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Autore: vegeta4e    29/03/2024    0 recensioni
Non tutto quello che finisce rappresenta la fine. A volte una fine può rappresentare un nuovo inizio: la morte di Claire, l’abbandono di Peyton che segnò Mac molto più di quanto volesse ammettere… eppure il lavoro riuscì a salvarlo, ad obbligarlo a non crogiolarsi nei ricordi. E funzionò, almeno fino a che Peyton non decise di fare ritorno a New York.
“Niente si crea, niente si distrugge, ma tutto si trasforma”. Dietro questa frase si cela una grande verità per il detective Taylor. Un’accusa di omicidio a suo carico, vecchi fantasmi tornati dal passato, rapimenti, lutti difficili da accettare.
Forse i problemi d’amore erano quelli di cui preoccuparsi meno.
[MacxPeyton] - Ambientata all’inizio della 5^ stagione.
[L’avvertimento cross-over riguarda solamente un paio di capitoli verso la fine della storia.]
- Pistola e distintivo. -
Mac ci mise qualche secondo per realizzare. Fissava Sinclair interdetto, incapace di comprendere il perché, incapace di combattere quella serie di ingiustizie che lo stavano lasciando disarmato.
Dopo lo stupore iniziale, non riuscì a trattenere una risata nervosa. Serrò i denti a labbra chiuse, passando lo sguardo da Sinclair a Don, che non aveva neanche il coraggio di guardarlo in faccia.
Genere: Azione, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Danny Messer, Don Flack, Mac Taylor, Peyton Driscoll, Stella Bonasera
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo XXI

- Drew Bedford! Apri! Polizia di New York! - Si annunciò Flack dopo aver bussato alla porta.
Il ragazzo aprì poco dopo con un’espressione stralunata in viso e Don, in compagnia del detective Dana Foster, comparve nel suo campo visivo.
- La polizia? Sì, entrate. - Si fece da parte per fare spazio ai due agenti, che varcarono la soglia guardandosi in giro. Flack, ovviamente a conoscenza del passato di Drew, iniziò senza troppi giri di parole, deciso a finire quella storia il prima possibile.
- Mi perdonerai se ti do del tu, vero Andy? - Usò il suo vero nome sperando di scatenare qualche reazione, ma non percependo nulla, continuò. - Bene. Ci risulta che sei proprietario di una Nissan grigio chiaro su cui l’altro ieri mattina è stata caricata una ragazza. Ragazza che è stata trovata morta in un canale di scolo. Immagino che tu non ne sappia nulla, vero? -
Drew alzò di poco le mani. - Ehi, ehi, piano. Io sono in libertà vigilata. Me l’avranno rubata. -
- Hai sporto denuncia? - Incalzò Flack.
- No. - Dana rispose al posto del ragazzo, dato che aveva già controllato la targa e relative denunce allegate.
- Mi sa che vi è sfuggito il concetto che sono in libertà vigilata. Non posso di certo prendere la macchina, quindi come faccio a sapere se me l’hanno rubata? -
- Ehi, abbassa i toni ragazzino, perché mi sa che la prossima cosa che mi sfugge è il mio amico a cinque dita. - Disse mostrando il pugno destro chiuso.
Drew rise strafottente. - Che fa, agente, mi minaccia? -
- Io li chiamerei ceffoni educativi. Ricominciamo da capo. Dov’era posteggiata l’auto l’ultima volta che l’hai usata? -
- Non me lo ricordo, sono stato mesi in carcere. -
Don lo guardò con riluttanza. - Fammi vedere la cavigliera. -
- Eccola qua. - Drew sbuffò, alzando il pantalone e mostrando l’aggeggio attaccato alla caviglia. - Controllate pure, non mi sono mosso da qui. -
- Conoscevi Chantal Trevis? - Domandò ancora Flack.
- Mai sentita. -
I due agenti si scambiarono un’occhiata capendo che senza mandato non avrebbero risolto nulla.
- Rimani a disposizione. - Concluse Dana, precedendo Don fuori dalla porta.
Flack si mise al volante sbuffando. Ripensò a quello che Drew aveva fatto a Mac e Stella e a stento riuscì a trattenere l’istinto di scendere e prenderlo a calci fino al carcere, ma tutto era nelle loro mani. Dovevano dimostrare che dietro a tutto quel casino c’era lui, per poi mandarlo al fresco con un ergastolo, se tutto fosse andato per il verso giusto.
- Ascolta… - Dana lo destò dai suoi pensieri. - Cosa sai dirmi sul detective Taylor? In via del tutto confidenziale, ovviamente. -
Flack fece per dire qualcosa, ma rimase con la bocca aperta non del tutto sicuro di aver capito la domanda. Si prese il tempo della curva per pensare ed evitare di andare a sbattere.
- In che senso? -
Lei gesticolò imbarazzata. - Sì, beh, insomma… Cosa gli piace? Che gusti ha? Tu lo conosci bene, no? -
Lui metabolizzò la cosa, decidendo di essere totalmente sincero con lei. Non tanto per Dana, quanto per l’amico ed evitargli situazioni imbarazzanti.
- Mac ha già una relazione. -
- Ah. - Rispose delusa. - Con la collega riccia, vero? - In fondo li aveva visti entrare insieme nella sala interrogatori e sembrava avessero un bel feeling.
- No. - La corresse Don. - Con un medico legale del laboratorio. Mi dispiace. -

Quando Flack bussò alla vetrata di Mac, vide il detective curvo sulla scrivania ad esaminare le prove del caso di Chantal, deciso più che mai a scagionarsi e a trovare il vero assassino della ragazza. Stella, seduta di fronte a lui, lo aiutava a ricapitolare tutto quello che avevano capito fino a quel momento.
- Don, entra. - Disse Taylor alzando di poco lo sguardo.
- Senti, Drew ha la cavigliera. Se è coinvolto ha sicuramente mandato qualcun altro. Però mi domando: ha organizzato tutto lui? E perché? - Chiese avvicinandosi.
Mac scosse la testa non avendo le risposte alle domande di Flack.
- L’unica cosa che posso fare è chiedere il mandato per perquisire casa sua. Se l’auto non è nei paraggi potrebbe essere dal tizio di nome Tony. -
Don annuì, ma nonostante lo scambio di informazioni fosse concluso rimase di fronte alla scrivania del detective.
- Che c’è? - Domandò Taylor.
- C’è che a quanto pare hai fatto colpo. Il detective Foster, o forse dovrei dire meglio Dana, mi ha chiesto cosa ti piace. Io le ho risposto che sentimentalmente sei già occupato, e lei mi ha chiesto se la fortunata fosse Stella. -
Solo in quel momento lei alzò la testa dalle prove.
- Possibile che tutti quelli che ci vedono pensano che stiamo insieme?! -
Mac rise sinceramente divertito, ma al contempo era preoccupato per quello che aveva detto Flack.
- Non ho tempo per queste cose. - Sospirò sapendo di non poter affrontare un triangolo del genere.
- Auguri. - Furono le ultime parole di Flack prima di uscire dall’ufficio.

L’orologio segnava le 9:15 PM e il detective era ancora seduto alla scrivania a cercare una risposta, tentando di districarsi in quel groviglio di indizi e prove sparsi su tutta la sua scrivania.
Sospirò all’ennesimo ragionamento che terminò in un vicolo cieco. Strinse il pollice e l’indice alla base del naso nella speranza di bloccare sul nascere il principio di mal di testa.
- Mac?! - Il detective alzò gli occhi in direzione della porta, non accorgendosi di avere visite, forse complice l’ora. Era Peyton.
- Ciao. Sei ancora qui? Credevo avessi finito da un po’. -
- Il mio amico aveva molte cose da dirmi. - Scherzò riprendendo le parole di lui riferite al cadavere. Poi sorrise. - E anche tu, credo. Sinclair ti ha riammesso. - Era l’unica spiegazione che giustificasse la sua presenza al laboratorio.
Taylor posò una fotografia sulla scrivania, insieme a tutte le altre, alzandosi poi dalla sedia.
- Già. Abbiamo avuto un’amichevole conversazione in cui ho alzato parecchio i toni. Hai già chiamato un taxi? - Chiese poi, sempre preoccupato per l’ossessione maniacale di Drew nei suoi confronti.
- No. - Ammise Peyton.
- Andiamo. Ne dividiamo uno. -

N
el frattempo Drew Bedford guardava con poca attenzione la televisione a basso volume, stando scompostamente seduto sul divano di casa. Ancora non riusciva a capire come avessero fatto a collegarlo all’omicidio della ragazza, eppure i media sembravano realmente accaniti contro Taylor. Dopotutto era sempre stato quello il suo piano, convergere tutti i sospetti verso il detective e rovinargli non solo la carriera, ma la vita.
Afferrò il vecchio Nokia che teneva sempre a portata di mano e chiamò Tony.
- Dimmi. - Rispose lui diretto avendo letto il nome.
- Ascolta, ripulite bene la macchina, non devono trovare neanche un capello! Un’ora fa sono venuti due della polizia a fare domande. Avete fatto come vi ho detto? -
- Certo! - Sbottò irritato l’altro, innervosito dalla poca fiducia che Drew stava dimostrando. - Infatti hanno sospettato dello sbirro. -
- Ora non più! -
- Guarda su internet! - Continuò Tony. - C’è un cazzo di blog di cronaca che ha postato la testimonianza di Taylor e di un tassista. -
Drew rimase in silenzio qualche secondo, poi sorrise avendo avuto improvvisamente un’idea.
- Dimmi il nome. - Si leccò le labbra. - Vediamo chi è questo simpaticone. - Chiuse la telefonata senza aggiungere altro, sperando che Tony fosse in grado di seguire le istruzioni che gli aveva dato senza grossi problemi.
Accese il portatile con rabbia e cercò il blog, trovando quello di Reed come primo risultato. Lesse con attenzione i due articoli che il ragazzo aveva pubblicato fino a quel momento e nonostante il suo enorme disprezzo verso Mac e il suo team, non fece a meno di pensare che fossero stati fottutamente bravi a ricostruire il puzzle.
Ma Drew non si diede per vinto. Pensò che parlare direttamente con l’autore di quegli articoli avrebbe dato un brivido in più a quell’audace ragazzo che con tanto coraggio si era schierato dalla parte di Taylor.
Cliccò quindi sull’indirizzo e-mail di Reed: “ho delle informazioni da darti, possiamo vederci?”.

Mac si assicurò che Peyton chiudesse bene il portone dell’appartamento prima di far ripartire il taxi, e quando il cellulare gli vibrò nella tasca della giacca pensò che fosse lei. Invece il nome sullo schermo era diverso: “Reed”.
“Ciao, Mac. Scusa l’ora, volevo informarti che una persona mi ha scritto, vuole darmi informazioni. Ci vedremo domani sera. Appena finirò di parlargli ti aggiornerò. Buona notte”.
Leggendo l’sms, al detective sembrò di vivere un déjà vu. Era successa la stessa cosa con il tassista killer e sapere che un tizio misterioso voleva parlare con Reed del caso non lo faceva stare affatto tranquillo.
“Non ci andare, non sai chi potresti incontrare”.
Il ragazzo rispose poco dopo. “Probabilmente un altro testimone che ti ha visto e che potrà fornirmi qualche altro particolare. Stai tranquillo”.
Taylor non riuscì a trattenersi dallo scuotere la testa. Si sentiva responsabile come se fosse suo padre e sentirsi dire di stare tranquillo equivaleva a gettare benzina sul fuoco.
“Ti ricordi com’è andata con il tassista? Sono tornato sul caso, ti avviserò io appena avrò altro”. Digitò rapidamente senza rileggere da quanta fretta aveva nel farlo desistere.
“Avanti, Mac, più gente può darci particolari e prima riusciremo a ricostruire come sono andate le cose”.
Mac sbuffò. “Hai già abbastanza aggiornamenti da parte di Stella, cosa credi che possa dirti in più uno sconosciuto che non lavora al caso?”.
Reed sbuffò. Mac aveva ragione, poteva essere pericoloso, ma una domanda continuava a solleticare la curiosità del ragazzo: e se quel tizio fosse stato la chiave per risolvere il caso?
Giocherellò con la penna fissando l’ultimo messaggio ricevuto dal detective. Si fidava di lui, e sapeva anche che quello che gli diceva era per il suo bene e non per sabotare la sua carriera giornalistica, ma lui voleva rischiare. Voleva veramente avere quella marcia in più che magari poteva rivelarsi utile per scagionarlo.
Si alzò dal letto di scatto, raggiungendo la scrivania con due falcate. Cliccò sulla pagina della mail ancora aperta e rispose al tizio misterioso: “Salve. Se ha qualcosa di urgente può anche scrivermelo qui”.
La risposta arrivò dopo qualche secondo, come se l’informatore stesse aggiornando di continuo la posta elettronica in attesa di continuare la conversazione.
“Preferirei a voce. La mail potrebbe essere pericolosa per lo scambio di certe informazioni”.
Reed sbuffò ancora. Per quanto volesse dare ascolto a Mac sapeva che alla fine, il giorno dopo, avrebbe ceduto alla curiosità.

Il giorno seguente, durante il pomeriggio, la squadra della scientifica di New York iniziò la perquisizione dell’abitazione di Drew Bedford. Taylor aveva ottenuto il mandato senza troppe pressioni e si presentò a casa del ragazzo con tutti, Stella compresa. Voleva che Andy fosse sotto pressione psicologica, che capisse che c’era lui in persona dietro le analisi del caso e che senza se e senza ma lo avrebbe rispedito in carcere.
Mentre controllavano ogni centimetro dell’appartamento, Mac si assicurò di non stare a più di due metri da Stella, ricordandosi ancora di come Andy si fosse intromesso nella sua vita con astuzia.
- Capo? - Danny parlò per primo. - Manca l’attizzatoio. - Disse illuminando il camino con una torcia. Lui si avvicinò osservando l’intera zona. Sembrava tutto nella norma, ma Messer aveva ragione.
- Non sembra aver acceso il fuoco di recente, però. È tutto pulito. -
Vedendoli riuniti a ragionare tutti insieme, Flack li raggiunse.
- Non avreste dovuto trovare le sue impronte sopra, allora? - Chiese Don arrivando da dietro.
Stella sospirò. - Considera che è stato immerso nell’acqua per ore, e per cancellare delle impronte basta pulirlo con un fazzoletto. -
Mac annuì. - Esatto, magari l’ha semplicemente pulito prima di prestarlo agli assassini. Se l’acqua cancella le impronte, le cancella tutte. Se mancano solo le sue significa che sono state tolte prima. -
Drew, seduto comodamente sul divano, li fissava con un’espressione tranquilla in viso. Il sorriso di chi sapeva di avere la vittoria in tasca, però, divenne presto un ghigno sadico quando i suoi occhi si fissarono sulla schiena del detective di Chicago.
- Ma che maleducato che sono, detective Taylor. Sapevo che ti eri sposato, ma non ti ho mai fatto gli auguri. Sai, me l’ha detto mio fratello... Ma è anche vero che non abbiamo mai avuto modo di scambiare due parole. -
Danny si girò di scatto verso il ragazzo, scambiandosi un’occhiata con Flack. Mac, invece, rimase in silenzio. Incassò senza rispondere, continuando a fissare il camino come se potesse dargli le risposte che cercava.
- Fai silenzio. - Sbottò Flack trovando di pessimo gusto il giochino del ragazzo.
- Perché? È cortesia fare gli auguri a un amico, non è così, Mac? Come sta Claire? L’ultima volta che l’ho vista era così sorridente e così entusiasta all’idea di tornare a New York, era originaria di qui lei, vero? Beh, aveva ragione. Devo dire che è una città che lascia letteralmente senza fiato. -
Stella, vedendolo immobile, gli prese un avambraccio. - Mac, ignoralo… - Gli sussurrò.
Era impossibile ignorare, lo sapevano tutti. Sapevano tutti quanto dolore provasse Mac nel ricordarla, e in quel momento non avrebbero saputo cosa dirgli.
- Adesso basta. Stiamo lavorando se non te ne fossi accorto! - Danny mosse due passi in direzione del divano. - Vedi di chiudere quella bocca se non vuoi terminare la tua libertà vigilata tra cinque minuti. -
Drew sorrise divertito. Sapeva bene che le minacce di Messer erano solamente parole al vento, non c’era nulla di illegale in quello che stava facendo. Mac, con lo sguardo fisso a terra, continuava a stare in silenzio.
- Sai… - Continuò Bedford. - Mi sono sempre chiesto cosa avesse trovato in te. Lei è veramente bella. -
- Qui manca un attizzatoio. - Intervenne Stella per interrompere quella tortura.
Drew spostò immediatamente lo sguardo su di lei, fissando gli occhi nei suoi.
- Può darsi, la casa non è mia. Sono in affitto dato che sono in libertà vigilata. -
- E non hai mai acceso il camino da quando sei qui? -
Lui sorrise. - No, dolcezza. - Tornò quindi a fissare la schiena di Taylor. - Quindi, Mac? Quando ci vediamo tutti e tre per un caffè? Offro io. -
Il detective uscì da quello stato di trance apparente, rimettendo nella tasca interna della giacca la torcia. Si girò piano verso di lui, ancora comodamente seduto sul divano, non riuscendo a capire se provasse più rabbia o disgusto.
- È ammirevole, sai? Parlo del fatto che tu stia provando a usare questi trucchetti psicologici per attaccarmi. Non funziona, Andy. Non funziona perché ho già provato tutto il dolore che potessi provare. E sentirti nominare Claire come se nulla fosse non riapre nessuna ferita, e sai perché? Perché è già aperta e non guarirà mai. E tuo fratello non tornerà in vita facendo così. Tu tornerai lo stesso in galera e io continuerò con il mio lavoro. Tutto resterà invariato, quello che stai facendo non cambierà proprio niente. - Il tono rassegnato con cui parlava lasciò tutti di pietra, anche Andy.
Stella lo guardò con enorme dispiacere, mentre Flack avrebbe voluto abbracciarlo e dirgli che poteva contare su di lui.
Drew lo fissò con odio, ma riuscì a ricomporsi subito. - L’unica cosa che mi fa piacere sapere è che hai una ferita che ti tormenterà per sempre. Ma non basta. Non basta per quello che hai fatto, e io non finirò da nessuna parte. -
Non trovando spiragli per un dialogo, e non volendo in ogni caso avere una conversazione con lui, Mac gli diede di nuovo le spalle pensando che tornare a perquisire l’appartamento fosse l’unica cosa da fare.
- Capo… - Messer gli si avvicinò.
- È tutto a posto, Danny. Continuiamo a lavorare. - Mac stroncò lì il discorso. Voleva solamente non pensare a tutto quello che aveva detto Andy e concentrarsi sulle prove e sul caso. Si disse più volte in mente che Chantal meritava giustizia e che in quel momento fosse la priorità, ma il suo cuore era da tutt’altra parte.
Quando finirono di esaminare la casa di Drew, Stella e gli altri si resero conto di non aver trovato nulla di concreto che collegasse il ragazzo all’omicidio di Chantal. Andy li guardò uscire a mani vuote con un’espressione di autentico piacere, e quando Mac si mise alla guida del suv del dipartimento sbuffò per scaricare lo stress. 
Stella, seduta accanto a lui, non ebbe il coraggio di dire nulla. Ripensava ancora alle cattiverie che Drew aveva detto a Mac e sapeva che lui era ancora lì con la testa.
- Forse ho un’idea. - Inaspettatamente, Mac parlò di altro, sembrando all’apparenza impassibile e prendendo una curva a gomito in terza. - Non ci resta che geolocalizzare l’automobile. Ogni veicolo ha un sistema di rintracciamento. -
Lei annuì mostrando un sorriso forzato. - Sì, se siamo fortunati ci porterà all’auto prima che riescano a pulire le prove. -

 

To be continued...

   
 
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