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Autore: Wiwo    23/09/2009    1 recensioni
Storia di una vita passata camminando.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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UN VIAGGIO

 

Storia di una vita passata camminando

 

 

 

‘Chi sei tu?’ chiese la bambina al suo riflesso nello specchio.
‘Chi sono io? Chi sarai tu, piuttosto. Perché mi sei uguale e mi copi?’ ribatté l’altra bambina nello specchio, mentre si muoveva come lei.
‘Sei tu che copi me, visto che sei nello specchio. Vattene via’ concluse la bambina, scuotendo la testa.
‘Come puoi sapere che sia io quella nello specchio, e non tu? Vattene via tu, e capisci chi sei prima di tornare da me.’
 

Allora la bambina, sconfitta, se ne andò e si mise in viaggio per conoscere se stessa. Una mattina di Primavera decise di dirigersi a Ovest, inseguendo il Sole per chiedere a lui: visto che dal suo carro infuocato vedeva tutto magari avrebbe conosciuto la risposta.
I cavalli del carro del Sole, però, erano molto veloci. Ci sarebbe voluto molto tempo e un lungo viaggio per raggiungerli, così la bambina si mise in marcia.
 

Viaggiò per molti sentieri, alcuni larghi, pianeggianti e coperti d’erba e di muschio e di delicati fiori di carta, altri pieni di sassi aguzzi che le ferivano i piedi, altri ancora sottili come la lama di un coltello e sospesi nel vuoto. Incontrò molte famiglie di timidi coniglietti di marzapane che la osservavano con occhi scuri e sospettosi prima di fuggire via, esuberanti uccellini colorati ed effimeri come farfalle che le facevano compagnia per i loro pochi giorni di vita, strani e misteriosi fiori scarlatti il cui profumo si attorcigliava tenacemente alle sue gambe per non farla proseguire.
 

Una volta, mentre camminava circondata di uccellini color arancio e oro, arrivò in una vasta prateria con l’erba lunga e verde, che dondolava al vento come le onde del mare. La bambina si fermò, piena di meraviglia: quell’infinita distesa armonica e ondeggiante le richiamava qualcosa, l’ombra di una sensazione che ancora non conosceva e che la riempiva di stupore e malinconia. Poi vide qualcosa che la distrasse: un banco di tonni stava nuotando freneticamente appena sopra gli steli d’erba; le passò accanto velocemente, e continuò per la sua strada. La bambina si guardò attorno, e vide molti altri tipi di pesci nuotare nella prateria: delfini, banchi di pescetti argentei e colorati e persino una flemmatica tartaruga. Si diresse verso un gruppetto di pesci pagliaccio che girovagavano svogliatamente tra i rametti di un solitario arbusto.

‘Ciao’ li salutò.
I pesci si girarono di scatto, tutti assieme.
‘Ciao. Chi sei?’ chiesero all’unisono.
‘Non lo so. Sto cercando il Sole appunto per scoprirlo. Sapete qual è la via?’
I pesci risposero subito, tutti in coro: ‘Oltre la prateria verso Ovest.’
La bambina si guardò attorno, smarrita: avrebbe sicuramente perso la strada in tutto quel verde così uguale.
‘Potreste accompagnarmi?’
I pesci scossero la testolina color papavero. ‘Noi non ci muoviamo mai da qui. Ma se hai fortuna passerà da qui la balena, lei ti porterà.’
La bambina attese giocando coi pescetti per un po’, finché una grande balena arrivò nuotando pigramente e accettò di portarla fino al confine ovest del Mare d’Erba. Salutò i pesci pagliaccio e se ne andò assieme alla balena e agli uccellini, proseguendo nel suo viaggio a Ovest per trovare il Sole, se stessa e la lei dello specchio.
Arrivata, ringraziò la gentile balena e fece per incamminarsi, ma sentì i suoi piedi come bloccati. Erano i fiori scarlatti che l’avevano seguita fin là: il loro profumo dolce e appiccicoso le parlava di rimanere nella grande prateria a giocare coi pesci, di non proseguire verso terre sconosciute, di dimenticare il suo viaggio. La bambina, però, si liberò con uno scossone e riprese a camminare. Aveva uno scopo, non poteva perdere tempo in quel modo.
Così, nonostante tutto, andava avanti lo stesso e ormai era un vento d’Estate che le solleticava i capelli.
 

Quando vide un bosco che cambiava continuamente colore, da verde a rosa a giallo a blu e ancora e ancora, si fermò, incuriosita. Mentre le foglie viravano ad un rosa acceso chiese timidamente perché continuasse a cambiare colore e non rimanesse verde come tutti gli altri boschi.
‘Perché devo cambiare’ rispose il bosco, diventando rosso carminio.
‘E perché devi cambiare?’ chiese di nuovo la bambina, giocherellando con una foglia ora blu ciano.
‘Perché chi non cambia non vive, e chi non vive è morto, e visto che qui intorno niente cambia devo cambiare io per non morire’ concluse il bosco, mentre il blu sfociava in un bel verde smeraldo, punteggiato solo da fiori scarlatti che si erano affacciati curiosi per vedere cosa stesse succedendo.
La bambina, turbata, decise di aspettare per qualche tempo nella vallata, per vedere se il bosco avesse davvero ragione e tutto il mondo fosse destinato alla morte.
In quel periodo vide molte cose: la pioggia cadere bagnando l’erba e le colline, il sole asciugarla con delicatezza come per le lacrime, piccoli insetti danzare sotto la luna e cadere neve di zucchero. Vide sbocciare fiori carnosi nel prato, la fate evanescenti che li abitavano e li curavano, gli uccellini nascere e morire e i coniglietti scavare buche e affezionarsi a lei, superando la diffidenza. Vide il cielo cambiare forma con le sue nuvole, il Sole che rincorreva la sua bella e sfuggente sposa e la sua luce illuminare il prato, che piano piano mutava di colore nella vita, coi fiori e gli uccellini e i coniglietti di marzapane, e le sembrò che, invece, il mondo cambiasse. Poi guardò il suo corpo, e si vide cambiata.
Così la ragazza si alzò sulle sue nuove gambe, guardò il bosco e i fiori scarlatti con i suoi nuovi occhi e disse loro, con voce nuova: ‘L’unico che non cambia, qui, sei tu. Il mondo cambia, cresce, invecchia e muore. Solo tu sei morto nella tua vita, e non lo sai.’
Poi se ne andò.
 

Continuò a camminare, oltre lo specchio dell’inizio del suo viaggio, oltre il bosco che cambiava colore, per valli e fiumi e passi montani, con la pioggia o con il sole.
Inseguì il carro infuocato del Sole e l’altra lei dello specchio per molto tempo, guidata quando era in difficoltà dai dolci coniglietti di marzapane che avevano imparato a conoscerla e non la temevano più.

 
Di notte a farle compagnia c’erano anche le stelle; erano un po’ petulanti e chiacchierone, ma era comunque piacevole averle attorno, e sapevano sempre la strada. A volte scendevano da lei sotto forma di lucciole, per giocare, e illuminavano con la loro luce scherzosa e intermittente anche le notti più buie e inquietanti, facendola ridere, dimenticando la paura e i fiori scarlatti che cercavano di trattenerla sempre più spesso. Si divertivano a disturbare i coniglietti di marzapane, mandando loro sogni di scenari surreali e vite passate volando invece che scavando buche nella terra e facendoli sussultare nel sonno, ma in fondo volevano bene anche a loro. Erano esseri gentili, senza cattiveria alcuna. La sua preferita era la Stella Polare, timida e silenziosa rispetto alle sue esuberanti sorelle, ma estremamente affidabile: era lei che le indicava la direzione quando camminava anche la notte.

 
E, guidata dalla Stella Polare, una notte di inizio Autunno giunse al mare. Un’inspiegabile e insostenibile nostalgia la prese, assieme a una paura atavica e irrazionale e al ricordo vago di una sensazione simile di fronte a un mare d’erba. Sentì un peso sul cuore e si sedette sospirando. Doveva andare oltre il mare, ma come poteva fare? Non c’erano navi, né ponti, e i coniglietti di marzapane e gli uccellini certo non potevano aiutarla. Gli ambigui fiori scarlatti dal greve profumo l’avevano seguita strisciando per tutto il tempo, e ora la trattenevano più che mai; il loro odore la tentava, con parole melliflue, cercando di farla desistere per rimanere là, nonostante tutti le dicessero di andare e l’altra lei la aspettasse e qualcuno la stesse chiamando al di là del mare, perché era troppo difficile e lei si sentiva piena di sconforto. Il profumo dei fiori risaliva sempre più su, oltre le sue gambe, verso il busto e il collo, quando la luna iniziò a sorgere, lenta. La ragazza alzò gli occhi e vide il riflesso della luce sull’acqua come un nastro bianco, un sentiero tremante: era una via che portava dal Sole e dall’altra lei e da chi la stava chiamando; portava speranza.
Si alzò in piedi, si liberò dei fiori che strisciarono via come serpenti messi in fuga e disse addio agli uccellini e ai coniglietti di marzapane, che non potevano seguirla anche su quel sentiero. Voltandosi verso il mare e la striscia di luce si mise nuovamente in cammino, da sola, piena di una strana paura, ma con una nuova risoluzione dentro di sé.
Inseguì la Luna camminando sul suo riflesso sul mare mentre piccoli pesci volanti le saltavano attorno, festosi, e qualche antica sirena la osservava per un po’ prima di tornare negli abissi.

 
Molto più tardi, in quella lunghissima notte, sentì il vento soffiare forte e il suo cuore fece un balzo, perché le aveva appena preso la mano. Si voltò e vide una figura trasparente, d’aria, che le sorrise e strinse più forte la sua mano.
‘Sarò tuo compagno di viaggio per un po’, se vuoi’ le disse. La ragazza annuì, felice e confusa.
L’ultima parte del viaggio la trascorse così, non più sola, mano nella mano con il vento e senza avere freddo, nonostante fosse notte e Autunno e camminassero sul mare.
Quando arrivarono alla porta, però, lui sorrise triste e le lasciò la mano.
‘Devi andare da sola’ le disse.
‘Perché?’
‘Non dovevi trovare il Sole e scoprire chi eri? Oltre questa porta io non posso andare, ma tu sì. Vai’ la incitò con un ultimo sorriso.
La ragazza guardò il vento con profonda tristezza e sentì di nuovo il freddo e la solitudine come mai li aveva provati. Una lacrima cadde nell’acqua e si tramutò in ghiaccio, pieno del suo dolore, che galleggiò via.
Solo quando il vento davanti a lei fu solo aria e il freddo fu troppo per rimanere ferma ad aspettarlo ancora, allora aprì la porta, agli inizi dell’Inverno.
 

La porta dava su una stanza circolare e piena di finestre, dove però non c’erano né il Sole né la Luna, ma solo un tavolo fatto di vetro; allora capì che non avrebbe mai trovato il Sole, e che in ogni caso non sarebbe servito a niente. Si avvicinò al tavolo di vetro e, specchiandosi, vide l’altra ragazza.
‘Hai trovato il Sole?’ le chiese l’altra lei.
‘No’ le rispose.
‘Hai capito chi sei?’
‘No’ le rispose di nuovo.
‘E allora cosa hai fatto?’
‘Ho camminato, ho conosciuto, ho vissuto. Non ho capito chi io sia, o perché sia qui, ma sono comunque contenta del mio viaggio, e sono felice di rivederti dopo tanto tempo.’
La ragazza del riflesso le sorrise.
‘E allora torna da me, se hai terminato il viaggio e vuoi riposare.’
La ragazza annuì, perché d’improvviso si sentiva tanto stanca. Entrò nel riflesso del tavolo e

 
si trovò nel Mondo al Contrario, in piedi sul soffitto.
Era da sola, senza l’altra lei, ma capiva.
Ora capiva, capiva tutto quello che mai aveva capito, quello che mai aveva saputo.
Si avvicinò a una delle finestre, la aprì e, con un sospiro di sollievo e di dolce malinconia e di viaggio terminato, si lasciò cadere nel Cielo.

 

 

 

 
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And Wiwo is back.

Dopo più di un anno che non aggiornavo, eccomi qui con una storia senza troppe pretese, un piccolo gomitolo di immagini e temi che mi stanno molto a cuore; se poi esista veramente il bandolo della matassa o se sia un groviglio inscindibile, questo non lo so bene neanche io: la lana dei sogni e dei viaggi a occhi aperti è difficile da lavorare e ancor più da ordinare. Un giorno spero di riuscire a farne un tessuto.

Grazie per aver letto e spero di non avervi annoiati.

Wiwo

 

   
 
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