Si
dice che siano cinque le fasi per superare un dolore.
Negazione Rabbia Contrattazione
Depressione Accettazione
Lily
Evans aveva sempre pensato fosse una stupidaggine, specie se abbinate ad
esperienze più traumatiche che dolorose, almeno fino a quella mattina...
The
5 stages
#1: Negazione
Se
avesse saputo cosa le sarebbe aspettato di prima mattina, Lily sarebbe rimasta
di sicuro nel suo letto a dormire piuttosto che affrettarsi come una
forsennata, facendo spola tra il baule e il bagno, per non fare tardi.
Ma
quando aveva aperto gli occhi, svegliata da un capillare raggio di sole
particolarmente dispettoso che aveva deciso di posarsi proprio sul suo viso,
tutto ciò a cui aveva pensato era stato come e cosa dire a quel capoccione di
James Potter per fargli perdere quell’insana abitudine di provarci con lei.
Mettendo i piedi a terra, poi, si era concentrata piuttosto su che tipo di
imbarazzante corteggiamento aspettarsi dal suddetto ragazzo, trovandosi
alquanto indecisa se protendere più verso la stoica richiesta di un
appuntamento – a cui lei avrebbe risposto un no secco, senza ulteriori ripensamenti – o su un qualche
strampalato complimento del caso. E di sicuro, nell’indossare la divisa, non si
era messa a dubitare sul modus operandi del suo più spietato corteggiatore, né
sul filo che avrebbe seguito la giornata – spietato corteggiamento, colazione,
lusinghe, lezioni, attenzioni, ronda e di nuovo spietato corteggiamento -.
Eppure,
varcando la soglia della Sala Grande, il sentore di qualcosa di strano le era
saltato addosso con la forza di un Troll, stordendola.
Ovviamente
lui era lì, con la solita aria
arrogante, i capelli indomabili e tutto il resto.
Ovviamente
anche gli altri erano lì. Sirius Black alla sua destra, Remus Lupin dirimpetto
e Peter Minus accanto a quest’ultimo. Tutto nella norma insomma.
Ovviamente
lei aveva stretto a sé i libri di turno e si era preparata a rigare dritto
verso il tavolo di Grifondoro, pronta all’attacco diretto che come sempre le
veniva riservato.
E
qui, proprio qui, era cascato l’asino.
Contravvenendo
a qualsiasi aspettativa e a ben sei anni o poco più di ammirabile dedizione,
James Potter aveva deliberatamente finto di non notarla neanche, mentre
rivolgeva il suo rivoltante larghissimo sorriso all’indirizzo di Margareth Ferguson,
la più superficiale, banale, noiosa Grifondoro della storia di Hogwarts.
Non
che a lei importasse alcunché, comunque.
Anzi,
il fatto che lui avesse finalmente deciso di votarsi ad altre gonnelle era da
ritenersi quale fatto positivo per lei. Ah, niente più stupidi complimenti,
niente più richieste d’uscita insieme, niente più inopportuni vaneggiamenti su
loro due insieme... Era libera. Li-be-ra.
Niente più il brutto muso di James Potter che la stressava a colazione, a
lezione, a pranzo, in biblioteca, nel parco, a cena, durante le ronde. Niente
di niente di niente di niente!
Avrebbe
potuto frequentare chiunque avesse voluto senza esporlo al rischio di una
magistrale vendetta da parte dello Squilibrato e della sua Gang. Avrebbe potuto
uscire ad Hogsmeade senza essere pedinata, entrare ai Tre Manici di Scopa senza
il rischio di ritrovarselo casualmente
di fianco, parlare con qualche amico senza doverlo poi difendere dal Quartetto Di
Boriosi E Antipatici. Beh, in verità c’era Remus Lupin che non era poi così
male, e quel Peter Minus non sembrava né borioso né antipatico né altro, perciò
a conti fatti poteva essere considerato più un Duetto Di Boriosi E Antipatici,
ma vabbè.
Il
punto era che, se Mister Sono Il Più Bello Di Hogwarts si fosse trovato un’altra
a cui dedicare le proprie svenevoli attenzioni, avrebbe smesso di tormentarla e
dopo sei lunghi anni e un po’, lei avrebbe potuto uscire dalla sua camera senza
brutte sorprese per la via.
E
questo era sicuramente un bene.
Se
le fosse anche solo in minima, minuscola, microscopica parte interessato quel
bamboccio figlio di papà, allora, ecco, sarebbe stato un problema. In quel
caso, forse, avrebbe avuto di che preoccuparsene perché tutti quei ripugnanti
sguardi languidi verso la Ferguson avrebbero potuto significare solo una cosa:
lo stava perdendo. Allora sì che avrebbe fatto bene a lambiccarsi il cervello
per tentare di mettere fine a quello scempio e riprenderselo, ma, grazie al
cielo, non era quello il suo caso.
...no?
“Ovvio.
Per forza. Sai che diavolo me ne frega di quello lì. Ma guardatelo, sorride
come un imbecille! È stomachevole, figurati se mi può mai piacere uno così!”
Decretò tra sé e sé sottovoce, mentre si accasciava, con la grazia di un
elefante, sulla lunga panca in legno, a qualche posto vuoto di lontananza dai
Quattro Dell’Apocalisse. “Non me ne frega un accidente, un bel niente. Anzi, sono
contenta per lui che si è trovato una degna della sua stupidità! E felice per
me di essermene liberata!”
Sì,
era così.
Era
felicissima come una Pasqua, davvero.
Non
avrebbe saputo desiderare di meglio se avesse avuto la possibilità di esprimere
un desiderio.
Non
le importava un bel niente se quel montato di James Potter faceva l’idiota con
quell’oca senza cervello di Margareth Ferguson.
Non
provava altro, oltre che l’ebbrezza di sentirsi libera.
Nada.
Zero assoluto. Niente di niente.
Negazione
#2: Rabbia
“Hai
già visto la novità?” Le domandò Autumn Brooks non appena le fu di fianco, i
capelli castani cadenti lungo le spalle e gli occhi marroni puntati su un punto
preciso della tavola.
Per
tutta risposta Lily scrollò le spalle, rastrellò la migliore espressione
d’indifferenza e addentò con forza un pancake dal proprio piatto.
“Se
stai parlando dell’idiota e della sua nuova conquista...” E strappò un morso
con una tale furia che la sua migliore amica per un istante si ritrovò a temere
di starle accanto. “...sappi che non mi può interessare di meno.”
“Beh.”
Fece una smorfia risentita Autumn a quel punto, raddrizzandosi sulla panca con
una calma studiata, i dubbi di qualche istante prima svaniti come sabbia al
vento. “Veramente, pensavo potesse farti piacere.”
“Ovvio
che me ne fa!” Ribatté subito la rossa, inforcando con una tale enfasi una
fetta di bacon da provocare uno stridio di fondo tra la posata e il piatto in
questione.
Come
prima, non se ne curò affatto, troppo intenta a mostrarsi sollevata per pensare
anche ad un inutile servizio da pranzo.
Con
la coda dell’occhio scorse l’Imbecille allungarsi sul tavolo per raccontare
qualcosa all’orecchio di Margareth, seduta accanto ad un paziente Remus, e, a
giudicare da come lei sghignazzava selvaggiamente, doveva trattarsi anche di un
qualcosa molto divertente. A quel punto, senza volerlo, si ritrovò a pensare
all’entità di quel qualcosa, ma smise di farlo appena l’istante dopo.
Conoscendolo, non doveva aver detto niente di più profondo che un’osservazione
sul tempo.
“A
me non sembra.” Osò insinuare Autumn dopo un’accurata riflessione, la quale non
aveva smesso per un solo attimo di scrutarla in viso. “Voglio dire, per come ne
hai sempre parlato, pensavi non vedessi l’ora di liberarti di lui.”
“E
infatti è così, ti dico!” Confermò con trasporto Lily, impedendosi di guardare
ancora in una certa direzione ben precisa. “Solo perché non salto sul tavolo e
insceno il balletto della gioia, non significa che io non lo sia!”
“Sarà.”
L’altra però non sembrava del tutto convinta. “È che mi sarei aspettata una
reazione diversa da te, ecco.”
“Beh,
scusa tanto se non è così!” La rimbeccò acida il Prefetto, intanto che una
rabbia malcelata iniziava ad espandersi sempre di più dentro di lei. “Forse
potrei mettermi ad urlare qui davanti a tutti i professori, andrebbe meglio per
te?”
“Non
volevo offenderti, Lily. Dico solo quello che penso. E se proprio lo vuoi
sapere...”
“No,
non voglio!”
“...penso
che un po’ lui ti piaccia, tutto sommato.” Autumn non aveva neppure fatto finta
di averla sentita, preferendo piuttosto continuare ad esporre il suo punto di
vista con stoico coraggio, mentre recuperava una fetta biscottata e iniziava ad
imburrarla.
In
un decimo di secondo, gli occhi verdi di Lily si furono così sgranati che, se
fosse stato un fumetto, si sarebbero già staccati dalle orbite.
Era
sorda lei, o aveva sentito quello che pensava di aver sentito?!
“Lui
cosa? Un Troll ti ha dato una botta
in testa per caso? Quell’anfibio non potrebbe mai, mai, mai piacermi! Neanche
fosse l’ultimo omuncolo sulla faccia della Terra. Mai, Autumn. È assolutamente fuori discussione e sai che ti dico?
Al prossimo che prova ad insinuare una simile amenità lo affatturo al punto che
persino sua madre stenterà a riconoscerlo!”
“Lily...”
“No,
no, fammi parlare adesso! Vuole quella sciacquetta? Bene. Bene! Che se la
prenda, sai che piacere!”
“Lily.”
“Ah,
sono una splendida coppia d’imbecilli insieme e chissà, magari riescono a
racimolare abbastanza materia grigia per tirare fuori un neurone.”
“Lily!”
“Che
c’è?”
Di
rimando, Autumn le fece un ampio gesto della mano, indicando in modo piuttosto
palese la scolaresca già adunatasi per la colazione e gli sguardi che tutti, ma
tutti tutti, tenevano incollati su di lei.
“Oh.”
Ad
un tratto tutta la foga con cui si era accanita appena qualche attimo prima era
completamente svanita, soppiantata dal peso della figuraccia commessa davanti a
più di qualche paio di occhi. Persino la rabbia, che fino ad un secondo fa
l’aveva talmente presa da farle credere che l’avrebbe accompagnata per sempre,
era scivolata via, scemando nelle occhiate perplesse dei presenti. Non osò
neanche girarsi da quella parte.
“Credo
che...io...ci vediamo dopo.” Balbettò dunque, alla volta della sua migliore
amica, prima di raccattare quel briciolo di coraggio ancora rimastole in corpo
e dileguarsi all’istante dalla Sala Grande, ad un tratto divenuta
paradossalmente troppo piccola perché riuscisse a starci ancora.
Era
tutta colpa sua, maledetto James Potter!
Negazione
Rabbia
#3: Contrattazione
Strinse
a sé le ginocchia, tuffandovi dentro il viso e affondandovi l’imbarazzo, mentre
una cascata amaranto si dipanava sulle sue spalle.
Morgana,
che figura grama aveva fatto! Proprio lei che era un Prefetto e avrebbe dovuto
dare il buon esempio, si perdeva in assurdi sproloqui degni di un’ochetta della
peggior specie sul ragazzo che aveva giurato di detestare sin dal loro primo
incontro. Poteva finire più in basso di così?
Senza
contare l’aggravante dell’equivocità della situazione, la quale, assieme
all’acceso rossore che sapeva averle imporporato le guance, doveva aver
scatenato pensieri maliziosi nella testa dei più. Probabilmente metà Hogwarts
in quell’istante si era convinta che dopotutto lei, Lily Evans, era davvero
innamorata di James Potter e che, se gli aveva dato tutti quei due di picche,
era stato per la vanità personale di farsi corteggiare. E, sicuro, anche lui doveva rientrare in quella cerchia di geni!
Ma
certo, erano anni che continuava a blaterare su alcuni presunti sentimenti
d’amore di Lily nei propri confronti e adesso, seppure quale gesto inconsulto
di un irrefrenabile attacco isterico, lei stessa aveva dato in un certo senso
la prova della veridicità di tali supposizioni.
“Bella
cretina, Lily, complimenti!” Singhiozzò tra le gambe, sperando e pregando di
poter rimanere così all’infinito.
Magari
se fosse rimasta abbastanza ferma, l’avrebbero scambiata quale complemento
d’arredo e l’avrebbero lasciata sola per i suoi fatti. Chi parla con un mobile?
Nessuno!
Merlino,
non chiedeva poi questa gran cosa. Avrebbe posato bacchetta e calamaio per
sempre, indossato i panni di una Babbana qualsiasi e fatto una vita eremitica,
se fosse servito a cancellare quegli ultimi cinque minuti di follia. E sì,
avrebbe sposato quello stupido di Vernon Dursley, il vicino della casa
genitoriale, pur di poter tornare indietro nel tempo di quei pochi minuti che
servivano affinché nessun fraintendente soliloquio uscisse dalla sua bocca.
Se
solo avesse tenuto la bocca chiusa...non le importava neppure di lui!
Se
solo Autumn l’avesse avvisata per tempo, anziché insistere solo sul nome...
Se
solo avesse evitato qualsiasi insinuazione inappropriata e fuori luogo...
Se
solo l’Idiota non avesse pensato di votarsi a quell’oca della Ferguson proprio quella mattina...
Se
solo lei fosse rimasta nel letto, a dormire, anziché alzarsi...
Magari,
ecco, adesso non desidererebbe tanto di poter scomparire.
Magari
non si augurerebbe tanto di plasmarsi al mobilio fino a diventarne parte
integrante.
Magari
non nutrirebbe lieve forme di risentimento verso Autumn.
Magari
non penserebbe con tanta enfasi di poter uccidere mezza Hogwarts per placare la
maldicenza.
Magari
non vorrebbe avere così disperatamente tra le mani Sua Deficienza James Potter per
potergli riversare addosso tutto lo sdegno di ritrovarsi in una simile,
allucinante situazione.
Ma
era chiusa in un’aula desertica, con l’unica compagnia di oggetti inanimati, a
desiderare l’oblio generale piuttosto che rialzarsi e affrontare i pettegolezzi
che ne sarebbero scaturiti di certo...
E,
cosa ben peggiore, una parte abbastanza consistente del suo cervello le gridava
qualcosa che dava tanto la raccapricciante idea di suonare come gelosia.
Lei.
Lily Evans. Di lui. James Sono-Il-Più-Figo-Di-Hogwarts Potter. Puah,
assolutamente no.
No.
No... No!
“Andiamo,
ovvio che no!” Si ripeté sconvolta, ormai dimentica del pianto di poco prima.
Lei
gelosa se quello Sbruffone iniziava ad interessarsi a Stupide Galline
Qualunque?!
No
no. Davvero. No.
“Evans,
lo so che sei lì. Mi apri la porta, o devo buttarla giù?”
Lily
alzò gli occhi al cielo, riconoscendo al volo il proprietario della voce.
“Ti
prego, sposerò sul serio Vernon Dursley, ma mandalo via.” Pregò ad un Dio
sconosciuto, supplichevole. “Via, mandalo via da qui! Farò tutto quello che mi
chiederai, ma lui no. Tutti, ma non lui. Ti prego...”
“Okay,
Evans, conto fino a dieci poi la butto giù. Uno. Due. Tre. Quattrocinqueseisette-”
Click.
James
non ebbe bisogno di continuare oltre la sua velocissima conta. All’improvviso,
difatti, la porta contro la cui esistenza si era accanito con forza si
spalancò, rivelando la figura dolce e aggraziata di Lily Evans. Dolce relativamente, visto che salendo
appena più su lungo il viso, era impossibile non notare l’espressione omicida
ben impressa nelle iridi smeraldine.
Ingoiò
amaro e si preparò alla furia, ma prima di poter anche solo pensare di dire
qualcosa, lei lo aveva già trascinato dentro, richiudendo la porta dietro di loro.
Ad
un tratto, come non era mai riuscito a fare in tutti quegli anni, erano solo
loro due: James Potter e Lily Evans.
Negazione
Rabbia
Contrattazione
#4: Depressione
Lily
lo fissava negli occhi, con la stoica fierezza di una leonessa e l’invidiabile
coraggio di un Grifondoro, alla ricerca di un qualcosa d’imprecisato. Era come
avere addosso l’intera commissione del Wizengamot e sapere di aver appena
bevuto la pozione della verità, o come sostenere i M.A.G.O. completamente
impreparati. Ecco, era così grosso modo che James si sentiva in quel momento:
sotto esame.
Stava
già iniziando a sudare sette camicie e a rivelare, senza che nessuno gli avesse
chiesto ancora nulla, tutte i suoi più imbarazzanti segreti quando, tanto
fugace quanto lo era stata l’intera faccenda, Lily distolse lo sguardo per
andare ad accucciarsi in un angolo particolarmente scarno dell’aula.
Aveva
poggiato la fronte contro le ginocchia e si teneva strette al petto le gambe,
in una nuvola di un’inconfondibile rosso rubino.
Così
su due piedi, del tutto impreparato a quella disarmante reazione, James si
sentì piuttosto insicuro sul da farsi. Doveva abbracciarla? Dubitava che lei
glielo avesse permesso senza poi contraccambiare con un pugno in pieno viso.
Allora forse doveva confortarla? No, era più probabile che avesse combinato un
ulteriore macello piuttosto. Ehm, doveva andarsene? Sì, e perdere così l’unica
possibilità di rimanere effettivamente solo con lei?! Mai.
“Avanti,
prendimi pure in giro.”
A
debellare tutti i suoi dubbi ci pensò, grazie al cielo, la stessa Lily. Ma se
avesse saputo cosa stava per dirgli, di sicuro James si sarebbe trattenuto dal
ringraziare tanto facilmente il cielo.
“Sei
venuto a cantare vittoria, no? Com’è che si dice in questi casi? Ah sì: te l’avevo detto. Bene, avevi ragione,
contento? Me l’avevi detto!” Sciorinò per l’appunto, prima di abbandonarsi ad
un sospiro scoraggiato. “Sono una stupida.” Singhiozzò, affondando ancora di
più col viso nell’interno coscia.
A
quelle parole James, che non c’aveva capito un piffero fino a quel momento,
decise che sarebbe andato contro il suo codice cavalleresco rimanersene lì
imbalsamato mentre la sua ragione di vita si profondeva in una serie d’insulti
contro se stessa e pertanto, animato dal più straordinario animo nobile, le si
avvicinò, scivolando al suo fianco tra lo stridio della suola delle scarpe
contro il pavimento freddo.
“Tu
non sei stupida, Evans.” Borbottò, goffo e imbranato come non mai.
“Sì,
invece!” Lo contraddisse subito Lily, prima di scoppiare in un nuovo pianto
isterico.
Si
sentiva così depressa, adesso...
Perché
si sentiva così depressa, poi?
Avvertì
dei leggeri e sconclusionati tocchi sulla sua spalla e solo dopo un po’ capì
che si trattava della mano di James.
“No,
Lily, non sei affatto stupida.” Ribatté, con estrema convinzione.
“Ma
sono inadeguata!”
“Inadeguata?
A cosa?”
Se
c’era una cosa di cui James fosse abbastanza certo in quel momento, era che le
donne sarebbero state sempre un grosso punto interrogativo per lui.
“A
tutto! A questo, a Hogwarts, alla magia... A tutto, tutto!”
“A
me sembri la persona più adeguata del
mondo, a dire il vero.”
Non
aveva idea di quello che avesse detto ma, a giudicare da come Lily si fosse
calmata, non doveva essersela cavata poi tanto male.
Sorrise,
animato da un nuovo entusiasmo. “Diciamo che sei solo un po’, ehm, ostinata
ecco.”
“Ostinata?”
Ripeté tra le lacrime lei, ascoltandolo di cuore probabilmente per la prima
volta dopo secoli di ingiustificate elusioni.
“Nel
senso buono però!” Si affrettò ad aggiungere James, preoccupato di aver urtato
la sua sensibilità.
Per
le mutande di Merlino, era un orso con i discorsi!
“Voglio
dire che sei tenace, ecco.” Si grattò il capo, mentre ponderava sul discorso da
fare. “Cioè, anche tutta questa storia tra noi...”
“Non
c’è nessun noi, Potter.”
“...lasciami
finire, Lily. Quello che sto cercando di dirti è che sono sei anni e tre mesi
che mi snobbi, realizzando un nuovo record storico, tra l’altro...”
Lei
sghignazzò a quell’ultima affermazione ma, pur di non darglielo a vedere,
affondò ancora di più nelle gambe.
“...e
ti ostini a respingermi, ma alla fine...” Sospirò, rilassandosi, mentre l’ombra
di un sorriso andava a delineargli le labbra. “...siamo sempre io e te, no?”
Era
vero.
Non
aveva bisogno di ponderarci sopra.
Lo
sapeva, era vero.
Chiuse
gli occhi, si asciugò le lacrime con il dorso della maglia e, finalmente, alzò
la testa per puntare i suoi incredibili bulbi oculari verdi in quelli caldi e
rassicuranti di lui.
“Hai
gli occhi marroni.”
Era
una domanda a trabocchetto?
“Beh,
sì, lo so.”
“No,
no, voglio dire che hai gli occhi più
marroni che abbia mai visto.”
“Oh,
ehm...grazie?” Sussurrò, azzardando.
Non
era sicuro che fosse un complimento, né tanto meno era certo di aver capito le
parole sconclusionate di Lily, ma vabbè...!
“Ho
fatto una figuraccia.” Di nuovo la ragazza parve vittima di variazioni umorali
pazzesche e, dal discorso sugli occhi di poco prima, passò al rimembrare la
scena in Sala Grande.
“Ma
no!” Tentò di minimizzare James, immediatamente, tamponando come meglio poteva
pur di vederla sorridere. “Beh, solo un pochino.” Dovette tuttavia ammettere
quando lei gli rivolse un’occhiata in tralice, palese.
Lily
sospirò e, sfiduciata, poggiò il mento sulla cima delle ginocchia, prendendo a
scrutare qualcosa d’indecifrabile dinanzi a sé.
“Margareth
mi odierà.”
“Puoi
sempre lanciarle contro un Confundus.”
“Non
avresti dovuto...”
“Lo
so. Mi dispiace.”
“Penseranno
tutti che sono una scema.”
“Solo
chi è tanto scemo da crederci.”
“Davvero?”
“Assolutamente!”
Assicurò su due piedi James, una mano sul cuore e l’altra bene in vista.
Lily
ridacchiò appena, di nuovo di buonumore, e lui, interpretando la cosa come un
fattore positivo a suo vantaggio, si convinse che dopotutto avvolgerle le
spalle con il proprio braccio non doveva essere poi tanto sbagliato.
Lo
fece, trattenne il fiato e...
Lily
Evans non gli aveva dato un pugno.
Lily
Evans non gli aveva dato un pugno e si lasciava abbracciare da lui.
Lily
Evans non gli aveva dato un pugno, si lasciava abbracciare da lui e aveva
addirittura appoggiato la testa contro la sua
spalla.
Per
mille Elfi avvizziti, era forse morto e sbarcato in Paradiso?!
Negazione
Rabbia
Contrattazione
Depressione
#5: Accettazione
D’accordo,
ammetteva che la situazione poteva risultare un tantino sconveniente vista
dall’esterno. Loro due abbracciati – abbracciati,
sì, non era così disperata da negare persino l’evidenza – in un’aula solitaria.
Chiunque avrebbe pensato che erano lì per pomiciare, persino Peter l’Ingenuo
Minus!
Ammetteva
anche che, per onore di tutti gli anni trascorsi a fingere che lui non esistesse
neppure, lei non avrebbe dovuto
permettere una simile circostanza.
E
sì, ammetteva finanche che dopotutto, molto molto molto in fondo...in fondo in
fondo ecco, la cosa in qualche bislacco modo non le dispiaceva poi così tanto
come avrebbe pensato.
Ma
da qui a dire ci fosse qualcosa di più, ce ne correva di acqua sotto i ponti!
Per
come la vedeva lei, aveva avuto un momento no, lui si era ritrovato lì e lei
aveva ripiegato su di lui. Stop. Fine dei giochi.
Insomma,
solo perché gli aveva permesso di abbracciarla a quel modo e, a sua volta,
aveva poggiato il capo sulla sua spalla non
voleva dire che le piacesse. Insomma, era sempre di James
Io-Sono-Il-Miglior-Cercatore-Di-Tutti-I-Tempi-E-Gli-Altri-Mi-Fanno-Un-Baffo
Potter che si stava parlando! Quella specie di fenomeno da baraccone che si
divertiva a mostrare la propria arroganza sempre e comunque, specie se in sua
presenza, per intenderci.
Non.
Poteva. Piacerle. Uno. Così.
Era
fuori discussione, non c’era storia, suvvia!
Era
ridicolo. Ridicolo! Era James... Era solo James... Era sempre James.
Il
pensiero la colpì con la forza prorompente di un Troll di montagna.
Non
vi aveva mai fatto caso prima, o almeno non aveva mai voluto dargli troppo
peso. Ma ora che la verità era saltata a galla da sola con una tale semplicità
da disarmarla, non poteva negare che non fosse vero. Non poteva nascondersi
dietro ad altre bugie, non più perlomeno.
“Santo
cielo, sei tu!” Esclamò, prima ancora di riuscire a rendersene conto, gli occhi
sgranati dal peso della consapevolezza.
Accanto
a lei James, che aveva tenuto sott’occhio ogni minimo movimento del viso
bellissimo della sua dea, corrugò la fronte a quelle parole.
“Sicuro
che sono io! Chi altri dovrei essere sennò?” Si precipitò a domandare, temendo
forse di aver mancato qualche passaggio fondamentale.
Per
tutta risposta Lily sbuffò, eppure non sembrava arrabbiata, anzi. Ad occhio e
croce James avrebbe detto che era felice. Sorpresa, anche, ma soprattutto felice.
“Intendevo
che sei sempre tu. Sei continuamente
tu! Sei...sei costantemente tu...”
Perché
aveva la vaga impressione di non aver afferrato un tubo della conversazione?! Mah.
Scrollò le spalle e, anziché rispondere ad una domanda che probabilmente una
domanda infondo non era, preferì rafforzare un po’ di più la stretta sulle
spalle di lei. Checché se ne dicesse, era abbastanza intelligente da sapere
che, quasi sicuramente, non gli sarebbe capitata più nella vita un’altra
occasione simile. Meglio approfittarne finché poteva.
“James?”
“Sì?”
Okay,
forse aveva esagerato con l’iniziare a carezzarle i capelli. D’accordo che lei
non aveva battuto ciglio fino ad allora, però-
“Avevi
ragione tu.” Ritrattò. “Anzi, hai
ragione tu. È che io non volevo vederlo, non volevo...non volevo capirlo, non
volevo.”
Per
quanto fosse felice di aver ragione finalmente per qualche cosa, soprattutto se
ad ammetterlo era lei, James non poteva nascondere la propria perplessità sull’argomento
di conversazione, né d’altro canto era propenso a farlo.
“Va
bene, Evans. Di che diavolo stai parlando?”
“Di
quello che hai detto prima!”
James
fece mente locale, incuriosito. “Che hai fatto una figuraccia?” Aggrottò la
fronte, confuso.
“Non
quello! Cioè sì, anche quello in effetti. Ma il punto è un altro.”
Ecco,
avrebbe tanto voluto saperlo anche lui quale fosse il punto...
“Hai
presente la storia di noi? Che siamo sempre io e te alla fine?”
“Ah.”
Quel punto... Okay, era
confuso. Era parecchio, parecchio confuso.
“Hai
ragione.” Stabilì Lily, un bagliore di presa di coscienza che si allargava
dagli occhi al viso, illuminandola. “Hai ragione, James. Ne hai sempre avuta!”
James?!
Dov’era il Potter? Da quando lo
chiamava per nome?
“Mi
guardo indietro e sai cosa vedo?”
Scosse
il capo, incapace di dire qualsiasi parola di senso compiuto, il cuore divenuto
un amalgama inscindibile con lo stomaco.
“Io
vedo...te!”
Era
da pazzi, Lily lo sapeva. Ma come accidenti aveva fatto a non accorgersene
prima?! Era lì, era davanti agli occhi, era così maledettamente lampante...
“Te,
James. Il primo giorno qui, sul treno, in aula, in Sala Comune, durante le gite
a Hogsmeade... C’eri sempre tu! E anche adesso...ci sei tu! Ci sei tu...”
Forse,
ma forse, iniziava sul serio a capire.
Per
istinto allungò una mano e, recuperando una ribelle ciocca di capelli fiammanti
dal viso, gliela fermò con dolcezza dietro l’orecchio.
“Lo
so, Lily.”
“Ma
allora...”
Una
nuova consapevolezza sembrava essersi affacciata davanti a lei, visto come
sgranò gli occhi e dischiuse le labbra in una o perfetta.
James
sorrise e, con un unico gesto fluido della sua mano sul mento di lei, la
costrinse gentile a guardarlo.
“Ci
sei arrivata, finalmente.”
Lily
rabbrividì appena sotto il suono profondo della sua voce, ma non si ritrasse
quando infine lui la baciò, coronando così il desiderio più bramato in assoluto
e serbato per sei anni e tre mesi esatti, e, anzi, stupendosi di se stessa si
ritrovò a buttargli le braccia al collo, con ardore.
Non
era così difficile, dopotutto.
Bastava
solo avere il coraggio di ammetterlo.
“La
prossima volta che fai una cosa tanto stupida, ti castro.”
James
ridacchiò, così felice che sarebbe potuto esplodere. “Devo preoccuparmi?”
“Considerala
una promessa, Potter.”
“Consideralo
fatto, Evans.”
The
End
A/N
Non credevo di riuscire davvero a finirla. Ma ce l’ho fatta e,
tutto sommato, non ne sono così nauseata come avrei pensato. Ho scoperto che
lavorare con questi personaggi è estremamente stimolante per me, perciò
aspettatevi qualche altra cosuccia su di loro! ^.-
Il fatto è che
ultimamente James e Lily mi ossessionano, sul serio! Ho già trovato circa
cinquecento idee da stendere nero su bianco per loro due e – credetemi – era da
parecchio che non mi capitava, specie se su una nuova coppia. Ma tant’è, perciò
niente.
Ad ogni modo, mi farebbe
molto, moltissimo, immenso piacere sapere cosa ne pensate! Essendo la prima
James/Lily che scrivo in assoluto, sarei molto curiosa di sapere se ho
combinato tanti pastrocchi quanto penso. Mi lasciate una recensione? Please‼ *-*
Oh sì, prima che me ne
dimentichi, l’idea è venuta fuori così, da un episodio di The O.C. che casualmente
ho ritrovato in tivù. Quarta serie, mi pare, con Summer che tenta di superare
il dolore per la morte di *spoiler* Marissa. Bene, in tale episodio faceva vedere lei e le cinque fasi del
dolore di cui sopra in uno spaccato davvero molto ben riuscito a mio avviso (la
Bilson è bravissima in quella scena!).
Ovviamente
nessuno dei personaggi creati dalla Rowling mi appartiene, altrimenti adesso me
ne starei su una nave al largo dell’Australia. Autumn Brooks e Margareth
Ferguson, invece, sono il semplice parto della mia mente da fanwriter.
Beh,
alla prossima gente.
Baci.
memi J