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Autore: felinala    01/03/2024    6 recensioni
"Vidi per la prima volta Matilda un quattordici febbraio piovoso di due anni fa... Matilda dai lunghi capelli color miele brunito, due occhi blu da cerbiatta e il corpo voluttuoso strizzato in uno striminzito costume da coniglietta rosa; si muoveva con la grazia elegante di chi era sicuro di avere il mondo ai propri piedi, ballava al centro di quel palco improvvisato una musica vivace e sensuale con un sorriso enigrmatico in volto; era bellissima, conturbante e quando, dopo intensi e lunghi minuti in cui l'avevo osservata rapito mi notó e sorrise ammiccando da lontano, persi la testa. E fu l'inizio della fine"
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Genere: Azione, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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MATILDA 




Il tramonto infuocato tinge i prati verdescenti della valle di una luce aranciata e soffusa; ll frinire d’insetti e lo scorrere impetuoso delle acque del fiume Orinoco sono gli unici rumori vicini; ascolto un tucano tubare in lontananza mentre, un filo d'erba in bocca, ammiro il panorama selvaggio del Venezuela che ora è la mia casa.
Non sono sempre vissuto qui, anzi, nella mia precedente vita ero abituato a tutt'altro: automobili, palazzi, persone ad ogni angolo ed un ritmo di vita tale per cui il cielo non si vedeva neppure, o, quantomeno, il suo colore non mi importava affatto.
Mi chiamo Harry Belforth, nato da una famiglia brasiliana di nobili origini arricchitasi grazie al commercio, ero deciso a perpetrare il patrimonio di famiglia  tra il lusso e gli affari, un matrimonio che era stato d'amore ormai in crisi dopo molti anni e nessun figlio; la vita mi aveva regalato certo qualche dolore, ma tutto sommato potevo ritenermi un privilegiato. Andava quasi tutto bene, fino a quando non incontrai… Lei: Matilda. 

Vidi per la prima volta Matilda un quattordici febbraio piovoso di due anni fa. 
Chissà perché, tra tanti locali adatti a ripararmi dalla pioggia che mi aveva colto alla sprovvista fuori casa dopo un litigio con mia moglie, Rose, scelsi di entrare al Luonge proprio quella sera, dopo anni in cui avevo persino scordato la sua esistenza. Il locale più in della città, che un tempo vantava arredi in pelle scura, separé color crema e un menù raffinato,  era stato trasformato negli anni in un ritrovo per giovanissimi con tavolini di plastica dozzinale sparsi qua e là intorno a un lungo bancone, musica alta e hot dog unti. Quella sera, probabilmente per attirare clientela nel giorno degli innamorati, vi erano luci soffuse e musica dal vivo suonata da una band locale, mentre un ampio spazio della sala grande era stato lasciato sgombro per creare una improvvisata pista da ballo. Quando entrai frettolosamente, un po' spaesato, fu la pista semivuota ad attirare per prima la mia attenzione, o meglio, fu lei a catturarla.

Matilda dai lunghi capelli color miele brunito, due occhi blu da cerbiatta e il corpo voluttuoso strizzato in uno striminzito costume da coniglietta rosa; si muoveva con la grazia elegante di chi era sicuro di avere il mondo ai propri piedi, ballava al centro di quel palco improvvisato una musica vivace e sensuale con un sorriso enigmatico in volto; era bellissima, conturbante, e quando, dopo intensi e lunghi minuti in cui l'avevo osservata rapito mi notò e sorrise ammiccando da lontano, persi la testa.
Fu l'inizio della fine.

Naturalmente chiesi immediatamente  informazioni su di lei e fortunatamente Vincent, barman e proprietario del locale, nonché mio ex compagno di classe, conosceva la coniglietta piuttosto bene:
“Affascinante, vero? Si chiama Matilda ed è da poco arrivata in città in cerca di lavoro. Si dà il caso sia anche una mia dipendente comunque… fa attenzione, Harry.” Fu la sua breve e criptica risposta che suonava in parte come ammonimento, in parte come avvertimento a cui, però, non badai.
Nelle settimane e nei  giorni successivi a quella prima serata tornai al Lounge appena ne avevo occasione, cercando nuovamente la bella coniglietta; una birra dopo l'altra, scoprii che non era solo un bel corpo di cui invaghirsi, ma molto molto di più. Mi sembrava di non aver mai avuto una tale intesa con nessun altro: lei era vivace, brillante e a volte giocosa ma al contempo possedeva un fascino misterioso, magnetico  e riservato; parlavamo di tutto e di nulla, in realtà di qualunque cosa non fosse noi o le nostre vite, e più le parlavo, più avvertivo l'istinto di averla, la chimica che bruciava latente come fuoco tra noi.
Così una sera le proposi di vederci al di fuori del locale, quando avesse staccato dal turno. L'orario tardo non mi spaventava e, anzi, aggiungeva la segreta speranza che lei percepisse lo stesso bisogno primordiale che ardeva in me.
Sulle prime si dimostrò incerta, stranamente titubante; quando mi alzai dal tavolo e mi avvicinai al bancone per il conto la incrociai; aveva le braccia cariche di un vassoio zeppo di bicchieri tintinnanti, “Le due del mattino, qui fuori, ti aspetto…“ mi sussurrò soltanto, senza guardarmi.
Un sussurro carico di promesse.

Uscì dal Lounge alle due e qualche minuto, il portamento stanco di chi è appena uscito da una serata faticosa e subito il suo sguardo intercettò la mia figura scura poco distante e incatenò il mio sguardo con i suoi begli occhi blu.
Senza parlare mi fece un cenno e si avviò nella strada ormai deserta. Un paio di minuti a piedi e poi si fermò, estrasse da una tasca una chiave e, raggiunta una porticina piuttosto anonima, mi fece cenno di nuovo di seguirla. Fu con una strana emozione che entrai nella casa di lei: un posto piccolo ma ordinato, conteneva l'essenziale - una piccola cucina, un tavolo di legno  con due sedie abbinate, un sofà dall'aria consunta - ma sembrava ancora un po' anonimo, come se ci trascorresse solo lo stretto indispensabile.
La vidi sbarazzarsi dei tacchi alti che indossava spesso quando era in servizio, nonostante più volte si fosse lamentata della loro scomodità, e sorridere di sollievo al finire di quella piccola tortura; posò la borsetta su un piccolo attaccapanni e solo allora parlò: “Perdona l'ambiente un po' spoglio: come hai visto trascorro gran parte del tempo al Lounge e uso questo posto per avere un luogo in cui dormire e poco più… Bene, accomodati pure, se mi vuoi scusare qualche momento vorrei darmi una rinfrescata…” Un altro sorriso, più allusivo, e sparì nelle stanze sul retro, dove potevo intuire ci fosse un bagno e una camera da letto.
Non attesi molto: come aveva promesso ci mise pochi minuti e, quando uscì nuovamente dalla porta, restai senza fiato esattamente come la prima volta: la divisa da lavoro che indossava di solito - una camicetta bianca e pantaloni o gonna al ginocchio neri - era sparita, al suo posto un conturbante babydoll in pizzo nero, i capelli sciolti e nulla più.
Mi offrì del vino rosso, sostenendo scherzosamente che bisognava festeggiare quella serata e io accettai quel brindisi senza pormi domande: in quell'istante avrei detto sì a qualunque cosa e, per onorare la sua ospitalità, terminai in pochi sorsi il mio bicchiere.
“Quanta impazienza…” Commentò lei, la voce leggermente roca di una  leggera risata, bevendo a sua volta. Il desiderio si intensificò ancor di più  in me al vedere le sue labbra ora vermiglie bagnate dal vino, la sua lingua agguantò una goccia malandrina all'angolo della bocca.
Mi sorrise.
La baciai.
Il sangue si fece bollente come le nostre mani che, ardenti, percorrevano il corpo dell'altro, mentre il fuoco della passione ci travolgeva.

Peccato fui l'unico a rimanere scottato.
Ci addormentammo abbracciati quella notte dopo un amplesso meraviglioso in cui le avevo detto che era la più bella del mondo e che volevo passare il resto della vita con lei.
Matilda aveva però altri progetti: quella mattina mi svegliai insolitamente tardi, con un gran mal di testa e… Completamente solo.
La chiamai pensando fosse semplicemente in un'altra stanza, ma di lei non c'era traccia. E presto scoprii che non se n'era andata solo dalla piccola casa che aveva preso in affitto, ma anche dal lavoro al Lounge, dalla città stessa, dalla mia vita.
Stordito da quell’improvviso abbandono e dal mal di testa lancinante  - che mi avesse drogato? Non ne avevo la certezza assoluta ma era un sospetto che si stava via via facendo sempre più concreto - la cercai in lungo e in largo prima di tornare alla sua casa, l'ultimo luogo in cui l'avevo vista.
Solo allora me ne accorsi: sul tavolo della cucina c'era un biglietto vergato in una minuta ed elegante grafia che, come la sua proprietaria era bella a vedersi ma dal contenuto simile al fiele:
Caro Harry,
Mi rincresce averti ingannato in questo modo. Sappi che sei stato la missione più bella e divertente che mi sia mai stata affidata. Ho preso solo lo stretto indispensabile oltre all'orologio - che sono sicura non ti mancherà poi molto - e un po' di denaro per il viaggio.
Mi spiace solo che tu ne sia rimasto coinvolto perché è una faccenda più grande di te, di noi.
Ti prego unicamente  di non cercarmi mai.
Dimenticami.
Addio.
M.

Rabbia umiliazione e disperazione in parti uguali mi presero in quell'istante mentre leggevo quelle poche righe criptiche che seminavano solo dubbi.
Mi aveva preso in giro fin dall'inizio, allora?
A quale missione alludeva, quale faccenda?
E dov'era, lei, ora?
Una cosa era certa: mi aveva ingannato e derubato, e se di quei pochi spiccioli che avevo nelle tasche non mi importava granché, l'orologio d'oro da taschino che portavo sempre con me era un prezioso cimelio di famiglia risalente a mio nonno a cui tenevo parecchio.
Per questo, per l'amore infranto che avevo provato per lei e per l'umiliazione subita, l'avrei inseguita anche in capo al mondo.


1987.
Sono le miglia che hai frapposto tra noi.
Ti ho cercata per mare e per terra, in città e per le campagne delle immense nazioni che ci circondano.
Non avevo che pochi miseri indizi per trovarti: nella fuga avevi portato via tutto il possibile, di te mi restava solo quel biglietto scritto a mano, il tuo babydoll nero, il tuo inconfondibile e delicato profumo di lillà.
Ho ingaggiato un detective privato, il più costoso e famoso per provare a rintracciarti, ma, raccolte alcune vaghe piste e testimonianze, non era riuscito a proseguire molto oltre perché tu, elusiva, eri riuscita a cancellare il tuo percorso; gli ordinai comunque di continuare a cercarti: non potevi essere scomparsa nel nulla!
Ho tentato perfino l’improbabile: mi sono addirittura servito di una medium. Ironica la vita in effetti: io, che non credevo più in nulla che non fosse terreno e dimostrabile da anni, ho varcato speranzoso l'entrata della tenda di quell’anziana zingara abbigliata in trine bianche  e circondata di candele nauseanti, strani fumi azzurrini e con di fronte una sfera di vetro e un mazzo di carte.
“Descrivimi i tuoi desideri e ti dirò che cosa ha in serbo per te il futuro” mi ha detto con voce grave. E allora, che cos'avevo da perdere? Ho tentato… “Vedo la pietra che ti appesantisce gli occhi, oh, straniero, cerchi l'amore o piuttosto la vendetta? Vedo la spina che ti trafigge il fianco: fai attenzione a ciò che vuoi e a ciò che cerchi, potrebbe ferirti o peggio esserti fatale…” Fu ciò che mi disse scrutando la sua sfera di cristallo. La considerai un buco nell'acqua, ma una cosa utile me la disse sul finire di quella bizzarra seduta: “Il tuo pericolo è il tuo desiderio, ma se vuoi seguirlo segui la stella polare, ed essa ti guiderà in alto fino a lei.”
Ci misi un po' a capire.
Infine compresi e partii verso le montagne del Venezuela.

E infine ti avevo trovata, cara la mia coniglietta.
Tra le montagne del Venezuela, poco dopo un villaggio nei pressi della Cascata dell'Angelo, mi era stato detto che avrei trovato un casolare un po' trascurato. Sfortunatamente per te non passi inosservata con i tuoi colori solari e la tua bellezza diversa dagli autoctoni e così, anche se sei stata attenta sono riuscito a seguirti.
Non sembrava un luogo abitato quello, però, né confortevole. Lo studiai da distante mentre mi avvicinavo tra i pendii erbosi sfruttando il più possibile le macchie boschive per ripararmi dal caldo e non essere notato. Giunto nei pressi della casa però, avevo già in mente un unico piano che in effetti piano non era affatto: avevo esaurito la pazienza. Spalancai la porta con foga, aspettandomi di vederti con un sorriso beffardo oppure di coglierti di sorpresa.
Ma nulla mi preparò all'amara e cocente delusione: all'interno dell’unica stanza in pietra non c'era nessuno.
Incredulo e arrabbiato sostai sulla soglia per lungo tempo, guardando ora gli angoli polverosi, ora il prato che circondava la casa: sembrava non esserci anima viva a parte il cinguettio degli uccelli e il frusciare delle foglie al vento. Stavo per rinunciare e tornare sui miei passi, quando avvertii una sorta di squittio. Proveniva da un angolo esterno della casa, tra le ombre di un boschetto.
Incuriosito mi avvicinai, notando solo allora un coniglio bianco che, guardingo, mi scrutava attraverso il fogliame.
“E tu chi saresti, la mia prossima cena?” Mormorai estraendo dalla cintura  la pistola che mi ero portato dietro per precauzione e armandola; prima che potessi cambiare idea presi indolentemente la mira in mezzo al cespuglio e sparai.
Un secondo colpo di pistola si unì al mio.
Lo squittio del coniglio si perse nel mio urlo di dolore, mentre la pistola mi sfuggiva di mano. 
Mi voltai.
Tre strani individui erano usciti dal sottobosco ad est rispetto alla casa e da dove ero risalito; quello più al centro aveva tratti e abbigliamento tipici dell'oriente, uno sguardo tagliente, crudele e mi puntava calmo la sua pistola contro.
“Lei deve essere l'amico di Matilda, Harry Belforth della casata dei Belforth, corretto?” Aveva una strana cadenza cantilenante e movenze fluide da combattente.
“Non rispondo a chi agisce prima di fare domande ma soprattutto a chi per primo non si presenta, chi sei?” Gli chiesi di rimando stringendo i denti per il dolore al braccio ferito.
“Tony Ninjinka, per servirla señor, anche se per la verità questa zona è di mia competenza e proprietà“ affermò l'uomo con una risatina.
Avevo già sentito quel nome prima d'ora, si vociferava in alcuni ambienti fosse il capo della più grande organizzazione criminale del Sudamerica, specializzata in commercio di droga e manufatti preziosi.
Rabbrividii.
"Che cosa ci fa qui un pezzo grosso come te? Perché mi hai sparato?” Azzardai allora nel tentativo di capire che cosa volesse da me.
“Hai sbagliato a venire fino a qui, erede dei Belforth: a me interessava solo il tuo orologio poiché é un prezioso manufatto antico e magico, perciò avevo incaricato Matilda di rubarlo. Di te non mi interessa alcunché, ma ora che sai dov'è questo posto, ora che hai trovato e ferito Matilda e hai conosciuto me, beh, è il caso che tu non possa più parlarne ad anima viva” 
Un sorriso bieco gli attraversò i lineamenti ed io mi aspettavo il colpo letale e il rumore assordante di un altro sparo.
Invece con mia sorpresa mise  via la pistola, puntò entrambe le mani verso di me e un raggio di luce mi colpì.
Per un attimo vidi ogni cosa girare mentre il mio corpo si faceva incandescente.
Quando riaprii gli occhi se ne stavano andando. “La natura farà il suo corso per uno e anche per l'altra, se è ancora viva, di sicuro ridotti a conigli non potranno più rivelare i loro segreti a nessuno“ sentii affermare soddisfatto al capo della malavita.
Da allora vivo in questi prati con Matilda, rimasta purtroppo claudicante a causa del mio sparo ma ancora viva; assaporiamo le giornate ad una ad una e la fresca erba del Venezuela mentre cerchiamo di sopravvivere ai predatori. Ogni giorno ripenso a tutto ciò che è successo e a come poter tornare un uomo, anche se lo ammetto: non mi manca particolarmente la mia vita da umano. Ma Tony Ninjinka prima o poi dovrà pagare per i suoi crimini.



FINE


NA: Come detto in presentazione, questo testo ha partecipato al "rabbit lunar year contest" di Spoocky indetto sul forum di efp; pacchetto scelto il 1987 (Elementi usati: 1987; fuoco; droga; citazione 1; coniglio).
Tony Ninjinka prende liberamente spunto da Toninjinka the monster carrot ovvero il capo della banda del coniglio presente nel primo dragon ball.
La storia è liberamente ispirata alla canzone "Matilda, Matilda" di Harry Belafonte datata 1953.
ringrazio la giudice e i lettori, un ringraziamento speciale anche ai recensori. A presto! NALA

 
  
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