Le
apparenze ingannano
Naruto odiava l’orfanotrofio in
cui era costretto a vivere.
Era stato portato lì poco dopo la
sua nascita e anche se ora aveva quasi sedici anni, nessuno
l’aveva mai
adottato.
Non aveva mai scoperto nulla sui
suoi genitori ma padre Iruka ipotizzava che fossero morti durante la
guerra.
Se c’era una cosa che Naruto
detestava più dell’orfanotrofio era proprio la
guerra. La Seconda Guerra Mondiale,
iniziata nel 1939 e conclusasi nel 1945, aveva causato migliaia di
morti sia
tra i civili che tra i soldati.
Da quanto aveva detto padre
Iruka, quando aveva trovato Naruto sul ciglio della sua parrocchia, in
un
piccolo paese nei pressi di Torino, sembrava che il bambino fosse
d’origine
tedesca. Tra i suoi vestiti era stata trovata una lettera scritta in un
dialetto germanico e guardando il piccolo, padre Iruka non
potè che avere la conferma
di quanto v’era stato scritto. Benché, ancora,
poco più di un neonato, Naruto
possedeva dei limpidi e profondi occhi azzurri e dei capelli
biondissimi. Come
avrebbero detto i tedeschi: di pura razza ariana.
Padre Iruka aveva portato il
bambino in un orfanotrofio e una volta in settimana era solito andarlo
a
trovare.
Per Naruto, Iruka era
l’equivalente del padre che non aveva mai potuto avere. Se
aveva bisogno di
parlare, o di sfogarsi con qualcuno, il prete era l’unico che
gli prestasse
attenzione.
Gli altri bambini
dell’orfanotrofio lo evitavano come la peste. Avevano
paura… La storia e i
maestri di scuola, avevano insegnato loro che i tedeschi erano
pericolosi e
sebbene Naruto fosse tedesco solo d’origini, ciò
bastava per farlo sembrare un
mostro.
Eppure Naruto era un ragazzo
molto gentile e disponibile con tutti. Quando sorrideva, sembrava che
con quel
piccolo gesto potesse sciogliere la tristezza che attanagliava il cuore
della
gente. Padre Iruka ricordava molto bene come Naruto fosse riuscito a
cambiare
il carattere freddo e distaccato del suo compagno Gaara.
Ma Naruto soffriva… tutti gli
stavano il più lontano possibile e i pochi che gli parlavano
lo facevano per
prenderlo in giro.
Per attirare l’attenzione dei
compagni, a scuola, Naruto ne combinava di tutti i colori. Una volta
aveva
imbrattato i muri dell’edificio con della vernice rossa.
Fu il dieci ottobre, giorno del
suo sedicesimo compleanno, che gli altri ragazzi
dell’orfanotrofio cominciarono
a guardarlo in un modo differente. Se prima lo consideravano un mostro,
ora era
un eroe.
Quel giorno Naruto aveva salvato
una ragazza, dai lunghi capelli rosa e gli occhi verde-smeraldo, da un
cane
randagio che aveva cercato d’assalirla.
Quando s’era sparsa la voce dell’accaduto,
Naruto era diventato l’eroe dell’orfanotrofio.
Padre Iruka non si sentì mai più,
fiero di lui, come in quel giorno.
Per Naruto, quella fu la giornata
più bella di tutta la sua vita. Finalmente, dopo tanto
tempo, nessuno l’avrebbe
più chiamato mostro.
Grammatica
9/10
Originalità 6,5/10
IC dei personaggi 5/5
Attinenza alla traccia 5/5
Parere personale 6/10
Tot. 31,5 punti
Giudizio personale:
L'ho trovata davvero molto profonda.
Hai reso perfettamente l'idea della Seconda Guerra Mondiale e di tutte
le cause
che ne sono derivate.
Una piccola pecca, è che non ti sei soffermata abbastanza
sulle situazioni,
soprattutto il finale.
A mio parere dovevi approfondirlo, visto che è il motivo per
cui tutti
cominciano ad apprezzare Naruto. Magari scrivendo più
dettagliatamente la scena
in cui salva Sakura dal cane (era Akamaru per caso? xD), piuttosto che
accennarla, cercare di descrivere la situazione. Così come
il punto degli scherzi
che Naruto inventava per attirare l'attenzione generale.
Nel complesso comunque, mi è piaciuta.
A parte qualche dimenticanza (ad esempio dopo i puntini di sospensione,
ci va
la maiuscola cit. [...]Naruto soffriva… tutti
[...], o delle
ripetizioni, la grammatica c'è.
Il riferimento alla razza ariana molto azzeccato, così come
ho trovato
simpatica l'idea di fare di Iruka un prete. Potremmo proporgli questa
alternativa, visto che non si decide a metter su famiglia. xD
La guerra è sempre un tema piuttosto difficile da trattare,
finendo quasi
sempre di ricadere nel tragico. Hai mantenuto una linea malinconica e
triste
fino alla fine, concludendo con un finale che mette comunque un sorriso
sul
volto.
Brava,
davvero.