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Autore: aelfgifu    28/03/2024    3 recensioni
Julia Gutenbrunner fa una commovente professione di fede letteraria all’uomo della sua vita.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Karl Heinz Schneider, Nuovo personaggio, Stefan Levin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Tutti i miei cari'
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Per Dio, per sé e per i posteri
 
Ai posteri l’ardua sentenza (Alessandro Manzoni, “Il cinque maggio”)
 
Non di rado, arrivando da Julia la sera, ne sente la voce che proviene dalla stanza dei bambini, che cambia tono - ora bassa, ora forte, ora stridula, ora profonda, ora dolce, ora minacciosa - mentre racconta qualcosa che Robby e la piccola Vicki ascoltano a bocca aperta, senza fiatare. A volte, però, la vocetta giudiziosa di Robby o quella limpida e scampanellante di sua figlia interrompono brevemente la mamma per chiedere: “E poi? E il cavaliere? E l’investigatore? E la ragazza?” 
Karl sa che non deve entrare a nessun costo, perché così Robby e Vicki non prenderanno più sonno; ma a volte la tentazione è troppo forte e si precipita nella cameretta dove viene travolto dagli strilli gioiosi della piccolina che scalcia via le coperte e si slancia ad abbracciare il papà. Batte il cinque con Robby; Julia gli rivolge un’occhiataccia, ma dopo dieci secondi cede anche lei e si fa abbracciare. 
“Ragazzi, che mi raccontate? Com’è andata la giornata?” 
Loro raccontano, e racconta anche lui. Gli allenamenti, le conferenze stampa, le trasferte, le partite… 
“Ora li fai dormire tu, Schneider” sogghigna Julia lasciando la stanza. Dopo mezz’ora si affaccia e trova i bambini a ronfare beati e Karl a dormire steso di traverso sul lettino di Vicki, la mano della piccola che lo stringe saldamente per un polso. Lo sveglia senza far rumore: “Su, vieni di là”. 
 
*** 
 
Ne parlano una sera, davanti a una tazza fumante di tisana ai frutti di bosco. 
“Ma che cosa racconti ai bambini da farli stare in così religioso silenzio?“
“Niente. Invento storie, a seconda della situazione”. “Cioè?” 
“Invento storie diverse a seconda  che i bambini abbiano bisogno di essere rallegrati, o confortati, o incoraggiati… Oddio, le mie storie in realtà sono per Viktoria, ma anche Robby le ascolta ancora volentieri,  anche se è un po’ grandicello per le fiabe della buonanotte”.
“Cioè sei una storyteller estemporanea?” 
“Più o meno”. 
“E da quandofai così?”
"Praticamente da quando avevo cinque anni. Raccontavo storie a tavola. A mamma, papà, Uta, i nonni, le zie, la mia amica Anna, i suoi genitori. I miei compagni di scuola. Ho raccontato storie a mio nipote per dieci anni”. 
“E parte da lì la tua vena letteraria?” 
Julia alza le spalle.
"Scrivere o raccontare a voce, non è molto diverso. Scrivere è più complicato, nel senso che diventa più complicato avere un pubblico”.
(Lui non sa come funziona il mondo letterario, Julia ha dovuto spiegarglielo; riuscire a pubblicare qualcosa è il primo passo, ma poi ci sono i reading, la pubblicità, le interviste, i premi, tutte cose difficili da ottenere se non si ha un bravo agente o entrature nel mondo delle case editrici).
“Per esempio, “Ritratto estivo” e i racconti precedenti sono usciti presso un piccolo editore. Abbiamo fatto una serie di letture presso alcune librerie, partecipato ad alcuni premi… tutto qui. Al reading durante il quale ho conosciuto Stefan c’erano forse trenta persone ed era già tantissimo. La prima tiratura è stata di duecentocinquanta copie. Il primo anno abbiamo registrato l’acquisto di cento copie. Era già un’enormità. Poi si è fatto sentire l’effetto Schneider”.
“L’effetto Schneider?”
“Hanno scoperto che questa Julia Gutenbrunner era la ragazza del Kaiser e hanno comprato il libro per curiosità. Seconda ristampa, duemilacinquecento esemplari, tutto esaurito. E poco dopo è arrivata la proposta di tradurlo in inglese. Insomma, la mia strategia di marketing sei stato tu, Karl-Heinz…” 
“Sempre a disposizione, cara”. 
“Già. È un po’ triste, però. Ho avuto una pubblicità inattesa solo perché ero “la ragazza di”, non perché il mio lavoro meritasse”. 
“Il tuo lavoro merita eccome”.
“A me sarebbe piaciuto di più se i miei racconti avessero attratto lettori grazie al passaparola, per esempio… o se un critico avesse gridato al miracolo”. 
“Che t’importa? L’importante è che il tuo lavoro sia conosciuto”.
Julia riflette. Poi dice: “Conosciuto o no, se il mio lavoro vale qualcosa lo deciderà il futuro. Sai come si dice? I grandi scrittori scrivono per Dio, per sé e per i posteri”. 
Lui la fissa e poi chiede: “Perché racconti storie?” 
“Perché?” 
“Già. Che cosa ti spinge?”
Cosa mi spinge? si domanda Julia. “Due motivi” sorride. “Il primo è che la vita è tanto commovente che ne devi parlare. E questo è scrivere per Dio, a mo' di rendimento di grazie. Il secondo è che la vita è tanto infelice che devi inventare un’altra vita, più bella e più vera. E questo è scrivere per sé stessi. Insomma, la letteratura serve a celebrare la vita ma anche a vendicarsene. Infine, quel che si scrive vale qualcosa? E questo lo deciderà chi verrà dopo”.
“E ti sei vendicata abbastanza?” 
“Tu pensi mai di aver già vinto abbastanza?” gli chiede Julia con un ghignetto provocatorio.
"Non si vince mai abbastanza!” esclama prevedibilmente il Kaiser.
“Anche chi scrive non si vendica mai abbastanza”. 
 
 
  
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