensare? Comunque, lascio qui la cena. Assicurati che Eren
mangi qualcosa. -
Il ragazzo biondo depose il vassoio sul
tavolo accanto alla finestra, stando ben attento a non lasciar cadere
lo sguardo sulla coppia seduta sul letto dopodiché schizzò via
sbattendosi la porta alle spalle, rosso come un peperone maturo.
- Ma che diavolo gli è preso? - fece
Eren, confuso.
Mikasa gli restituì uno sguardo
incredulo. - Davvero non l'hai capito? -
L'altro scrollò le spalle. - Forse
doveva andare in bagno? -
La ragazza sospirò, rassegnata.
Inutile aspettarsi che quel testone afferrasse il senso del
comportamento di Armin o cogliesse l'ambiguità della situazione in
cui egli li aveva sorpresi. Più tardi avrebbe chiarito il malinteso
con il biondo ma la totale insensibilità (o meglio, ottusità) di
Eren quando si trattava di quel genere di cose, finiva
inevitabilmente per ferirla.
Eppure i sentimenti che nutriva per lui
non sarebbero mai mutati. Di questo era certa. Una certezza che
ardeva come una fiamma inestinguibile nel suo cuore fin da quel
fatidico giorno in cui, ancora bambino, Eren l'aveva spronata a
combattere per la propria vita. Chissà, forse in un futuro più o
meno lontano lui avrebbe finalmente capito. Oppure, più
verosimilmente, le sarebbe toccato raccogliere il coraggio a due mani
e dichiararsi senza troppi giri di parole. Prima o poi...
- Sì, - rispose seccamente,
riprendendo a strofinare l'unguento e mettendoci forse un po' più
forza del necessario. La poesia di poco prima ormai evaporata. -
Probabilmente hai ragione. Doveva andare in bagno. -
N.d.A.
Ciao a
tutti! Rieccomi con un nuovo progetto!
Stavolta
siamo decisamente su altri toni ma ammetto di essermi divertita molto
nell'immaginare questi brevi scenari slice-of-life che vedono
coinvolti Eren e gli altri, anche se non mancheranno momenti dal
gusto un po' più amaro. D'altra parte, stiamo pur sempre parlando di
SNK...
Purtroppo
la domanda: “Ma i portatori dei Nove Giganti possono ammalarsi?”
mi è venuta in mente praticamente a storie già concluse e quindi
no, non ho intenzione di ritrattare. Vi prego di concedermi una
piccola licenza, che poi sarebbe anche la conditio sine qua non
che regge l'intera raccolta.
Mi
auguro che vi possiate divertire tanto quanto mi sono divertita io
nella stesura di ogni capitolo e se riuscirò a strapparvi almeno un
sorriso, mi potrò ritenere più che soddisfatta.
Questa
prima storia è stata la più difficile e anche la meno appagante
in termini di risultato dato che non sento una grande affinità con
il personaggio di Mikasa. Spero comunque di averle reso giustizia.
Come
sempre, grazie di cuore a chiunque sarà passato da qui.
Al
prossimo capitolo!