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Autore: BrideOfTheWind    19/09/2009    2 recensioni
“Nii-sama.” Il severo capoclan del nobile casato Kuchiki si voltò verso la figura esile della malata, che sembrava sul punto di scomparire tra le coperte e i cuscini. Sul volto pallido, i grandi occhi, liquidi di febbre, lo guardavano supplicanti.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Byakuya Kuchiki, Kuchiki Rukia
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Regalo per il mio Fabio, che domani compie gli anni.
Tanti auguri nii-chan. Spero che mi perdonerai per questo orrore: non sono ancora a mio agio a scrivere su Bleach.
Chiedo perdono anche ai lettori: prometto che le mie prossime pubblicazioni saranno migliori.

 

 

I Won’t Go

 

“Nii-sama.”
Il severo capoclan del nobile casato Kuchiki si voltò verso la figura esile della malata, che sembrava sul punto di scomparire tra le coperte e i cuscini.
Sul volto pallido, i grandi occhi, liquidi di febbre, lo guardavano supplicanti.
Lo sguardo di Byakuya scrutò critico i tratti di quella donna che aveva adottato come sorella ormai da innumerevoli anni, ma che per molteplici ragioni aveva sempre evitato accuratamente di conoscere. Il suo sguardo notò all’istante il sudore sulle gote smunte della shinigami, i segni dello sfinimento nelle occhiaie profonde, le labbra livide e frementi.
Fu costretto a guardare altrove, nel tentativo di razionalizzare la situazione e scacciare quell’orribile e opprimente senso di deja-vu che ormai pareva non volerlo mai lasciare.
Febbricitante e distesa a letto, Rukia assomigliava davvero troppo a lei.
“Raccontami di mia sorella, per favore. Vorrei sapere com’era.”
Sospirò, affaticata dalla febbre alta.
Byakuya tornò al suo fianco, sul viso la consueta espressione composta, eppure Rukia notò immediatamente il disagio e il lutto, bel visibili sotto quella facciata imperturbabile.
Forse suo fratello aveva iniziato ad allentare le difese con lei, chissà. O forse era lei ad essersi abituata a leggere le impercettibili differenze nel suo sguardo e nella piega delle sue labbra, sopperendo così a tutte le parole non dette e inconsciamente arrivando a conoscerlo molto più a fondo di quanto potesse sembrare.
“Per favore.” Supplicò, pur sapendo quanto gli costasse parlarle di Hisana. Dopo quella prima volta, quando le aveva raccontato la verità sul motivo della sua adozione, tra loro quel nome non era mai più stato pronunciato. Era un tacito accordo, per non riaprire le ferite di uno e per non turbare l’altra con il fantasma ormai idealizzato della sorella di cui non aveva memoria.
“Era gentile e generosa. Aveva un carattere forte, ma sapeva essere sempre indulgente con gli altri. Mai con se stessa. Voleva disperatamente fare ammenda per l’unico gesto di egoismo della sua vita.”
Si interruppe, osservando guardingo Rukia.
“Ti mando il medico.” mormorò poi, uscendo rapido dalla stanza.
Non incrociò il suo sguardo nemmeno una volta, e Rukia comprese quanto doloroso sarebbe stato per Byakuya perdere anche lei, che in qualche modo rappresentava l’eredità che la moglie gli aveva lasciato, l’unico modo che ancora aveva per dimostrarle il suo affetto.
Aveva sfidato il clan per adempiere alla promessa fatta ad Hisana, e Rukia sentiva di essere quasi memoria vivente della sorella maggiore, pur senza averla mai potuta conoscere. Sapeva di essere un simbolo per il capoclan: la prova dell’amore che lo legava a sua moglie.
Se avesse perduto anche lei, dell’amore che lo aveva spinto a infrangere le leggi del casato non gli sarebbero rimaste altre conseguenze che la solitudine e il dolore. Rukia amava Byakuya abbastanza da non volergli dare altre sofferenze. Anzi, avrebbe voluto poter penetrare in quel guscio di desolazione, in qualche modo.
“Non me ne andrò.” Disse, sforzandosi di alzare la voce per essere certa che e sue parole non andassero sprecate.
Lo vide fermarsi un istante sulla soglia prima di far scorrere lentamente la porta.
La sua testa girata si era chinata impercettibilmente, e Rukia capì che il patto era stato siglato: per Byakuya, oltre che per se stessa, lei sarebbe guarita.

  
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