Partecipante alla challenge Prime Volte indetta da
Dylanation sul gruppo FB Komorebi Community - Fanfiction Italia
Titolo:
Sognando l’America
Personaggi/Ship: Bloom Peters x Sebastian
Valtor
Fandom: Fate: The Winx Saga
Avvertimenti:
soft Historical!AU, age-gap, adulto x minore, morte, guerra, tematiche delicate
Parole:
902
Trama:
Dal testo: “Se lo era aspettato—quando sei la moglie di un soldato te lo
aspetti sempre—ma nell'istante in cui le fu data la notizia, tramite una sterile lettera con
dentro un assegno di mantenimento e il suo dog tag, il dolore di un
possibile abbandono intrappolato nel petto per tutti quei mesi si era
addentrato nelle viscere dello stomaco; un masso che ti schiaccia sotto di
esso e ti impossibilita a muovere un singolo muscolo.”
Prompt: onde
Disclaimer: Questi
personaggi non mi appartengono, sono proprietà dei rispettivi creatori.
Note: ho
perso il conto delle storie che ho mezzo scritto, mezzo pensato, mezzo
abbozzato per questa challenge, poi, improvvisamente, questa mattina mi è presa
molto a male per altri motivi e ho deciso di tornare alle mie radici, usando un tono a me molto
di conforto nella scrittura. L’ho scritta ed editata al meglio delle mie
possibilità in poco tempo, perché erano le dita a scrivere per me; quasi come
se la mia mente stesse attingendo da un ricordo passato, sfumato tra una
reincarnazione e l’altra. Mi sono apparsi Bloom e Sebastian di fronte e sapevo
che questa era la storia per loro, con i loro nomi in grassetto in mezzo a ogni
riga.
Non vi annoio oltre, vi
lascio alla lettura di questa brevissima OS ma che spero troverete
almeno di compagnia e calzante con questo ennesimo lunedì.
Buona lettura,
Jason.
P.S.
Questa OS non è stata betata.
P.P.S.
Il titolo è una citazione a una canzone
di Ennio Chendi dallo stesso titolo.
SOGNANDO L’AMERICA
Lo scagliarsi ciclico
delle onde sugli scogli la faceva sentire meno sola.
—ooOoo—
Se lo era aspettato—quando
sei la moglie di un soldato te lo aspetti sempre—ma nell'istante in cui le fu data la
notizia, tramite una sterile lettera con dentro un assegno di mantenimento e il
suo dog tag, il dolore di un possibile abbandono intrappolato nel petto
per tutti quei mesi si era addentrato nelle viscere dello stomaco; un masso che
ti schiaccia sotto di esso e ti impossibilita a muovere un singolo muscolo. Era
scivolata a terra, portandosi dietro la sedia in legno su cui si era appoggiata
per darsi sostegno mentre apriva con mani tremanti la chiusura spessa e
rinforzata della carta plastificata. Le si erano spezzate persino due unghie
nella manovra, ma il sangue che fuoriusciva a lato del suo letto ungueale non
era paragonabile a quello che figurava fuoriuscire dal corpo martoriato di lui—che
aveva decretato la sua prematura dipartita in campo di battaglia.
Non riusciva nemmeno a
singhiozzare mentre leggeva il comunicato battuto a macchina su carta spessa,
non voleva che le lacrime le offuscassero la vista e impedissero di leggere,
assorbire, il significato di ogni parola. Strinse solo il medaglione di riconoscimento
al petto rovente e si accovacciò con il busto sulle ginocchia nude arrossate
dalla caduta. Il vestito dal tessuto leggero che indossava le si era incollato addosso insieme al sudore; se lo strappò di dosso in meno di quattro gesti. Si
diresse in bagno a gattoni e aprì la manopola dell’acqua fredda della doccia
esposta. Prima che il debole flusso di un arancione sbiadito toccasse il piatto
ruvido in cemento, s’infilò ancora in ginocchio sotto il getto e lasciò che
l’acqua via via sempre più gelida calmasse il fuoco funereo che sentiva dentro.
Minacciava di consumarla. Strinse il metallo al petto, accanto alla cucitura
tra la coppa del reggiseno e il ponte e rimase lì—forse per ore. Aspettava di
svegliarsi e realizzare che era solo tutto un nefasto incubo.
—ooOoo—
Non aveva mai visto il
mare—quello vero, che si estendeva oltre la linea d’orizzonte—sentito il
sapore dell’aria salmastra sulla lingua e dentro i polmoni. Avrebbe preferito
di gran lunga crescere circondata da quel clima, piuttosto che in una fattoria
isolata in mezzo alle pianure. O forse
lo pensava soltanto perché non aveva avuto scelta, al tempo?
Si erano sposati sei mesi
prima, in gran segreto per scappare dalla sua famiglia adottiva, con saldo
l’obiettivo di costruirsi una vita degna di essere definita tale—insieme.
Almeno, quelle erano state le intenzioni.
Lei aveva compiuto sedici
anni da poco, ma Sebastian era riuscito a ottenere carte false per sposarsi sia
chiesa sia civilmente, per seguire la volontà di entrambi, anche senza il
consenso scritto dei genitori adottivi di Bloom. Lui ne aveva venticinque, e,
come accade per molti che fanno il suo stesso lavoro, sapere di avere qualcuno
che ti aspetta a casa, pronta e dedita alla visione comune di creare un proprio
nucleo famigliare, era l’unico motivo che lo spingeva a non morire.
Prima di incontrare Bloom, non gli era importato poi molto—le aveva confessato
durante una delle loro innumerevoli e infinite conversazioni—ma da quando
facevano parte l’uno della vita dell’altro, aveva promesso che non sarebbe mai
morto in battaglia. Aveva promesso che sarebbe sempre ritornato da lei. Aveva
promesso una famiglia numerosa, aveva promesso niente più dolore e crudele solitudine…
Era stata sciocca a credere
possibile ognuna di quelle singole promesse. Non sono promesse che un semplice
essere umano può mantenere, come fossero ineluttabili. Non quando c’è una
Guerra intorno che divora sogni e speranze di ognuno.
Oramai la Guerra era
finita—da fin troppo poco tempo per giovare della pace e prosperità che ne
consegue—e il suo primo amore era stato uno degli innumerevoli sacrifici
necessari per combattere la causa. Non avevano tuttavia potuto restituirle il
corpo, neanche un pezzo maciullato dai colpi da seppellire in suo onore.
Vedere quella bara vuota scendere
nel vuoto della terra, era stato come seppellire lei al suo posto. Quella
realizzazione era stata il colpo di grazia, il motivo scatenante del suo totale
abbandono a ogni aspettativa di miglioramento umano.
Il giorno dopo era salita
su una barca traboccante, aveva speso gli ultimi soldi rimasti—insieme a quelli
dell’assegno di mantenimento fornitole—e dopo tre mesi interminabili di viaggio
era giunta a destinazione. Da sola, e con una pancia ormai gonfia e visibile
nonostante gli strati di indumenti, ma con un ultimo focale obiettivo.
Vedere il mare seduta
alla riva delle scogliere irlandesi.
Era stata la terra di
origine di suo marito. Le aveva promesso che, un giorno, l’avrebbe portata
sulle stesse coste che da piccolo osservava per interi pomeriggi, sognando
l’America.
Il destino aveva
riservato alla loro storia una fine dolceamara.
Giunta la notte, e con
nessuno intorno pronto a farle cambiare idea, si asciugò i rimasugli di lacrime
che le avevano pulito le guance e si incamminò a passo costante verso il bordo
del vertiginoso scoglio squadrato su cui si trovava. Indossò il suo dog
tag al collo, lo strinse tra le mani in preghiera ed espresse un desiderio a
bassa voce, contando sulla collaborazione del vento per portare il suo volere
fino in alto nel Cielo, poi inspirò ed espirò il suo ultimo respiro, chiuse gli
occhi e…
Ritornò da lui,
da Sebastian—suo primo e ora unico amore—cullata dalle onde impetuose
del mare infuriato.