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Autore: Lea Coleman    01/03/2024    3 recensioni
InuYasha e Kagome sono sempre stati nemesi da che abbiano ricordo. Dapprima erano state semplici linguacce e parole poco gentili, fino ad arrivare a veri e propri lividi. Una sera, tuttavia, Kagome ha un drammatico incidente che la porta a giacere in coma per settimane. Frattanto, viene sentenziato nei confronti di InuYasha lo svolgimento di un servizio comunitario e, per uno strano scherzo del destino, si ritrova nel medesimo ospedale in cui la ragazza è in cura. Potrebbe essere l’occasione di una vita, ma c’è solo un piccolo particolare: Kagome non ha alcun ricordo di lui.
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Rivisitazione della FanFiction “Therapy of each other” di Sailor X.
Genere: Drammatico, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome | Coppie: Inuyasha/Kagome
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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TERAPIA RECIPROCA
1. Nemici

 

 

 

 

 

 

 

 

La loro lotta andava avanti ormai da anni.

Quello che InuYasha e Kagome condividevano, oltre alla medesima divisa scolastica, era un profondo odio l’uno verso l’altra. I due, sin dalle elementari, avevano preso a stuzzicarsi. Era iniziato come un gioco: dapprima erano linguacce e parole poco gentili, poi capelli strappati e giocattoli rubati, infine erano arrivati a veri e pigmentati lividi.

Spesso la signora Higurashi era corsa a scuola solo per trovare la figlia in lacrime.

«Signora,» prendeva a dirgli l’insegnante: «non sappiamo più come comportarci, non fanno altro che litigare.»

Kagome era stata la prima a non cadere sotto la prepotenza del bambino e, forse, proprio per ciò InuYasha non riusciva a sopportarla. Non accettava che lui, il ragazzino più grande e forte del terzo anno, potesse farsi mettere i piedi in testa da una mocciosa di prima. Avevano undici e tredici anni quando li beccarono a picchiarsi nel cortile e furono entrambi sospesi per un’intera settimana.

InuYasha non le faceva sconti solo perché fosse una ragazza, anzi. Kagome sapeva rispondere. Quando lui la prendeva per i capelli, lei agguantava i suoi e tiravano fin quando in mano non rimanevano lunghe ciocche corvine.

La situazione degenerò ulteriormente quando la pubertà li colpì.

InuYasha era diventato più robusto ed alto, mentre Kagome si era ritrovata ad indossare un apparecchio odontoiatrico e due spessi occhiali: fu una gioia per lui prenderla in giro. Per tutte le elementari la ragazzina si era dovuta difendere dal suo bullo personale.

Nello stesso periodo, sua madre l’aveva iscritta ad un corso di autodifesa, disperata dai continui contusioni che notava sulla pelle di sua figlia e, inaspettatamente, l’adolescente aveva scoperto di essere un’amante dello sport. Non solo le permetteva di contro attaccare agli scherzi di InuYasha, ma a poco a poco l’aveva aiutata nella transizione in una donna.

Si scoprì una vera appassionata di atletica.

Fu per questa sua ispirazione che a quindici anni si propose come cheerleader. Il provino non le parve particolarmente difficile e, come si era augurata, l’avevano presa senza troppi dubbi, facendola diventare la più giovane della sua squadra.

D’altra parte, InuYasha era diventato quello che tutti si sarebbero aspettati diventasse: un teppista.

I primi anni di medie, il ragazzo aveva preso l’abitudine di girare con un gruppo poco raccomandabile ed a fare i primi furti. Era stato bocciato e pareva che la cosa non l’avesse minimamente toccato. Non lo si poteva biasimare, la vita non era stata gentile con lui: sua madre era morta qualche anno prima e, da allora, il suo temperamento era peggiorato sempre più.

Una delle poche gioie era tormentare quella ragazzina di due anni più piccola di lui.

Ora, a diciassette anni, InuYasha sedeva insieme ai propri d’amici sugli spalti. In campo la squadra di football si preparava per la partita della stessa sera. Eppure, mentre il restante gruppo osservava l’allenamento con spiccante cinismo, il suo sguardo tendeva più in là, dove Kagome stava esercitandosi.

I riscaldamenti delle squadre erano pubblici e chiunque poteva assistervi.

Sfortunatamente, questo comprendeva che anche InuYasha potesse presentarsi ad infastidire le cheerleader: «Tira fuori le forme Higurashi! Non vedo muoversi nulla da quassù.»

Kagome era china ad allacciarsi le scarpe quando lo sentì. Si tirò velocemente su e sbuffò irritata. Si voltò solo per notare come InuYasha ed il branco che lo accompagnava stessero ridendo sotto i baffi: lei si morse un labbro ma resistette alla provocazione.

Le sue compagne cercarono dunque di tirarla su di morale: non farci caso, disse una, è solo un idiota, lamentò un’altra.

«Keh! Sono troppo lontano io, o stai diventando sorda Higurashi?»

Non ce la fece ad ignorarlo ulteriormente. Kagome prese ad avvicinarsi agli spalti con una calma animalesca: ad InuYasha parve pronta a sbranarlo mentre si muoveva con un’eleganza che non passò inosservata.

«Vedo che stai sprecando la tua vita, come al solito, no Taishō.» aveva detto lei fermandosi di fronte agli spalti.

InuYasha era dunque sceso qualche gradino per trovarsi il più vicino possibile alla ragazza. La scrutò dall’alto verso il basso come manzo fresco.

L’estate precedente, il bruco aveva schiuso l’involucro ed era diventata una giovane farfalla. Kagome aveva abbandonato gli occhiali e tolto l’apparecchio, raggiunto un’ottima forma fisica, lasciato sempre di più la sua adolescente timidezza per una giusta dose di determinatezza. Tuttavia, la genetica non le aveva concesso un seno prosperoso ed InuYasha ne aveva subito intravisto un mezzo di derisione.

«Non è colpa mia se le lezioni sono estremamente noiose.»

«Vattene, InuYasha.» sputò velenosa lei. «Non ho bisogno di te qui oggi.»

«Keh! Comincio a credere che non mi sopporti.»

Kagome aveva alzato gli occhi al cielo e s’era voltata per andarsene, non volendogli concedere fin troppo del suo tempo. Ritornò alla propria posizione poco prima che il capitano accendesse lo stereo. Immediatamente si allontanò dalle distrazioni.

Le piaceva davvero essere una cheerleader.

Le donava una sicurezza che poche volte riusciva a sperimentare altrove, soprattutto con InuYasha. Ecco perché, in fondo, molto in fondo, godeva nel vederlo sugli spalti mentre ballava: sapeva che almeno in quello, per quanto lui cercasse periodicamente di prenderla in giro, non poteva che rispettare l’opinione comune.

Lei era una delle migliori.

Quanto si sentiva soddisfatta quando, dopo l’ennesima capriola, lui l’osservava infastidito. Poteva giurare di sentire i suoi pensieri; avrei voluto cadessi, s’immaginava ringhiarle addosso. Invece lei era un fenomeno, non sbagliava mai.

Eppure, quella volta, al momento del salto, Kagome non riuscì a girarsi col dovuto tempo e per poco non si stortò una caviglia. Si rovesciò su una compagna e si ritrovò per terra. Fortunatamente, nessuno si fece male, ma per un istante tutti trattennero il fiato.

«Oddio Kagome,» la soccorse un alto ragazzo biondo: «Ti ho visto a terra, come stai?»

Hōjō era, inimmaginabilmente, il capitano della squadra liceale di football, e questo perché non pareva per nulla un ragazzo capace di scansare due avversari con una semplice spallata. Dietro il casco si nascondeva un animo gentile e premuroso che contrastava con la natura dello sport di cui era appassionato.

Spesso le amiche le avevano detto che avesse preso una cotta per lei, ma la ragazza aveva scacciato quel pensiero ridendo: sarebbero stati una bella coppia, comunque.

Lui le aveva offerto una mano per rialzarsi e lei aveva felicemente accettato.

«Mi sono distratta.» aveva detto la cheerleader rassicurandolo: «È difficile concentrarsi mentre hai quei occhi viscidi addosso.»

Entrambi guardarono verso gli spalti.

InuYasha rideva con un sorriso malizioso: anche lui era ben a conoscenza dell’interesse che Hōjō avesse per la sua preda. Molto probabilmente stava godendosi lo spettacolo imbarazzante di una Kagome stesa a terra.

Quanto le dava fastidio vederlo gongolare per un suo errore.

«Lascialo stare.»

«È facile a dirsi quando non hai una sanguisuga come spettatore.»


 

Gli allenamenti erano ormai terminati.

Il sole stava prendendo a calare dietro gli spalti e tutti stavano avviandosi verso casa. Kagome stava riponendo la borraccia dentro la propria borsa quando InuYasha la sovrastò oscurandole gli ultimi raggi della giornata.

«Ottimo allenamento, Higurashi.»

«Sono stanca, no Taishō. Non ho le forze per litigare oggi.» sospirò lei ponendosi la borsa a tracolla. Quindi, senza rivolgergli alcuno sguardo, si voltò verso l’uscita del campo. Dietro di lei, InuYasha la seguiva imitandone il passo.

«L’avevo notato. Sai, non ti ho mai visto cadere durante un allenamento. Chissà se potrò godermi nuovamente lo spettacolo durante la partita.»

Erano quasi giunti al grande parcheggio in cui Kagome aveva lasciato la propria bici, aldilà della lunga strada poco illuminata, quando l’adolescente lasciò cadere furiosamente il borsone sull’asfalto e fece retro-front. InuYasha restò con le braccia incrociate, lo sguardo compiaciuto e la postura perfettamente retta mentre l’osservava avvicinarsi con gli occhi da tigre.

«Per tua informazione, quello che è successo oggi è tutta colpa tua.» disse lei a pochi centimetri di distanza dal suo volto.

«Mia?»

«Te e i tuoi piccoli seguaci vi divertite tanto a prendermi di mira.» lui distolse lo sguardo ridendo e Kagome fece una smorfia di sdegno: «Ti fa ridere?»

«Keh! Penso che tu sia pazza. Questo mi fa ridere.»

«Da quanto va avanti questa lotta? Perché ce l’hai tanto con me?»

InuYasha si sorprese. Si ritrovò a guardarla direttamente negli occhi, cosa che non faceva abitualmente, e ne rimase incantato: la patina di rabbia e tristezza non oscuravano la lucentezza di quei grandi occhi color nocciola. Non aveva mai notato le sue ciglia folte ed il neo che le incorniciava una tempia.

«Questo è il nostro rapporto.» concluse lui senza tono.

«E dovrà sempre essere così?»

La domanda lo destabilizzò. Non ricordava nemmeno più il perché fosse iniziata quella lotta: sapeva solo che doveva continuare. Era un pilastro che gli dava stabilità: sapere che ogni giorno avrebbe incontrato Higurashi e l’avrebbe infastidita era un punto fisso nella sua agenda e ciò faceva si che lui volesse affrontare la scuola... solo per vederla.

InuYasha scosse dunque la testa e sulle labbra gli si dipinse un sorriso cattivo.

Si avvicinò quanto bastava per sentire il suo profumo: «Non ti libererai mai di me, Kagome

«Vai all’inferno.» sputò lei: «Un giorno me ne andrò da questo posto di merda, mentre tu sarai sempre il povero ragazzo sugli spalti.»

InuYasha cambiò repentinamente espressione. Non riuscì a controbattere se non mostrandole uno sguardo a dir poco infuriato. Aveva fatto breccia. Cosa sarebbe stato di lui una volta che Higurashi se ne fosse andata via?

Soddisfatta, Kagome indietreggiò lentamente. Voleva assaporarsi ogni sfumatura del volto del ragazzo, le sue sopracciglia corrucciate, gli occhi infiammati, i muscoli tesi. Era come se l’equilibrio fosse stato ristabilito, si sentiva estremamente soddisfatta di se. Poi, successe tutto repentinamente, perché l’espressione di InuYasha cambiò dall’odio alla preoccupazione in un istante.

Lei poté solo sentire il suono di un clacson mentre veniva sollevata e scaraventata a metri di distanza. Colpì la testa violentemente, il suo corpo rotolò distante, fermandosi lontano da dove la macchina l’aveva colpita.


 


 


 


 


 


Spero che il primo capitolo vi sia piaciuto :)
Cosa non si fa per non studiare!

 

  
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