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Autore: MelaniaTs    05/03/2024    0 recensioni
I Keller sono una storica famiglia di origini tedesche . Immigrati in America durante le prime due guerre mondiali hanno costruito un impero e una dinastia a Boston! Thomas Keller ha tanti figli sparsi per il mondo, tra cui Thomas Uriel, fratello coetaneo di Gabriel Keller (La storia si muove in parallelo con Ali di Libertà, la storia che racconta di Gabriel e Gellert Keller)
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Wing of freedom Saga dei Keller'
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COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia i primi tre capitolo si svolgono in contemporanea e sono in ordine di lettura La storia di Thomas Il tesoro più prezioso; la storia di Gabriel Keller in Liberi di essere se stessi e da questo momento anche con la Thomas & Sapphire story. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE Albero Genealogico:I Thompson - I Keller - Kleinsten

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DIAMOND
I giorni si susseguirono, andare a lavorare al mattino con London, chiudermi nell'ufficio e portare avanti delle pratiche aziendali, o internazionali, stava diventando una routine. Tra una pratica della Olympic e l'altra, Eddy me ne passava anche alcune da alcuni clienti europei, pratiche su cui potevo lavorare dalla Grecia senza dover partire. Così riuscivo a tenermi impegnata durante le giornate.
Come sempre a pranzo ormai avevamo preso l'abitudine di trovarci Eleni ed io, alle volte con London e Giannis, altre solo noi. Ancora pranzavamo col fratello di Giannis e cosa ancora più interessante conoscemmo Krios, il fidanzato di Eleni.
Riprendemmo anche le ricerche. Più minuziosamente! Oltre i paesini e gli enti pubblici avevamo insistito a perlustrare anche le isole deserte, spiaggia dopo spiaggia fino ad arrivare al punto più alto delle isole. Quando si trattava di piccoli atolli, riuscivamo in una giornata a perlustrare tutta la zona. 
Nonostante io e London avessimo ripreso ad avere dei rapporti ci fermammo. Perché fortunatamente mi venne il ciclo.
Più rilassata affrontavo le giornate con una carica in più e lo stesso obbiettivo. Cercare e trovare Alaska.
Quindici giorni dopo l'inizio del mio lavoro come avvocato, lasciai anche per la prima volta la Grecia, con London. Dovevamo vedere dei clienti con la G&L in Italia e non volendo chiamare Adela, il mio amante reputò cosa giusta portare me per le pratiche legali.
"Adela si occupa della G&L, quindi penso non ci siano problemi se la sostituisci. Ma sentila prima." Mi disse.
L'avevo sentita e Ada era stata ben contenta che non andassi io in Italia.
"Sono ancora impegnata nel Kleinsten, poi dovrò andare ad Amsterdam." Mi disse.
Perfetto! Se le cose stavano così sarei partita. "Viaggi molto." Le dissi.
"Lo farai anche tu se ti piacerà e prenderai il giro." Mi disse lei felice.
Effettivamente non ci avevo pensato, ma se accettavo quel lavoro e soprattutto di entrare in società, quello sarebbe stato il mio destino.
Comunque partii, anzi partimmo. E per la prima volta io e London dopo il lavoro ci comportammo come due turisti. La società che la G&L aveva acquistato si trovava in Abruzzo.
Veniva chiamato il cuore verde dell'Italia, poiché era l'unica regione a non essere bagnata dal mare. Ne rimasi estasiata, amavo quel posto, l'aria che si respirava, il clima, il cibo e soprattutto la gente. A malincuore lasciai l'Abruzzo, fortunatamente dovendo riavviare l'azienda non restammo all'Aquila per due soli giorni, ma molto di più.  Così se il giorno lavoravamo, London molto di più, nel pomeriggio facevano i turisti e la notte gli amanti.
Forse mi stava sfuggendo di mano il significato di bisogno fisiologico, anzi no! Mi era sfuggito, con il significato di una notte e via. Era praticamente un mese che io e London avevamo rapporti e ancora nessuno dei due ne era stanco.
Tornammo in Grecia a inizio marzo,  c'erano leggere piogge primaverili, eppure le temperature iniziavano ad essere più miti. Era piacevole.
Mi piaceva il lavoro che facevo, mi piaceva stare con London, mi piaceva vivere su una barca, mi piacevano i miei nuovi amici. Fino a quel momento i miei amici erano stati solo i miei fratelli. Samuel, Thomas, Joel, poi era arrivato Rafael Che comunque aveva un migliore amico dall'università, si chiamava Cham. Come Micaela aveva Alaska, i miei amici fratelli avevano tutti degli amici. Io no! Non avevo stretto amicizie al collegio femminile dove ero stata iscritta. Quando ero arrivata i gruppi già si erano formati e non includevano la ragazza arrivata dall' Inghilterra.
Non avevo tanti amici, Eleni era la mia prima compagna. Uscire con lei e Krios era bello. Era un peccato che Giannis non usciva tanto con noi. La sera voleva tornare a casa, su Sciro, dove c'era la sua Ali ad aspettarlo.
Eleni era comunque diventata la mia amica. Era stata lei a portarmi dalla sua ginecologa per farmi segnare la nuova pillola, o forse potevo optare per un anello vaginale, come Eleonora. In fondo io non avevo Cristal a casa che poteva toccare le mie cose.
A metà marzo andai rilassata a fare la visita medica, Eleni mi avrebbe fatto da interprete se la dottoressa non conosceva alcuni termini inglesi. Ma ero sicura che ce la saremmo cavata.
La dottoressa Nanoupolo fu molto cordiale. Era probabilmente coetanea di mia madre e quando iniziai la visita ero molto rilassata.
"Dunque Diamond! Cosa mi racconti di te?" Mi chiese mentre mi spogliavo e mi stendevo sul lettino.
"Ho una storia clinica molto semplice. Sono sana, non ho malattie ereditaria, il ciclo è regolare." Risposi. "Dovrebbe infatti arrivare tra il diciannove e il ventuno." Le spiegai. "Vorrei riprendere la pillola oppure mettere un anello vaginale."  Si! Sarebbe stato più comodo quello, avrei dovuto metterlo e toglierlo solo una volta al mese.
La dottoressa mi sorrise prendendo il tampone per il pap-test. "Adesso valutiamo il tutto. Ho una pillola con gli stessi valori di quella che prendevi da consigliarti." Mi disse tastando il collo dell'utero con le mani. "Quando hai avuto l'ultimo ciclo?" Mi chiese.
"Il 18 febbraio, è arrivato un po' in ritardo rispetto al solito." Ammisi.
"È stato regolare?" Chiese ancora la dottoressa posando la sonda. "Credo sia inutile fare il pap-test al momento." Concluse togliendosi i guanti. "Devi fare delle analisi per me prima."
Mi rimisi seduta stringendo le gambe. Era successo qualcosa? Perché non mi aveva fatto il pap-test? "Tutto bene?"
Lei annuì. "Si tranquilla, al momento osservando il collo dell'utero mi sono un attimo fermata." Disse prendendo una siringa. "Controlliamo un attimo i valori della Betahcg e dopo valutiamo il da farsi."
Si avvicinò al lettino e mi fece un prelievo. Dopodiché chiamò un infermeria a cui lasciò la fiala col mio sangue. Nel frattempo mi rivestii e raggiunsi Eleni alla scrivania che mi sorrideva confortante.
"Stai tranquilla, sono sicura che qualsiasi cosa London ti sarà vicino." Mi disse.
La guardai sospetta. "Conosci questo esame che devo fare?" Le chiesi.
"Sì, lo ha fatto mia cugina Cleo due mesi fa. Serve a controllare i valori ormonali quanto sono alterati."
"Quindi potrei star male?" Le chiesi.
Lei rise. "Ma no! Potresti essere solo incinta."
Sbiancai all'istante. Incinta! No. Non volevo e non potevo essere incinta.
"Va tutto bene Diamond?" Mi chiese Eleni. "È un cosa bella no?"
Scossi la testa. "Non era programmato. Non adesso... è... è presto, troppo presto." Dissi in preda al panico. Avevo tante cose da fare, progetti da portare avanti. Le cose dovevano essere fatte con criterio, io e London non eravamo neanche una coppia.
La dottoressa entrò di lì a poco. La fissai mentre prendeva posto.
"Io non posso avere un figlio, io non posso essere incinta!" Le dissi in preda al panico. "Ho iniziato adesso a lavorare, mi piace lo voglio portare avanti. Ho dei progetti in testa e né io né il padre avevamo in mente di avere un figlio." Mi sfogai.
"Tra un poco arriva il risultato delle analisi e eventualmente se mi sono sbagliata ti metterò l'anello vaginale." Disse serena la dottoressa. "In caso contrario ci sono delle soluzioni, sta a te dirmi cosa vuoi fare." Concluse professionale. 
"In che senso soluzioni?" Le chiesi sempre più agitata.
"Per la pillola del giorno dopo penso sia tardi, dipende dal tuo ultimo rapporto non protetto, faremo i conteggi in base alle analisi e all'ultimo suo ciclo, dobbiamo anche vedere se ti torna il ciclo questo mese, per questo non ti consiglio la pillola del giorno. Dovremo quindi intervenire chirurgicamente e sai di cosa parlo. Sei una donna intelligente, hai 25 anni, quindi dovresti sapere come funziona."
La guardai sempre più sconvolta. "Dovrei abortire?" Le chiesi intanto che un nodo mi stringeva la gola. Davvero mi stavano chiedendo di uccidere un bambino? Io non ero quel tipo di persona, non volevo diventare mamma in in quel momento! Non ancora, era presto. Tutto qui.
La Dottoressa mi guardò. "Aspettiamo prima il risultato delle analisi e vediamo quanto tempo hai a disposizione poi deciderai con calma cosa tu voglia fare. Hai di tempo fino al terzo mese per decidere se abortire o meno."
Era quella la soluzione? Abortire? Dovevo uccidere un bambino? Io non sapevo se sarei stata in grado di farlo, ma non volevo neanche essere incinta.
Non dovevo fasciarmi la testa prima del previsto, dovevo aspettare le analisi e sperare che la dottoressa si fosse sbagliata. Solo due volte, solo due non avevamo usato il preservativo. Tutte le altre volte London era stato minuzioso, tanto da lasciare ovunque i preservativi pur di averli a portata di mano. Nessuno di noi due voleva diventare genitore, quindi speravo e pregavo di non essere incinta.
I miei pensieri furono interrotti dal bussare alla porta. La dottoressa invitò ad entrare, una giovane donna in divisa infermieristica le consegnò il foglio. Era come una scena al rallentatore.
L'infermiera lasciò la stanza e nonostante fosse stata delicata mi parve che la porta fosse stata sbattuta con violenza.
La dottoressa studiò le mie analisi con minuzia. Dopodiché mi guardò. "Dal risultato delle analisi, controllando l' alterazione direi che hai passato il periodo di fecondazione, sei almeno di tre settimane. Se vuoi informarmi avremo la conferma la settimana prossima, ma direi che...". Disse iniziando a fare un calcolo. "Tuo figlio dovrebbe nascere il 25 novembre circa. Se vuoi abortire hai di tempo fino al dieci maggio per decidere, non andrei oltre." Concluse distaccata.
Sembrava stesse contrattando, come facevo io solitamente con i miei clienti. Era assurda quella situazione.  "Nel frattempo, ti invito comunque a prendere dell'acido folico e delle vitamine per la maternità. Non hai chiaro cosa vuoi fare e il mio compito adesso è preservare il feto, che è più piccolo di un chicco di riso adesso." Mi disse. "Questo è il motivo per cui non ti farò un'ecografia e non ti darò la pillola dell'aborto. Ti invito anche a fare delle analisi e ritornare il mese prossimo. Tranquilla, il bambino sarà grande come un fagiolo, potrai vederlo formato solo al terzo mese. Ma se decidi di toglierlo non ci arriverai a vederlo, così non ti affezionerai a lui."
Annuii. "Le farò sapere." Dissi alzandomi. "Quanto le devo?" Chiesi.
"Per il conto e il prossimo appuntamento devo andare alla reception. Queste sono le ricette con gli esami che mi servono ad aprile."
Assentii prendendo le carte. "Va bene. Grazie." Le dissi salutandola.
Durante il tragitto verso la Olympic la mia testa era un ingorgo di pensieri. Eleni non parlò, la ringraziavo per la sua comprensione. Quando giungemmo alla sede dell'impresa navale dovetti però chiederle di mantenere il segreto della gravidanza.
"Per ora ho bisogno di... devo capire cosa voglio, senza pressioni." Le dissi cercando di farle capire la mia situazione.
Lei mi abbracciò. "Va bene. Ti capisco, ti sarò vicina qualsiasi scelta tu prenda." Mi disse.
E meno male. In quei giorni fu il mio sostegno. Sicuramente London aveva capito che qualcosa non andava e mi guardava spesso con sospetto.
Ero più distaccata, lo sapevo gli unici momenti in cui mi avvicinavo a lui era quando venivo pervasa dal desiderio di averlo. No, il desiderio sessuale non era scomparso e fortunatamente lui mi assecondava ancora. Fortunatamente pensava che la compressa dell'acido folico fosse la pillola.
Sapevo come distrarlo, era lo stesso modo in cui ci riusciva lui. Lo trovavo sempre eccitante, quando era appena sveglio, quando mangiava o dormiva, quando lavorava e cazzo, quando indossava gli occhiali da vista durante il lavoro non riuscivo proprio ad resistergli, più era composto e serio più mi eccitava.
Questa era una cosa che non riuscivo a comprendere, avevamo una relazione da più di un mese e ancora non mi ero stancata di lui. Quando sarebbe finito questo desiderio immenso che provavo nei suoi confronti? Non lo sapevo però intanto mi godevo quella che mi veniva offerto. Non mi venne il ciclo, la dottoressa mi aveva avvertito; era stato per scrupolo che mi aveva detto di aspettare. Ma non mi venne il ciclo il 18, ne 20 o successivamente. Era la conferma del periodo della gravidanza, anche se a telefono la dottoressa mi informò che solo con la translucenza nucale avrei avuto il periodo certo della gravidanza.
"Ma tu non arriverai a farla." Mi ricordò. Già avevo meno di due mesi per decidere cosa volessi fare di quella gravidanza e la Nanoupoli me lo ricordava.
I mio umore ormai era variabile, addirittura London non discuteva neanche più con me, forse comprendendo che c'era qualcosa che non andasse. Infatti a un certo punto mi fissò dicendomi quando me ne sarei andata.
"Dovresti partire e andare a casa." Mi disse spicccio.
Rimasi stupita, mi stava cacciando?
"Che fai mi cacci?" Gli urlai contro. "Vuoi sbarazzarti di me come se nulla fosse? Io ci sono dentro in questa storia come te se non di più! Non puoi mandarmi via non adesso." Urlai non sapendo se parlassi di Alaska o del bambino. 
London mi fissò basito. "No! Non ti sto cacciando, ti sto chiedendo di andare via. Sei nervosa e lo capisco. Tuo fratello sta per diventare padre e non sei con lui, è a pochi passi da te quindi vai nel Kleinsten." Mi disse calmo. "Vai, sta vicino a tuo fratello e sua moglie. Assisti alla nascita di suo figlio e poi torna, non ti sto dicendo di non tornare più, ti sto dicendo di andare da tutta la tua famiglia." Mi spiegò.
Mi mordi il labbro, dal momento che ne io ne Joel eravamo a Londra, alla fine Thomas ed Eleonora avevano deciso di fare nascere il figlio nel Kleinsten. Giustamente così Eleonora avrebbe avuto vicino le sue zie, tanto mamma aveva a disposizione il jet di papà per volare subito da mio fratello. Guardai London che sospirava.
"Forse è giunto il momento che tu li raggiunga e non lo sto dicendo per me." Mi disse. "Ormai sono abituato a te ai tuoi scleri e a tenerti battaglia. Io sono abituato, non gli altri. Devi andare dalla tua famiglia, sei stanca e qui da inizio gennaio, sicuramente ti mancano. Quindi vai da loro, sono sicuro che che hai bisogno di questo. In aziende non ti  regge più nessuno, mentre vuoi fare una cosa ne pensi un'altra, non è più me contro te. È diventato Diamond contro tutti, l'hanno avvertito anche gli avvocati dell'Olimpic. Ti prego vai nel Kleinsten e circondati della tua famiglia fino a quando non nasce Alberto. Poi tornerai." Mi disse paziente.
Quindi sarei dovuta andare dalla mia famiglia, incontrare mia madre che eventualmente avrebbe capito che c'era qualcosa di nuovo nella mia vita. Si, mamma avrebbe subito capito che aspettavo un bambino. Ci avrei messo la mano sul fuoco, era questo che volevo? Non lo sapevo, però quella frase: circondati della tua famiglia, era vera. Avevo bisogno della mia famiglia, perché effettivamente mi mancavano, era tre mesi che non li vedevo. Forse era il caso per me di allontanarmi un po' dalla Grecia e da London. Non me ne ero resa conto, se non me l'avesse detto lui non avrei mai capito che stavo esagerando e diventando pesante per tutto lo staff.
Quella non ero io, dovevo darmi una svegliata e capire cosa fare della mia vita e del bambino che portavo in grembo.
"Cosa dirò ad Eleni?" Chiesi, mi aveva invitato al suo matrimonio.
"Dille che la nascita di tuo nipote per te è importante e che poi ti rifarsi." Mi disse London.
Aveva ragione, sin dall'inizio volevo essere presente alla nascita di Alberto? Perché improvvisamente cambiavo tutte le mie decisioni? Non era per Alaska lo sapevo, forse era perché... guardai London. Cosa sarebbe successo se fossi andata via? Avrebbe chiesto a un'altra di soddisfare il suo desiderio fisiologico?
Era lui il problema! Stavo facendomi inconsciamente influenzare da lui, ciò che mi ero sempre ripromessa si stava avverando. Dipendevo da un uomo?  Non volevo! Volevo dipendere solo da me stessa.
London mi si avvicinò scrollandomi per le spalle. "Cosa aspetti, prepara le tue cose e vai in aeroporto. Tuo padre ha mandato qui il jet settimana scorsa, ti stanno aspettando." Mi disse sorridendomi.
Io invece piangevo. Maledetta gravidanza, non riuscivo a trattenermi e proprio di fronte a lui. Avvertii il suo abbraccio forte e confortante. "Quando non riuscirai a dormire, immaginami come sempre accanto a te. Vedrai che prenderai sonno." Mi disse ricordandomi tutte le volte che mi raggiungeva sul ponte coprendomi e sedendosi dietro di me. Da quando sapevo della gravidanza erano diventate consecutive quelle notti e lui c'era sempre stato.
"Ritornerò!" Gli dissi in lacrime.
"Ovvio! Altrimenti chi mi farebbe le ricerche di Alaska? Giuro non vado da nessuna parte senza di te." Così mi preparai.
London fu molto gentile, più del solito. Mi aiutò a preparare le valige, mi portò alla Olympic a salutare tutti e infine mi accompagnò all'aeroporto dove il jet di papà era già pronto al decollo.
"Li ho avvertiti che stavi arrivando." Mi disse London inaspettatamente baciandomi. "Fai buon viaggio e salutami tutti."
Annuii, dopodiché salii la scaletta che mi avrebbe portato sul jet. Era giustamente vuoto, a parte la presenza di un hostess e dei due piloti che avevo incontrato di sfuggita. Partii col magone! Da una parte volevo scappare da London e dalle sensazioni che mi faceva provare, dall'altra non avrei voluto lasciarlo. 

Arrivai nel Kleinsten nel primo pomeriggio, il viaggio era durato meno di due ore. Una macchina era ad attenermi all'aeroporto, dentro alla guida c'era Joel. Appena lo vidi gli corsi incontro. Solo quando lo strinsi mi resi conto di quanto effettivamente mi fosse mancato.
"Sei sempre più bello." Gli dissi baciandogli il viso.
"Tu invece sei sempre più Diamond. Ma andiamo, mamma, papà e Micaela non vedono l'ora di abbracciarti." Mi disse trascinandomi alla macchina con tanto di valigia.
"Eleonora?" Chiesi fremente.
"Non ce la fa più. O almeno è quello che dice, ma è ancora più bella del solito." Mi rispose mettendo il trolley nel cofano della Maserati blu scuro.
Era una macchina stupenda. "Concessione del Kleinsten." Disse Joel salendo e mettendo in moto.
"È comoda." Risposi. "Come vanno le cose? Tu e Micaela?" Chiesi.
"Mmm... resisto." Rispose evasivo. "Tanto è solo per il periodo qui nel Kleinsten."
"Ma perché se la ami non ti lasci andare? Sareste felici entrambi." Gli dissi.
"Ha solo diciotto anni e ne ho otto più di lei." Mi disse. "Inoltre non voglio che si aggrappi a me come a un'ancora di sicurezza. Non sono il ripiego di Alaska."
Compresi il suo punto di vista, così decisi di non insistere. "Non l'abbiamo ancora trovata."
"Ti prego, se non ti chiede non menzionarla. Mi andrebbe di godermi questo periodo insieme e sicuramente lo pensano anche mamma e papà."
Mi misi la mano sul petto annuendo. "Croce sul cuore. Non accennerò a lei."
"Come ti trovi in Grecia?" Mi chiese Joel.
"Benissimo da quando ho un lavoro." Ammisi. "Mi sento completamente appagata."
"Era ora!" Scherzò Joel intanto che entravamo al castello. I giardini erano verdi e curatissimi, alcuni cespugli erano in fioritura e lo spazio era immenso.
Una volta nell'immenso palazzo, scoprii che eravamo ubicati in un area del palazzo, quella dove un tempo risiedeva la mamma di Eleonora. C'erano proprio tutti e venni accolta a braccia aperte. Mamma mi fissò attentamente prima di iniziare a fare domande su quel periodo in Grecia, senza mai affrontare l'argomento Alaska. Mi chiedeva come stavo, se andava bene la mia residenza, fino ad arrivare al lavoro che le avevo scritto avevo iniziato.
"Il lavoro è bellissimo ed ho trovato anche un'amica. Si chiama Eleni e si sposerà tra dieci giorni. Ovviamente sono stata invitata al suo matrimonio." Raccontai raggiante.
"Sembri pienamente soddisfatta Di! Sono contenta per te." Mi disse Micaela seduta accanto a me.
"Voi invece cosa mi raccontate di bello? Spero che siate rientrati a Londra." Dissi lanciando uno sguardo a Tom che sembrava essere rilassato accanto ad Eleonora.
"Si! Mamma e papà ci hanno raggiunto questa domenica, Micaela invece è arrivata due giorni fa dall'Italia." Mi raccontò mio fratello.
"Avete lasciato la società nelle mani di Drake." Come sempre da che avevo memoria.
"E dell'amico di Rafael. Cham è parecchio preparato e per lui ogni occasione è buona per imparare. Gli ho detto che se mi porta dei risultati durante la mia assenza, lo assumerò." Mi raccontò mio fratello.
"Cham è talmente bello che potrebbe fare il modello, invece si perde dietro i numeri." Affermai delusa.
"Vero! È bellissimo, poi alle volte ha quell'aria malinconica che lo rende ancora più affascinante." Ammise Micaela.
"Sei stata con lui?" Mi chiese.
"No! Nonostante sia moro e con gli occhi scuri ha un'aura così eterea che mi sembra impossibile toccarlo." Ammisi.
"Ha gli occhi verdi, non scuri." Disse Eleonora intervenendo.
"Credo che una delle figlie di Drake si sia presa una cotta per lui. Ma non avvicina nessuna." Raccontò papà guardandomi attentamente. "Tu invece? Quando metterai la testa a posto con i ragazzi."
"Io non do fastidio a loro e loro non lo fanno con me." Scherzai.
"Hai smesso di discutere con London?" Mi chiese Tom fissandomi, ebbi un tuffo al cuore a sentire il suo nome. "So che durante il periodo in cui c'era Adelaide eravate sempre in contrapposizione."
"Lo siamo ancora e ne vado fiera." Risposi.
"Ma come! Diamond... pensavo che London avesse risolto."  Disse Tom.
Io risi. "Certo come no!  Non crederei che mi abbia in pugno."
"Tu hai..."
"No, no! Neanche io. Non sarebbe più divertente se lo mettessi nel sacco. Non trovi." Gli dissi divertita.
Lui mi fissò attentamente. "Pensavo che... cioè London.... Voi due non..." mi chiese Tom evasivo.
Feci una smorfia contrita cercando di non fissarlo. Possibile sapesse della nostra relazione?
"Diamond." Mi chiamò Tom. Mi riscossi e lo guardai. "Avete avuto qualcosa, giusto?" Mi disse meno esplicito possibile.
"Abbiamo avuto?..." perché al passato? Veramente mi aveva mandato lì per liberarsi di me? "No! No." Dissi più decisa. "Non abbiamo avuto. C'è e io tornerò presto a Kimy, non ti azzardare Tom a fare illazioni." Lo accusai.
Lui mi guardò esterrefatto. "Calmati Di! Per l'amor del cielo. Non ho detto niente."
"No! Tu hai detto che mi ha mandata qui per liberarsi di me." Dissi singhiozzando.
"No, che non l'ho fatto. Diamond..." Mi richiamò Tom. "Ti prego Di!"
"Tu..."
"Tesoro." Mi chiamò la mamma. Cosa c'era adesso, non potevo urlare contro il suo adorato Tommy? "Tesoro vuoi che ti mostri la tua stanza?" Mi chiese.
La mia stanza? Pensai asciugandomi il viso. Dio! Stavo piangendo copiosamente. "Si! Forse è meglio." Dissi remissiva.
"Vieni, sicuramente il viaggio ti ha stancata più di quanto pensi." Mi disse mamma.
E io la seguii stringendole la mano che mi tendeva, proprio cone quando ero piccola.

THOMAS
Con il termine della gravidanza di Eleonora mi annullai completamente. Non pensavo fosse possibile, non era stato così con Vanessa. Perché doveva essere differentemente con Eleonora? Forse proprio io perché si trattava di lei, della mia dolcissima e adorabile Eleonora. Eravamo stati nel Kleinsten da Natale a capodanno, per la prima volta mi vissi il Natale in quel paese ed era stato magico. Il palazzo del principato era stato addobbato a festa in tutti i suoi angoli, la neve, la gente e il profumo di cannella nell'aria aveva reso intorno a noi, la vera aria del Natale. Forse perché ero stato lì con Eleonora, Kristal, i miei fratelli ed entrambi i miei genitori. Era stato perfetto sia il Natale che il ballo di fine anno, quando avevo finalmente conosciuto gli amici di Eleonora. A parte mia cugina Pamela, avevo conosciuto anche Tancredi e sua moglie e Nora Müller che avevo conosciuto già in precedenza in quanto responsabile della sede legale. Ero stato bene.
Dopo la partenza dal Kleinsten pensaci che non sarei più tornato lì se non per presentare mio figlio al piccolo regno. Però i programmi erano cambiati da quando Diamond era partita per la Grecia e sembrava essersi ormai stabilita lì.
Io ed Eleonora, dopo esserci confrontati con mamma e papà avevamo deciso di tornare nel Kleinsten e farla partorire lì.
"Cham è eccezionale, posso provare a lasciargli la gestione della LKT e anche i miei clienti KCG, tanto sarà supervisionato da Drake e Liam quando passa alla LKT." Proposi.
"Per me va bene. Ma dopo la nascita di tuo figlio dovrò tornare a Boston. Ho lasciato il nonno per troppo tempo." Mi ricordò papà.
"Dopo la nascita di Alberto, prometto che ritorno al mio posto e se Cham ha fatto un buon lavoro lo assumo. Tu che ne pensi?" Gli chiesi.
"Per me va bene. Tanto sarò lì e vedrò come si comporta."
Così ero partito. Chi meglio di papà poteva guidare la KCG in mia assenza? Nessuno, soprattutto perché la società era sua. La conosceva come le sue tasche e io avevo bisogno che Eleonora stesse bene.
Era stato bene durante quel periodo, avevo anche incontrato di nuovo Nora che mi aveva aggiornato sui progressi delle due BK consulting che aveva aperto con sua sorella in Austria e del progetto di aprirne un'altra ad Amsterdam. Ero contento dei risultati che stava portando e la esortai ad andare avanti. Non che volessi crescere ancora, da quando Eleonora era incinta mi si erano insinuate altre priorità. Per queste avevo accettato la proposta di Nora e sua sorella Zora di entrare in società. Addirittura nei nuovi progetti, loro avevano il cinquantacinque per cento, io e Gabe il quarantacinque. Loro responsabilità, loro rischi. Stava andando bene e io mi sentivo più leggero. Mi bastavano già la gestione della KCG, delle BK europee, la London bank e la LKT.
Poi avevo sentito London, era da quando aveva conosciuto Diamond che non lo sentivo e la sua voce mi sembrava allarmata.
"Sono preoccupato per lei. Solitamente discute solo con me, adesso invece sembra gli diano fastidio tutti. Ha sempre da ribattere, è volubile e piange per un niente. Forse è il caso che la richiamate a Londra." Mi disse amareggiato.
"Non siamo a Londra. Eleonora ha finito i conti il quindici marzo e siamo nel Kleinsten in attesa." Risposi. "Sono arrivati anche mamma e papà adesso."
"La faccio venire lì! Forse con voi si calmerà un po'." Mi disse London.
"Mando il jet, quando vuole raggiungerci sarà pronto." Gli dissi.
Ed ora eccola lì, Diamond ci aveva raggiungo e sembrava sempre la solita. Poi avevo fatto il nome di London, provando a chiederle in modo evasivo se erano stati a letto insieme. Non mi sarei mai aspettato quella sua reazione.
Ciò che mi aveva raccontato il mio amico, sulle crisi isteriche di mia sorella stava avverandosi sotto i miei occhi. Possibile che mia sorella e uno dei miei migliori amici fossero più che amanti? No, non lo era. Nessuno dei due era tipo da relazione duratura. Erano entrambi più tipi da una notte e via, amici come prima. Cosa era successo a Diamond?
Appena lei e mamma lasciarono la stanza esalai un respiro. "Non pensavo stesse così male."
"Tom..." mi chiamò Joel richiamando la mia attenzione. "Ma lei e London stanno insieme?"
Scossi le spalle. "Non lo so. Cioè London mi aveva detto che erano attratti l'uno dall'altra, ma anche se sono stati insieme..."
"Si sarebbero già lasciati." Intervenne Samuel. "Diamond non è tipo da storie lunghe, lei non vuole legami."
Neanche io volevo legami! Però se dovevo pensare alla mia vita senza Eleonora, avrei preferito essere legato per tutta la vita a lei che una vita da solo.
"London è un ragazzo responsabile. Mi sembra strano che sia stato lui a ridurre così Diamond." Intervenne papà.
"Basta." Intervenne Micaela tirandosi su. "London l'ha mandata qui per risollevarla, il nostro compito è questo. Quindi mobilitiamoci e aiutiamo la nostra sorellina." Affermò impavida.
Sospirai guardando Eleonora che annuì. Joel ancora non proferì parola, al contrario si alzò andando verso la porta. Solo quando fu sull'uscio diede la sua opinione.
"Si è innamorata di lui, adesso sta affrontando una guerra interiore tra la sé stessa innamorata e quella che vorrebbe non dipendere dai sentimenti." Concluse. "Dobbiamo darle tempo."
Diamond si era innamorata di London? Oh cazzo. E adesso?
Non ne parlammo durante la cena, Eleonora era nervosa e non aveva fame. Furono i suoi zii a fare da padroni di casa alla mia famiglia. Però sembrava che Diamond adesso era più tranquilla.
Andammo a dormire presto, la prima a lasciare la stanza fu proprio Diamond che sobbalzò nel sentire squillare il telefono. Si scusò con tutti e andò via.
Una volta in camera io ed Eleonora non prendemmo sonno. Lei aveva mal di schiena ed era irrequieta, alche le feci compagnia camminando con lei per la stanza. Almeno fino a quando non le si ruppero le acque.

DIAMOND.
Una volta nella mia stanza scoppiai a piangere tra le braccia di mia madre. Non c'era bisogno che parlassi, sembrava capisse benissimo come mi sentivo.
Non fece domande, mi carezzò solo i capelli biondi come quando ero piccola e Andrew Davis si arrabbiava o con me o con lei. Sapeva sempre come consolarmi.
Non mi chiese niente finché non mi calmai. Andai a sciacquarmi il viso e al ritorno mi fissava.
"Vuoi parlane?"
"Non c'è niente da dire... sono qui con voi."
"Lo sappiamo, ti aspettavamo." Disse.
"Sapevate tutto." A quanto pareva London aveva organizzato tutto alle mie spalle.
"Era preoccupato per te. Ha sentito di non poterti aiutare, il passo che ha fatto contattando noi è stato importante. Non ha voluto lasciarti da sola." Mi spiegò mamma.
"Intanto mi ha spedita qui però." Dissi con le lacrime agli occhi. "Pensavo che la mia vita fosse perfetta. Ma appena mi ha messo sul jet mi sono sentita abbandonata." Raccontai piangendo. "Io non voglio sentirmi così per una persona che non sono io. Non voglio legarmi a un uomo che poi potrebbe farmi del male. Non voglio vivere il tuo stesso inferno." Piansi.
Mamma riprese a carezzarmi i capelli. "Lui si è preoccupato per te. Non vivreste mai il mio inferno con Andrew. Però se rifiuti ciò che provi potresti vivere il mio stesso inferno, sola e senza tuo padre." Mi disse facendomi aprire gli occhi. "Il rimpianto è stato il mio peggior inferno. Sapere che amava un'altra donna mi aveva sollevata perché non stava condannandosi all' infelicità. Al tempo stesso però mi aveva distrutta, perché sapevo che non sarebbe stato più mio e me l'ero cercata."
"È difficile mamma! È diverso..."
"A me sembra proprio una situazione simile." Disse carezzandomi il ventre. "Non c'è niente di più bello che amare un uomo, se non ciò che il vostro amore può generare." Mi disse silenziosa.
"Sapevo che lo avresti capito." Dissi a mamma.
"Dovreste dirlo anche a lui. Così comprenderebbe meglio gli sbalzi di umore oppure la tua libido esaltata." Mi rivelò mamma, poi che ne sapeva lei della mia libido. Oh Dio! Dipendeva dalla gravidanza quel bisogno insaziabile di sesso?
"Non so... non era programmato, ne il bambino ne che stessimo ancora insieme." Le rivelai.
"Potete fare i programmi che volete, quando arriva l'amore non ci si può esimere dal provarlo. Anche se lui non condivide i tuoi sentimenti, lo stesso dovresti rivelargli i tuoi. Così starai meglio." Mi disse mamma.
Quindi era così! Dovevo aprirgli il mio cuore. "Volevo lavorare, mi piaceva ciò che facevo."
"Continuerai a farlo." Disse mamma.
"Mamma, Adelaide viaggia molto per questo lavoro e..."
"Ed è incinta e partorirà a breve il suo secondo figlio. Quindi? Non puoi farlo anche tu?" Mi chiese mamma. "Non ti manca l'istinto materno, hai cresciuto anche tu un po' Kristal. Tesoro devi affrontare le tue paure, solo così riuscirai a stare bene." Mi disse mamma.
"Io..." dissi interrotta dallo squillo del telefono. "Arrivo subito."
Presi il cellulare dalla borsa. Non smetteva di suonare, segno che era importante. Sul display appariva il nome di London.
"Pronto." Risposi titubante.
"Sei arrivata?" Mi chiese frenetico.
"Almeno un'ora fa." Risposi.
"E perché diamine non mi hai chiamato?" Mi rispose lui. "Cazzo Dì, ero un pensiero."
"Scusami."
"Si certo." Disse secco. "Senti ti chiamo più tardi, adesso ho un incontro con Krios ed Eleni, ma ti chiamo quando rientro. Ok?" Mi disse.
Annuii piangendo. "Va bene... scusami."
"Dì ti prego... non piangere." Mi chiese.
"Scusami. Sono stanca, adesso riposo un po' così starò meglio. Prometto che dopo non piangerò."
"Ecco brava, cerca di tornare in te. Ultimamente non ti riconosco più." Mi disse, anche io non mi riconoscevo più, quindi potevo capirlo. "A dopo."
"A dopo." Sussurrai staccando. "Era arrabbiato." Dissi a mamma.
"Per essere uno a cui non interessi si preoccupa parecchio." Disse mamma facendomi stendere. "Adesso riposati, ti aspettiamo a cena, ci saranno i principi quindi dovrai dare il meglio di te."
Assentii. Mi addormentai e la sera a cena feci come mi era stato chiesto. Diedi il meglio di me! Effettivamente dopo aver pianto e parlato con mamma, mi sentivo meglio. Ero di nuovo felice. Era quindi possibile non rinunciare alla mia carriera per il bambino, avere entrambi in eguale misura? Se ci riuscivano Adelaide e Gabriel potevo anche io? La mia risposta era sì.
Così dopo cena quando squillò il cellulare sobbalzai. Mi scusai con i principi del Kleinsten e mi allontanai per rispondere a London. "Ehi americano."
"Ho un sonno assurdo." Mi disse al telefonino.
"Io ho dormito tanto invece..." gli raccontai raggiungendo la mia stanza e stendendomi a letto.
"Ci avrei scommesso." Mi prese in giro lui. Risi e presi a parlare. A raccontargli di Joel, Samuel e Micaela, del pancione di Eleonora, di papà e mamma, dei principi e... non so quando mi addormentai. Ma lo feci, me ne accorsi perché mamma venne a bussare alla mia porta. Ero ancora vestita e il telefono cronometrava una telefonata ancora in corso iniziata due ore prima. "Mamma?" Chiesi.
"Tesoro Eleonora ha rotto le acque." Disse mamma.

 

   
 
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