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Autore: LubaLuft    08/03/2024    1 recensioni
“Che cosa desideri davvero, Tooru?... Te lo sei mai chiesto con sincerità?” chiese piano Tetsurō.
“Desidero ciò che mi riempie ma anche ciò che mi svuota… l’idea di essere l’unico e anche quella di essere un capriccio. Amo tutto questo, anche le lacrime che ho appena pianto.”
Tooru incrocia il suo destino con quelli di Wakatoshi e Hajime. La sua indole sensibile e vorace verrà messa a dura prova ...
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa, Wakatoshi Ushijima
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Triangolo
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Quindici


Wakatoshi aprì la porta di vetro e legno di un piccolo negozio. Lo scampanellio argentino che aveva sentito al telefono annunciò il suo arrivo.

L’aroma di cioccolato, lo stesso che si sentiva nel negozio in aeroporto, era forte e arricchito dal profumo del legno laccato e della cera. Era un luogo d’altri tempi, silenzioso, accanto a negozi stravaganti: proprio davanti alla cioccolateria ce n’era uno con una vetrina colma di ceste di vimini nelle quali sonnecchiavano gatti di ogni tipo. L’école du chat, appunto.

Nel negozio di Satori c’era solo una signora che stava riempiendo un sacchetto di cioccolatini, e lo faceva con estrema attenzione, scegliendo accuratamente la mercanzia dagli espositori. 

I gesti misurati e lenti della donna lasciavano immaginare tutto il piacere che stava provando nell’atto di scegliere, e anche il suo sorriso era eloquente: era come se stesse visitando il Paese delle Meraviglie. La scena era magnetica e lo assorbì completamente per qualche istante, finché una voce familiare, dietro di lui, lo chiamò.

Wakatoshi-kun

Si voltò verso Satori, che gli si era avvicinato senza che lui se ne accorgesse. Alto e sottile, con la sua divisa nera da chef, i capelli rossi sparati ovunque, il colorito chiaro, diafano. 

Cosa doveva dirgli? Buongiorno? Salve? Che cosa ci faccio qui? E invece provò a dirgli solo “Alloggio all’Hotel…” senza riuscirci perché l’altro afferrò il suo bagaglio ed esclamò “Sei mio ospite ovviamente! Vieni con me!”

E aperta una porta laterale gli mostrò una rampa di scale di ferro battuto. “Casa e bottega!”

“Ma…”
“Ovviamente ti cedo il letto, io dormirò sul divano. Dammi la borsa.”

“No, non voglio disturbare…”
“Ma che dici? E poi, una colazione come la mia non la fai neanche in un 5 stelle.” Poi però fece un’espressione buffa. “Cioè, rettifico… forse in un 5 stelle superiore sì…”

“O forse no…” Rispose Wakatoshi con un sorriso che gli si disegnava sulle labbra. Tutto a un tratto sentiva cadere la tensione di fronte a quella spontaneità. Ancora non si erano detti nulla di serio e già sembravano a proprio agio l’uno con l’altro.

“Hai mangiato? Se vuoi c’è un posto qui dietro dove si mangia bene.”
“Ma tu non devi lavorare?...”

“No. Oggi sei qui e quindi chiudo prima. Domani poi ti porto in giro per la Ville Lumière, ho chi mi sostituisce. Aspetta un attimo… Je vous prie de m’excuser, Madame, il y a un imprévu e l’on doit fermer en avance. Je regrette terriblement… Merci pour votre compréhension!”

La signora accettò una tavoletta speciale come omaggio e se ne andò contenta.

In men che non si dica furono per strada. E poi Satori gli prese la mano.

“Vieni, di qua…” gli disse attraversando la strada.
Wakatoshi trasalì a quel contatto ma non si ritrasse. Satori lo guardò sorridendo sornione.

“Siamo nel Marais, ti assicuro che tenersi per mano fra uomini è l’ultima delle novità!”

E allora, pur senza guardarla, Wakatoshi avvertì nella sua mano quella di lui, più piccola nonostante le lunghe dita affusolate, e dopo un istante di incertezza a quelle dita intrecciò le sue.

Non aveva mai fatto nulla del genere in vita sua, neanche con Tooru, e guardandosi dall’esterno, in una strada affollata di persone normali che badavano ai fatti propri, vide la sua normalità. Stringeva le dita di uno strano tizio a cui aveva pensato ininterrottamente da quando aveva messo giù il telefono la notte prima, e ora capiva che era quel contatto che desiderava più di tutto, quella mano bianca nella sua.

Le ore successive passarono veloci e piacevoli, con Satori che gli mostrava il quartiere, salutava le persone che incrociava, gli sorrideva.

Più tardi, nel piccolo appartamento sopra il negozio, preparò una cioccolata calda e mise su un disco di musica classica. 

Erano seduti sul divano, alle due estremità. Davanti a loro, il tavolino con le tazzine.

“Conosci quest’opera? Sono le Variazioni Goldberg di Bach. Si tratta di un’unica aria interpretata con ben 30 variazioni. Ai più è nota per essere quella che ascolta Hannibal Lecter ne Il Silenzio Degli Innocenti prima di uscire dalla gabbia!...” 

“Ammetto la mia ignoranza…” rispose Wakatoshi. E poi non potè fare a meno di ripensare alle parole di Tooru, Hajime crede che tu sia un serial killer, io invece credo che tu sia profondamente inconsapevole di ciò che sei davvero.

Aveva ragione Iwaizumi. Un serial killer che esce dalla gabbia, ecco che cos’era. Stava per fare ad alta voce una battutaccia verso se stesso quando Satori parlò.

“Quest’opera per me… sei tu.”

“Io?...” 

“Sì. Ti ricordi quando parlavo del tuo carattere… Ecco, questa è la nota di fondo che cambia senza stravolgersi. Si lascia riconoscere.”


Wakatoshi posò la tazzina.

“Che cosa ne sai del mio carattere?” La domanda era formulata in maniera brusca ma il suo tono non lo era e la cosa lo stupì per primo. 

Anche Satori posò la tazzina. 

“Oh, non pretendo certo di raccontarti chi sei… ma posso dirti chi sei tu per me. È iniziata tempo fa: avevo contattato il tuo marketing per una proposta commerciale. Devi sapere che per un certo periodo di tempo il mio cioccolato è stato servito nella prima classe del TGV, e mi era venuto in mente che anche in un aereo avrebbe fatto la sua bella figura. Nonostante la mia interlocuzione ufficiale, non ho mai avuto riscontro dalla Jima Airways…”


Wakatoshi pensò istintivamente di licenziare il direttore marketing e comunicazione per non avergli detto nulla. Tooru avrebbe sicuramente fatto meglio di lui, se ne avesse avuto la possibilità. 

“… Tuttavia, sapevo chi eri tu e che cosa facevi. Che eri potente, sicuro di te, abituato a dominare. Mi avevi preso, ero curioso. Ho… approfondito, ecco.” Quest’ultima frase gli trasmise tutto il suo imbarazzo per quella confessione e per la prima volta da quando lo conosceva, il pallore del suo viso si imporporò lievemente.

Satori continuò.

“Poi, poco tempo fa, di rientro da Parigi, mi sono fermato una notte in un certo resort di lusso all'aeroporto di Haneda e ti ho rivisto.”


Wakatoshi sgranò gli occhi. Possibile che…

“Non eri solo, eri con un giovane che pendeva letteralmente dalle tue labbra. Io sapevo che eri fidanzato ufficialmente con Reiko Onagawa e la cosa mi stupì. No, anzi… mi mise addosso un’ansia indescrivibile!... Che cosa ci facevi lì con un uomo ?? Ti osservai e mi accorsi che anche tu eri molto preso da quel ragazzo. Gli sorridevi, eri luminoso, quasi. Siete saliti in camera insieme e non siete più scesi. Era ora di cena.”

Wakatoshi sentì un'ondata di calore che lo investiva e che faticava a gestire. Prese un altro sorso di cioccolato.

Satori smise di guardarlo e fissò invece il soffitto.

“Quella notte io… non ho dormito. E non perché avessi fantasie su voi due o su noi due. Eri solo tu a tenermi sveglio. Eri tu l’unica fantasia.”
Si alzò, nervoso e teso come la sua voce.

“Io pensavo… chissà com’è bello il suo viso dopo che… dopo che…”

“Dopo che…?” 

Ma Satori, sempre più imbarazzato, non finì la frase e continuò. “Poi, il mattino seguente, sono sceso a fare colazione, all’alba. Volevo… vederti, avrei aspettato tutta la mattinata, se fosse stato necessario. Volevo vederti felice con lui e mettermi così l’anima in pace. E ti ho rivisto, sì, ma doveva essere accaduto qualcosa tra di voi: tu eri scuro in volto, rigido, avevi un’espressione terribile. E poi, più tardi, quando te ne eri già andato, è sceso anche quel giovane… ed era disperato. Ha preso un caffè e prima di berlo lo ha mescolato a lungo, con gli occhi bassi. Credo che abbia pianto, e anche a lungo.”

Wakatoshi avvertì una morsa che tornava a chiudersi sul suo stomaco. Il dolore di Tooru gli sembrava ora ancora più reale, dopo che era stato osservato da altri occhi.

Fu colto da una stilettata di vergogna anche per come aveva trattato Iwaizumi. Per quanto era caduto in basso anche con Reiko. Per come gestiva la sua sete di dominio. Per il suo imprinting fatto di proverbi e follia. 

“E poi… poco tempo dopo ti ho rivisto, in aeroporto. Ti ho osservato a lungo: sempre pensieroso, come se stessi parlando con te stesso. Ti ho visto rassegnato, triste, spaesato e allo stesso tempo sicuro, pragmatico. Eri pur sempre Wakatoshi Ushijima, padrone di una discreta fetta di cielo. E io ero uno che sa lavorare bene il cioccolato.”

“Ricordo…”
“Quella sera… la sera in cui ti sei fermato davanti al mio negozio ancora chiuso, è stato bellissimo poterti parlare. E poi…”
“E poi hai preparato quel cioccolato, per me?”
“Sì. Sono partito dalla nota di fondo. La più bella, per me.”
“Chi ti da la sicurezza che quella nota esista davvero?”
“Il fatto che tu sia qui. Ci siamo frequentati per un tempo infimo ma mi è bastato per darmi il coraggio di scriverti quel biglietto. Secondo me era davvero cambiato qualcosa.”

Wakatoshi deglutì, affascinato e spaventato dall’idea di essere un libro aperto. 

“Perché la… cannella?”

Satori rise lievemente. “Ah, quelli sono i miei vezzi artistoidi: il mito dice che la fenice bruci su un nido costruito con spezie e cannella per poi rinascere. Tornare ad essere ciò che era ma cambiando. Rivivere con nuove possibilità. Io… sapevo che avevi rotto il tuo fidanzamento. Volevo fare parte di quel cambiamento.”

Satori tornò allora a sedersi, proprio accanto a lui, non all’estremità del divano. 

“Ti volevo dire tutto questo… ma poi sono dovuto partire di corsa per Parigi…”

Wakatoshi osservava quegli occhi spalancati, intensi e sentiva come ammaliato. Aveva iniziato ad accusare la stanchezza del viaggio e ora, a causa di quella voce fatta di note tranquille che lo accarezzavano, lo cullavano, che si muoveva nell’aria insieme alla musica di Bach, chiudeva lentamente i suoi.

Sprofondava nell’incoscienza e si rivedeva nel negozio in aeroporto mentre tentava di pagare a Satori la tavoletta di cioccolato, quello che invece era un dono pensato solo per lui. Si rivedeva arrabbiato per il loro appuntamento mancato, pieno di nervosismo al pensiero che potesse essersi riunito al suo ex e pieno di rabbia per la propria incapacità ormai manifesta di anestetizzare, spegnere, disinnescare i sentimenti che provava. Si vedeva prendere un aereo per Parigi e bussare al suo negozio. Le dita intrecciate. La cioccolata e la cannella.

Si addormentò quasi di colpo, sull’orlo di un nuovo desiderio.

Più tardi, quando aprì gli occhi, lo vide addormentato accanto a lui. Il disco girava ancora sul piatto, il cuore gli batteva ancora forte nel petto.

Allungò una mano e gli sfiorò il viso.

Satori aprì gli occhi.

“Oh…”

“Satori. Che cosa stavi dicendo prima, di quella notte ad Haneda… parlavi del mio viso?”
“Sì…”
“Voglio saperlo…perché pensavi al mio viso?” e si avvicinò di più al suo.

Satori sgranò gli occhi.

“Io… mi chiedevo… chissà com’è bello il suo viso dopo… dopo aver fatto l’amore…”

Confessò in un soffio ciò che il ragazzo davanti a lui si aspettava di sentire.

Wakatoshi lo attirò a sé e lo baciò. 

Ossa di vetro, da trattare con cura, pelle diafana e un profumo inebriante di cioccolato che non andava via. Le sue dita affusolate tra i capelli, gli occhi spiritati, stupiti, forse più dei suoi.

Wakatoshi-kun” Mormorò Satori.

“Sì?…”

“Sei bello anche prima di fare l’amore…”

 

****

 

Nella stanza da bohémien di Satori, Wakatoshi passò la notte a chiedersi di che cosa avesse ancora bisogno. Di un altro bacio, di un’altra carezza? Del suo nome pronunciato ancora, e ancora?

Forse aveva solo bisogno di chiudere gli occhi e dormire, e di svegliarsi accanto a qualcuno, senza dover fuggire, senza temere più nulla. 

Di essere finalmente normale.

 

****

Al No Name, Keishin Ukai, una sigaretta fra le labbra, cucinava udon e altre leccornie per i suoi ospiti speciali. 

Tetsurō teneva Kiyoko sulle ginocchia e le mordicchiava l’orecchio. 

Kōtaro avrebbe fatto volentieri la stessa cosa a Hitoka, si capiva lontano un miglio, ma Hitoka era il tipo che si imbarazzava molto in pubblico e allora si allontanava con un sorriso timido e il viso in fiamme tutte le volte che lui le si avvicinava troppo.

Tobio e Shoyo litigavano come al solito per le solite cazzate e sotto il tavolo si tenevano per mano.

Tooru e Hajime, al bancone, chiacchieravano fitto. E ridevano. E chiacchieravano. Scambiavano idee, pensieri, opinioni, felici di poter tornare a casa insieme. 

Un sabato normale a Shinjuku.


****

 

Qualche giorno dopo, Tooru osservava Hajime che con dita leggere e sicure ripuliva dal grasso alcuni pezzi della sua moto. Era un piacere osservarlo: la cura e l’attenzione, la concentrazione che gli faceva socchiudere gli occhi, le labbra contratte in un sorriso appena accennato.

Lo osservò a lungo, incerto su come dirgli ciò che doveva dirgli. E lui, che non aveva perso il suo sesto senso, si accorse di qualcosa.

“Tooru, parla…”

“Ma no, finisci con calma, io ti guardo. Lo sai quanto mi piace…”

Hajime posò per terra lo straccio unto e si alzò. Lo guardò con attenzione e piegò il collo di lato.

“Ho finito.” Tagliò corto. Sollevò due occhi inquieti e nervosi, e non glieli vedeva da tempo.

Non serviva a nulla procrastinare.

“Wakatoshi mi ha offerto un lavoro. Ha licenziato il suo Direttore Marketing e Comunicazione.”

Hajime riprese in mano lo straccio, tentando inutilmente di ripulirsi le dita.

Tooru continuò.

“È un’offerta vantaggiosa… il ruolo è di importanza strategica…”

Anche Hajime continuò, imperterrito, a strofinarsi le dita. Sembrava Lady Macbeth.

“… potrei anche terminare l’università - Wakatoshi mi permetterebbe…”

“Wakatoshi, certo…” Hajime lanciò lo straccio.

“Hajime… che ti sei messo in testa?”

Tooru si trovò a stringere le sue mani sporche.

“Ascoltami…Se è per quello che è successo… beh, è successo. Se è per quello che potrebbe succedere… allora sappi che non succederà.”

Hajime sbottò.

“E come fai a esserne certo? Come puoi pensare che quello non abbia secondi fini?”

“Perché lo so. Fidati di me… “ 

Ma lo sguardo di Hajime era ostinato. Tooru sospirò.

“Lo so perché ho conosciuto il tipo con cui si vede. In giro, intendo, e non in posti nascosti.”

Hajime non represse un moto di sorpresa.

“Wakatoshi che esce allo scoperto?”

“Sì. Lui si chiama Satori Tendō e di mestiere lavora il cioccolato. Ecco… non so esattamente i termini del loro rapporto, ma Wakatoshi è cambiato. La vive come una cosa naturale, o almeno mi ha dato questa impressione. Magari è la volta buona che si innamora. Ma parliamo di cose più importanti: questa domenica io e te ce ne andiamo a Saitama.”
“A fare cosa??”

“Mi sono permesso di fare una telefonata a tuo fratello Haruki.”
Hajime si incupì ancora di più di quanto già non fosse. Diede un calcio allo straccio e si piegò di nuovo sotto la moto, dandogli le spalle.

“Non vuoi proprio sapere che cosa ci siamo detti?”

“Perché, parlate forse la stessa lingua? Non gli hanno fatto il lavaggio del cervello?” Sibilò lui.

“No, nessun lavaggio del cervello. Incredibile, vero? Da quanto tempo non lo senti?”

“Abbastanza da farmene una ragione!”
“No, abbastanza da averne paura!” 

“Tooru, vacci piano perché non ne sai nulla!!”

 “No, ne so eccome! A volte sembri altrove, a volte ridi ma i tuoi occhi sono tristi e spenti. Quando andiamo dai miei genitori sei sempre teso, ti senti sempre fuori posto, è come se te ne volessi andare e schivi ogni domanda che abbia a che fare con chi sei e da dove vieni. Lo trovi giusto?”

Hajime si fermò. 

“C’è qualcosa di irrisolto con la tua famiglia e resterà così finché non busserai alla porta di casa tua e dirai a chi ti aprirà che sei felice e che vorresti che anche loro lo fossero per te. Felice, non vagamente contento. E con me si può essere solo felici.” 

Hajime continuava a dargli le spalle. Sembrava concentrato su qualcosa che aveva fra le mani ma un movimento leggero gli fece capire che stava sfogandosi in un pianto silenzioso.

Si avvicinò e lo abbracciò forte.

“Io sono fatto così…” gli sussurrò all’orecchio “Sono innamorato di te e voglio che tu stia bene. Ora capisci che Wakatoshi non può essere più un problema?”

Hajime annuì.

“Comunque, rispetto a quel lavoro non prenderei mai una decisione unilaterale. Per me è una buona occasione, ben pagata e avrei tempo a disposizione per studiare. In agenzia, Tobio prenderebbe il mio posto. Strano a dirsi, parla poco, rompe tanto ma è bravo. Shoyo e Hitoka faranno anche meglio di come già sono capaci. Devo però decidere in fretta perché stanno arrivando diverse commesse e se inizio a lavorare su qualcosa non posso poi lasciarla aperta.”

“Allora… vai. Accetta l’offerta…basta che non me lo porti a casa a cena.”

Istintivamente, si asciugò le guance con le dita sporche di olio motore.

“Ecco. Adesso sei ancora più affascinante. Andiamo a farci una doccia….?”

 

****

 

“Senti questa:  «La Jima Airways ha deciso di sperimentare le nuove frontiere del gusto… coccole raffinate con il cioccolato di Satori Tendō…» E quest’altra? «Business class al cioccolato: prelibatezze per addolcire il costo del biglietto?…»… Ma si può sapere quanto costano i tuoi i biglietti?”

Satori leggeva la rassegna stampa che Wakatoshi aveva fatto appositamente preparare per lui, dietro indicazioni di Tooru.

Il negozio del terminal era aperto per un evento privato, destinato alle mogli di manager e dirigenti, poche e importanti invitate. Altra chicca che si era inventata il suo nuovo Direttore Marketing e Comunicazione.  

Satori si godeva lo spettacolo offerto dalle raffinate signore di Tokyo che cercavano una impossibile sintesi fra cioccolato e aspartame - mentre le sue dames francesi andavano sempre dritte al punto, al cuore della questione: il cioccolato era godimento puro e semplice, e vederla diversamente era solo fraintenderne la natura.

“Mmm, ma se per volare mi rivolgessi alla concorrenza? Dopotutto vado a Parigi almeno una volta al mese…” rilanciò sorridendo.

“Viaggeresti comodo ma senza poter ammirare le espressioni estasiate dei passeggeri alle prese con il tuo cioccolato.” Rispose Wakatoshi divertito.

“Anche questo è vero, però come espressioni nessuna batte la tua, mi basta quella.”

Touché

Satori sorrise radioso.

“Come va con il francese?”
Pas trop mal

“Mi accontento. Sei molto sexy quando lo parli!...” 

La serata fu un grande successo e il negozio, alla fine, fu letteralmente svaligiato. 

Più tardi, in macchina verso Tokyo, Satori era particolarmente silenzioso. Wakatoshi lo guardava con la coda dell’occhio.

 “Stanco?”

“Senti… ho una domanda… che mi frulla da un po. Ma avevo paura a fartela.”

La voce di Sarori era ora leggermente tirata. Wakatoshi ormai riusciva a percepire certe minime frequenze che ne alteravano il suono. 

“Ti ascolto.”

“Perché è finita tra te e Tooru Oikawa?..”

La domanda era semplice e diretta e doveva esserlo anche la risposta.

“...È finita perché è nata da presupposti sbagliati. Ho fatto e detto cose di cui non vado fiero, e non solo con lui. Io… ero come mi hai visto quella mattina, in albergo. Un uomo… anzi, un animale con pochi scrupoli, e quei pochi che aveva… infantili.”

Satori annuì serio, sempre con quel velo mesto.

“A guardarvi… dovevate essere veramente una bella coppia… voglio dire… lui è davvero un bel ragazzo…”

“Sì… ma poi ho incontrato quello delle Varianti Goldenberg.”

Variazioni Goldberg!”

“Che disegna le persone con il cioccolato…”

“Ahahahah, davvero!”

“E di cui mi sono innamorato.”

Satori chiuse gli occhi e sorrise.

Non glielo aveva mai detto fino a quel momento, e non lo stava dicendo solo a lui ma al mondo intero, anche se erano chiusi nello spazio dell’abitacolo. 

Ed era facile come respirare, come guidare, come pensare a cosa avrebbero fatto l’indomani insieme.

Né più né meno che vivere.

 

(Fine)



Arrivata fin qui, ringrazio chi si è fermato a leggere e chi ha voluto commentare o commenterà :-)... 
Dei personaggi, ho amato in particolare Wakatoshi, che ha preso la sua strada ed ha cambiato prospettive.... ha fatto tutto da solo :-D
E
Tetsurō, of course, sogno erotico da qui all'eternità.
LL

 

Aggiornamento: e invece, non è finita...!
 
   
 
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