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Autore: dirkfelpy89    21/03/2024    1 recensioni
[Storia partecipante al contest Introspettivo: Pensieri, emozioni e sensazioni indetto da inky_clouds ed elli2998 sul Forum di EFP]
"Godetevi questi ultimi momenti di innocenza," disse infine il sergente, il tono della sua voce carico di tristezza, "perché domani le cose cambieranno. Sarete costretti a fare scelte difficili, a combattere per la vostra vita e a compiere azioni che potrebbero lasciare un segno indelebile sulla vostra anima. Potreste finire per odiare ciò che diventerete, o potreste non avere il tempo di farlo perché il nemico vi ucciderà. Comunque vada, sarete qualcosa di profondamente diverso da quello che siete ora."
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Peso del Cambiamento

 



Somme, 1916

Ricordo ancora l’ultima notte che precedette il mio arrivo in prima linea. Non me la scorderò finché campo, molto probabilmente.
Mi trovavo accanto al fuoco di un accampamento militare, circondato dalla nebbia gelida e dal silenzio inquietante delle Somme. Eravamo allora una compagnia di reclute, giovani e spaventati, con lo sguardo perso nel vuoto delle fiamme che danzavano nel buio.
Il freddo pungente, come un'aguzza lama, si insinuava nelle nostre ossa, mentre il calore del fuoco si ergeva come un'ancora di speranza, unica protezione contro il gelo spietato della notte.

Il sergente McKay aveva radunato il nostro plotone, tremante di freddo e paura, intorno a un focolare. Era riuscito, chissà come, a rimediare un po' di vino e lo aveva condiviso con noi. Fu un gesto sorprendente, considerando la sua solita severità e l'imponenza che incuteva nel plotone. Ci guardavamo l'un l'altro con occhi stupiti, quasi increduli di vedere il sergente lasciarsi andare in un momento di debolezza umana.
Eppure, quel gesto semplice e umano ci avvicinò a McKay in modo nuovo, spezzando la distanza tra noi e lui data dalla differenza di età e di grado.

E poi, improvvisamente, il sergente si lasciò andare a una confidenza, rompendo il silenzio cupo che avvolgeva il focolare.
"Vorrei tanto tornare indietro nel tempo e cambiare quello che ho fatto," disse, la sua voce impregnata di rimorso e amarezza. Gli sguardi di noi ragazzi si posarono immediatamente su di lui, un misto di sorpresa e sgomento dipinti sul volto di ciascuno.

Era come se il velo dell'autorità e della distanza tra sergente e reclute si fosse improvvisamente dissolto, lasciando spazio a un uomo vulnerabile e tormentato dai fantasmi del passato. Nessuno disse una parola; la paura di interrompere quel momento prezioso e inedito era palpabile.
L’uomo terminò di bere dalla bottiglia e poi scosse la testa.
“Ormai dovrei esserci abituato. Ho trascorso un’anno in questa merda, uccidendo orde e orde di tedeschi senza nome. Lo faccio per la Gran Bretagna, per il re," disse, cercando di infondere un senso di orgoglio nelle sue parole, "perché è quello che un soldato fa. Ma a volte il peso è troppo grande.”

Nel suo sguardo, tutti noi potevamo leggere un peso insopportabile, fatto di scelte sbagliate e di vite spezzate, che si riflettevano nelle rughe della sua fronte e nei suoi occhi stanchi.
Nessuno, ancora una volta, fiatò.
"Godetevi questi ultimi momenti di innocenza," disse infine il sergente, il tono della sua voce carico di tristezza, "perché domani le cose cambieranno. Sarete costretti a fare scelte difficili, a combattere per la vostra vita e a compiere azioni che potrebbero lasciare un segno indelebile sulla vostra anima. Potreste finire per odiare ciò che diventerete, o potreste non avere il tempo di farlo perché il nemico vi ucciderà. Comunque vada, sarete qualcosa di profondamente diverso da quello che siete ora."

/ / / / / / /

Quella scena mi ritorna prepotentemente in testa mentre cammino dentro un denso e sporco strato di melma, le gambe pesanti, mentre il peso della mia stanchezza si fa sempre più opprimente, come se fosse un macigno sulle mie spalle.

Ripenso alle parole del sergente McKay mentre torno dalla prima linea dopo una settimana di morte senza fine
"Godetevi questi ultimi momenti di innocenza, perché domani le cose cambieranno," aveva detto.
E ora, mentre mi trovo qui, circondato dal fango e dall'odore della morte, mi rendo conto di quanto quelle parole siano state vere e profetiche.
Avrò davvero saputo apprezzarle abbastanza?

Ma che cos'è poi l'innocenza in questo inferno?
L'ho vista morire migliaia di volte negli occhi di chi mi è morto accanto, dissolta nei gas tossici e dispersa tra i crateri delle esplosioni.
Ho ucciso uomini che non conoscevo, solo per salvarmi la vita, strappando la loro a calci e morsi.
La mia innocenza è scomparsa insieme a ogni speranza di pace e normalità; adesso capisco il motivo del discorso di McKay. Aveva cercato di prepararci a questo momento, a quando avremmo sentito le mani costantemente bagnate di rosso sangue.
Ma una persona può mai essere pronta per tutto questo?

E allora, quasi per non impazzire, mi ritrovo a pensare alla mia vita prima di questa guerra, alla fidanzata che mi aspetta a casa. Mary, riesco ancora a vedere il suo sorriso, così luminoso e pieno di speranza. Vorrei poter abbracciarla ancora una volta, proteggerla dal terrore e dalla distruzione che mi circonda.
Poi la mente va alla famiglia, al padre severo, con il suo sguardo penetrante e le parole sagge. Mi manca il suo conforto, la sua guida in questo momento di oscurità. E mia madre, così premurosa e apprensiva, che ha sacrificato tanto per noi.
Mi chiedo se saranno fieri di me, di quello che sto facendo qui, lontano da casa. Di quello che sono diventato.
Se mai tornerò al calore del loro focolare.

Carri e carri di feriti passano accanto a me, riportandomi crudelmente alla dolorosa realtà.
Sono tanti, mi fermo un secondo per posare il mio sguardo sulle grandi croci rosse piene di poveri sventurati. Il rumore dei gemiti dei feriti si mescola al fragore lontano dei cannoni, formando un mosaico cacofonico di disperazione e morte che permea l'aria intorno a me. L'odore della morte, acre e penetrante, impregna l'aria intorno a me, avvolgendomi in un abbraccio opprimente. È un odore che non riesco a sfuggire, una presenza costante nella mia breve vita da soldato qui, nelle Somme.

/ / / / / / /

Dopo un’ora arrivo finalmente allo stesso accampamento che mi ha ospitato solo qualche giorno fa. Allora partivo come ragazzo pieno di speranze e fantasie, ora torno come uomo disilluso e sull’orlo di un crollo fisico ed emotivo.
È già notte, le lanterne a olio fumiganti illuminano appena il campo, lasciando ampie zone nell'oscurità, dove ombre sinistre sembrano danzare tra i rottami dei veicoli militari e gli scatoloni d'approvvigionamento.
Il rumore costante di martellate, fucilate e ordini urlati riempie l'aria, creano una sinfonia caotica e spaventosa che penetra nelle mie orecchie come un'ossessione.
Dietro ogni tenda, si delineano i volti segnati dall’orrore della guerra, espressioni stanche e spente di soldati che lottano con la paura e la disperazione, ombre sbiadite di ciò che erano prima dell'inizio del conflitto.

Il mio plotone è stato falciato dalle mitragliatrici nemiche durante il primo assalto. Sono riuscito a sopravvivere nascondendomi in una buca prodotta dallo scoppio di un proiettile d'artiglieria crucca.
Ho pianto, invocato Dio e mia madre, me la sono fatta addosso e ho perso ogni bagliore di umanità. Non più soldato di Sua Maestà ma una semplice biscia che striscia nel fango francese.
Solo in cinque siamo riusciti a tornare indietro, uno di questi è stato il sergente McKay.
Quell'uomo così cupo e parco di parole è in breve diventato una guida imprescindibile per noi reclute. Molte volte abbiamo scambiato qualche scampolo di conversazione ma mai siamo tornati sulla sua confessione di qualche giorno fa. Sento un bisogno fisiologico di vederlo, di parlargli, di capire se questo vuoto che sento è normale oppure no.

Ci impiego quasi due ore, ma finalmente lo trovo, intento a parlare con un’altro ufficiale. La sua voce, profonda e decisa, risuona nell'aria carica di tensione, mentre mi faccio strada tra le persone che popolano l'accampamento.
In questi cinque giorni abbiamo già avuto diverse occasioni di parlare, ma desidererei chiedergli mille altre cose.
E finalmente, quando l'ufficiale si congeda e McKay si volta verso di me, il suo sguardo severo ma gentile mi penetra fino all'anima.
Tutto quello che avevo preparato da dire svanisce nel momento in cui i nostri occhi si incontrano.
I mille dubbi, le domande, le preoccupazioni per il futuro. Incontro quegli occhi e ripenso a quella sera, cinque giorni fa.

Senza pensarci due volte, mi lancio verso di lui e lo abbraccio con forza, ignorando ogni timore o riserva.
Non importa se siamo due uomini, compagni d’arme, che altri potrebbero guardarci con sospetto o disapprovazione.
Non importa nemmeno che io dica qualcosa, calde lacrime cadono dai miei occhi, incontrollate.

Dopo un momento di incertezza, percepisco il sergente rispondere al mio abbraccio, il suo corpo, prima rigido, si rilassa leggermente sotto la mia presa, un gesto di comprensione che ho anelato così a lungo…
Le sue parole, sussurrate, appena udibili, mi raggiungono come un sussurro nel vento: "Lo so, lo so. Ora hai capito."

/ / / / / / /



È stato difficile tornare a scrivere una originale, non lo facevo soprattutto per un contest da anni.
Adoro le storie introspettive, adoro vedere un personaggio e cercare di capirne l'essenza. Spero che questo mio tentativo possa essere stato apprezzato e che questa storia possa esservi piaciuta e che siete riusciti ad afferrare l'essenza di questo soldato senza nome!

  
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