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Autore: elenatmnt    19/03/2024    1 recensioni
In un futuro lontano, dove non c'è futuro. Quando la tua famiglia non esiste più, oppure c'è, ma è la causa di tanto male. E allora li cerchi, li stani, li catturi... infine, altro non desiderei che condannarli a morte. Perché quando non c'è anima, si diventa solo una cosa: una bestia senza Dio.
Genere: Angst, Dark, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Capitolo 1
Bere il caffé

<…Non si parla d’altro a New York, ormai è certo: la spietata banda di terroristi è stata catturata…>
 
<…Fermato il trio di sovversivi conosciuto col nome di “Bestie senza Dio”… >

<…nonostante nello Stato di New York la pena di morte sia stata abolita dal 2007,
la popolazione chiede di applicarla ai tre famigerati killer in via del tutto eccezionale…>

<…la polizia non si espone nel lasciare informazioni…>

<…rimangono ancora ignote le vere identità degli assassini…>

<…il merito della cattura va all’’Ispettore Hamato e al Dipartimento di Polizia…>

<…dopo trent’anni di atrocità, New York dormirà sonni tranquilli…>.


L’adulta tartaruga spense la TV, ovunque si voltasse e si girasse non si parlava d’altro in giro. Strade, giornali, pettegolezzi, televisione, persino graffiti inneggiavano all’arresto più famoso della storia. La città era in fermento per la notizia, dopo trent’anni di terrore e omicidi, la banda più famigerata del mondo era stata arrestata.
“Che diavolo!” brontolò la tartaruga, neanche a casa poteva avere un po’ di pace; ora che era un adulto di mezz’età, comprendeva il desiderio di suo padre di calma e silenzio, quando da piccolo lo rimproverava del suo caos.
Ci era ricascato, ogni scusa era buona per tornare indietro nel tempo.
Ricordi e rimpianti, di quello viveva Raffaello. E… una missione: catturare le Bestie Senza Dio.
Ci era riuscito.
Ci aveva messo trent’anni, due mesi e undici giorni; li aveva fermati una volta per tutte. Erano la sua ossessione più grande.
Ora che li aveva catturati cosa restava alla sua vita?
Lo attendeva una pensione e poi null’altro. Niente interessi, niente famiglia, niente hobby, nulla che non fosse il suo lavoro. Ed era ad un passo da lasciare anche quello.
Maledetta solitudine. Maledetta vita.
Che poi non era nemmeno così tanto grande, solo l’anno prima aveva compiuto cinquant’anni anche se a guardarlo sembravano molti di più. Sigarette e alcol non avevano giovato di certo al suo corpo, non era un ubriacone, ma il whiskey ed il brandy di certo non mancavano mai in casa.
La sua salute cagionevole e l’impeccabile lavoro gli avevano permesso di anticipare di anni la sua pensione; non che ne fosse felice, ma quelli erano stati gli ordini dai ‘piani alti’.
Il cielo aveva iniziato ad albeggiare all’orizzonte, illuminando lievemente il suo modesto appartamento al settimo piano in pieno centro della città.
Un salone centrale abbastanza spazioso era arredato in stile industriale; TV e divano erano la priorità per uno che come sport faceva zapping col telecomando; il tavolino dei liquori era a portata di mano. Le pareti erano spoglie, nessuna foto o quadro, solo una libreria non molto piena, un orologio da parete e un paio di sai gemelli e una maschera rossa appesi al muro, le sue vecchie armi, simbolo di una vita che aveva abbandonato da anni.
E, per quanto non li usasse più spesso come un tempo, in un angolo del salone c’erano il sacco da box e una rastrelliera con i pesi. La piccola cucina rossa a vista con un bancone da bar, dava un leggero colore all’ambiente. Camera da letto e bagno erano le altre due stanze che completavano il bilocale del mutante.
Sia per il costante ed incessante lavoro svolto, per il salario oneroso e le innumerevoli ferie arretrate, di certo Hamato Raffaello avrebbe potuto permettersi di molto meglio rispetto al discreto appartamento. Lui scelse poco, era fatto così, gli bastava.
Raffaello si era già infilato i pantaloni; prima di mettersi la camicia, si spazzolò per bene i denti e si lavò la faccia con acqua ghiacciata. Una, due, tre volte. Sarebbe stata una dura giornata, l’acqua fredda era un toccasana per scacciare i cattivi pensieri. Afferrò la camicia extra large e la indossò accuratamente.
“Dove ho messo la cravatta? Accidenti!” vagò per la camera da letto cercando ovunque finché un rumore sospetto proveniente dal salone, lo mise in allarme: qualcuno era in casa.
La pistola l’aveva in camera, aveva l’abitudine di metterla nel comodino. Con movimenti silenziosi la tirò fuori e varcò la porta della stanza fino ad arrivare in soggiorno.
“Fermo dove sei!” urlò minacciando la figura femminile in piedi davanti a lui. La conosceva bene. “April?! Ma che diavolo ci fai qui?!”
“Che bel buongiorno Raph” ironizzò la sua amica dalla chioma rossa per nulla intimorita dalla minaccia.
“Merda, mi hai spaventato” abbassò l’arma. “Sei entrata dalla scala antincendio per caso?”.
“Si”
“Hai deciso di fare la ragazzina? Perché l’hai fatto?”.
“Per evitarti delle scocciature!” disse strafottente avvicinandosi alla cucina. “Hai fatto il caffè?”.
April era la sua migliore amica, sua sorella. L’umana che sin da ragazzina era entrata a far parte della sua vita. Lei era la moglie o per meglio dire la vedova, del suo migliore amico Casey. April O’Neil era tutto quello che aveva: lei era amica, sorella, famiglia, confidente e capo. Si, April era il Capo Divisione del Dipartimento di Polizia di New York e lui era l’Ispettore Hamato. Lavoravano insieme. A lavoro erano formali, distaccati, professionali. Ma al di fuori, erano semplicemente fratello e sorella.
Molti anni prima, quando i mutanti erano stati accettati dalla società, quando Raffello aveva perso il padre e i fratelli, April e Casey lo avevano aiutato a non lasciarsi andare, gli erano rimasti vicino e lo avevano spronato a studiare. Se era giustizia che voleva, di certo non l’avrebbe trovata nella vendetta. I due amici umani lo incitarono a perseverare nei suoi obiettivi prendendo la via della legge e non quella della giustizia privata.
Fu così che in pochissimo tempo Raffaello fece una brillante e promettente carriera. Risolse più di cento casi, ne rimaneva solo uno che appena il giorno prima aveva risolto.
Restava solo una cosa da fare: l’interrogatorio.
“Il caffè lo trovi al solito posto! Ma non mi hai ancora risposto come si deve” insistette il mutante.
La donna aveva all’incirca l’età di Raffaello, era poco più grande, ma al contrario della tartaruga, lei sembrava molto più giovane. Era vestita con un impeccabile ed elegante tailleur nero, i capelli raccolti un fulvo chignon e labbra color rubino risaltavano sulla carnagione molto chiara. Si servì da sola come fosse a casa sua; per il rapporto che avevano, quella era a tutti gli effetti casa sua.
“Ci sono già solo un milione di giornalisti che ti aspettano giù! Dovrai uscire dalla finestra e prendere le scale antiincendio per evitarli!”.
“Non potevi chiamarmi per dirmelo?” chiese lui infastidito abbottonandosi la camicia.
“Ci ho provato, ma non hai risposto!”.
“Sul serio?”.
“Si” ne uscì un tono scocciato.
Prendendo il cellulare, effettivamente Raffaello si rese conto solo in quel momento delle chiamate perse.
“Accidenti, ho messo il silenzioso”.
“Sei un genio” ironizzò “come Ispettore dovresti essere sempre rintracciabile…”
“Volevo un po’ di pace. È chiedere troppo?” alzò la voce.
April non se la prese, era abituata a quel carattere, anzi, solitamente gli rispondeva a tono e riusciva a metterlo in riga immediatamente; quel giorno era diverso dagli altri, la donna sapeva che dietro la corazza invisibile che lui si era creato, in realtà il suo amico stava soffrendo molto più di quel che dava a vedere.
“Raffaello ascoltami… Non sei obbligato a venire…”.
“Cosa?”.
“Non è necessario che li interroghi tu”.
“Stai scherzando spero”.
“Nessuno ti toglierà il merito. Tutti già sanno che le Bestie Senza Dio sono stati catturati dall’Ispettore Hamato e…”.
“Credi che io lo faccia per questo?” la interruppe bruscamente lui.
Un pesante silenzio li avvolse; April bevve un sorso di caffe amaro, era una scusa per distogliere lo sguardo dagli occhi dorati e iracondi che celavano tanta disperazione.
“So perché lo fai Raph…” bevve ancora e poi posò la tazza. “Tu vuoi accertarti che quelli non siano realmente i tuoi fratelli”.
“Io… Io… Insomma, voglio solo concludere questo caso. Il mio caso. Poi avrò finito”.
“Raph, non è necessario negarlo. Vuoi evitare l’argomento? Perfetto evitiamolo, ma non fingere con me. Ad ogni modo sappi che io… io li ho visti. Quelli non sono i tuoi fratelli… Non lo sono più”.
Non lo sono più.
I suoi fratelli.
Raffaello lo sapeva, sapeva che quella cattura era solo l’inizio di una lunga agonia, un concatenarsi di eventi e ricordi che lo avrebbero messo faccia a faccia con il passato e con la cruda e triste realtà.
Il respiro affannato e sonoro di Raffaello interruppe bruscamente la faida silenziosa di sguardi tra loro; il mutante si portò una mano al petto cercando di regolarizzare il respiro che non accennava a stabilizzarsi. April si allarmò anche se sapeva bene di cosa si trattava.
“Dove hai l’inalatore Raph?” chiese lei provando a rimanere calma.
Raffaello senza parlare ed ansimando più forte, indicò l’impermeabile gettato a casaccio sulla spalliera del divano. La donna rovistò nella tasca e trovò l’oggetto che da circa un paio di anni era diventato di indispensabile importanza per suo fratello mutante.
“Ecco, fai due respiri” consigliò lei.
Appena Raffaello sembrò calmarsi, lo accompagnò al divano e lo fece sedere.
“Male…di…zione” imprecò lui riprendendosi.
Gli ci vollero un paio di minuto per tornare alla normalità, April gli era seduta accanto e gli accarezzò la spalla.
“Meglio?”.
“S..si”.
“Fumi ancora vero?”.
“…Che palle April…”.
“Raffaello!” il tono era di rimprovero.
“Scusa non volevo risponderti così”, appoggiò la testa alla testata del divano e chiuse gli occhi qualche istante. “April…” il suono della sua voce era decisamente più sottomesso e triste.
“Mmm?”.
“Ti supplico, non togliermi il caso. Ti prego” l’amica umana percepì nella voce, quel fiato spezzato che precede il pianto, era per questo che Raffaello aveva chiuso gli occhi, per non scoppiare in lacrime davanti a lei.
April si alzò dal divano e si diresse verso la cucina senza rispondere, versò del caffè in una tazza e riprese tra le mani quella che aveva posato prima. Stava dando il tempo al suo amico di ricomporsi, sapeva quanto lui fosse orgoglioso. E se doveva cominciare una dura giornata, per lo meno gli avrebbe permesso di affrontarla con tutta la dignità che Hamato Raffaello meritava.
“Tieni!” gli porse la tazza e Raph aprì gli occhi accettando la bevanda calda. Stava aspettando la risposta. “Non ti toglierò il caso. So quanto è importante per te”.
“Oh grazie April… Grazie…”.
“Ma…”, lo interruppe, non aveva ancora finito “… se non sarai obiettivo nelle tue valutazioni, se dovessi percepire un minimo di risentimento personale o se la faccenda sarà deleteria per te. Bhe, a quel punto sarò costretta a toglierti il caso. Chiaro?”.
“Si signora” rispose in tono basso Raffaello. April era seria, stava parlando non solo come amica ma anche come capo.
Il sole era sorto sulla città di New York e l’appartamento era decisamente più luminoso. Raffaello voltò gli occhi verso il mobiletto dei liquori e vide che la sua cravatta era appoggiata lì sopra, probabilmente la sera prima aveva bevuto un po’ troppo per ricordarselo. Raffaello si alzò, trangugiò d’un fiato ciò che aveva nella tazza, poi prese la cravatta snodata tra le mani.
“Hey Raphie…”.
“Raphie? Una vita fa, forse”, sorrise lui.
“Allora, Ispettore Hamato. Voglio solo dirti che sono fiera di te”. Il mutante rimase stranito, di certo April gli diceva sempre delle parole affettuose ed anche lui col tempo era diventato meno duro, non aveva bisogno di essere ostinato; la vita lo aveva segnato abbastanza, il suo lavoro lo conduceva ad essere risoluto; con lei almeno, poteva essere semplicemente Raffaello.
“Io… ehm… Grazie” fu la semplice risposta imbarazzata. “April devo chiederti un ultimo enorme favore”.
“Si?”.
“Mi faresti il nodo alla cravatta?!”.
   
 
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