Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: Hivy    27/03/2024    0 recensioni
Cavallo e cavaliere: fra loro un legame unico e intenso che spesso nessuno comprende. "E' solo un cavallo", eppure per Mary il suo Starlight è molto più di questo. Perché nessuno lo capisce?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Sono con te
 
Sento le mani di Mary un po’ troppo scortesi sulla mia imboccatura. Stringe i pugni sulle redini e quelle sue dita affusolate, diventano severe in un istante. Sono le stesse dita sottili che poco fa mi allungavano uno zuccherino e mi accarezzavano il muso. Non è da Mary. Non mi ha mai tirato così in bocca. Perché lo fa? Dovrei preoccuparmi? Sì. Forse dovrei preoccuparmi. Lei sembra preoccupata. I suoi polsi sono rigidi. Percepisco la sua tensione scendere dalle sue spalle alle braccia, fino alle mani strette sulle redini e infine, dentro la mia bocca; sulla mia lingua e sul mio palato. Il suo nervosismo mi mette a disagio. Adesso stringe forte le sue gambe contro i miei fianchi. E’ arrabbiata. Sotto la sella io non posso contraddirla, allora allungo la falcata. Galoppa di più. Più veloce. Sei lento! Mi dicono i suoi speroni stretti contro la mia pancia. Dove corri? Rallenta! Piano! Mi dicono all’improvviso le sue mani. L’ostacolo si avvicina. Certo che è proprio grosso quel tronco! Chissà cosa c’è dall’altra parte? Ecco perché Mary è preoccupata. Forse lei sa cosa c’è dall’altra parte… se fa paura a lei, che è l’umana più coraggiosa che io conosca, sicuramente è qualcosa di spaventoso! Mancano solo tre falcate. Ho troppa paura per saltare. Quel tronco è enorme! E dietro? Cosa c’è dietro? Rallento. Non ci provare! Mi dicono le sue gambe stringendo in una morsa il mio costato. Vai avanti! Mi grida facendo schioccare il frustino sulla mia spalla. Oggi Mary è molto arrabbiata, di solito non usa mai il frustino con me. Accelero perché non posso fare altro, è quello che vuole Mary ed io farei di tutto per lei, anche se oggi ha usato il frustino. Più tardi mi darà una bella razione di carote e mi accarezzerà il muso proprio in quel punto, in mezzo alla fronte, dove non riesco a grattarmi da solo e mi chiederà scusa. Alzo la testa per vedere oltre al tronco. E’ vicinissimo. E’ così grosso da superarmi in altezza. Come faccio a saltarlo Mary? Anche il suo cuore batte all’impazzata. Mary ha il fiato corto, e sento il suo bacino teso sopra la sella. Ha paura anche lei. Per cosa? Cosa sta succedendo? Devo avere paura anche io? Le sue gambe continuano a dirmi di andare avanti, ma il suo busto e le sue mani mi dicono tutt’altro. Eccolo! ormai è davanti a me. Sento le mani di Mary tirare. Perché tira? Non vuole più che io salti? Le si blocca il respiro. Mary ha paura. Io ho paura! Non posso saltare. Non riuscirò mai a superare quell’ostacolo! E’ troppo grosso, è troppo largo. Anche Mary ha paura. E cosa ci aspetta dall’altra parte? Ora stringe di nuovo i miei fianchi con le gambe. Mary! Cosa faccio? Salto? 
 
Stringo le redini con le dita e fra le mie gambe sento scatenarsi la forza dei suoi muscoli. Sotto di me c’è Starlight, ed io percepisco il calore del suo corpo e il suono del suo respiro affannato. Tutto il resto è silenzioso anche se stiamo gareggiando e quello è il punto del tracciato in cui si è radunata la maggior parte del pubblico, oltre ai fotografi e ai giudici. A tutti piace vedere l’ingresso nel laghetto, è uno dei salti più spettacolari del percorso. Un tronco immenso, alto un metro e trenta, fissato alla cima di un dislivello di un metro e mezzo. Alla base, ci sono due grosse fascine di rami secchi e ai lati, dei vasi di fiori bloccano completamente la visuale del laghetto che si trova dall’altra parte, in cui il cavallo atterrerà inaspettatamente dopo un salto così gigantesco. 
Mi spaventa? Sì, un po’ mi spaventa, ma c’è Starlight con me e questo mi basta. Lo incoraggio ad avanzare e quando solleva il collo incerto, cercando di valutare meglio quel salto, penso: “Ce la fai!” e non so decidere se voglio incoraggiare me stessa o lui. 
Starlight batte i piedi e spicca il salto. Lo sento allungare il collo in direzione dell’ostacolo e quando raduna gli arti anteriori al petto e si spinge forte con i posteriori, io mi allungo sopra di lui e il mio cuore perde un battito. Mi sembra di essere sospesa e ho la sensazione che quell’istante così perfetto, non finisca mani.
Chiudo gli occhi, e quando li riapro non mi trovo più sul percorso di cross country del Castello di Chantilly; ma in cielo e le nuvole corrono tutto intorno a me. 
Starlight galoppa all’impazzata in mezzo alla volta celeste. Tutto intorno a noi ci sono solo i colori dell’arcobaleno e Starlight si diverte a saltare da una nuvola all’altra esibendosi in lunghi e poderosi salti, altissimi e senza fine. La sua criniera mi solletica le mani e i polsi e percepisco il battito sicuro del suo grande cuore. 
I venti si divertono ad arruffarmi i capelli e la mia pelle è percorsa da lunghi brividi d’emozione. Non so per quanto tempo continuiamo a galoppare, ma ad un tratto, ci ritroviamo avvolti dalla luce del tramonto e anche se non so dove stiamo andando, mi fido di Starlight. 
Mi posiziono più al centro della sua schiena e cerco di dargli meno fastidio possibile, come mi ha insegnato il mio istruttore: “lascialo essere quello che è, muoversi come vuole. Non strattonare le redini e non sgambare inutilmente. Tu sei lì sopra per indirizzare la sua energia da qualche parte, non per spiegargli come essere un cavallo. Ascoltalo e fidati. Lui sa sempre quello che fa”.
Ripensando alle sue parole allungo una mano verso il collo di Starlight. Quando l’ho montato per la prima volta lui aveva quattro anni e io sedici e ancora non so dire chi dei due fosse più spaventato dall’altro. Da quel giorno, Starlight è il mio compagno di vita e di avventure. Il mio migliore amico. L’unico su cui posso sempre contare. 
Silenziosamente galoppiamo verso il tramonto e quando lo accarezzo lui scuote il capo: “Sono con te”, mi sta dicendo.
 
La porta di acciaio si apre e si richiude cigolando sui cardini, ma la signora Monroe non solleva neppure lo sguardo. E’ china sopra il piccolo lettuccio all’interno di quella stanza spoglia e a farle compagnia ci sono solamente i display dei monitor e il bippare ritmico delle macchine. 
Quando il marito le sfiora una spalla con la mano grande ma gentile, leggermente tremante, la donna sobbalza e con movimenti lenti e faticosi, come se su di lei gravasse il peso del mondo, si volta per guardare il marito con occhi vacui.  
–Era il veterinario– dice in un sussurro l’uomo. I suoi occhi sono solcati da profonde occhiaie e sul suo volto, solitamente giovanile nonostante i suoi cinquantasei anni, sembra essere piombata una vecchiaia precoce. 
La signora Monroe batte le palpebre, forse per riprendere contatto con la realtà, forse per incoraggiare il marito a dire altro. 
L’uomo deglutisce gravemente prima di andare aventi: –Dice che dobbiamo prendere una decisione riguardo a Starlight. Sì è rotto la zampa, e soffre molto–.
Gli occhi di sua moglie vengono attraversati da un lampo d’ira: –Non m’importa niente di quel maledetto cavallo!–. La sua voce lacera il velo di calma in cui era stata avvolta la camera sino a quel momento. 
Il signor Monroe si ritrae come spaventato e poi getta un’occhiata furtiva, come quella di un ladro, in direzione del lettuccio oltre le spalle della moglie. Chissà che quell’urlo l’abbia fatta risvegliare, pensa.
Niente da fare. Mary è ancora immobile distesa su quel letto d’ospedale, e nonostante i medici glielo abbiano spiegato diverse volte, il signor Monroe ancora non riesce a capire se siano le macchine a tenere in vita sua figlia, o se sia Mary e far funzionare le macchine. 
-Facciano quello che c’è da fare­– sbotta la signora Monroe agitando una mano in direzione del marito. I suoi occhi si sono riempiti di lacrime: –Tanto, quando mia figlia uscirà da qui, non le permetterò neanche di avvicinarsi ad un cavallo– dice con voce strozzata.
Il signor Monroe sospira: –Lei…– s’interrompe e fissa la moglie indeciso. “Lei adora Starlight” vorrebbe dire, ma gli occhi incandescenti della donna lo redarguiscono severamente. 
–Lei si sveglierà presto, cara– dice alla fine, e con un dito le asciuga qualche lacrima. La signora Monroe si volta e si china nuovamente sulla figlia e il marito osserva il viso pallido e graffiato della sua bambina. Era così surreale pensare che solo quel pomeriggio lei e Starlight stavano galoppando sul tracciato di Chantilly, progettando la prossima competizione e adesso, non si sapeva neppure se Mary si sarebbe risvegliata. 
“Speriamo stia facendo dei bei sogni” pensa il signor Monroe, prima di fare un passo indietro e dire: –Vado a dire al veterinario di fare quello che c’è da fare con Starlight–. Rimane un momento in attesa, ma la moglie neppure fa un cenno, così il signor Monroe si volta e apre e chiude la porta, ritrovandosi nel corridoio. Scorre la lista dei contatti e poi chiama. 
Mary vorrebbe davvero che Starlight facesse quella fine? Si chiede.
 
 
 
 
 
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Hivy