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Autore: lady capuleti    12/03/2024    0 recensioni
[Le indagini di Lolita Lobosco]
Lolita ha scoperto del coinvolgimento di Angelo nell'omicidio di suo padre Petresine, tutto questo dopo avergli dichiarato il proprio amore. Angelo ha rinunciato alla sua vita pur di restituirle la verità, è diventato un collaboratore di giustizia e da allora si nasconde per non essere trovato dagli assassini di Petresine.
Essere un collaboratore di giustizia implica interrompere ogni contatto con la vita precedente, costruirsi una nuova identità, ed un nuovo nome.
Saranno capaci entrambi di tagliare quel filo invisibile che alla fine era riuscito ad unirli?
[ Lolita x Angelo ]
Genere: Angst, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non voglio mica la luna
 
 
[Vorrei due ali d'aliante
Per volare sempre più distante, na-ah-ah
E una baracca sul fiume
Per pulirmi in pace le mie piume, na-ah-ah
Un grande letto, sai
Di quelli che non si usan più, na-ah-ah
Un giradischi rotto
Che funzioni però quando sono giù un po', na-ah-ah]
 
 


Stai abusando della tua posizione, e lo sai, ma qualcosa sta soffocando ogni desiderio di mantenerti legale.
 
Eri troppo incazzata quando hai trovato quel biglietto, scritto con la stessa grafia di quello che ha mandato tuo padre a morire.
Forse, più che incazzata, eri delusa... profondamente delusa.
Pochi istanti prima ti stringeva tra le sue braccia, ti diceva di amarti da sempre... poi ti ha gettata nello sconforto, senza preoccuparsi di averti fatta soffrire.
Senza preoccuparsi di continuare a mentirti spudoratamente.
 
Hai chiesto ad Antonio di accompagnarti da lui, ha storto il naso ma ti ha accontentata.
Te lo deve, in memoria di quella promozione che ha ottenuto grazie a te... te lo deve, anche se non vorrebbe essere così tanto in debito con te. Sai che vuole proteggerti, ma tu non hai alcun bisogno di protezione... hai solo bisogno di qualcuno che ti trattenga dal commettere un errore.
Antonio non ci è riuscito.
 
Quando giungete in quel quartiere gli chiedi di andarsene, ma stavolta storce di nuovo il naso e prova a contraddirti. Basta il tuo sguardo a farlo tornare sui suoi passi, non insiste e annuisce piegando il capo in segno di assoluta rassegnazione.
 
«Tieni il cellulare acceso!» ti mette in guardia, e tu lo accontenti con un breve cenno del capo.
 
Pochi istanti dopo ti ritrovi sul portico ma non bussi.
Angelo lo hanno nascosto nella periferia di Molfetta, in una villetta ai margini della campagna; vicino c’è solo una pompa di benzina abbandonata, e perfino le luci dei lampioni sono spente.
Ti guardi intorno, temi che qualcuno possa averti seguita.
Hai paura per lui?
Sei terrorizzata quando la sola idea pare sfiorarti ma non lo ammetterai mai, allora bussi due volte e aspetti.
 
Angelo ti apre e subito ti fa una strana impressione: non sembra sorpreso, piuttosto sollevato, ma quella malinconia da poeta maledetto non ha abbandonato i tratti del suo volto che lo fanno apparire interdetto.
Ti aspettava?
Forse ti ha sempre aspettato. Forse ci sperava.
 
«Voglio farti qualche domanda!» esordisci senza salutarlo ancora troppo dura, ferrea.
 
Si fa da parte rassegnato, e ti lascia entrare in quella che oramai è divenuta la sua prigione.
Non ritrovi l’ordine della sua vecchia casa, e nemmeno quel profumo di legno e mobili nuovi che ti aveva colpito mesi prima.
L’ordine c’è ancora, ma con molti meno oggetti. C’è solo l’essenziale... e molti, molti libri. Leggere dopotutto non è rintracciabile come possono esserlo i cellulari o i computer.
 
Lo guardi sotto le luci fioche delle lampade e ti sembra invecchiato precocemente: la barba è cresciuta riempiendogli il volto ancor di più, i capelli non sono in ordine e la parte sinistra della camicia in lino spiegazzata fuoriesce dai pantaloni nascosta al di sotto del maglione marrone.
Sembrate far parte di due realtà differenti: quella da delinquente, la sua... quella di tutti i giorni, la tua, mentre indossi ancora gli abiti che avevi a lavoro.
 
«Posso offrirti un...»
 
«Non voglio niente da te!» tagli corto, le braccia incrociate al petto.
Non insiste, e ti penti per esser stata troppo dura. Non replica, anzi si porta le braccia al petto a sua volta e resta in attesa.
No. Non sei stata troppo dura. Tuo padre è morto a causa sua. Lui ha tradito tuo padre. Non merita la gentilezza, e non merita la pietà.
 
«Li abbiamo presi... ma nessuno di loro ha ammazzato mio padre. Non materialmente, almeno»
 
«Li avete presi? Tutti?»
 
«Tutti quelli che hai denunciato, Angelo. Quindi due sono le cose... o mio padre l’ha ammazzato il padreterno... o tu non hai detto tutta la verità!»
Stavolta lo stai accusando, direttamente, ma dopotutto i suoi precedenti parlano da soli. Ti ha già mentito più volte, ti ha nascosto la verità per anni... per quanto ne sai, potrebbe star nascondendo o star proteggendo qualcuno a tua insaputa.
 
«Ho detto tutto quello che so...» sibila tra i denti, la mascella tesa.
 
Lo osservi, e quel che fai per professione prende il sopravvento; sta dicendo la verità? Sembra sincero, ma anche quando ti stringeva a Porto Ghiacciolo lo sembrava; anche quando accarezzava la tua pelle nuda, quando lasciava andare il tuo nome fuori dalla bocca.
Sì, sembra sincero, ma purtroppo devi ammettere la triste verità: sei troppo coinvolta, e non sei abbastanza lucida. Nel bene, e nel male.
 
«Nessuno di loro ha ucciso Petresine?»
 
«Nessuno»
 
Sbarra gli occhi ed ora ti sembra spaventato; ti mostri perplessa, e ti chiedi se quella reazione sia studiata a tavolino oppure no.
 
«Sei impazzita, Lolì?» ti spiazza con quella domanda, ma dopotutto è sempre stato un maestro in questo.
 
Si muove nella stanza a grosse falcate, lo spazio è così ridotto che in un istante ha raggiunto la finestra tirando le tende; si avvicina alla seconda ed ultima finestra e scruta fuori, non sai cosa stia cercando ma per fortuna nulla sembra dargli ulteriore pensiero.
Tu non hai paura... forse dovresti averne? Non sei mai stata una sprovveduta, ma in questo momento ti stai comportando come tale.
 
«Impazzita? E perché? Perché continuo a non fidarmi di te?» insisti, ma lui non prova interesse nel confutare le tue ipotesi; ti guarda, dritto negli occhi, e fai fatica a contrastare quello sguardo che ora ti sembra... vero? Ti sembra sincero.
Non lasciarti ingannare, ti ripeti. Sta mentendo.
 
«L’assassino di Petresine è ancora a piede libero... sai cosa significa questo, vero?»
 
«... che ti starà cercando. Che se dovesse trovarti, in pratica, sei un uomo morto...»  il tuo tono è quasi ferale, ti rendi conto di quel piccolo particolare che forse avevi ignorato; deglutisci, rumorosamente, mentre le ultime due parole rimbombano nella tua mente con forza.
 
Un uomo morto... hai paura? Temi per la sua vita?
Continui a ripeterti di no, che non è così, ma la morsa che ti attanaglia lo stomaco ti sta dicendo tutt’altro.
Adesso sorride, lui... un sorriso amaro, mentre si massaggia le guance con le dita per trattenere ogni traccia di ansia.
Non ti piace, quel sorriso. Non ti piace affatto.
 
«Se credi che io sia preoccupato per me...»
 
«... perché, non è così?»
 
«Non hai capito proprio niente, vicequestore Lobosco!»
Si sta prendendo gioco di te, ma lo fa perché è arrabbiato... la sua carotide pulsa con forza contro le pareti della gola. Vorresti incitarlo a continuare, a non lasciare quel discorso a metà, ma sei sicura che lo farà in ogni caso... che ti sbatterà la verità in faccia come un potente schiaffo ben assestato.
Sai già cosa sta per dirti, ma non ammetterai mai che ha ragione.
Non ammetterai mai di esserti lasciata fregare dai tuoi sentimenti, e dal tuo egoismo.
 
«Se dovesse scoprirlo... se dovesse sapere che tu sai... lo capisci che corri un grosso rischio?»
 
«Non ho paura... è il mio lavoro!»
 
«Io ho paura... per te
 
Trattieni il fiato. Continua a sembrarti sincero, e detesti che lo sia proprio ora. Avresti voluto sentire queste parole prima... prima di fare l’amore con lui, su quella spiaggia a Monopoli; prima di confessargli i tuoi sentimenti, appoggiata sul suo petto e stretta tra le sue braccia forti.
 
«... se dovessero farti del male, io...» si avvicina e prova a prenderti il volto tra le mani, ma con un rapido gesto le allontani facendo un passo indietro.
 
«... non mi toccare!» gli sussurri tra i denti.  «Non mi toccare!» ripeti poi, e le sue dita si allontanano come bruciate da un fuoco invisibile.
I tuoi occhi fiammeggiano nei suoi e diviene di nuovo mansueto, silenzioso; ti guarda, però, e in quelle iridi scure percepisci tutta la vacuità degli ultimi giorni.
 
«Non potrebbero mai farmi più male di quello che mi hai fatto tu!» concludi in un sibilo, guardandolo dritto negli occhi.
Forse stai parlando troppo, ma non importa.
Godi nel vederlo star male rinfacciandogli tutto il male che lui ha fatto a te.
 
«So che non potrai mai perdonarmi... lo so...» si mette le mani sul cuore mentre resti a guardarlo. «... cosa posso fare? Dimmi cosa posso fare, ed io lo faro...»
 
Resti immobile col fiato sospeso e le iridi dilatate; non sbatti gli occhi, non riesci ad interrompere quel contatto prolungato perché vuoi che senta tutta la tua ira, che poi è delusione.
Non merita la gentilezza e nemmeno la pietà, ma il tuo cuore se l’è preso e vorresti tanto riaverlo indietro. Non te lo ridarà, lo sai, e questo rende tutto più difficile... più complicato.
In quel momento rivedi quel ragazzino con la faccia da duro e le spalle larghe che tenta di nascondere la sua fragilità; rivedi quel giovane sospeso su quella barca, con una canna da pesca in mano e la sigaretta tra le labbra... quel giovane per il quale hai perso la testa, e non l’hai più ritrovata.
Quel ragazzo che ha commesso un errore fatale che adesso sconterà per tutta la vita. Ed in fondo è proprio vero, era solo un ragazzo, e sebbene questo non lo giustifichi non puoi continuare ad ignorare la cosa.
 
«Riportami mio padre!» sussurri con un fil di voce. Senti gli occhi umidi, le lacrime che minacciano di scendere giù dalle guance.
Sei di nuovo vulnerabile davanti a lui e non hai alcun modo per impedirlo.
 
Sospira e tenta di avvicinarsi ma per un suo piede che avanza il tuo indietreggia, finchè non ti ritrovi con la schiena premuta contro il muro; si ferma, mantiene la distanza, e sai che lo fa per rispetto.
Preferisci che prenda un pugnale e che te lo conficchi direttamente nel cuore, tutto purché possa porre fine a tutta quella sofferenza.
Sai che se potesse realmente restituirti Petresine lo farebbe senza battere ciglio.
Farebbe di tutto, pur di vederti ritornare a sorridere come quando danzavate insieme in Largo Albicocca, in quella che chiamano la Piazza degli Innamorati.
 
Non volevi mica la luna, quella sera, ma solo andare a fare l’amore con lui, ovunque.
Ed è successo.
Oggi cosa vuoi? Vuoi davvero la luna?
 
Le sue mani si appoggiano sulle tue guance e stavolta non le allontani. Il cuore batte forte, le difese crollano e le lacrime bagnano vistose i suoi pollici che dolcemente ti massaggiano le gote; le altre le ricacci indietro, non vuoi che ti veda ancora così.
 
Eviti il suo sguardo, ma il tentativo dura un istante; i vostri occhi si rincorrono fino a trovarsi e le tue mani si appoggiano sui suoi polsi in un tentativo di sentirti sorretta, forse compresa.
Lui ti sorregge davvero, cingendoti i fianchi con un braccio e tenendoti stretta contro il suo petto lì dove ti sei sentita al sicuro... lì dove hai sentito per la prima volta quel calore divampare e riscaldarti membra e corpo.
 
«Ti amo...»
 
«...smettila...» ci provi a contraddirlo, ma ogni tentativo finisce in fumo.
 
«...ti amo...» continua a ripeterti, e lo fa anche quando posa le labbra sulle tue e ritrovi il calore della sua bocca che si scontra con la tua, le vostre labbra che tentano di sormontarsi a vicenda rendendo ancor più forte il desiderio di unirsi.
Prendi il suo viso tra le mani, lui ti stringe i capelli tra le dita con forza... come quella notte, a Porto Ghiacciolo.
 
«...ti amo...» ripete, mentre la tua camicia finisce sul pavimento seguita dalla sua, ed improvvisamente l’anticamera diventa camera e tornate ad accarezzarvi con urgente desiderio... come quella notte, a Porto Ghiacciolo.
Come quella notte sulla spiaggia, quando avete fatto l’amore per la prima volta... quando sei stata sua.
 
________________ . _________________

 
«Ho cercato di odiarti... ci ho provato, con tutta me stessa!» gli riveli molti minuti dopo, quando distesi su quel materasso scomodo giacete nudi sotto al lenzuolo color tortora.
Resta in silenzio senza interromperti, il suo petto è così comodo... più del materasso di certo. Ci strofini la schiena contro, mentre i capelli tornano a disperdersi finendo lungo la sua spalla.
 
Ti massaggia la tempia seguendo le onde della tua chioma ed il loro verso; lo fa con la punta dei polpastrelli, con trasporto e dolcezza... come quella notte, a Porto Ghiacciolo.
Le tue dita si muovono e le unghie stridono contro il suo avambraccio, coperto da un leggero strato di peluria. La sua guancia preme contro la tua tempia, punge appena ma la sensazione è piacevole.
 
«Darei la mia, di vita, se questo servisse a restituirti Petresine...»
 
Socchiudi gli occhi e sospiri, sorridendo appena; non lo guardi, ma ti fidi delle sue parole e ti senti fragile, vulnerabile, mentre diventi creta sotto l’altra mano che ti accarezza la pelle nuda.
 
«Lo so...» ammetti, pensando che il tuo ribrezzo lo abbia castigato per il giusto tempo.
Non puoi odiarlo per sempre perché in fondo non lo odi davvero... ti sei costretta ad odiarlo per gli errori che ha commesso in gioventù, ma la verità è che c’eravate entrambi, in riva al mare, ed i vostri corpi non hanno mentito... così come i vostri occhi.
 
«E sai anche che non puoi tornare qui... vero?»
Lo sai, ma avresti preferito continuare ad ignorarlo.
 
Spesso le leggi sono fatte per essere infrante, ma non in quel caso; non quando ha rischiato la vita per riabilitare il nome di tuo padre dopo avergli a sua volta sottratto la possibilità di farlo da solo.
Devi lasciarlo andare, ma non sei pronta. Non sarai mai pronta. E da come ti stringe, nemmeno lui sembra pronto a farlo.
 
«Ce l’hai fatta alla fine a liberarti di me, uagnù» lo stuzzichi con un risolino.
Lui non ride, ma ti massaggia la spalla a pieno palmo e senti quel punto tornare caldo, bollente; afferri il suo polso e ne sposti il dorso fin a sfiorarlo con le labbra, posandovi un bacio intenso e profondo.
 
Evidentemente non coglie lo scherzo, o forse non ha voglia di scherzare; ti afferra la nuca e la stringe tra le dita tirandoti i capelli con presa forte e sicura.
Cerca le tue labbra che raggiungono le sue ancor prima che sia lui a chiederle. Sospirate profondamente mentre quel bacio toglie il fiato ad entrambi; modelli il suo labbro inferiore tra i canini e lo tiri verso di te, famelica.
Eppure sono le tue labbra a fare male, e ti faranno più male quando non sentirai più le sue a riscaldarle.
 
Il tuo cellulare squilla ed interrompe il vostro bacio. È Antonio, è tornato a prenderti. Anche tuo padre veniva a prenderti quando restavi dalle tue amiche fino a tardi; anche Angelo è venuto a prendere tuo padre, in una di quelle tante notti, per portarlo chissà dove.
 
«Devo andare...» gli sussurri solamente, quasi a malincuore. Ti alzi in piedi e ritrovi rapidamente i tuoi vestiti, infili la camicia e cerchi di riabbottonarla il più rapidamente possibile.
Ti rivesti e quel silenzio torna a tormentarti, così come i fantasmi del tuo passato.
 
Lui si rimette solo i pantaloni, e quando sente che il momento dell’addio è oramai arrivato ti si avvicina nuovamente, cingendoti i fianchi con entrambe le braccia.
Ti tiene stretta, forte, e riesci a sentire la durezza del suo petto a contatto con la stoffa della tua camicia; posi le dita su di esso, distendendole e ritirandole più e più volte.
Vorresti trasformarti in una statua, e rimanere in quella posizione per sempre... stretta a lui, su di un piedistallo, senza la paura di cadere.
 
«Ti amo, mazza di scopa»
Non avrebbe potuto dirtelo, se fosse stato fatto di granito; forse preferisci il battito del suo cuore vivo a possederne uno di pietra. Lo ami anche tu, e glielo sussurri lasciando morire quella dichiarazione su quelle labbra vive e calde.
 
Porti via con te ogni speranza di rivederlo, insieme alle lacrime che scorrono lungo le tue guance ancora bollenti.
Il tuo cuore no, lo lasci a lui, nelle sue mani grandi e capaci di contenerlo interamente.
Sai, dopotutto, che è nel posto giusto.
 
 
 
[Non voglio mica la luna
Chiedo soltanto di stare
Stare in disparte a sognare
E non stare a pensare più a te, na-ah-ah
Non voglio mica la luna
Chiedo soltanto un momento
Per riscaldarmi la pelle, guardare le stelle
E avere più tempo, più tempo per me, na-ah-ah]
   
 
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