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Autore: S05lj    01/04/2024    0 recensioni
La storia segue le vicende della primissima linea temporale di Mortal Kombat.
Ambientata secoli prima delle vicende conosciute nel primo torneo, la Regina Sindel è costretta a sposare Shao Kahn, dopo la sconfitta di Edenia per mano dell'armata dell'Outworld. Sola, disperata, ma restia ad abbandonare la speranza, Sindel ordisce un piano per tentare di dare a sua figlia un futuro lontano dal Regno Esterno. Per farlo, però, è costretta a stringere un patto con uno straniero, uno stregone venuto da un regno sconosciuto, dalla moralità ambigua e dalle ambizioni sconosciute. Shang Tsung.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Noir | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sindel
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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L'attentato fu una vera strage, morirono ventisette soldati semplici, due caporali e un colonnello.

Quando Bo' Rai Cho arrivò sul posto, ancora non era stato toccato niente, i corpi delle vittime giacevano ancora nella polvere, l'olezzo delle interiora lasciate al sole aleggiava nell'aria, ma non sembrava dare fastidio a nessuno. Ormai si erano abituati a quell'odore durante le guerre che avevano combattuto, ed era divenuto talmente familiare da essere quasi piacevolmente rassicurante.

Il generale Reiko aveva appena spostato con la punta del piede un cadavere, voltandolo sulla schiena e mettendo a nudo la profonda ferita che gli squarciava l'addome, talmente profonda da aver perforato le budella ed aver quasi raggiunto l'osso della spina dorsale.

Osservando le guardie che erano lì con loro, era facile leggere l'odio e il ribrezzo per quell'atto, considerato vile ed aberrante, ma osservando lo sguardo di Reiko, niente traspariva dal suo volto di pietra, se non la più totale e completa indifferenza. D'un tratto lo sentì addirittura ridere, ma per fortuna notò che non erano i corpi dei soldati a divertirlo, ma l'arcistregone.

In effetti quell'odore non destava ribrezzo a nessuno, tranne che a lui, il quale si era portato una manica a premere contro il naso, nel vano tentativo di ostacolare il puzzo con la stoffa.

-Un tipo del genere starebbe più a suo agio con le donne che con gli uomini. - Gli si era rivolto in modo confidenziale, dando le spalle all’arcistregone, per non farsi udire. Sembrava volesse farsi bello ai suoi occhi, un comportamento che Bo’ Rai Cho trovò particolarmente strano. Sarebbe stato normale il contrario.

Reiko si avvicinò allo stregone, che si era chinato su uno dei corpi. -Se stai per vomitare, ti consiglio di allontanarti. - Fece un rapido gesto con la testa, indicando le guardie presenti. -Non credo che prenderebbero bene se vomitassi sul corpo di uno dei loro commilitoni. -

Shang Tsung allungò una mano e dalla ferita del cadavere estrasse quella che a prima vista sembrava una lunga spina, la osservò attentamente, proprio come fecero anche Bo' Rai Cho e Reiko.

-Che cos'è? - Non si riuscì a controllarsi dal chiedere.

-Una scheggia di metallo. - Rispose quello pulendola con le dita e mostrando la lucentezza del materiale.

-E allora? - Chiese Reiko con un sorrisetto canzonatorio.

-Solo l'esercito utilizza armi di metallo. - Shang Tsung ripose la scheggia in una sacca di pelle marrone, che portava legata alla fascia in vita. -I ribelli stanno utilizzando le armi che hanno rubato negli attentati precedenti. -

-Non capisco cosa ci sia di così sorprendente, in fin dei conti le avranno rubate per questo. - Reiko si mise le mani sui fianchi e girò la testa ad osservare qualcosa in lontananza, socchiudendo gli occhi per la forte luce del sole che gli picchiava in faccia. -Ti lascio il ragazzo per le indagini Shang Tsung, io vado a bussare alle porte dei soliti sospetti. -

-Non mi serve, può venire con te. - Ribatté con fare distratto.

-Insisto. -

Il loro scontro di sguardi fu quasi divertente. Da un lato l'arcistregone ostentava tutta la sua supponenza, mentre dall'altro, Reiko dette sfoggio di un falso sorriso di cortesia, che non avrebbe tratto in inganno nemmeno un bambino.

Nel mezzo Bo' Rai Cho, che cominciava a sentirsi vagamente a disagio.

Alla fine Shang Tsung non disse altro, e il generale prese quel silenzio come un assenso, così gli dette una paterna pacca sulla spalla e una parola di incoraggiamento tanto fugace quanto asettica, ma chissà, forse quello per lui era il massimo dell'affettuosità che riusciva a dimostrare, e si allontanò con quella sua tipica camminata prepotente.

Dopo un primo momento di indecisione, Bo’ Rai Cho si avvicinò a Shang Tsung che stava dando disposizioni, affinché portassero i cadaveri nelle Fosse di Carne.

-Che cosa ne pensate? - Domandò indicando i cadaveri con un sorriso bonario in volto.

-Che non mi piacciono le spie. - Rispose laconico quello, senza guardarlo, salvo poi voltarsi verso di lui e ostentare un'espressione sorpresa nel vedere il suo sguardo basito. -Ah... tu stavi parlando dell'attentato. -

Non gli era piaciuto quel commento. Che cosa voleva insinuare? Possibile che avesse capito? Che sapesse?

No. Come era possibile? Nessuno lo aveva mai visto entrare e uscire dalle stanze di Reiko.

O forse credeva che Reiko lo avesse lasciato lì per spiarlo?

-Non sono una spia. - Balbettò sconvolto. Grosso errore. Anzi un errore madornale.

Shang Tsung lo guardò a lungo, chinò appena la testa di lato come se qualcosa nel suo volto avesse attirato la sua attenzione, poi abbozzò un ghigno che forse voleva essere un sorriso e si voltò ad osservare la strada.

Guardò per terra per qualche secondo e poi cominciò a camminare seguendo una pista invisibile.

Bo' Rai Cho in un primo momento non seppe che fare, poi optò per seguirlo.

-Avete scoperto qualcosa? -

-Si. - Rispose semplicemente l'arcistregone continuando a camminare.

Bo' Rai Cho lo seguiva in silenzio, guardandosi spesso intorno, notando come il loro passaggio destasse tanto interesse dai cittadini che svolgevano quotidianamente la propria vita. Si costrinse al silenzio, quando vide che Shang Tsung svoltò per dirigersi nella parte bassa della città, proprio verso il covo di Nitara e dei ribelli.

Ma non poteva sapere dove si fossero diretti dopo l'attentato, era impossibile. Continuò a seguirlo, divenendo sempre più preoccupato ad ogni passo che gli avvicinava a Nitara.

-Non credo che dovremmo andare laggiù... -

Shang Tsung era in procinto di scendere le scale che portavano alla zona limitrofa alle mura, troppo vicino perché stesse camminando alla cieca. Ma come poteva sapere dove fossero i ribelli? Come?

-Se non vuoi venire, torna pure indietro. So badare a me stesso. -

-Non è questo... ma mi chiedo cosa ci facciamo qui. -

Shang Tsung indicò per terra. -Seguiamo delle tracce. -

Lui guardò, ma non vide niente.

-Hanno usato un carro per fuggire dalla zona dell'attentato, le tracce sono ben visibili. -

-Voi sapete seguire le tracce? - Non credeva che un arcistregone fosse in grado di fare una cosa come quella, pensava che gli stregoni se ne stessero chiusi nel proprio laboratorio a mescolare intrugli e fare chissà quali esperimenti.

Dovette accusare un'occhiataccia ovvia e proseguire.

-Pensate che i ribelli si nascondano da queste parti? - Era un azzardo fargli una domanda tanto diretta, ma doveva rischiare.

-Si, certamente. - Si fermò all'altezza del vicolo che portava al negozio di Kollector.

-Lo avete dedotto solo dalle tracce? -

-No. Questa è la parte più povera della città, di conseguenza la più mal-soddisfatta. -

Era un rischio, ma forse con Shang Tsung doveva essere l'opposto che con Reiko, se con uno doveva essere cauto, forse la chiave per ingraziarsi l'altro era l'audacia.

-Allora non credete che dovremmo fare qualcosa? Non lo so, forse un rastrellamento. -

Quello rise sommessamente. -Non ce n'è bisogno. Non ancora. -

Bo' Rai Cho lo affiancò e si guardò attorno, fingendo noncuranza, mentre in realtà cercava una faccia amica, con la paura che potesse finire nelle grinfie di quell'inquietante individuo che gli stava di fianco.

-E allora che facciamo? - Gli domandò.

-Niente. - Shang Tsung osservò il vicolo alla sua destra e Bo' Rai Cho pregò gli Dei perché il tanfo delle fogne aperte lo scoraggiasse ad avventurarsi lì dentro. -Per il momento io non farò assolutamente niente. - Lo guardò dritto negli occhi e Bo' Rai Cho sentì un brivido arrampicarsi lungo la schiena, non aveva mai visto occhi tanto freddi, che fosse una prerogativa dei nativi della Terra avere occhi così inespressivi e vuoti? Privi di anima?

-Ma tu andrai in quella locanda e se sei intelligente ti ubriacherai talmente tanto da avere dei postumi inconfondibili domani. - Lo guardò stupito, non capiva dove volesse andare a parare. -Quando Reiko ti chiederà un rapporto sulle indagini, gli riferirai che abbiamo seguito delle tracce fino al pomeriggio e abbiamo passato il resto della sera a bere insieme in quella locanda. -

Era sconcertato, ma che aveva in mente?

-Non capisco. -

-Vedrò di farti capire meglio. - Si passò una mano leggera sul pizzetto nero, mentre i suoi occhi divenivano più tetri, il tono di voce calò di poco, divenendo leggermente più roco. -Fai quello che ti dico e noi due non avremo problemi. -

Il sangue gli ribolliva nelle vene, quanto avrebbe pagato per potergli rispondere a tono. Shang Tsung era certamente un tipo inquietante, e forse era proprio quell'inquietudine nei suoi confronti a mettergli in circolo l'adrenalina che sentiva strisciare lungo i nervi. Ma non poteva, e così si limitò ad asserire in silenzio. Lo guardò allontanarsi cercando di calmarsi, accorgendosi solo allora che aveva tenuto per tutto il tempo le mani serrate in pugni chiusi.

Quello stregone era un tipo piuttosto ambiguo e misterioso, non riusciva a capire bene che cosa avesse in mente e cosa sapesse. Dava l'impressione di sapere ogni cosa, ma era impossibile, quindi stava sicuramente bluffando, e lui doveva stare attento a non cascare nelle sue trappole. Però era anche intelligente, acuto e pieno di risorse. Era un tipo pericoloso, non c'era dubbio, e se non stava attento avrebbe finito col farsi scoprire.

Per il momento era meglio assecondarlo, in fin dei conti stare al suo gioco gli avrebbe permesso di capire meglio cosa ci fosse in ballo e quali fossero i suoi piani, e poi così aveva la possibilità, contro ogni pronostico, di andare a salutare Nitara.

 

Ogni giorno Sindel aveva continuato a praticare arti marziali. Era un ottimo modo per distrarsi, ma soprattutto si voleva tenere in forma contro ogni evenienza. Vivere sotto lo stesso tetto di un mostro come Shao Kahn la costringeva ad essere pronta a tutto, i suoi nervi erano sempre a fior di pelle, e purtroppo, sentiva dentro di se che questa situazione, lei stessa, la stava riversando su Kitana. Troppo piccola per capire che cosa stesse consumando in quel modo sua madre e il motivo dei suoi comportamenti, forse troppo esagerati ad un occhio esterno e magari più maturo. Era triste da ammettere, ma starle lontana faceva bene ad entrambe.

Ormai era divenuta una pratica quotidiana che agognava, attendeva quasi trepidante, forse proprio quanto quelle gite che faceva con Reiko.

Il generale era un uomo strano, spesso i suoi occhi si alienavano, chissà a cosa pensavano, se alle atrocità della guerra o chissà quale altro orrore aveva dovuto subire o vedere per essere nella posizione in cui era.

Spesso si domandava che razza di infanzia passassero gli abitanti di quella terra, come doveva essere crescere e vivere in un posto del genere senza conoscere altri mondi o possibilità.

Chiuse gli occhi, da quando aveva visto Shang Tsung, sui piloni delle mura, aveva preso l'abitudine ad allenarsi lì, era un ottimo esercizio per allenare mente e corpo all'equilibrio. Chissà se inconsciamente si dirigeva proprio lassù per incontrarlo. Era mesi che la evitava.

Scacciò quel pensiero, cercando di estraniarsi, concentrandosi sul vento caldo che tirava nel brunire della sera, e che le asciugava il sudore addosso.

Improvvisamente una presenza alla sua sinistra la distrasse, aprendo gli occhi vide la figura di Shao Kahn fermo immobile all'entrata della torre.

Quasi non capendone il motivo, scese dai pioli.

-Non smettere a causa mia. - Disse l'Imperatore avanzando di qualche passo.

-Comunque ho finito. - Rispose secca e accorgendosi in quel momento che per rientrare avrebbe dovuto passargli accanto.

-Avevo già visto quei movimenti, ad Edenia, ma non sapevo che anche tu sapessi praticarli. -

Chissà da quanto tempo era lì a spiarla? Come aveva fatto a non accorgersene? Adesso aveva bruciato il suo effetto sorpresa.

-Sto solo cercando di tenermi in forma. La vita sedentaria non fa per me. -

Shao Kahn non disse niente, tra loro calò, come al solito, un silenzio imbarazzante, carico di tensione. Sembrava che l'Imperatore non fosse in grado di sostenere una conversazione di cortesia. Quella parte di lui, così negata per le relazioni sociali, le faceva quasi tenerezza, e a volte si sentiva una stronza a respingere tutti i suoi patetici tentativi di instaurare una conversazione.

Scacciò velocemente quel pensiero ricordandosi che cosa avesse fatto quel mostro alla sua casa, al suo amore e alla sua vita.

-Se permettete, vado da Kitana. - Si avviò verso l'entrata della torre, questa volta non abbassò lo sguardo, sostenendo i suoi occhi rossi come il sangue.

-Reiko non può più accompagnarti fuori dal castello. - Sputò quella frase con una fredda determinazione, quasi un ordine militare.

Lo guardò furiosa, non si aspettava una carognata come quella.

-Cosa? Perché? Cosa gli avete fatto? -

Shao Kahn si prese il suo tempo per rispondere, la bocca fissa in un'espressione autoritaria.

Si sentiva montare la rabbia dentro. L'ennesimo dispetto, l'ennesima rinuncia per cosa? Aveva fatto finire Reiko nei guai? Che cosa gli aveva fatto quel mostro? Senza accorgersene si ritrovò a pochi passi da lui. Dentro di se, voleva convincersi che si sarebbe battuta con lui, che avrebbe lottato con tutte le sue forze, ma in realtà, ogni volta che si trovava in sua presenza, non riusciva a mantenersi lucida e non riusciva a ignorare quella sensazione di inquietudine e timore che la divoravano.

-Non gli ho fatto niente. - Rispose ad un tratto. -Le strade ultimamente non sono sicure. Ci sono dei disordini dovuti a degli attacchi terroristici, e non è consigliabile per te uscire nelle strade. -

Spesso si chiedeva come mai Shao Kahn non dicesse tutto e subito, era solito dire le cose a metà, ancora non aveva capito che quello era il modo più sicuro per farla arrabbiare?

Si ricompose, sentendosi sciocca ad essersi arrabbiata in quel modo per niente.

-Va bene. Adesso mi fate passare? Per favore? - Non riusciva a non dimostrare rabbia e disprezzo nei suoi confronti era più forte di lei.

-Nessuno te lo impedisce. - Ribatté quello, salvo poi richiamarla quando lei gli passò di fianco. -Se comunque vuoi uscire, ti accompagno io. -

Sembrava più un ordine che una richiesta, e fu in quel momento che si rese conto di quanto il modo di fare di Shao Kahn fosse simile a quello di Reiko. Entrambi non sembravano concepire una richiesta di gentilezza, completamente astrusi dalla vita sociale normale, troppo abituati ad una vita militare per concepire qualsiasi tipo di relazione che non comprendesse una gerarchia marziale.

-Pensavo non fosse consigliabile per me uscire. - Ribatté acidamente.

-Infatti. Ma visto che tendi a trasformare ogni capriccio in una questione di stato, preferisco evitare problemi in questo momento delicato. - Si chinò appena verso di lei. -Non è consigliabile mettere alla prova nemmeno la mia flessibilità. - Si fissarono negli occhi, e questa volta fu fiera di se, perché con cocciuta determinazione riuscì a ricambiarlo. -Impara a dire grazie. -

-Grazie. - Rispose a denti stretti e sapeva fin troppo bene che invece di una cortesia, quella parola risultò più come una sfida. Ma non le importava, anzi, voleva che capisse che era pronta a combattere e non aveva paura di lui.

Gli passò accanto, fiera, senza sfiorarlo, senza guardarlo ulteriormente, in un certo senso temeva che se avesse ancora incrociato il suo sguardo, le sue certezze sarebbero venute meno, Shao Kahn era un uomo che incuteva un certo timore, e nessuno ne era immune. Nemmeno lei.

Sentiva il cuore rimbombarle nel petto, e si domandò se l'Imperatore lo avesse udito, riuscì a calmarsi solo quando si ritrovò a diversi metri di distanza. Camminava veloce, quasi temesse che lui potesse rincorrerla.

La mente era affollata da pensieri e constatazioni. Shao Kahn la spaventava, era un pensiero al quale doveva farci l'abitudine, e ancor meglio avrebbe dovuto conviverci, accoglierlo, prenderne atto e contrastarlo. Fino ad allora si era imposta di non averne spavento, ma era impossibile negarsi un sentimento tanto forte.

Non era solo ciò che poteva farle ad intimorirla, ma anche quello che avrebbe potuto fare a Kitana. In passato l'aveva già minacciata, al tempo solo per spaventarla, ma chissà che in futuro non avrebbe fatto seguire i fatti alle parole.

In quei mesi si era avvicinata parecchio a Reiko, tanto da fargli delle confidenze, ma adesso si chiedeva se, con il suo atteggiamento, non lo avesse messo in pericolo. Forse era proprio quello il motivo per cui Shang Tsung si era allontanato da lei.

Mentre aveva la mente affollata da tutti quei pensieri, non si accorse di una presenza dietro ad un angolo appena sorpassato, se ne accorse solo quando si sentì afferrare saldamente per un braccio, neanche il tempo di gridare che si ritrovò una mano a pressarle contro la bocca. Istintivamente fece per colpire l'aggressore, ma si ritrovò incastrata tra la parete e il suo corpo.

All'inizio fu un odore a tranquillizzarla, ancor prima di rendersi conto di non correre alcun pericolo, e fu un odore speziato, dolciastro, sapeva di incenso misto al fresco dei fiori di campo, era un odore che aveva già sentito, e di fatti sgranò gli occhi riconoscendo la figura scura che la teneva premuta contro il muro.

-Non urlate. Sono io. -

Sindel gli spostò con malagrazia la mano che le impediva di parlare e lo spinse via da se.

-Sei forse uscito di senno? -

Doveva aver alzato troppo la voce, perché Shang Tsung le tappò nuovamente la bocca.

-Non urlate... Fate silenzio. -

Fece per spingerlo via, ma questa volta non ci riuscì. E questo contribuì ad aumentarne la rabbia. Cercò di urlargli ancora contro, ma a causa della mano pressata sulla bocca uscirono solo mugolii furiosi.

-Mi dispiace per questo. Ma devo parlare con voi. In privato. -

L'offesa che gli uscì di bocca, seppur nascosta dalla mano dell'uomo dovette essere comunque udibile allo stregone, che sollevò un sopracciglio e si lasciò sfuggire un sorrisetto sghembo.

-Un linguaggio degno di voi, mia signora. -

Furiosa come non mai gli dette un morso alla mano, proprio tra il pollice e l'indice, questo fu sufficiente a liberarsi.

-E di questo che mi dici? Lo trovi degno di me? -

-Ma che vi prende? - Questa volta fu lui ad alzare appena la voce, massaggiandosi la mano morsa.

-Cosa prende a me? - Gli tirò una spinta per allontanarlo da se, non le piaceva averlo troppo vicino, i suoi abiti, le sue mani, profumavano di filtri e pozioni, spezie e fiori. Erano odori che le davano alla testa. -Cosa prende a te?! Mi eviti per mesi, non mi rivolgi la parola, né mi guardi quando ci incontriamo. E poi mi aggredisci in mezzo al corridoio? -

-Abbassate la voce. Se mi vedono, o mi sentono, finisce male. -

-Che cosa hai fatto questa volta? - Si pentì immediatamente di quella domanda, alzò una mano come a fermare una sua risposta. -No, anzi, non mi interessa, non me ne frega niente. -

Fece per andarsene, ma Shang Tsung le afferrò il polso.

-Concedetemi qualche minuto per spiegare. Almeno questo. -

Non voleva guardarlo, ma fu inevitabile nel voltarsi incrociare il suo sguardo.

Che fossero genuini questa volta i suoi occhi?

Era questo il problema con un uomo come Shang Tsung, non sai mai quando ti mente e quando dice la verità, e anche se dentro di se, conosceva la risposta, ancora una volta cadde nelle sue menzogne.

Sospirò rassegnata, dandosi mentalmente dell'idiota.

-Va bene. - Incrociò le braccia davanti al petto e sollevò appena il mento verso di lui. -Avanti... spiegami. -

Lui le mostrò una porta, poco più avanti. -Andiamo in un posto più tranquillo, vi spiace? -

Sbuffando si avviò verso la porta, e lo vide che aveva sorriso quel maledetto, conscio di averla ancora spuntata. Arrogante bastardo, sapeva bene dove colpirla e come, ed era consapevole di farlo fin troppo bene.

Entrarono dalla porta, ritrovandosi nell'anticamera in una stanza, evidentemente di un servitore.

-Di chi è questa stanza? -

-Di una schiava. - Rispose lui chiudendo la porta.

-Allora cos'è che vuoi? - Tagliò corto, non volendo tirarla troppo per le lunghe, era già riuscito a mandarle il sangue al cervello.

-Reiko vi sta usando. -

Per qualche secondo non riuscì a comprendere bene quelle parole, poi scoppiò a ridere.

-Certo. E da cosa lo hai dedotto? -

-Lui non è quello che pensate, mia signora, Reiko è un uomo molto diverso da ciò che appare. -

-Come te? -

Lo stregone accusò il colpo, la fissò per qualche istante corrugando appena la fronte, aveva abbandonato la maschera dell'amico, e adesso aveva più l'espressione di un teppista che fissava curioso e arrogante una rissa per strada.

-Voi non state bene mia signora. - Se solo avesse avuto un'intonazione preoccupata, sarebbe parsa la frase accorata di chi cerca di aiutare, ma il tono che aveva usato sembrava più lo scherno di un ragazzino che cerca di fare a pugni con chi è più grande di lui.

-Ma come ti permetti ad usare una simile confidenza con me? Impara a stare al tuo posto stregone... -

-O mi farete frustare, non è così? - La interruppe avvicinandosi di qualche passo. -Voi non siete lucida. Siete come una bambina sperduta che si aggrappa alla mano del primo uomo che incontra per strada, e non vuole rammentarsi di quanto sia pericoloso fidarsi degli estranei. -

-Ma non preoccuparti, ho una certa dimestichezza con chi mente per i propri scopi. - Avrebbe voluto colpirlo. Avrebbe voluto schiaffeggiarlo e urlargli contro tutto il suo rancore per averla lasciata da sola.

-Evidentemente non abbastanza. - Entrambi si erano avvicinati e adesso si fronteggiavano proprio come se stessero per iniziare un combattimento, i muscoli tesi, gli occhi fissi a cogliere ogni cedimento o guizzo dell'altro.

-Si, vi ho mentito, ho usato le vostre debolezze per avvicinarmi a voi e approfittarmi della vostra ingenuità, per raggiungere i miei scopi. Ma noi due abbiamo raggiunto un accordo, ve lo ricordate ancora? -

Come dimenticarsene? La sua unica via di fuga. La sola speranza di dare a Kitana una vita normale.

-Cosa vuoi? Parla chiaro. -

-Voglio che apriate gli occhi. Che vi svegliate dal vostro sogno di principessa. Nessuno cerca la vostra amicizia per il vostro bell'aspetto, non siete l'unica donna appetibile dell'Outworld, quindi smettetela di comportarvi come se ogni uomo volesse solo infilarsi sotto la vostra gonna. Non siete voi che usate gli altri, sono gli altri che vi usano per i propri scopi. -

Questa volta non riuscì a trattenersi e lo colpì con uno schiaffo.

-Come osi fare certe insinuazioni su di me? -

Non se lo aspettava, ma lo schiaffo che le venne restituito fu così forte che le fece voltare la testa di lato.

Era sgomenta. Aveva davvero osato alzare le mani su di lei?

L'avrebbe pagata cara.

Fece per colpirlo, ma lui le bloccò la mano a mezz'aria.

-Davvero non avete visto che Reiko indossa gli stessi abiti di Shao Kahn? Davvero non scorgete la falsità nel suo modo di porsi? Non capite che sta fingendo? - Non voleva ascoltarlo, ma mentre lui le parlava, erano numerose le scene che si ripresentavano alla memoria in cui aveva notato qualcosa che non andasse nel generale. -Davvero credete che sia capace di provare sentimenti come l'amore? Lui non vi desidera per amore. Lui vi vuole, perché vuole tutto ciò che ha Shao Kahn! -

-Stai mentendo. - Strattonò la mano per liberarla dalla sua presa, ma ottenne, invece, il risultato di avvicinarlo a se.

-Che motivo ne avrei? - Domandò.

-Non lo so. Stai solo cercando di usarmi! -

-Non vi siete chiesta come mai Sheeva si trattiene dall'esporvi il suo reale pensiero? Perché io non mi sia più avvicinato? Non avete visto i suoi uomini che vi seguono continuamente? -

-Sono per la mia sicurezza. -Lo spinse via, riuscendo a liberare anche la mano. -Non devo rispondere a te di niente! Niente! Tu non sei niente per me! E io non sono niente per te! Ci siamo solo usati! Che altro vuoi dalla mia vita?! - Alla fine era scoppiata, nemmeno si accorse che stava piangendo mentre urlava.

Se non altro aveva ottenuto l'effetto di scioccarlo.

Shang Tsung serrò la bocca in un’espressione corrucciata, come se stesse valutando se dire o meno quella a cui pensava.

-Io vi sono debitore. - Disse infine tutto d’un fiato. -Non che la cosa mi piaccia, sia ben chiaro. Ma vi sono debitore. Voi una volta mi avete salvato la vita. Stavo cercando di fare lo stesso. -

Adesso stava a Sindel rimanerci di sasso.

Lui sospirò profondamente, rompendo il silenzio che si era venuto a creare.

-Io vi capisco. So cosa vuol dire perdere ogni cosa. Ci si sente come naufraghi in mezzo al mare e ci si attacca ad ogni detrito che vediamo, pensando che possa tenerci a galla, ma non è così. -

Era mai possibile che fosse sincero?

Era confusa, non sapeva più di cosa o chi fidarsi. I suoi occhi sembravano sinceri, ma poteva sempre essere un altro dei suoi trucchi. Ma perché le stava facendo quello?

-Lui vuole spodestare Shao Kahn. -

-Hai delle prove? - Domandò sconvolta.

-Non ancora, ma le avrò presto. - Ribatté lui con quella sua tipica sicurezza, di chi ha tutte le risposte pronte.

Sorrise con uno sbuffo e si asciugò velocemente le lacrime dal viso. -Tu... sei veramente incredibile... - Scosse la testa sconvolta. -Perché mai dovrei essere dispiaciuta, se Reiko spodestasse Shao Kahn? -

-C'è un motivo per cui vi ho portata qui. - Shang Tsung si mosse verso la porta che dall'anticamera portava alla camera da letto, facendole segno di seguirlo.

Quando aprì la porta, con la mano libera le fece cenno di non fare confusione.

Su di un misero letto, c'era una donna, bellissima, dalla pelle leggermente abbronzata, lunghi capelli corvini sciolti che ricadevano sul cuscino, il suo volto era rilassato, stava dormendo.

Sul comodino di fianco al letto c'erano delle garze sporche di sangue, anche il suo collo era fasciato.

Sindel si voltò di scatto verso l'uomo al suo fianco, che come se le avesse letto nel pensiero, cominciò a rispondere alle sue domande.

-Si chiama Yane, è un'edeniana come voi. Adesso è una serva di Reiko. -

Lei lo guardò sconcertata, non capendo ancora dove volesse andare a parare.

Sahng Tsung si avvicinò al letto e delicatamente spostò il lenzuolo che copriva la donna, rivelando il busto completamente fasciato.

Istintivamente Sindel si portò una mano alla bocca. Le bende erano sporche di sangue in più punti.

-Tutti i giorni, dopo le... "esigenze" del generale, io la curo e la rimetto nuovamente in piedi. -

Sindel deglutì a vuoto e distolse lo sguardo.

-Ti prego, lasciamola in pace. -

Le faceva male vedere una sua connazionale ridotta in quel modo. Chissà chi era prima dell'invasione dell'Outworld, una donna così bella... non voleva pensarci.

Entrambi tornarono nell'anticamera.

-Perché? - Gli domandò solamente.

-Voi mi avete chiesto perché non dovreste volere che Reiko spodesti Shao Kahn. L'Imperatore vi ha mostrato rispetto, dubito che Reiko faccia lo stesso. -

Rimase in silenzio qualche secondo, la sua mente era affollata da mille pensieri, non ce la faceva, aveva bisogno di restare sola e pensare.

-Devo andarmene... - Disse ad un tratto.

Si avviò verso la porta, ma quando fece per aprirla, si voltò verso di lui.

-Il nostro accordo è ancora valido? -

-Ovviamente. - Rispose senza scomporsi.

Fece un profondo sospiro e sparì oltre il vano della porta.

  
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