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Autore: TheSlavicShadow    09/03/2024    1 recensioni
Berlino, 1945.
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Genere: Guerra, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Prussia/Gilbert Beilschmidt, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Berlino, 1945

 

“Come puoi stare qui tranquillo?” Elizaveta Hedervary era entrata nella stanza in cui si era rifugiato sbattendo violentemente la porta. Era quasi stato convinto che l’avrebbe scardinata data la forza che aveva usato. 

Come unica risposta aveva alzato in alto il calice di vino rosso con cui si stava consolando. Avrebbe davvero voluto alzarsi, andarle incontro, prenderla in giro. Ma non ne aveva alcuna forza in quel momento. 

“Gilbert! Sto parlando con te, dannazione! Stiamo perdendo su ogni fronte e tu te ne stai qui a bere?” La donna aveva urlato, avvicinandosi quanto bastava per sbattere entrambi i palmi sul tavolo. Era furente. Sapeva che il suo prossimo passo sarebbe stato mettergli le mani addosso. 

“E io mi sto nascondendo perché tu sarai salva alla fine di tutto. Io no.” Aveva bevuto un generoso sorso dal calice, senza togliere mai lo sguardo da quello della donna. Era nera. Poteva vedere tutta la sua frustrazione nel modo in cui stava tremando cercando di controllarsi.

“Pagheremo tutti qualcosa se non vinciamo. Oppure vuoi tradire anche tu?”

Gilbert Beilschmidt aveva riso sguaiatamente, piegando la testa all’indietro e aveva quasi rovesciato il vino. Non che gli sarebbe importato in quel momento. C’era qualcosa che aveva ancora senso in quel conflitto?

“Io ho iniziato e io concludo, meine Liebe. Voi ne uscirete tutti puliti e perdonati. Io stavolta no e ho per la prima volta paura delle conseguenze.” Aveva riso ancora, per subito dopo svuotare il calice e appoggiarlo sul tavolo. “Eri con me a Stalingrado. Hai visto con i tuoi occhi ogni disfatta da quel momento in poi. Pensi davvero che quello mi lascerà stare dopo che gli ho rotto i coglioni a casa sua?”

“Non me ne frega un cazzo di quello che ti farà Ivan. Io devo salvare Roderich e tu devi fermare l’avanzata dell’Armata Rossa. Ce lo devi questo.”

Gilbert l’aveva guardata prima di scoppiare a ridere nuovamente, anche se sapeva che non avrebbe dovuto. Gli faceva male tutto. E sapeva che tutte quelle amare risate avrebbero riaperto le ferite che cercava di nascondere ai pochi alleati che ancora gli rimanevano. 

“Oh, Elizaveta, sempre il cavaliere dall’armatura scintillante che deve salvare la sua donzella in pericolo. L’unico che può rompermi le palle è Roderich in persona. Non tu che ti sei alleata di tua spontanea volontà.” L’aveva guardata negli occhi, improvvisamente serio. “Siediti, Elizaveta. Brinda con me a ciò che è stato perché adesso tutto cambierà. E per come sto messo non so nemmeno se sopravviverò a ‘sta guerra.”

“Di cosa stai parlando? Tu sei peggio di uno scarafaggio. Sopravvivi sempre a tutto.”

Il Prussiano aveva leggermente scosso la testa. Non era davvero da lui abbattersi così per qualche battaglia persa. Non era proprio da lui preoccuparsi così tanto da cercare di affogare i pensieri nell’alcol. 

“I Russi sono sempre più vicini a Berlino e io sto perdendo ogni battaglia. Stiamo ripiegando su noi stessi. Ma questo lo sai. Sono vicini a Budapest ed è per questo che sei qui.” Con un sospiro aveva iniziato a sbottonarsi la camicia.

“Perché ti stai spogliando, pervertito? Non voglio fare sesso con te per consolarti!” L’aveva vista alzare una mano, pronta per colpirlo, ma si era fermata subito. Aveva guardato il suo petto fasciato e subito dopo aveva sbattuto nuovamente i palmi sul tavolo. “Perché non hai detto nulla? Ludwig lo sa?”

“No, e non dovrà saperne nulla, chiaro? Affonderò solo io, ma lui lo proteggerò.”

“Non fare l’eroe adesso, conciato così. E togliti quella camicia. Fammi vedere come sei messo.” L’Ungherese aveva aggirato il tavolo, fermandoglisi accanto. Senza dargli alcun tempo di reagire, aveva tirato la sedia all’indietro e come sempre si era stupito da quanta forza avesse quella donna. Era come una valchiria ai suoi occhi, lo era sempre stata. 

“Non guariscono. Quando sembrano sul punto di chiudersi, finiscono per riaprirsi. Ma del resto è normale. Hanno completamente ogni mia difesa a est e puntano su Berlino, che cadrà. A questo punto è solo questione di tempo.”

“Tuo fratello è più ottimista di te.” Con mani esperte la donna aveva tolto le bende che gli coprivano le ferite e l’aveva vista fare una smorfia che non gli era piaciuta. Ma del resto conosceva la propria situazione. E avevano in quel momento tutti quanti delle ferite nascoste. Quella guerra li stava portando tutti quanti al limite. 

“Mio fratello è giovane e non ricorda le gloriose guerre del passato. E ha anche il cuore spezzato, quindi lascialo concentrare su quello.” L’aveva osservata alzarsi e cercare qualcosa nella stanza con cui pulirgli le ferite. Sembrava improvvisamente preoccupata anche se cercava di non darlo a vedere, e lui odiava farsi compatire dalla gente.

“Ludwig è un uomo fin troppo integro per essere stato cresciuto da uno come te.”

“Ehi, guarda che io sono stato una guida superba e magnifica che lo ha portato ad essere una super nazione europea!”

“Lo hai trascinato in due guerre mondiali, coglione.”

“Fino a prova contraria la prima l’avete iniziata voi austro-ungarici che non avete saputo tenere a freno quei piccoli serbi nazionalisti.” Uno straccio bagnato aveva colpito il suo volto in pieno, facendogli anche male perché non se lo aspettava. Ma del resto aveva toccato un tasto dolente per quella donna. Quella guerra l’aveva portata lontano dall’unico uomo che aveva mai amato.

“Io ti giuro che se non ti farà fuori Ivan, lo farò io con le mie mani prima della fine della primavera. E adesso fatti pulire quelle ferite perché sono messe malissimo. Sei fortunato che siamo quasi immortali, perché saresti già cibo per i vermi in queste condizioni.” Aveva portato una sedia di fronte a lui e con cura aveva iniziato a pulire le ferite che si erano riaperte. Quella era la loro maledizione. Anche se non erano direttamente presenti sui campi di battaglia, il loro corpo finiva per riportare delle ferite. E per lui stava diventando una nuova ferita al giorno, man mano che i russi guadagnavano terreno e i suoi ripiegavano su sé stessi. 

“Non so chi tra voi due mi faccia più paura in questo momento. Sicuramente lui. Era davvero incazzato l’ultima volta che l’ho visto.” E come poteva dargli torto? Si era macchiato di un orrore imperdonabile, a cui neppure Ivan nel peggiore dei suoi momenti sarebbe mai potuto arrivare. E non aveva fatto nulla per fermare i folli che stavano al potere. 

Si era versato altro vino nel calice, svuotandolo velocemente. Temeva davvero la fine di quel conflitto. Temeva tutte le conseguenze che ne sarebbero scaturite ora che la sconfitta era ben chiara a tutti. E doveva trovare un modo per proteggere il fratello, per farlo stare al sicuro e permettergli così di riprendersi e riconquistare il suo posto sul podio del mondo. Non erano fatti per stare nell’ombra. Anche se perdevano un conflitto o due, si sarebbero sempre rialzati con orgoglio. 

Aveva guardato la donna che, con le sopracciglia aggrottate e una delicatezza che non le credeva possibile, stava medicando le sue ferite. Non c’era nessun bisogno di farlo. Avrebbe dovuto essere anche lei altrove cercando di proteggere sé stessa e l’uomo che amava. Si sentiva quasi in colpa a farle perdere del tempo prezioso quando sapeva benissimo che in un modo o nell’altro lui sarebbe stato perduto alla fine della guerra. 

“Gilbert, per quanto tu sia fastidioso e siano secoli che cerco di farti fuori, non morire. Va bene?” Elizaveta lo aveva guardato con i suoi grandi occhi verdi, e si era ricordato perché tanto tempo addietro si fosse preso una sbandata pazzesca per quella meravigliosa creatura. A modo loro erano sempre stati amici alla fin fine. Si erano combattuti, e si erano aiutati fin troppo spesso. 

“Se dipendesse da me avrei guidato diversamente questa guerra e ora sareste tutti sotto il mio magnifico dominio. Ma ahimé, il mio sciocco fratellino ha fatto qualche scelta dettata solo dal suo cuore ed eccoci qui.” Le aveva sorriso e anche se non glielo avrebbe detto, le era grato per essere dalla sua parte e per essere lì in quel momento. Aveva proprio bisogno di una faccia amica mentre cercava di trovare un modo per salvare il collo in quella situazione disperata. Le ferite sarebbero guarite prima o poi alla fine di quel conflitto. In un modo o nell’altro tutto si sarebbe trasformato e una soluzione sarebbe stata trovata. Temeva però seriamente le conseguenze che lui avrebbe subito. Stava quasi sperando che i primi ad entrare a Berlino sarebbero stati gli americani, perché se il suo nemico di vecchia data fosse stato il primo sapeva che lo avrebbe fatto diventare il proprio bottino di guerra. 

“Dici che se scappo in Sud America potrei salvarmi?”

“Oh, certo! Nessuno ti riconoscerebbe mai laggiù! Sei così facilmente nascondibile con il tuo magnifico aspetto!”

“Percepisco del sarcasmo nella tua voce.” Si era sporto leggermente verso la donna, e le aveva accarezzato una guancia. In quel momento avrebbe tanto desiderato che i suoi sentimenti per quella donna non fossero mai cambiati. Sarebbe stato tutto più semplice. Invece doveva proteggere Berlino e sé stesso da una furia cieca che arrivata da più a Est. Da qualcuno che gli stava causando tutte quelle ferite e non se ne curava. Da qualcuno che lui aveva tradito per primo venendo meno ai patti stretti solo pochi anni prima. 

Avrebbe pagato delle conseguenze tremende, a cui non voleva nemmeno pensare. Voleva solo godere del tocco delicato di quella donna e pensare a come sarebbe potuto essere.

 
   
 
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