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Autore: JeanGenie    24/03/2024    0 recensioni
"Metti in infusione le tisane. È arrivata."
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Scritta per la Challenge "Puoi scriverlo, ma a queste condizioni" del Forum "Siate curiosi sempre" ( https://siatecuriosisempre.forumcommunity.net/m/ )
Genere: Hurt/Comfort, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Generale Hux, Rey, Rose Tico
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La tizia dell’Holonet non smetteva di parlare. Aveva appena usato il verbo riflessivo “sbriciolarsi”, il che era la cosa più strana che Armitage Hux avesse mai sentito da quando aveva smesso di avere a che fare con gente convinta di poter usare un’entità invisibile e onnisciente chiamata Forza. Non che non credesse alla sua esistenza. L’aveva provata sulla propria pelle fin troppo spesso. Ma per lui era poco altro che la manifestazione di qualche trucco ben riuscito. 

Ma restava il fatto che la tizia aveva detto proprio che le sonde mandate nelle Regioni Ignote riferivano che, in alcuni punti, lo spazio sembrava sbriciolarsi.

Assurdità. E comunque… anche se così fosse stato? Lui viveva in un grazioso appartamento su Coruscant, sotto falsa identità, con la donna della sua vita. Era felice, soddisfatto, e faceva perfino un lavoro che gli piaceva. Perché avrebbe dovuto interessarsi di ciò che succedeva nelle Regioni Ignote?

Perché… perché…

Armitage Hux si alzò dal divano, liberandosi dalle coperte in cui si era avvolto per tentare di scaldarsi. Inutilmente. Aveva proprio voglia di farsi una bella tisana.  Secondo Rose a volte era meglio che imbottirsi di farmaci. Ma lui non  aveva  l’influenza. Lui stava morendo, no? Arrancò verso la zona cucina mentre la tizia delle news passava la parola a un esperto di politica interna. Fra poco Rose sarebbe stata a casa, quindi preparò una tazza anche per lei. 

Eh, sì. Rose. Rose che faceva cose strane…

Perché il giorno prima l’aveva chiamata la sua amica. Ed erano uscite insieme.

Nessun problema. Rose che usciva con un’amica. Tutto normale. Solo che l’amica era lei.

Ricomparsa dopo anni. La cercarottami. La Jedi. Una parte di storia che sperava che Rose si fosse lasciata alle spalle. E anche lui. 

L’ultima Jedi non era tornata nella vita di Rose perché aveva voglia di fare quattro chiacchiere. L’ultima Jedi era  tornata nella vita di Rose perché voleva qualcosa da lei. 

Vuole portarsela via…

“Hai ancora la febbre?” gli aveva chiesto semplicemente Rose quando era tornata. “Riposati. Ne parliamo domani.”

E ne avevano parlato, infatti. Di come la Jedi le avesse chiesto di partire per qualche assurda missione da cui dipendevano le sorti della galassia. Di come la Jedi pensava di poter piombare nella vita delle persone e stravolgerla. Di come Rose avesse evitato di dirle di lui. 

“Vuoi andare?” le aveva chiesto mentre l’emicrania si presentava violenta già nelle prime ore del mattino e lui faceva fatica a nasconderla.

“Ne parliamo stasera. Tu prenditi un’altra giornata. Non sei ancora guarito. E chiama il medico. Perché non vuoi sentire un medico?”

Certo che non era guarito. Lui stava peggiorando. Ma Rose non lo sapeva e lui sarebbe morto  piuttosto che dirglielo. 

Fra poco sarebbe tornata  e avrebbe detto ancora “Ne parliamo un’altra volta.” Fino al momento in cui gli avrebbe annunciato che stava partendo con la Jedi e che era stato bello finché era durato. Quindi non le avrebbe detto cosa stava succedendo al suo corpo. Non voleva che qualcosa potesse trattenerla. 

La porta di casa si aprì. Era bello trovarsi lì al suo rientro. Non capitava spesso che i loro turni di lavoro fossero tanto accomodanti. Erano un’ingegnera e uno chef. Due vite che li tenevano spesso lontani. Stare da schifo aveva i suoi vantaggi.

“Ciao, Rose.” Stanca e delicata. Pensierosa. Il solo guardarla lo faceva sentire meglio. 

Lei lo fissò per un istante , posò i pacchi che teneva tra le braccia sul tavolo e lo abbracciò in un modo che trovava insolito senza riuscire a capire cosa non andasse. 

“È grave vero?”

Ok. Carte scoperte.

“Di che parli?” azzardò un’ultima volta accarezzandole i capelli.

“Non mi chiami mai Rose.”

Tico. È vero. Tu sei Tico. La mia Tico.

Lui tentò di fingere indifferenza. Avrebbe dovuto dirle che stava immaginando tragedie irreali? No. Lei non era una stupida. Lei lo sapeva da un pezzo.  

Un pezzo? Davvero i primi sintomi risalgono solo a sei giorni fa? 

“Abbastanza” le confessò alla fine. Non aveva in coraggio di guardarlo in faccia quindi si sciolse dal suo abbraccio e si mise a cercare la zuccheriera. 

Vuotò il bollitore e ricominciò il procedimento da capo. 

“Tossine?” 

Armitage Hux sospirò e si girò a guardarla. Si era seduta e sembrava volersi rintanare dietro i capelli che le ricadevano sul viso.   

“Sì”. Era inutile continuare a mentire ancora. Lui doveva essere morto. Doveva essere morto da un pezzo. Lei lo aveva salvato. Ma gli impianti che sostituivano alcuni dei suoi organi interni, colpiti da un preciso colpo di blaster di Pryde, due anni prima, stavano avendo un rigetto. 

“E non me ne hai parlato.” Rose non lo stava rimproverando. Sembrava solo triste.

“Tanto l’hai capito lo stesso.” Delle scorie avevano iniziato a inquinare il suo sangue. Ed era un processo irreversibile.

Lei si alzò e prese un’altra tazza. Scosse la testa poi lo fissò negli occhi, caparbia come sempre.  “Prepara per tre” disse, cambiando argomento bruscamente, come se non le importasse più. “Sta arrivando Rey.”

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Rey.

Era rimasto come un ebete a fissarla finché non aveva sentito di nuovo l’acqua bollire. Tutto da rifare. Di nuovo.  Rey. La Jedi. Stava venendo a casa loro. Ed era assurdo. 

“Rose…”

“Continui a chiamarmi Rose.”

Sì. Continuava a chiamarla Rose. Ed era pazzesco che lei pensasse che fosse quella la cosa più strana. 

“Penso che stai dimenticando qualcosa…”

Lei se ne stava lì, a sistemare zollette e biscotti sul tavolo di cucina, e fissandolo di tanto in tanto come se non accettasse obiezioni.

Ma lui non aveva intenzione di starsene zitto. Doveva proprio ricordarle un paio di dettagli imprescindibili. “Io sono ufficialmente morto. Ed ero un generale del Primo Ord…”

“La guerra è finita, Armie.” Rose batté violentemente la mani sulla superficie. “E Rey lo sa.”

“Ma non sa di me.” Semplice. Elementare.

“Non ancora. Ma io non ho nessuna intenzione di nasconderti.” 

In un altro momento si sarebbe commosso. L’avrebbe stretta a sé.  Ma aveva paura. Una paura assurda. La voce meccanica dell’interfono li avvisò che c’erano visitatori alla porta. 

Rose si ricompose e gli concesse un sorriso che sapeva di fasullo.

“Metti in infusione le tisane. È arrivata.”

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Niente di speciale. Gli ologrammi propagandistici potevano davvero essere ingannatori. Quella ragazza non aveva un briciolo del carisma che traspariva dalle immagini segnaletiche e dai messaggi clandestini e illegali della Resistenza.

Era una ragazzetta comune e banale, vestita come se non fosse mai uscita da una trincea, con un giubbotto mimetico, un paio di scarponi e i capelli raccolti in una treccia. Hux era sempre più convinto che nulla di ciò che si diceva di lei fosse vero. Non poteva esserlo. Non con quell’aspetto così grezzo e banale. Esattamente ciò che ci si aspettava da una cercarottami. E Kylo Ren era stato più idiota di quanto lui avesse mai immaginato ad avere perso la testa per lei. 

Davvero è quasi impazzito a causa tua? si chiese mentre guardava quella leggendaria spina nel fianco abbracciare Rose e ridere e squittire frasi incomprensibili come tendevano a fare tutte le ragazze quando si incontravano. 

Poi si accorse di lui, lo squadrò per un momento, poi strizzò gli occhi per metterlo a fuoco. 

“Aspetta un attimo… io ti conosco… dove ti ho già visto?” gli chiese portandosi un indice alle labbra con aria pensierosa.

Bene. Sei più stordita di quanto pensassi. Tu e Kylo Ren facevate proprio una bella coppia. Cosa stai  guardando? Un uomo con i capelli rossi e l’aria malata?

“Salve, scavarifiuti” le rispose sogghignando. “Finalmente ci incontriamo di persona. Ti immaginavo più bassa.”

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“Sei pazza!”

“No, io non credo.”

La situazione si stava facendo divertente, con quelle due che si urlavano addosso. Stava riuscendo perfino a distrarsi e a non pensare al mal di testa. 

“Il tuo ragazzo?” scalpitò la cercarottami. “Armitage Hux è il tuo ragazzo? Ma cosa ti salta in mente, Rose?”

“Ehi, io sono qui, eh…” Armitage Hux si inserì nella discussione. Era spassoso. Era tutto davvero spassoso. Eppure aveva avvertito Rose.  Le cose stavano andando esattamente come aveva previsto. 

“E poi… perché è vivo?” continuo a urlare la loro sgradevole ospite come se la cosa le dispiacesse. E ovviamente le dispiaceva. 

“La butti fuori tu o ci penso io?” chiese a Rose lanciandole un’occhiata annoiata. Le tisane ormai erano sovraccariche e fredde. 

“È un pazzo, un assassino, un…”

Poteva bastare. Era stato a sentirla fin troppo. “Vogliamo parlare della tua tresca segretissima con il nostro Leader Supremo?” La buttò lì quasi con indifferenza. E fu magnifico vedere i bellissimi occhi di Rose spalancarsi per la sorpresa mente gridava uno stridulo “Cosa?”

“Non c’era nessuna tresca” rispose la cercarottami, minacciandolo con un indice.

“Certo.” Peccato che ridessimo tutti alle vostre spalle, Jedi. Eravate ridicoli. “A proposito. Che fine ha fatto Kylo Ren? Tu lo sai?”

Secondo fonti ufficiali, era morto sul campo di battaglia. Ma dicevano lo stesso anche di lui. E invece…

“È morto” confermò la cercarottami con uno sguardo truce.

“Finalmente una bella notizia…”

“Armie!” ringhiò Rose con il tono di quando gli annunciava che era furiosa e l’avrebbe mandato in bianco per un mese. 

“E lo chiami Armie?” La cercarottami adesso sembrava davvero sconvolta.

Armitage Hux avrebbe voluto lanciare un’altra frase velenosa ma una fitta improvvisa all’addome gli fece dimenticare tutto avvolgendolo in una nuvola  di dolore che gli annebbiava la vista e lo faceva tremare fin nelle ossa. Quello era il braccio di Rose intorno alla sua vita e quello... Capì di non poter restare in piedi ancora a lungo. Accettò il suo aiuto per raggiungere il divano e vi crollò sopra, umiliato e sconfitto. 

“Sta male, Rey.” La voce di Rose era un suono ovattato e distante.  “Finn diceva che tu sai guarire le persone. Aiutalo. E verrò con te.”

No.

Non avrebbe tollerato nulla di simile. Non voleva avere nulla a che fare con le stregonerie di quella donna.  La sentì sedersi vicino a lui e tentò di ritrarsi. 

“Se credi che…”

Stava parlando con lui o con Rose? Non aveva importanza purché se ne restasse lontana. 

“Se credi che ti chiederei mai qualcosa in cambio per aiutare la persona che ami non mi conosci affatto, Rose.”

“Ferma con le mani.” La frase aveva risuonato come un ammasso di sillabe scomposte. E lei lo stava clamorosamente ignorando.

È il mio corpo, la mia malattia, la mia eventuale morte. Vattene.

La scavarifiuti rideva. Ed era irritante. Gli sollevò la maglietta prendendosi una confidenza inaudita. Se solo gli fosse rimasto un briciolo di energia, Armitage Hux l’avrebbe presa a pugni. Ma non riusciva nemmeno più a muoversi.  Tastò con le dita la zona coperta di pelle artificiale, a tutti gli effetti, l’unica porzione di pelle del suo corpo che avesse ancora un aspetto sano, e sospirò.

“Prima dovremo sistemare la parte meccanica. C’è un problema  al sistema di filtraggio. Credo che si sia rotto.”

Forse era un sogno. O più probabilmente un incubo. Perché si era appena fatta passare da Rose un coltello da cucina. E stava rimuovendo con quello un lembo di pelle sintetica per disattivare i recettori sensoriali. 

Armitage Hux chiuse gli occhi. Non voleva vedere. Non voleva sapere. Sarebbe morto sotto i ferri di quella spazzina. Avrebbe fatto la fine della selvaggina che ripuliva e farciva regolarmente prima di infilarla in forno. C’era una sottile ironia in tutta quella faccenda. 

“Abbi solo un po’ di pazienza.” Ancora la sua voce prepotente e qualche strano suono. Armitage Hux aprì gli occhi tentando di ignorare gli ingranaggi a vista. Lei stava tirando fuori dalla logora borsa che portava a tracolla due cavetti e qualche vite. Chiuse di nuovo gli occhi. Non aveva idea di cosa lei stesse facendo, ma avrebbe voluto tanto perdere i sensi. 

“Ecco fatto” annunciò la Jedi stracciona. “Sono piuttosto brava ad aggiustare le cose.”

Davvero?

Eppure la febbre era ancora lì, insieme alla spossatezza  perché il suo corpo era infetto e non esisteva nessuna forma di stregoneria Jedi in grado di salvarlo.  Certo, i suoi organi artificiali ora avrebbero smesso di avvelenarlo. Ma era troppo tardi per ripulirsi l’organismo. Per pensare di poter sopravvivere. Per…

La mano della Jedi sul suo torace aveva uno strano calore.  Non era nulla di materiale o concreto.  Assomigliava di più a…

L’istinto di respirare? Non è qualcosa di cui sei consapevole eppure sai che ti è necessario per vivere.

La guardò senza sapere esattamente cosa aspettarsi. Teneva gli occhi chiusi e sembrava profondamente concentrata.

Bene. Non posso scappare, quindi ti lascerò fare. 

Si rilassò completamente cercando di non pensare;  qualcosa gli scorreva sotto la pelle e sembrava luce liquida.

Luce liquida, sì. Non posso vederla ma la sento. 

Pura energia. Ferite, dolore, cicatrici. Tutto sparito. Solo che lei stava piangendo.

“Ehi…” Che accidenti  le prendeva, adesso? Lui si sentiva  benissimo. Davvero, non era mai stato meglio. E quella specie di santona si metteva a piangere? 

Dovrei ringraziarla. Così, magari, la smette.

“Non è nulla.” La Jedi ritirò la mano dal suo petto e si asciugò in fretta le lacrime. “Ho solo ricordato una cosa che è successa tempo fa...” Poi gli sorrise come se fossero vecchi amici. “Starai benissimo, ora.”

Armitage Hux non ebbe il tempo di risponderle perché Rose gli era piovuta letteralmente fra le braccia, sollevata e felice. Lui la strinse come pensava che non avrebbe più fatto.

Dannata Jedi…

“Non mi piace avere debiti” dichiarò. E quello non era un semplice debito. Era un debito di vita. 

“Non…” iniziò la Jedi ma lui la interruppe.

“Taci. Probabilmente, per qualunque cosa tu abbia in mente, potrebbe servirti uno stratega militare. E un ottimo cuoco.”

“Cosa?” esclamò Rose sollevando gli occhi verso di lui.

“Cosa?” le fece eco la cercarottami.

“Che tu sia maledetta, Jedi. Ripagherò il mio debito di vita.” Anche se ti detesto e ti detesterò sempre.  “Allora? Quando si parte?”

   
 
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