Anime & Manga > Demon Slayer/Kimetsu no Yaiba
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Autore: yo_natdesu    16/04/2024    0 recensioni
[QUESTA STORIA PARTECIPA ALLA Themed Challenge - Spring Edition (II Edizione) INDETTA DAL FORUM Siate Curiosi Sempre.]
- Post-manga, presenza di SPOILER. -
Dove Inosuke non riesce a liberarsi del passato che non ha mai conosciuto.
Dal testo: "A Inosuke ogni tanto capitava di pensare alla sua madre biologica. Il più delle volte la malediceva per averlo fatto nascere con quel viso così femminile che tanto detestava, ma c'erano stati dei momenti (ora non più tanto rari) in cui desiderava conoscerla: gli sarebbe piaciuto sapere i suoi passatempi, assaggiare la sua cucina, chiacchierare con lei e, perché no, magari si sarebbe anche lasciato cullare dal suo affetto e sarebbe diventata una ragione in più per non morire in battaglia.
O forse, pensò Inosuke con una punta di incredulità, se sua madre fosse stata al suo fianco non avrebbe nemmeno intrapreso la strada dell'Ammazzademoni."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Inosuke Hashibira
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Prompt 001. Azalea (amore materno).

Inosuke non era mai stata una persona religiosa.
Certo, la sua limitata conoscenza delle scienze e del mondo "umano" - se così si poteva definire - l'avevano indotto più volte a immaginare che un qualsivoglia fenomeno naturale fosse scaturito dal volere di una qualsivoglia entità superiore, ma poi la sua mente andava in tilt per aver pensato troppo e si addormentava con la consapevolezza e la fierezza di essere lui stesso un dio, il dio delle montagne.
Eppure, in quel momento, Inosuke non poté fare a meno di congiungere le mani e chiudere gli occhi così come gli avevano insegnato Tanjirou e Zen'itsu durante il loro primo incontro nella casa dei tamburi, le sue spade abbandonate ai suoi piedi. Mai avrebbe pensato di ritrovarsi in una situazione simile: lui, il grande Inosuke, che pregava per una donna di cui a malapena ricordava la voce?
Erano passati mesi dal suo scontro con Douma, Muzan era morto, Tanjirou aveva incominciato a uscire con Kanao e perfino Nezuko, ora finalmente umana, aveva accettato le incessanti richieste di Zen'itsu e gli aveva concesso un appuntamento con lei: erano andati tutti avanti. Tutti. E tutti si comportavano come se niente fosse mai accaduto. Quindi, perché proprio lui non ci riusciva?
Le parole di Douma rimbombavano ancora nella sua testa come il peggiore dei rumori, gli facevano venire il mal di testa e il solo pensiero di ciò che gli aveva raccontato gli causava un drastico aumento di pressione e al punto che doveva costringere qualche povero ragazzo della squadra Ammazzademoni ad allenarsi con lui per poter scaricare la frustrazione. Ma il sollievo che provava dopo uno scontro estenuante - i suoi allenamenti non erano di certo una passeggiata! - era solo momentaneo, e subito il sorriso sornione di Douma tornava ad assalirlo.
Avrebbe voluto farlo rinascere solo per poterlo sconfiggere una, due, cento volte se questo lo avrebbe aiutato a dormire sogni tranquilli; gli avrebbe strappato quel ghigno dalla faccia e avrebbe combattuto senza nessun altro, si sarebbe guadagnato la sua vittoria da solo.

«Tu le assomigli molto, solo che i tuoi tratti sono più... mascolini.»

A Inosuke ogni tanto capitava di pensare alla sua madre biologica. Il più delle volte la malediceva per averlo fatto nascere con quel viso così femminile che tanto detestava, ma c'erano stati dei momenti (ora non più tanto rari) in cui desiderava conoscerla: gli sarebbe piaciuto sapere i suoi passatempi, assaggiare la sua cucina, chiacchierare con lei e, perché no, magari si sarebbe anche lasciato cullare dal suo affetto e sarebbe diventata una ragione in più per non morire in battaglia.
O forse, pensò Inosuke con una punta di incredulità, se sua madre fosse stata al suo fianco non avrebbe nemmeno intrapreso la strada dell'Ammazzademoni.
Ma tutto quel meditare gli stava causando l'ennesima emicrania e, per evitare di emanare fumo dalle orecchie, decise che era giunto il momento di fare una pausa.

❃❃❃

Trovò un corso d'acqua non molto lontano dal punto in cui aveva deciso di pregare e vi si avvicinò con l'intento di sciacquarsi il volto e rimettere un po' di ordine ai suoi pensieri. Prima o poi ne uscirò pazzo, da tutta 'sta storia, si disse.
Guardò dentro al fiume, la maschera abbandonata sul terreno accanto alle sue gambe. Fece per immergere la mani grandi e callose e, dio, fu allora che la vide: i suoi capelli neri fuliggine, gli occhi grandi e sinceri, il cui colore brillava come smeraldo sotto la fioca luce del sole e perfino il sorriso confortante e amorevole s'intravedeva nello specchio d'acqua, bello come poche cose Inosuke avesse mai constatato in vita sua.
Si portò una mano sul viso, dai lineamenti effettivamente più duri rispetto a quelli delicati della donna, e non si rese nemmeno conto di star trattenendo il fiato tanto era concentrato a ricercare nei meandri della sua mente altri dettagli riconducibili a sua madre. Madre che ormai non aveva più l'aspetto di un animale selvaggio o della foresta in cui era cresciuto, ma che ora aveva un nome e le fattezze di un'umana.
Inosuke chiuse un occhio e passò l'indice sopra la palpebra: quanto dovevano essere stati gonfi gli occhi di Tokuha da non farla sembrare nemmeno lei? Rabbrividì al solo pensiero.
E il suo profumo, invece? Chissà com'era! Il suo bel fascino giovanile si sarebbe manifestato anche nell'essenza, cospargendo la sua pelle di rose e azalea, oppure avrebbe avuto un profumo più forte, sicuro, indipendente?
E la voce? Di certo era melodiosa e dolce, delicata e amorevole e rassicurante come i raggi del sole che t'accarezzano il viso durante la primavera...
A Inosuke servirono una manciata di secondi per comprendere che quelle sul suo viso non erano gocce d'acqua dolce ma lacrime. Le prime caddero sul prato, poi sulle sue cosce, alcune gli segnarono tutto il viso; poi, una cadde nel fiume, proprio sul meraviglioso quanto sofferto sorriso di Tokuha, e fu abbastanza affinché la figura della donna scomparve.
Inosuke sgranò gli occhi, allungò disperatamente una mano verso il flusso d'acqua, provò, sperò di raggiungerla dovunque fosse, ma le sue dita non toccarono nient'altro se non il bagnato.
Fu allora che urlò.

Il silenzio che ne seguì fu pesante, rotto solo dal lento e eterno scorrere dell'acqua e dal fruscio di foglie nell'aria. Inosuke rimase immobile per un momento, cercando di calmare il suo cuore che batteva rapido nel petto. Per un attimo, credette che si sarebbe staccato dal suo corpo e avrebbe pulsato nelle sue stesse mani.
Ma questo non accade e, lentamente, alzò lo sguardo verso il cielo. Le nuvole si muovevano pigre, creando forme mutevoli nel cielo azzurro. Inspirò profondamente, ma dovette subito coprirsi la bocca per via d'un forte e improvviso attacco di tosse.
E per la prima volta si sentì solo. Solo, messo a nudo, impotente. Come poteva essere un dio, se non aveva neanche la forza di stare in piedi?
Non gli restava altro da fare se non aspettare. Ma aspettare chi, poi? Tanjirou? Tokuha? Inosuke non ne era sicuro.
Fatto sta che qualcosa arrivò davvero: si mosse velocemente, destando d'un tratto l'attenzione del ragazzo, per poi rotolare fuori da un arbusto lì vicino e grugnire non appena si rimise in piedi, il dorso ricoperto di foglie.
Le palpebre di Inosuke si alzarono e si abbassarono ad un ritmo irregolare mentre il suo cervello - già messo a dura prova dalla visione inaspettata di Tokuha - tentò di elaborare ogni possibile spiegazione sul perché vi fosse un cucciolo di cinghiale completamente solo nel bel mezzo della foresta. E soprattutto perché lo stesse fissando un po' impaurito, un po' incuriosito e non avesse ancora provato a scappare via.

«Non sei molto forte, vero?» asserì, allungando una mano verso il cucciolo.

Quello parve mostrare i denti ancora non del tutto sviluppati e, d'istinto, tentò di mordere le dita del ragazzo, ma egli fu più veloce e ritrasse la mano ancor prima che l'animale avesse spalancato la bocca.

«Però il coraggio non ti manca.»

Con una delicatezza che non pensava nemmeno gli appartenesse, Inosuke riuscì ad avvicinarsi nuovamente al piccolo, questa volta per togliergli di dosso l'intruglio di foglie e fango nel quale era ricoperto. L'altro lo lasciò fare, dandosi poi da solo un'ultima scrollata per rivelare il suo manto chiaro e striato.
E, inaspettatamente, Inosuke gli sorrise. Fu un sorriso breve, che sparì così com'era nato sulle sue labbra, ma fu sufficiente per smuovere qualcosa nei angoli più remoti e sconosciuti del suo animo, qualcosa che puntava dritto al suo cuore adesso inspiegabilmente acquietato.
Forse era quello che la gente comune chiamava istinto materno. O paterno, in questo caso. O più probabile fraterno. Ancora una volta, Insouke non ne aveva idea.
Senza fretta, aspettò che il cucciolo lo annusasse e, dopo, lo prese tra le mani, avvicinandolo al suo viso.

«Ora che ti guardo bene, non sembri poi così male» disse, osservando il suo musetto da varie angolazioni. «Ti chiamerò Yamako: se io sono il dio delle montagne, allora tu sarai loro figlio*.»

E Yamako grugnì di nuovo, quasi a voler dare conferma della scelta della sua nuova identità.

 

* il nome Yamako è stato partorito dalla mia mente malata grazie alla conoscenza degli ideogrammi di  (Yama, montagna) e 子 (ko, bambino/a). Penso che sia un nome completamente inventato, ma mi sembrava carina l'idea di unire due kanji per creare una parola con un significato dietro :)

 

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