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Autore: Hisae Nihil    25/02/2024    1 recensioni
Dal testo: "Se c’era una cosa che detestava più di ogni altra al mondo, era il modo che aveva lei di svegliarlo al mattino. Parole dolci gli solleticavano l’udito ed erano le carezze di una farfalla a scuoterlo senza violenza, le labbra di lei si posavano sulla sua fronte, alle volte osavano sino alle sue labbra."
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Se c’era una cosa che detestava più di ogni altra al mondo, era il modo che aveva lei di svegliarlo al mattino. Parole dolci gli solleticavano l’udito ed erano le carezze di una farfalla a scuoterlo senza violenza, le labbra di lei si posavano sulla sua fronte, alle volte osavano sino alle sue labbra. Ogni mattina gli preparava la colazione, cose semplici come biscotti o qualche pancake accompagnati da una tazza di caffè o quello che trovava in cucina
«Ben svegliato» Esordiva sempre con quelle parole ogni dannatissima volta non appena lui apriva gli occhi, aveva una voce melodica e lieve come un sospiro. Ma quelle erano abitudini di cui quella donna dai lunghi capelli color tramonto s’era vestita da sola, non ve n’era alcun bisogno, lui non ne aveva bisogno. Non erano legati da alcun vincolo, la notte si appartenevano nel modo più crudo che potesse esserci, lui le lasciava sempre i segni di morsi tinti di sangue, non era mai gentile con lei. Era marcio fino al midollo, l’equivalente del sale su una ferita aperta, non era un santo e ciò che faceva per campare l’avrebbe portato alla tomba un giorno o l’altro. Si massaggiò gli occhi con due dita, prima di tirarsi su a sedere sul letto, lasciando che il lenzuolo gli scivolasse lungo la pelle, scoprendola nel mettere in evidenza delle cicatrici che gli adornavano il corpo statuario. Era nudo ed a dirla tutta, ciò non gl’importava, in fin dei conti era un bell’uomo, coi capelli neri che gli ricadevano lungo le spalle, una cicatrice che gli attraversava il lato sinistro delle labbra e l’occhio destro cieco, mentre l’altro era di un verde grigiastro che pareva leggerti l’anima «Slayer…» Lo chiamò la creatura alle sue spalle, ottenendo un mugugno in risposta «Potrei stare da te a-anche questa sera?» Vi era sempre del mal celato timore che le faceva tremare la voce di tanto in tanto, al che lui alzò le spalle
«Fà come ti pare» La udì soffocare un’esultanza, cosa che gli fece scuotere lentamente il capo, mentre andava a rivestirsi. Non c’era niente che la trattenesse in quell’appartamento, lui men che meno…
Una pistola nella fondina, un paio di caricatori, dei guanti a coprirgli le mani ed i capelli raccolti in una coda di cavallo che lasciava libera una sottile ciocca a lato del volto.
Il nero era il colore che lo vestiva, l’Abisso non aveva bisogno d’altre sfumature ed il sangue, lì non si vedeva. Le si avvicinò, era così esile in confronto a lui; le posò due dita sotto al mento, facendole alzare il viso, carezzandole le labbra col pollice «A furia di stare nella tana del mostro corri il rischio di marcire» Ma forse non le importava, visto che gli sorrise
«Potresti almeno bere qualcosa prima d’uscire» Al che Slayer schioccò la lingua, distanziandosi da lei
«Non ne ho bisogno» Monocorde, laddove tutto di lui pareva permeato di minaccia.
La donna dagli occhi di giada forse voleva cercare di rendersi utile in un qualche modo, lei era forse la dolcezza in persona, ma alcune bestie non le si poteva addomesticare e, lui era uno di quelle; forse era per quello che lei si sentiva in un qualche modo al sicuro con lui.
Uscì di casa, chiudendosi la porta alle spalle, portandosi una sigaretta alle labbra e mettendosi le mani in tasca dopo essersela accesa, ignorando bellamente il cartello di divieto di fumare per l’androne delle scale.
A dirla tutta non doveva andare a lavorare, il suo obbiettivo si sarebbe mosso solo nel pomeriggio, ma c’era un motivo se detestava il modo che Kenna aveva di svegliarlo: era troppo dolce, troppo innocente, troppo… Giusto. E lui non se lo meritava.
Lo zucchero ed il sale non stavano bene nella stessa frase.
Lui le cose le ammazzava, maltrattava e rovinava, non gli serviva sentirsi “bene”, anche solo per un istante; specialmente se la data della sua morte poteva essere il giorno stesso.
Ma lei s’illudeva senza farlo realmente, e lui le donava tutto il dolore che le sue urla riuscivano a sopportare.
Sbuffò una nuvola di fumo, ed il grilletto venne premuto.





Angolino indiscreto:
Questa Oneshot l'ho scritta più o meno come esperimento, poi, beh... Da cosa nasce cosa...

   
 
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