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Autore: SemplicementeCassandra    10/03/2024    0 recensioni
Fu un attimo, un battito di ciglia o poco più, poi vide nero e furono altri sensi a prendere il sopravvento. L’olfatto, il gusto, ma soprattutto il tatto che al tocco della sua bocca contro quella di Manuel, appena una carezza, esplose. Fu un incontro di labbra carnose e sconosciute, timide nella scoperta dell’altro, curiose ma impacciate, in attesa di un permesso che temevano di non ricevere, rispettose nel chiederlo e mai troppo esigenti nella carezza. Con la stessa velocità con cui ne aveva sentito il tocco Lavinia percepì la loro assenza, improvvisa e inaspettata come il primo contatto. Mantenne gli occhi chiusi, convinta di averlo immaginato, che fosse uno strano scherzo della sua mente indotto dalla birra, ormai calda, ancora sul tavolo.
“Scusa, non dovevo.” sussurrò Manuel costringendola a riaprire gli occhi.
La sala della birreria era identica a pochi istanti prima, il tavolo accanto ancora occupato da una comitiva di ragazzi, la musica in sottofondo, la campanella che tintillava all’ingresso segnando l’arrivo di nuovi clienti. “Non so cosa mi sia preso, ho esagerato”.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PREFAZIONE

 

Ci fu un istante di silenzio prolungato all’interno di quel pub che fino a qualche secondo prima era stato così rumoroso che parlarsi senza doversi attaccare all’orecchio dell'altro era impossibile. Dopo quella frase, invece, giunse il silenzio, un silenzio denso di tensione, di parole non dette ma che premevano per uscire dalle labbra dischiuse su cui insistentemente si posava lo sguardo dell’altro. Lavinia sembrava rapita dall’intensità degli occhi di Manuel, il marrone caldo delle castagne d’autunno, un luccichio che aveva potuto ammirare soltanto a distanza, mentre era impegnato a raccontare un passaggio particolarmente avvincente dell’ultimo articolo pubblicato su una rivista. Quella sera, e non per la prima volta, Lavinia lo vedeva sotto una luce diversa. E se le luci soffuse della birreria in cui si erano rifugiati per sfuggire a un temporale improvviso contribuivano a riscaldare il suo sguardo, queste non potevano considerarsi le sole responsabili. Forse il merito era dell’atmosfera intima che si era creata durante quella conversazione, o forse della birra fresca, ancora a metà, che le faceva formicolare le gambe e sentire la testa più leggera, o ancora, pensò, era merito della camicia bianca, la prima che gli avesse mai visto addosso, che risaltava il velo di abbronzatura ancora presente, i capelli più chiari schiariti dal sole dell’estate. Non ebbe il tempo, o forse la voglia, di sorprendersi di quei pensieri. Non era la prima volta che si ritrovava a pensare a Manuel in quel modo e come ogni volta che le era successo, provò a distogliere gli occhi dal suo volto. Le caddero sulle sue mani intrecciate sul tavolo di legno, le dita della sinistra ancora sporche di inchiostro dopo una giornata trascorsa a prendere appunti perché il suo pc aveva deciso all’improvviso di smettere di funzionare. Le dita lunghe e robuste, un po’ ruvide, il medio parzialmente coperto da un anello grande, d’argento, con un incisione che non conosceva e non aveva mai visto. Se si fosse concentrata avrebbe visto una M in stile gotico, graziata e decisa al tempo stesso, con fronzoli che poco si adattavano al suo proprietario. Eppure quella sera nemmeno distogliere lo sguardò servì a interrompere il flusso dei suoi pensieri: sul suo viso arrossato continuava a percepire quegli occhi intensi, avvolgenti, passare in rassegna del suo naso, dei suoi zigomi, degli orecchini di perle da cui non si separava mai e infine posarsi sulle sue labbra.
Manuel sciolse l’intreccio delle mani nel tentativo, a sua volta, di trovare un’occupazione in grado di alleggerire l’atmosfera intima, forse troppo, che si era creata ma con quel gesto il suo busto si spostò ancora più vicino al corpo di Lavinia che, involontariamente, inspirò il suo profumo: cuoiato, legnoso, caldo come la mano che, ora libera, si posò delicatamente sul suo viso scostandole un ciuffo di capelli sfuggito alla treccia morbida e un po’ umida di pioggia. In risposta alzò lo sguardo, lentamente, e sfuggire a quegli occhi divenne impossibile. Fu un attimo, un battito di ciglia o poco più, poi vide nero e furono altri sensi a prendere il sopravvento. L’olfatto, il gusto, ma soprattutto il tatto che al tocco della sua bocca contro quella di Manuel, appena una carezza, esplose. Fu un incontro di labbra carnose e sconosciute, timide nella scoperta dell’altro, curiose ma impacciate, in attesa di un permesso che temevano di non ricevere, rispettose nel chiederlo e mai troppo esigenti nella carezza. Con la stessa velocità con cui ne aveva sentito il tocco Lavinia percepì la loro assenza, improvvisa e inaspettata come il primo contatto. Mantenne gli occhi chiusi, convinta di averlo immaginato, che fosse uno strano scherzo della sua mente indotto dalla birra, ormai calda, ancora sul tavolo.
“Scusa, non dovevo.” sussurrò Manuel costringendola a riaprire gli occhi. La sala della birreria era identica a pochi istanti prima, il tavolo accanto ancora occupato da una comitiva di ragazzi, la musica in sottofondo, la campanella che tintillava all’ingresso segnando l’arrivo di nuovi clienti. Gli occhi di Manuel erano diversi, però, più scuri e più grandi rispetto a qualche istante prima, il viso non più disteso ma corrucciato, la fronte aggrottata e il busto inclinato all’indietro quasi a toccare il tavolo adiacente pur di allontanarsi da lei. “Non so cosa mi sia preso, ho esagerato”. Lavinia vi lesse il panico. Sapeva che avrebbe dovuto provare anche lei la stessa sensazione, o per lo meno confusione, disagio. Davanti a sé aveva due strade razionali: fingere che non fosse successo nulla, improvvisare una risata, prendere un sorso della sua birra e cambiare argomento lasciando quel momento avvolto in una bolla di mistero e incertezza, sospeso. Oppure avrebbe potuto accettare le sue scuse, finire quella dannata birra, pagare e salutare Manuel, prendere le distanze da lui e da quel pub affollato che aveva cancellato ogni confine tra di loro. Scelse la terza opzione, quella meno razionale, da cui avrebbe dovuto scappare a gambe levate senza voltarsi dietro, quella che sapeva già le avrebbe regalato notti insonne e un profondo senso di smarrimento. Non seppe se fosse per l’atmosfera di quel pub, se per il labbro di Manuel mordicchiato tra i denti nel tentativo di scaricare la tensione, se per il calore che la sua mano sulla guancia le aveva provocato in tutto il corpo oppure se per una sera avesse deciso che valeva la pena smettere di pensare razionalmente.
Alla fine, prevalse l’istinto.


 
  
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