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Autore: M a k o    27/04/2024    4 recensioni
• Datastormshipping (Ryoken/Yusaku)
• Mini long Android!AU
• Dal testo:
Yusaku ti fissa, in trepidante attesa di una tua risposta.
Respiri profondamente, poi ricambi il suo sguardo e, solo per il suo bene, ti armi di una forza incommensurabile al fine di restargli accanto un'ultima volta prima della fine.
«Ricominciamo da capo» dici, e questa volta è Yusaku ad annuire.
Accenni un sorriso. «Buongiorno, Yusaku. Oggi resterò con te durante il tuo ultimo giorno. La città è a tua completa disposizione grazie al badge universale che ti hanno fornito questa mattina. Da dove vuoi cominciare?»
• Questa storia partecipa alla Inspirational Challenge indetta dal gruppo facebook Komorebi Community – Fanfiction Italia
• Questa storia partecipa alla Bingo Mania! (Primavera 2024) indetta dal forum Siate Curiosi Sempre
• Questa storia partecipa alla Challenge “Fissa un obiettivo (e superalo) indetta dal forum Siate Curiosi Sempre
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Ryoken Kogami/Revolver, Yusaku Fujiki/Playmaker
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Datastorm mini long'
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Amami ancora pt.1
Komorebi Community || Siate Curiosi Sempre
{N.d.A. in fondo alla pagina. Buona lettura!}



Amami ancora
(fallo dolcemente)


~ Prima parte ~



1


Amarti m'affatica
Mi svuota dentro
Qualcosa che assomiglia
A ridere nel pianto

Amarti m'affatica
Mi dà malinconia
Che vuoi farci, è la vita
È la vita, la mia


Un opprimente senso di pesantezza grava su di te. Per la prima volta dopo tanto tempo, avverti l'agitazione strisciare sottopelle e sedimentarsi poi nella bocca dello stomaco. Non puoi fare nulla per frenare questo viavai di sensazioni e, di conseguenza, con un lungo sospiro rassegnato lasci che queste fluiscano in te e che si intensifichino istante dopo istante.
Mancano ancora cinque minuti alle nove e sei già ridotto a un fascio di nervi: non va affatto bene.
È una tiepida mattinata di metà primavera, ma c'è una parte di te, all'altezza del cuore
    (un po' più su, proprio verso il centro)
che avverte solo il gelo pungente del dolore e dell'ingiustizia.
C'è una parte di te che vorrebbe urlare, ribellarsi e mandare a monte tutto quanto, ma la tua impeccabile professionalità ti impone di rimanere calmo, almeno all'apparenza, e anche vigile e attento. È una triste realtà a cui ti sei ormai abituato, ma con lui… con lui sarà impossibile, completamente diverso.
Come farai a fingere che vada tutto bene? Ne sarai in grado? No, certo che no, già lo sai.
Stringi il suo nome nel pugno della mano sinistra, un piccolo tagliando in cui sono riportati anche il luogo e l'orario dell'incontro: Yusaku Fujiki. Pasticceria Cyberse. Ore 9.
Il tuo prossimo macigno sulla coscienza.
    (Quello più insostenibile fra tutti).


2

    «Ryoken…»
Non si aspettava che fossi tu il suo accompagnatore — e futuro carnefice — e il sussurro che giunge ovattato e sfumato alle tue orecchie ne è la prova inconfutabile.
Ti volti nella sua direzione e, nel momento in cui incroci il suo sguardo, ti rendi conto che quel sentimento che ti ha legato a lui anni addietro non se ne è mai andato, si era solo coricato sotto un soffice manto di neve bianca che a lungo andare si è sciolta. E ora sta fiorendo, più rigoglioso e vivo che mai.
Yusaku è a pochi passi da te ed è bellissimo come lo è sempre stato. Ma è anche avvolto da un'aura intrisa di tristezza e disperazione, un fragile cristallo in procinto di frantumarsi in mille cocci taglienti e inanimati.
La semplicità è sempre stata il suo marchio di fabbrica, proprio come oggi: indossa una t-shirt chiara in cotone e sopra una camicia a maniche lunghe lasciata aperta; i blue jeans hanno quel tocco leggermente vissuto grazie alla scoloritura alle ginocchia che si intona alle sneakers basse che indossa.
In realtà, però, sono altri due gli elementi che catturano maggiormente la tua attenzione: il badge universale che Yusaku porta al collo, vera novità di questa giornata ai limiti dell'assurdo, e i suoi occhi verdi pieni di tutte le ombre dalle quali non sei riuscito a proteggerlo. È un connubio che fa male, che punge la gola e ti serra la bocca dello stomaco in una morsa spietata.
Solo ora ti rendi conto di essere davvero terrorizzato all'idea di ciò che avverrà poi; nemmeno un centinaio di settimane di preavviso sarebbero bastate per mitigare questa sgradevole sensazione che brulica
    (e piange e si dispera)
dentro di te.
Professionalità. Ti imponi di mantenere una parvenza di professionalità, ma questa vacilla un po' nel momento in cui le labbra di Yusaku si schiudono appena e poi, con un'innocenza disarmante, si incurvano in un candido sorriso.
    «È da tanto che non ci vediamo…»
Sette anni, due mesi e quattordici giorni. Ecco esattamente da quanto non vi vedete, un lasso di tempo enorme nel quale la sua assenza, in certe occasioni, è stata così struggente da impedirti di respirare. Tutto ciò che ti ha spinto ad andare avanti senza mai voltarti indietro è sempre stato il desiderio di cercare di costruire un mondo migliore per lui, lontano dalla guerra ancora in corso e dall'umiliazione di doversi nascondere all'interno di un'enorme cupola invisibile per proteggersi dagli attacchi delle bombe nemiche.
Siete sempre stati in gabbia, voi due, ma stando insieme vi sentivate più liberi e forti che mai. E ti si spezza il cuore in una stretta di pura malinconia vedere come Yusaku abbia conservato tutta la sua innocenza in quegli anni che vi hanno tenuti separati. Tu avresti dovuto proteggerlo e questo avrebbe significato non vederlo mai più, un prezzo che già da piccolo, poco più che ragazzino, eri stato disposto a pagare.
Ora che Yusaku si trova qui davanti a te, a pochi passi dal tuo cuore, senti di aver fallito miseramente in quella che era diventata la tua ragione di vita, il motivo per cui ti sei impegnato fino allo stremo.
È colpa tua se presto lui uscirà dalla cupola, ma non come essere umano libero, bensì come la più spietata macchina da guerra e distruzione che la scienza abbia mai creato.
Ti sforzi di sorridere e di accantonare, anche solo per poco, tutti quei pensieri nefasti — tanto prima o poi torneranno a divorarti il cervello e le interiora, lo sai.
Annuisci. «È vero, non ci vediamo da molto tempo. Come… come stai?»
Non era tua intenzione partire subito con una domanda tanto scomoda, ma è più forte di te, necessiti di saperlo. Yusaku fa spallucce e sul suo sorriso si imprime una lieve nota malinconica.
    «Prima di essere chiamato per la Causa, lavoravo come tecnico in un negozio di elettronica. Mi trovavo bene e la paga era buona. Ora però le cose sono cambiate. Non posso dire che vada tutto bene, che sto bene, ma almeno ti ho rivisto dopo tanti anni. Quindi ora sento di essere un po' più felice rispetto a prima».
Senti qualcosa incrinarsi dentro di te, un frammento rotto, spaccato a metà, che non ti sarà mai più restituito. E tremi dentro quando lo sguardo di Yusaku si indurisce appena, i suoi occhi come due smeraldi scalfiti dal tempo che hanno viaggiato per secoli interi prima di trovare il loro posto nel mondo.
Poi comprendi, non appena Yusaku parla, che la sua non è durezza, bensì determinazione.
    «Ryoken… fa' quello che devi fare».
Quelle parole ti vibrano dentro con la potenza di un martello pneumatico. Yusaku è consapevole di ciò a cui sta andando incontro, forse non lo ha propriamente accettato, ma se ne è fatto una ragione. E, soprattutto, è conscio del fatto che la sua vita, d'ora in avanti, sarà nelle tue mani, nel senso più letterale del termine.
    (E tu non lo avresti mai voluto).
Notando che ancora non hai replicato, Yusaku prosegue: «Mettiamo le cose in chiaro una volta per tutte, d'accordo? Primo:» e alza l'indice destro, «sono stato chiamato circa un mese fa dai piani alti e questi mi hanno riferito che sono stato ritenuto idoneo per la trasformazione».
Si ferma, attendendo una tua conferma. E tu ti ritrovi, con molta riluttanza, ad annuire.
    «Secondo:» prosegue, alzando anche il medio destro, «tu sei colui che hanno incaricato per eseguire l'operazione e tutto ciò che essa comporterà. Confermi?»
E, sempre con grande riluttanza, annuisci una seconda volta.
    «Terzo:» continua Yusaku, alzando anche l'anulare destro, «questo è il mio ultimo giorno come essere umano prima di subire la trasformazione e, pertanto, voglio che sia un giorno degno di essere vissuto. Non pretendo chissà che cosa, anche se con questo badge universale potrei permettermi ben più di uno sfizio che non ho mai soddisfatto in vita mia, ma… voglio soprattutto che tu ti cancelli quell'espressione dal volto. Non guardarmi in quel modo, ti prego».
Sussulti e ti mordi il labbro inferiore. «Come ti guardo…?»
    «Come se stessi per morire da un momento all'altro».
Ma quello già morto, in realtà, sei proprio tu. Sei morto nel momento in cui ti hanno riferito che Yusaku è stato selezionato per la trasformazione; sei morto nel momento in cui hai ricevuto il programma da seguire passo per passo affinché Yusaku diventi il pioniere di una nuova generazione di macchine da guerra infallibili e spietate, dotate di un'intelligenza superiore ma prive di cuore e aride di sentimenti ed emozioni; sei morto nel momento in cui ti sei reso conto che non saresti mai più stato in grado di proteggerlo.
Ma l'hai veramente protetto, in tutti questi anni? Cosa hai fatto se non fallire giorno dopo giorno nella disperata ricerca di un altro modo per affrontare il nemico che non prevedesse l'uso degli androidi da guerra? Cosa hai fatto se non assistere inerme alla trasformazione di decine
    (centinaia, migliaia)
di ragazzi e ragazze dell'età di Yusaku, veder strappata via un'innocenza che non tornerà mai più indietro e voltare loro le spalle nel momento in cui sono usciti fuori dalla cupola invisibile per non fare mai più ritorno?
Come farai a spiegare a Yusaku che durante il processo di trasformazione gli impianterai un microchip nel cervelletto da attivare in caso il nemico lo dovesse catturare? Con quale coraggio gli dirai che quel microchip serve ad innescare l'autodistruzione, in modo tale che il nemico non possa studiarne il corpo e i suoi componenti per capire su quali armi deve puntare per distruggere l'umanità?
    (Ma che umanità è quella che sacrifica i propri giovani in questo modo senza cercare un'alternativa migliore?)
Yusaku ti fissa, in trepidante attesa di una tua risposta.
Respiri profondamente, poi ricambi il suo sguardo e, solo per il suo bene, ti armi di una forza incommensurabile al fine di restargli accanto un'ultima volta prima della fine.
    «Ricominciamo da capo» dici, e questa volta è Yusaku ad annuire.
Accenni un sorriso. «Buongiorno, Yusaku. Oggi resterò con te durante il tuo ultimo giorno. La città è a tua completa disposizione grazie al badge universale che ti hanno fornito questa mattina. Da dove vuoi cominciare?»


3

Dalla colazione. Yusaku vuole cominciare dalla colazione, e come dargli torto.
Quando questa mattina ti sei svegliato, qualche minuto prima delle sette, ti sei accontentato di una misera tazzina di caffè amaro poiché il tuo stomaco era troppo chiuso a causa dell'ansia e dello stress. Ora sono le nove passate e hai decisamente fame.
Lasci che Yusaku ordini qualcosa anche per te nella pasticceria più rinomata della città e, quando una torre di pancake ti si materializza davanti agli occhi, deglutisci quasi a fatica. Hanno l'aria davvero appetitosa e le tue papille gustative confermano dopo il primo boccone.
Noti che Yusaku si è tolto la camicia e lo stesso vorresti fare anche tu col camice bianco, ma così facendo violeresti il regolamento degli uomini di scienza e non vuoi rovinare la giornata a entrambi. Gli scienziati sono tenuti ad accompagnare il loro abbigliamento con il camice bianco sempre, in qualsiasi occasione; una regola stupida che non hai mai compreso fino in fondo.
Quantomeno sotto sei stato libero di scegliere come vestirti in occasione di questa giornata molto particolare — uno scienziato opera in prima persona un massimo di sei esseri umani l'anno, ne va della sua salute mentale. Il resto del tempo lo trascorre ad addestrare gli androidi che ha creato e ad assisterli durante il momento in cui abbandonano definitivamente la cupola.
Per questo uscite del genere al di fuori dei grandi laboratori situati nei sotterranei della Torre di Hanoi — la parte più oscura di Den City — sono eventi straordinari.
Quasi non ricordi cosa si prova a essere baciati dal timido sole primaverile tanto i tuoi occhi e la tua epidermide si sono abituati alla luce artificiale che illumina le immense stanze in cui lavori.
Per oggi hai deciso di indossare un maglioncino leggero grigio scuro con il colletto a V e un paio di pantaloni neri. Da quanto tempo non ti sentivi così diverso? Perfino le scarpe ti infondono un senso particolare di libertà, un paio di semplici sneakers che per un giorno intero sostituiranno le classiche scarpe da laboratorio che ti accompagnano sempre durante il lavoro.
Ormai nessuno ci fa più caso. Un tempo, invece, la vista di uno scienziato che affianca una persona durante il suo ultimo giorno suscitava molto più scalpore. La gente si è ormai abituata a tutto… anche alle bombe nemiche.
Non fai nemmeno in tempo a formulare per intero questa considerazione che tutto intorno a te trema: stanno arrivando. Stanno arrivando e per un attimo il panico si impossessa del tuo corpo, paralizzandoti.
Poi rammenti che esiste la cupola invisibile, che la odi con tutto te stesso ma, al contempo, ha sempre protetto l'intera città e non si è mai frantumata. Così rilassi i muscoli e sei in procinto di riprendere a mangiare come se niente fosse quando punti lo sguardo su Yusaku e ti si gela il sangue nelle vene: è impallidito per lo shock e i suoi occhi sono talmente sgranati che non sbatte nemmeno le palpebre. Perde la presa sulla forchetta e questa scivola, tintinnando fastidiosa sulla superficie liscia del piatto.
Allunghi subito una mano nella sua direzione, alla ricerca di un contatto fisico bramato per più di sette anni. Gli sfiori le dita con garbo e il tuo cuore sprofonda in un pozzo senza fine nel momento in cui Yusaku stringe forte la presa nel disperato tentativo di aggrapparsi a qualcosa, un appiglio che lo possa trarre in salvo.
Il frastuono delle bombe nemiche che si schiantano sulla cupola invisibile e la incendiano per brevi frazioni di secondo è uno spettacolo al quale sei ormai abituato, ma non per questo ti fa meno paura. A quanto pare, Yusaku non è ancora riuscito a superare questo trauma.
Certo, quando subirà la trasformazione non sarà più terrorizzato da quelle bombe, anzi, saprà come deviarle, distruggerle e perfino rispedirle al mittente… ma è proprio questa sua atavica paura a renderlo ciò che è, a renderlo umano. Tu che diritto hai di sottrargli tutto questo terrore naturale che gli striscia nelle vene e nelle arterie? Che diritto hai di privarlo di tutto ciò che lo rende la creatura più bella di questo mondo?
    «Ho la costante sensazione che la cupola sia in realtà fatta di zucchero filato…» dice a mezza voce, un leggero rossore a imporporargli le gote ora meno pallide.
All'apparenza risulta essere una frase un po' bizzarra, ma tu ricolleghi subito i pezzi e non puoi fare a meno di sorridere. «Le nostre teorie a riguardo rimangono ancora oggi molto più interessanti della realtà scientifica» replichi, e Yusaku sorride con te, ora meno spaventato.
Fin da quando eravate piccoli vi eravate resi conto di essere diversi dagli altri bambini nel momento in cui, a meno di dieci anni, già vi ponevate domande circa la possibilità che un giorno sia l'aria respirabile che l'acqua potabile potessero esaurirsi e lasciare l'intera città nel caos.
Come potevano l'aria e l'acqua, all'interno di una cupola invisibile, essere illimitate? Avevate così iniziato a fare mille congetture a riguardo, una più assurda e fantasiosa dell'altra, ma proprio per questo non hai mai dimenticato tutte le ore trascorse con Yusaku a parlare, ideare e confrontarvi; sono state le più belle e preziose di tutta la tua vita.
Una gita scolastica in prima media ai Laboratori di Ricerca e Sviluppo ti ha distrutto l'infanzia con la sua infallibile oggettività, rendendoti consapevole di quanto tu e Yusaku foste lontani dalla realtà dei fatti, come l'idea che la cupola fosse composta da riso soffiato o zucchero filato invisibile o che nei laboratori situati ai piani più alti della Torre di Hanoi si creassero artificialmente delle nuvole scure e minacciose gravide di fredde gocce d'acqua — ovviamente anche le nuvole erano fatte di zucchero filato o riso soffiato.
L'oggettività della scienza è molto più noiosa, pregna di spiegazioni e termini tecnici che appesantiscono solo la mente. La cupola è composta da metamateriali con un indice di rifrazione negativo. Questi materiali sono altresì rinforzati con nanotubi di carbonio, noti per la loro incredibile resistenza e leggerezza, perfetti per resistere agli impatti fisici delle bombe nemiche.
Per quanto riguarda l'aria, vi è un costante filtraggio dell'ossigeno grazie a un autorespiratore a ciclo chiuso che ricicla l'aria espirata e la purifica, permettendo così un ambiente autosufficiente all'interno della cupola. E per l'acqua, invece, vi è una gestione sostenibile dovuta alla desalinizzazione solare, una tecnologia innovativa che utilizza l'energia del sole per trasformare l'acqua salata in potabile, visto e considerato che Den City si trova vicino al mare.
    (Decisamente mille volte meglio lo zucchero filato e il riso soffiato).
Tu e Yusaku rimanete in silenzio ancora per un po', le dita delle vostre mani sempre intrecciate, prima di riprendere a mangiare.
La cupola invisibile vi ha protetti da altre tre bombe. Ora i pancake sono un po' freddi, ma rimangono comunque deliziosi.


4

Durante la mattinata vi concedete una lunga passeggiata per le vie della città, entrando però in pochissimi negozi. Nonostante Yusaku possieda il badge universale, oltre alla colazione per il momento non ha pagato altro.
Siccome lo conosci bene, pensi di comprendere come mai sia tanto restio dall'utilizzare il badge universale per ogni cosa, anche la più frivola o piccola: è difficile riuscire a gestire tutto quando, fino a un attimo prima, si aveva quasi nulla. Un tutto che, tra l'altro, nel giro di ventiquattr'ore gli sarà nuovamente negato.
A un certo punto Yusaku si ferma e indica un negozio dall'altra parte della strada.
    «Lì è dove ho lavorato fino a pochi giorni fa negli ultimi quattro anni» ammette, e in un attimo i suoi occhi si impregnano ancora una volta di una malinconia dolce come un sussurro prima di coricarsi a dormire.
    «Vuoi entrare per un saluto?» gli domandi, e Yusaku nega col capo.
    «Ho già fatto l'ultimo giorno di lavoro. Va bene così».
No che non va bene così, lo sapete entrambi. Ma questo è il suo volere e tu non puoi fare altro se non assecondarlo, almeno per oggi. Osservi per qualche istante l'entrata del negozio, la sua insegna colorata e gli oggetti in esposizione dietro le grandi vetrate. Deve essere proprio un bel posto in cui lavorare.
Proseguite nella vostra passeggiata e ogni tanto le gigantesche astronavi nemiche oscurano il sole e vi bloccano sul posto con lo sguardo puntato oltre la cupola invisibile e il naso all'insù: sorvolano il cielo girando intorno alla città, ma a parte questo non possono fare altro poiché consapevoli che qualora dovessero atterrare e mettere piede sul pianeta Terra, gli androidi da guerra uscirebbero dai loro nascondigli come migliaia di formiche che con la forza di un gruppo compatto riescono a divorare una grande vespa pericolosa.
Scene del genere, in prossimità della cupola, non accadono più ormai da anni. Ed è proprio per questo che, una volta usciti dalla cupola, gli androidi da guerra non fanno più ritorno: perché sono occupati a combattere altrove, lontano da lì.
Le informazioni raccolte durante le battaglie le inviano tramite il microchip impiantato nel cervelletto. Una volta attivata la modalità autodistruzione, però, qualsiasi tipo di contatto con l'androide cessa di esistere
    (e tremi al solo pensiero che un giorno questo possa capitare anche con Yusaku).
    «Siete riusciti a scoprire qualcosa riguardo il nemico?» domanda Yusaku dopo che avete ripreso a camminare. «O sono informazioni riservate?»
    «No, qualcosa posso dirti. Sono creature aliene provenienti da un pianeta situato nella Galassia Andromeda. Ancora non siamo riusciti a identificare il loro pianeta natale, ma possiamo intuire come mai siano qui. Riesci a immaginarlo?»
Yusaku annuisce, lasciandosi poi andare a un sospiro. «Per ciò che la Terra può offrire loro».
    «Esattamente. Con ogni probabilità, nel nostro pianeta sono presenti delle risorse naturali che nel loro non esistono o, peggio ancora, si stanno estinguendo, motivo per il quale hanno iniziato a cercarle altrove, anche se questo significa sterminare l'intera umanità».
Lui non replica, troppo perso nei suoi pensieri. Dato che non vuoi imporgli pressioni di alcun tipo, assecondi il suo silenzio fino a quando non giungete dinanzi un negozio di giocattoli.
    «Aspettami qui» ti dice, e non fai nemmeno il tempo a replicare con una sola sillaba che lui è già volato nel negozio, alquanto sicuro su dove andare.
In teoria dovresti seguirlo: lo scienziato è tenuto a non perdere mai di vista la persona che sta accompagnando nel suo ultimo giorno, in modo tale da impedire qualsiasi tipo di fuga o ribellione.
Ma ti fidi di lui e sai che se è entrato in quel negozio di giocattoli è solo perché ne vuole acquistare uno — o più di uno.
Ma anche se in quel luogo avesse trovato una via di fuga, faresti rapporto e piani alti? No, non lo faresti, ne sei più che consapevole. Se Yusaku cade, tu cadi con lui, in cuor tuo sai che è così.
Non passano nemmeno tre minuti che lui è già di ritorno con in mano un grazioso sacchetto rosso.
    «Cosa hai acquistato?» domandi incuriosito.
    «È una sorpresa» ti risponde, e la tua curiosità aumenta a dismisura.
    «Lo scoprirò presto?» indaghi, e lo sguardo divertito che ti rivolge Yusaku può essere considerato come l'ottava meraviglia del mondo.
    «Se troviamo presto qualcosa da mangiare per pranzo, sì. A proposito, tu hai fame?»
    «Non molta». Hai ancora in mente il dolce profumo dei pancake che tanto ti hanno saziato durante la colazione per pensare a un pranzo sostanzioso, per questo non puoi fare a meno di concordare nel momento in cui Yusaku propone di mangiare una semplice macedonia e, ancora di più, di andare a sedersi da qualche parte all'interno dell'immenso parco cittadino.


5

Un kit di bolle di sapone. O meglio, due kit di bolle di sapone, uno per te e uno per lui.
Ha lasciato la macedonia a metà e ora è tutto concentrato a immergere la bacchetta all'interno della bottiglietta di plastica. Estrae la bacchetta, la avvicina alle labbra e soffia piano. Tante bolle di sapone di media e piccola grandezza si disperdono in quella porzione di parco in cui vi trovate.
    «È una cosa che non avevo mai fatto prima d'ora» ammette all'improvviso, intento a fissare le bolle che ancora non sono scoppiate salire sempre più su e sparire tra i rami degli alberi. «Me ne sono reso conto questa mattina, poco prima di uscire di casa. Non avevo mai acquistato un kit di bolle di sapone, nemmeno quando ero bambino. Sapere che sono riuscito a fare qualcosa che non ho mai fatto da piccolo mi rincuora».
Poi abbassa lo sguardo, un po' imbarazzato. «Scusami,» sussurra, «probabilmente come ultimo giorno non è un granché…»
Ci sono tanti modi coi quali potresti rispondergli, infinite possibilità che ti farebbero passare per uno scienziato istruito a dovere su cosa fare in caso la persona accompagnata manifesti tristezza e titubanza. Potresti — e soprattutto vorresti — dire a Yusaku che è libero di vivere come meglio crede il suo ultimo giorno, che può anche acquistare tutti i kit di bolle di sapone presenti al negozio di giocattoli se lo desidera e nessuno avrà nulla da ridire, ma tutto ciò che fai, invece, è lasciar cadere la confezione ormai vuota della tua macedonia e sporgerti verso di lui, cercando le sue labbra sottili e trovandole poco dopo.
Le baci, dapprima sfiorandole appena, poi bramando un contatto sempre più intenso.
Le vostre bocche fanno silenziosamente l'amore in una giornata di metà primavera, in quel parco dove da bambini vi divertivate a descrivere la cupola invisibile come una soffice montagna di zucchero filato.
Tra mille fiori colorati, mentre le ultime bolle di sapone salgono su, sempre più su, verso una libertà astratta ed effimera.


6

    «Ryoken…»
Chi l'ha ridotto in quello stato? Chi ha osato?
Yusaku ti fissa con il terrore stampato in volto, come se fosse una seconda pelle che ha attecchito perfettamente, impossibile da staccare. Non sai cosa sia successo, ma avverti subito una sgradevole sensazione, un lento e costante strisciare alla bocca dello stomaco.
    «Ehi, Yusaku, che succede?» domandi con una punta di titubanza nel tono di voce. «Come è andata la gita?»
Lo vedi coprirsi il volto con le mani e non capisci come mai. Anche tu, due anni addietro, in prima media, sei stato in gita con la classe nei grandi laboratori, dall'altra parte della città. Certo, ci sei rimasto un po' male nel constatare che tutte le teorie che tu e Yusaku avevate fatto circa la costituzione della cupola erano errate sotto ogni punto di vista, ma non pensavi che su di lui la cruda verità potesse avere un effetto tanto devastante. Che ci fosse sotto anche dell'altro?
Yusaku trema e singhiozza e tu vai nel panico. Non l'hai mai visto in quello stato ed è come se qualcosa dentro di te, molto probabilmente la tua parte razionale e composta, fosse andata in tilt.
    «Ci hanno fatto vedere gli androidi» si dispera Yusaku tra un singulto e l'altro, «e ci hanno detto che in futuro anche noi potremo essere scelti per… per diventare come loro. Li ho guardati dritti negli occhi, Ryoken: sono senz'anima, vuoti e freddi come il ghiaccio. Non posso credere che un tempo fossero delle persone… com'è possibile privare un essere umano della sua anima?»
Non lo sai. Non ne hai la minima idea. Nel corso della gita scolastica che hai fatto due anni addietro, vi hanno parlato degli androidi senza però mostrarveli.
E se Yusaku è ridotto in questo stato dopo averli visti, con ogni probabilità sarebbe capitato lo stesso anche a te — le vostre sensibilità sono particolarmente affini.
Ti avvicini di qualche passo e, non appena ti trovi a pochi centimetri dal suo corpo tremebondo
    (percepisci tutti quei tremori anche senza toccarlo)
lo abbracci forte e lasci che si sfoghi contro il tuo petto.
È in questo esatto momento che giuri a te stesso che non lo vedrai né sentirai mai più piangere in questo modo. Che ti farai carico di tutte le sue angosce e di tutti i suoi tormenti, che lo proteggerai anche a costo della tua vita o della tua sanità mentale.
Il mondo sarebbe anche potuto esplodere, spaccarsi a metà, accartocciarsi su se stesso… ma Yusaku. Lui no.
Lui deve vivere. Perché così facendo, continuerai a vivere anche tu.
Ci si può dire addio con un abbraccio? Sì, si può.
Tu lo stai facendo ora, mentre lo stringi forte a te: hai deciso di stravolgere la tua vita solo per lui, per proteggerlo.
Hai deciso di abbandonare per sempre i tasti del pianoforte per lui. Hai deciso che Yusaku viene prima di ogni altra cosa.
E se questo significa non rivederlo mai più e vivere dall'altra parte della città, in quel luogo oscuro che fabbrica gli orrori più raccapriccianti, lo farai. Per Yusaku lo farai.
Per lui e per nessun altro.






Questa storia l'ho scritta in occasione del quarto anniversario con la OTP.
Oggi sono esattamente quattro anni che shippo Ryoken e Yusaku come se non ci fosse un domani e non ho mai avuto una OTP così duratura, è bellissimo.
Tra l'altro, io ormai non so più scrivere le One Shot (cosa che doveva essere questa storia) perché il dono della sintesi già alquanto striminzito mi ha letteralmente abbandonata.
Quindi niente, anche questa storia sarà una mini long di due o tre capitoli, ma sono più per i due.

Questa storia partecipa a due iniziative: la prima è la Inspirational Challenge indetta sul gruppo facebook Komorebi — in questo primo capitolo compaiono due tra le quattro immagini della mia Moodboard, ovvero sad quote e food — mentre la seconda è la Bingo Mania! (Primavera 2024) indetta sul mio forum Siate Curiosi Sempre — il prompt è la canzone Amandoti di Gianna Nannini.

Non è la prima volta che scrivo una Android!AU, ma dopo anni sento di aver maturato una consapevolezza del tutto diversa riguardo questo genere che, a lungo andare, è  diventato uno dei miei preferiti in assoluto.
Inoltre, mi sono divertita molto a creare (o quantomeno provare a creare) quell'effetto vedo-non-vedo che aleggia intorno agli androidi e ai nemici che vengono dallo spazio, per esserci ci sono, ma sostanzialmente combattono molto lontano dalla città, cosa che mi ha semplificato molto la stesura della storia.

Come per la One Shot annuale del Calendario dell'Avvento, mi piacerebbe molto portare avanti anche questa tradizione di pubblicare una storia in occasione dell'anniversario con la OTP.
Il secondo capitolo arriverà entro due settimane e, nel mentre, spero che quello che avete letto finora sia stato di vostro gradimento.
Grazie per essere arrivati fino a qui.

M a k o
   
 
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