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Autore: Maryfiore    15/03/2024    0 recensioni
[Chainsawman]
Pairing: AkixHimeno
Aki alzò la testa verso di lei.
Doveva ammettere che aveva un certo carisma così: porgendogli il pennello come un signore avrebbe porto una spada al proprio cavaliere. Trovò impossibile rifiutare. Mise da parte la lattina e prese il pennello dalla mano di Himeno, accettando tacitamente di diventare il suo cavaliere in quella battaglia.
Battaglia che aveva per nemico un riquadro di tela bianco.
~
Oppure: l'Akihime artist au che nessuno ha richiesto ma di cui io avevo disperatamente bisogno.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La seconda volta che Aki baciò Himeno, l'evento fu delicato e distruttivo insieme. Una carezza del vento su un castello di carte che mandò tutto all'aria nel modo migliore possibile.

Erano nel soggiorno di Himeno - diventata ormai la loro oasi condivisa - a fare nulla di diverso da quello che facevano di solito lì: arte.
Aki aveva un esercizio sulle ombre da consegnarle quando si alzò dalla sua sedia per raggiungerla.

A mettere in moto il tutto fu una scodella d'acqua - una di quelle basse, che Himeno teneva sempre vicino per sciogliere le gouache.

Aki non fece caso al dettaglio, tantomeno alla sua posizione (pericolosamente vicina al bordo).
Passò a Himeno lo sketchbook aperto sull'esercizio e finì per urtare la scodella con la punta del gomito.

Senza pensare si mosse per impedire all'oggetto di cadere, facendo l'errore fatale di lasciare la presa sullo sketchbook. Alla fine fu la scodella a salvarsi. L'acqua fangosa gli schizzò la felpa, continuando a ondeggiare furiosa nella conca di ceramica, mentre i suoi disegni finirono sparsi sul pavimento.

"Mi dispiace" mormorò.

"Non scusarti" lo tranquillizzò Himeno "colpa mia che l'ho fatta finire lì."

Trasferì la scodella in una zona più interna del tavolo, poi si girò e assunse espressione desolata.

"Oh... la tua felpa..."

Aki girò il tessuto per esaminare il danno.

"Non importa. L'altra manica è peggio" disse.

Alzò il braccio destro e rivelò una scia di grafite sfumata su sfondo bianco, come una sorta di via lattea inversa.

"C'è metà del divertimento qui sopra."

Himeno sbatté le palpebre un paio di volte. Lo fissò con un misto di incredulità e ammirazione, poi rilassò le spalle e si sciolse in una risata.

Himeno rideva spesso, e in modo così facile che Aki un po' la invidiava.

Si bloccò a guardarla, dimenticandosi del motivo per cui le si era avvicinato in primo luogo. Se ne ricordò solo quando la vide inginocchiarsi a terra e dire:

"Aspetta, ti do una mano con questi..."

Non aveva abbassato gli occhi sui disegni caduti a terra, non si era minimamente preoccupato di farlo.

Himeno era ferma sul pavimento con lo sguardo rivolto in basso. Silenziosa, guardava il tappeto di disegni senza toccarli, e Aki capì che era troppo tardi. In quel collage di paesaggi, oggetti e studi anatomici aveva riconosciuto se stessa.

Con il panico addosso, abbassò anche lui lo sguardo a terra.

La prima cosa che pensò fu che l'aveva disegnata più volte di quanto ricordasse. Schizzi a matita di decine di espressioni e pose diverse: assorta in un dipinto, di profilo con una sigaretta tra le labbra, a braccia conserte e sorridente sul tavolino del Crossroads...

Come i suoi, anche gli occhi di Himeno si mossero sui vari disegni, seguendo lentamente il percorso invisibile che li collegava.
Negare o tentare di nascondersi dietro una giustificazione inventata al momento sarebbe stato inutile, così Aki rimase immobile. Le labbra serrate e il battito cardiaco nelle orecchie, aspettando una qualsiasi reazione.

Cercò di leggere il suo viso, pronto a trovarvi scandalo o ribrezzo, ma tutto ciò che vide fu una neutralità indecifrabile, il che forse era ancora peggio...

Poi ad un tratto, la sua attenzione si fermò su un disegno in particolare.

Aki lo riconobbe subito. Il primo che l'avesse avuta come soggetto: la fantasia scaturita da una goccia di pittura verde.

Il disegno la ritraeva distesa in mezzo a un campo di margherite, le braccia piegate vicino alla testa, gli occhi socchiusi e lo sguardo morbido. La sua nudità a stento coperta dalla vegetazione.

Himeno lo raccolse tra le mani. Fece scorrere le dita a qualche centimetro di distanza dal foglio, come se stesse tenendo in mano qualcosa di prezioso e avesse paura di rovinarlo.

"È così che mi vedi?" domandò, tenendo il foglio in grembo.

Aki deglutì e abbassò gli occhi.

"Himeno..."

La verità è che non aveva idea di cosa dire, né di cosa fare. Impegnato a ritrovare la voce, non si accorse di averla chiamata - per la prima volta - senza alcun onorifico.

"Guardami" gli ordinò.

Le obbedì.
La sua espressione era ancora indecifrabile, perfino ora che la guardava negli occhi. Poi disse una cosa che Aki non si sarebbe mai aspettato di sentire.

"Vorresti che posassi per te?"

Silenzio.

"Vorresti che posassi per te così?" ripeté lei seria, senza smettere per un attimo di guardarlo.

Aki non sapeva dove avesse trovato la forza per risponderle. L'unica cosa che sapeva era che adesso si trovava seduto su uno sgabello, con lo sketchbook sul ginocchio piegato, di fronte al divano del soggiorno.

Himeno era in piedi in mezzo alla stanza, le mani ferme sull'orlo della camicia.

"Dovrei togliermi questi?" chiese, riferendosi palesemente ai vestiti.

Aki desiderava che smettesse di fargli domande, perché articolare le parole stava diventando sempre più difficile, ma capiva che era un modo per cercare il suo consenso, quindi si costrinse a rispondere.

"Come ti senti più a tuo agio" riuscì a dire.

La voce gli uscì appena più alta di un sussurro, ma Himeno dovette sentirlo lo stesso, perché alzò i lembi della camicia e iniziò a spogliarsi.

Aki pensò che avrebbe dovuto distogliere lo sguardo, anche se non era molto sicuro di quale fosse il punto nel farlo, visto che di lì a poco avrebbe dovuto per forza guardarla per disegnare. In ogni caso dubitava fosse molto professionale il modo in cui lo stava facendo.

I suoi occhi erano magnetizzati su di lei, seguendo ogni minimo spostamento di stoffa, agganciandosi a ogni nuova porzione di pelle che veniva scoperta.

Che Himeno fosse bella, Aki lo sapeva; era stata una delle prime cose che aveva pensato di lei quando si erano incontrati. Eppure il termine sembrava adesso inadeguato per descrivere quello che i suoi occhi stavano vedendo.

Inconsciamente iniziò subito a pensare per linee, volumi, luci e tonalità.
C'era un'eleganza fluida nei punti in cui il suo corpo si curvava, in quelli in cui si riempiva e quelli in cui si affusolava, come un disegno realizzato senza mai staccare la matita dal foglio.
Indossava un completo intimo verde bosco, sobrio nello stile, non molto nel colore, ma Aki trovava affascinante il contrasto che creava sulla sua pelle d'alabastro.
La luce del sole la colpiva lateralmente, lasciando in ombra metà del viso, e l'iride turchese si stagliava in quell'oscurità come un astro nella notte.

Himeno stava per tirare giù la spallina del reggiseno, ma prima che lo facesse incrociò il suo sguardo. Aki vide l'esitazione attraversarle il viso e la sua mano tornare lungo il fianco.

Rimasta in biancheria, si appoggiò al divano e vi si distese sopra imitando la posa del disegno.

"Puoi dirmi di spostarmi o di cambiare posa, se vuoi."

Questo gli fece realizzare che adesso doveva ritrarla. Sebbene lo avesse già fatto altre volte, ora che posava proprio di fronte lui gli sembrava un'impresa totalmente al di fuori della sua portata.
Come poteva riuscire a trasferire su un mero foglio di carta un'immagine così divina?

Decise che ci avrebbe provato ugualmente, anche solo per bearsi del privilegio di ammirarla senza nascondersi.

All'inizio si focalizzò sul serio sul disegno. Si impegnò per continuare a ragionare su linee, volumi, luci e tonalità, suggerendo piccole modifiche alla posa e consentendole di sgranchire gli arti ogni tanto, mentre le sue mani prudevano dal desiderio di toccarla.

Se si concentrava abbastanza, se ignorava l'eccitazione contrarsi e avvilupparsi nell'addome, poteva apprezzare la tranquilla intimità di quel momento. Poteva ascoltare il rumore della grafite sulla carta, compiacersi della sensazione di guardare ed essere guardato, di quell'assaggio di potere che provava nel modellarla con i suoi occhi.

Le chiese di voltare leggermente la testa, in modo che la luce delineasse i dettagli del suo viso.

Alzò gli occhi dal foglio per avere un riscontro con il modello, solo per rendersi conto che Himeno aveva una mano tra le gambe. La guardò in viso e la vide respirare profondamente, come se fosse affaticata.

Gli si annodò lo stomaco alla vista.

"Aki" lo chiamò. E lui posò la matita.

Si alzò, come seguendo il richiamo di una sirena, e camminò verso di lei.
Si inginocchiò all'altezza del suo viso e la guardò.

Himeno gli accarezzò una guancia con la mano libera.

"Tu... hai degli occhi pericolosi" gli disse, "li sento bruciare sulla mia pelle."

Aki espirò e si appoggiò al suo tocco.

"Vuoi che smetta?" le chiese.

Lei si sporse con il busto.

"Vorrei continuassi in eterno."

Un secondo dopo le labbra di Aki erano sulle sue.

Baciare Himeno era come affondare nel burro. Le sue labbra erano morbide e tiepide, e diffondevano una sensazione di scioglievolezza attraverso tutto il suo corpo.

Sentì le sue mani circondargli il viso mentre giocava dolcemente con il suo labbro inferiore. La sua lingua esercitava una delicata pressione, chiedendo un accesso che Aki le consentì senza resistenze. Avrebbe mentito se avesse detto che il sentore acre di sigaretta non lo aveva disorientato a primo impatto, sebbene fosse appena un accenno, coperto da quello più recente del caffè. Tuttavia, la sensazione era così piacevole che smise di farci caso nel giro di pochi secondi.

Inseguendo la sua bocca, finì per sovrastarla parzialmente, sostenendosi allo schienale del divano con una mano.

Himeno gli succhiò la lingua, ed era tutto così lento e morbido, eppure così prepotentemente intenso che la tensione si liberò dal suo petto sotto forma di un gemito.
Lo tirò più vicino finché non le fu sopra. Aki si tenne in equilibrio precario, cercando di non schiacciarla col suo peso e allo stesso tempo di non cadere dal divano. Si sentiva un po' goffo in quel modo, ma il desiderio eclissava tutto il resto.

Al primo bacio ne seguì un altro, poi un altro ancora, e non era lontanamente abbastanza.

Le sfiorò il collo con le labbra, affondò la lingua nell'incavo della sua clavicola e sentì i suoi fianchi sollevarsi brevemente contro i suoi.

"Ah-Aki... Aki, aspetta..."

Spaventato dal nervosismo nella sua voce, Aki si fermò immediatamente e si allontanò per guardarla.

Ciò che vide lo rese ancora più inquieto. Per la prima volta Himeno aveva un'espressione fragile negli occhi. Ruppe il contatto per abbassarli sul vuoto tra i loro corpi, come se volesse controllare che ci fosse ancora.

"Ascolta" cominciò con fiato tremante, "Non voglio che tu ti senta costretto ad assecondarmi in questo, o a fare qualcosa di cui non sei sicuro solo perché si tratta di me. Perciò ho bisogno... ho bisogno di sentirti dire che questo va bene. Che ne sei sicuro... okay?"

Aki annuì lentamente e le scostò i capelli dalla fronte per rassicurarla.

"Ne sono sicuro. Ti voglio, Himeno."

Le comparve un piccolo sorriso sulle labbra.

"Ti voglio anch'io" rispose, ma i suoi occhi erano sfuggenti e la muscolatura era tesa sotto di lui.

"Ma non è solo questo il problema, vero?" domandò cauto.

Himeno schiuse le labbra e sospirò.

"Ci tengo a te, Aki. Davvero..."

Le parole smossero il suo cuore e Aki non riuscì fare a meno di arrossire. Avrebbe voluto dirle che per lui era lo stesso, che ci teneva, che l'amava, maledizione...
Avrebbe voluto baciarla affinché lo sentisse sulla sua pelle, ma non voleva interromperla, così si piegò sui gomiti e riprese ad accarezzarle piano i capelli.

Il gesto sembrò rilassarla e i suoi pollici tracciarono cerchi sui suoi zigomi in risposta. Passò qualche secondo di silenzio prima che tornasse a parlare.

"Non voglio che tu sia il mio sesto disastro" ammise alla fine.

Oh... quindi era di questo che si trattava.

Aki pensò a se stesso un anno prima: un ragazzo dallo sguardo spento, privo di interesse per qualunque cosa e perennemente arrabbiato con il mondo; che camminava trascinandosi dietro pesanti catene di rimpianto e senso di colpa, già stanco della vita a diciannove anni.

Poi pensò a se stesso adesso. A come la foto di Taiyo nel portafoglio gli sorrideva senza più sembrargli minacciosa, e a come - osservando il cielo - immaginava di continuare con un pennello la scia bianca lasciata dagli aerei.

Guardò Himeno negli occhi con tutto l'amore di cui era capace, e con certezza le disse:

"Non lo sarò."

Per un attimo credette di averle visto gli occhi lucidi, prima che gli allacciasse le braccia dietro al collo e lo baciasse di nuovo.

Mantennero un ritmo lento, prendendosi il tempo per assaggiarsi a vicenda, lasciando vagare le mani solo dove la pelle era già scoperta.

Fu Himeno a prendere silenziosamente il controllo. Si liberò degli ultimi vestiti e invertì le loro posizioni sul divano. Ora era seduta sul suo grembo, le ginocchia ai lati dei suoi fianchi e le mani poggiate sul suo petto. Per qualche motivo, Aki si sentì subito più a suo agio così. Forse era legato al fatto che fosse la sua prima esperienza...

Glielo confidò quando furono entrambi nudi. Himeno gli sorrise confortante.

"Va tutto bene, ti conduco io se vuoi. E finché piace a entrambi possiamo tenere questa posizione."

In accordo comune, decisero di seguire questa strada.

Himeno guidò le sue mani e la sua bocca con gentilezza, gli spiegò dove toccare, dove leccare e come farlo, e Aki ne amò ogni singolo secondo.
Di tanto in tanto azzardava un'iniziativa, studiava le sue reazioni, e lì dove incontrava un gemito o il suo nome, la portava avanti.
Continuarono così fino a quando non si fusero insieme, fino a quando Aki non perse i confini del suo corpo dentro di lei, dondolando su ritmiche onde di piacere.

Himeno si chinò per succhiargli un livido alla base del suo collo, mentre lui disegnava universi caotici con le dita sulla sua schiena.
Gli morse la giugulare e Aki gemette forte. Si inarcò contro di lei, gemiti e lamenti gli scivolavano incontrollati dalla labbra e i fianchi scattavano in alto a ritmo irregolare.
La strinse fra le braccia e poco tempo dopo il suo piacere scivolò su di lui, mescolandosi al proprio come due colori sulla tavolozza.

E Aki pensò che anche quella fosse arte.

   
 
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