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Autore: Irina_89    24/09/2009    1 recensioni
La avvolse con un braccio e le diede un piccolo bacio sul naso umido. Lei squittì di gioia, leccandogli il fine mento e facendolo sorridere come sempre. Sapeva che lei adorava la sua risata, per questo era sempre pronta a fare qualche giochetto strano, in modo da attirare la sua attenzione. E lui non si annoiava mai di seguirla con i suoi occhi vivaci. La vedeva correre verso di lui, girargli tra le gambe, scodinzolare felice e poi scappare via, verso il divano. Saltava sopra e si arrampicava sulla spalliera divertita. Poi lo fissava, come per chiamarlo, e lui non poteva rifiutare. Quello sguardo languido era irresistibile. Si vedeva proprio che erano fatti l’uno per l’altro. Lei cercava esattamente le sue stesse attenzioni. Coccole, soprattutto.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vita Da Cani

Vita Da Cani

 

La avvolse con un braccio e le diede un piccolo bacio sul naso umido. Lei squittì di gioia, leccandogli il fine mento e facendolo sorridere come sempre. Sapeva che lei adorava la sua risata, per questo era sempre pronta a fare qualche giochetto strano, in modo da attirare la sua attenzione. E lui non si annoiava mai di seguirla con i suoi occhi vivaci. La vedeva correre verso di lui, girargli tra le gambe, scodinzolare felice e poi scappare via, verso il divano. Saltava sopra e si arrampicava sulla spalliera divertita. Poi lo fissava, come per chiamarlo, e lui non poteva rifiutare. Quello sguardo languido era irresistibile. Si vedeva proprio che erano fatti l’uno per l’altro. Lei cercava esattamente le sue stesse attenzioni. Coccole, soprattutto.

Quel giorno erano in camera sua e lei era montata sul letto per svegliarlo. Ormai era una routine. Una routine per niente spiacevole, per altro. Lei gli aveva leccato una guancia e lui si era rigirato tra le coperte, aveva aperto un occhio assonnato e aveva tentato di mettere a fuoco. E poi la vide, le sorrise non ancora del tutto sveglio, e tolse un braccio da sotto le lenzuola. L’accarezzò sulla testa e lei iniziò a strusciarsi sulla sua mano, vogliosa di coccole, come sempre.

Si era rigirata su se stessa per un paio di volte e poi si era accoccolata sul cuscino accanto alla sua testa. Sapeva che non doveva starci, ma il suo padrone non le diceva mai niente e la lasciava libera di fare ciò che voleva. Forse troppo, visto che molto spesso veniva pure rimproverato dal fratello, che si lamentava di ritrovarsela sul cuscino a sua volta. Ma Bill non ci badava mai, quando Tom berciava la mattina, principalmente perché a quell’ora di solito non capiva niente, ma anche perché tanto non erano affari suoi cosa faceva fare e cosa non faceva fare alla sua cagnolina.

Smise di accarezzarla e l’abbracciò regalandole il suo tanto atteso bacio mattutino sul naso, facendola reagire contenta come ogni giorno.

Passarono qualche minuto accoccolati l’uno all’altro, poi lei rizzò le orecchie e previde il suono della sveglia della camera del fratello. Si alzò e guardò Bill negli occhi, quasi come per chiedergli il permesso di uscire ed andare ad adempiere al suo compito quotidiano.

“Va bene, piccola.” Mormorò lui, la voce ancora impastata dal sonno. “Vai pure a svegliarlo.” E le grattò dietro un orecchio. Lei sembrò quasi sorridergli e trotterellò giù dal letto, uscendo dalla camera del suo padrone e dirigendosi verso quella di fronte, quella di Tom. Era sempre un’impresa riuscire a svegliarlo. Ogni giorno lui chiudeva la porta con la maniglia e lei aspettava impaziente che qualcuno gliel’aprisse. Iniziò a grattare il legno, ricevendo dei grugniti di rimprovero provenienti dall’interno della stanza. Così, si accucciò e sussurrò un guaito, triste, attendendo il momento per entrare.

E quel momento arrivò, proprio come arrivava sempre: “Buongiorno, piccola.”

Gustav era salito al piano superiore, attirato dal suo grattare la porta, e le sorrise, scarruffandole un po’ il pelo sulla testa prima di ruotare la maniglia della camera dell’amico. Lei scattò sulle quattro zampe e scodinzolò contenta, aprendo definitivamente la porta con il piccolo muso. Entrò facendo ticchettare le unghie sul pavimento e saltò sul letto del ragazzo. Avanzò silenziosamente tra le coperte, fino ad arrivare al cuscino.

Allungò il collo, toccando con il naso la sua guancia. Il contatto lo fece mugolare. Tom arricciò il naso e strinse maggiormente gli occhi chiusi, per poi rilassarsi in un sorriso sghembo e malizioso. Era sempre così… Lo annusò, contenta di non averlo ancora svegliato e si divertì a leccarlo ben bene, fino a giungere all’orecchio. Lui ridacchiò e le diede le spalle, per poi arrotolarsi di nuovo attorno alle coperte del letto. Lei lo rincorse e continuò ciò che era stato interrotto.

“Dai, basta.” Sorrise il ragazzo, allungando una mano verso di lei, ed accarezzandola. “Bei capelli…” aggiunse in un sospiro. Si arricciò qualche ciuffo dei suoi peli tra le dita, suscitando uno scodinzolio soddisfatto. Mugolò pure lei di felicità e strofinò il naso nell’orecchio del ragazzo, che si scostò leggermente per i brividi che aveva provato. “Ehi.” Ridacchiò ancora, gli occhi sempre chiusi. Era in quel limbo in cui non distingueva più la realtà dal sogno.

Lei si arrampicò sulla spalla del ragazzo con le zampe anteriori e gli leccò sotto il mento e poi il collo, facendolo rigirare di nuovo e scalciare le coperte con le gambe.

Fu il suo morbido pelo a fargli aprire gli occhi. Il solletico che produceva l’aveva condotto definitivamente fuori dal mondo dei sogni e gli ci vollero pochi secondi prima di capire cosa stava succedendo – il tempo necessario a mettere in moto il cervello dopo una lunga nottata di profondo sonno. Si alzò si scatto, facendola scivolare sul cuscino con un guaito di risentimento. Con occhi ancora appannati, la guardò e schioccò la lingua infastidito.

“Ehi, cane!” sbuffò, pulendosi la guancia umida con una mano. “Quante volte ti ho detto di non entrare in camera mia la mattina? E dire che chiudo pure la porta…” e tirò fuori la lingua, mostrandole una smorfia schifata. “Mi hai leccato proprio tutto, eh?” borbottò, ancora insonnolito, per poi sbadigliare egregiamente.

Lei lo guardò interrogativa. E si accoccolò contro il suo fianco, posando la testa su di lui. Lo guardava negli occhi e aspettava che lui la salutasse come ogni mattina.

Tom afferrò un lembo delle coperte dal fondo al letto, costringendo la cagnolina ad alzarsi momentaneamente, e se lo passò sul viso. Poi si rimise seduto, appoggiato sulle braccia per poterla guardare. Alzò un sopracciglio e la fissò serio, come se volesse avere delle scuse. Lei rimase seduta a ricambiare lo sguardo.

“Ogni giorno fai così.” L’apostrofò lui, senza far trapelare la minima esitazione in quelle parole. “Cosa ti ho fatto?” Roteò gli occhi, fingendosi esasperato.

Lei piegò la testolina di lato, continuando a fissarlo. Posò poi una zampa sul fianco del ragazzo e vi posò la testa sopra, continuando a guardare il ragazzo ora dal basso verso l’alto. Lui sbadigliò e lei lo imitò. Forse gli sbadigli erano veramente contagiosi, anche tra uomini e animali.

E poi le aspettative della cagnolina vennero ripagate. Tom sorrise e l’accarezzò sulla testa, per poi passarle la mano sotto il mento e farle le tanto attese coccole sul collo. Lei chiuse gli occhi e si lasciò coccolare. Sapeva che, nonostante ogni mattina lui non volesse essere svegliato dalle sue leccatine, una volta sveglio, anche lui non poteva fare a meno di coccolarla. E a lei piaceva essere coccolata. Dipendeva dall’affetto che questi ragazzi le dimostravano in ogni occasione. Anche se erano arrabbiati, anche se erano tristi, anche se erano impegnati… loro trovavano sempre il tempo per farla sentire amata.

“Ma quanto sarai bella?” ridacchiò Tom, portando anche l’altra mano sulla sua testolina e strapazzandola amorevolmente. Avvicinò, quindi, la testa e le toccò la fronte con la propria, per poi regalarle un grande bacio sulla punta del naso. “Lo sai, vero, che sarai sempre la mia ragazza, eh? Ma non dirlo a Bill, sennò si ingelosisce.” Le sorrise, massaggiandole la zampa che lei aveva steso sulla pancia del ragazzo.

In risposta, la cagnolina scodinzolò paga e si contorse in vari movimenti, fino a mettersi a pancia in su, le zampette per aria e il musino rivolto al ragazzo, implorante di altre attenzioni.

“Non sarai un po’ troppo viziata?” inarcò un sopracciglio lui. Lei gli abbaiò per incitarlo a continuare e lui soffiò una risata. Era proprio come diceva suo fratello: era proprio capace di farsi intendere, quell’animale lì. E soprattutto, era capace di farsi intendere con occhiate e gesti tanto quanto Bill. Erano la copia sputata l’uno dell’altro.

“Hai già svegliato Georg?” gli chiese diabolico, tornando a strapazzarla con il suo bizzarro, ma affascinante modo di coccolarla. Lei si inarcò e tornò seduta, abbaiando sommessamente. Mise poi le zampe anteriori sulla pancia di Tom, alzandosi pure su quelle posteriori, ed iniziò a scodinzolare con foga. Svegliare Georg voleva dire ulteriori coccole. E Tom sapeva quanto lei adorasse riceverne. Praticamente tante quanto suo fratello… l’unica differenza era che quando Bill si insinuava nel suo letto durante la notte, invece che essere coccolato, veniva buttato fuori a calci.

Il ragazzo si alzò dal letto, seguito a vista dalla cagnolina, e si infilò un paio di pantaloni di una vecchia tuta nera buttata malamente sulla sedia che aveva vicino al letto. Tornò, poi, da lei e la prese in braccio, uscendo dalla camera mentre lei si agitava e allungava il muso per poterlo leccare sul collo. Il ragazzo dovette metterle una mano sulla bocca per impedirle di fargli il secondo bagno della giornata.

Attraversarono il corridoio e una volta arrivati davanti alla porta chiusa di Georg, Tom l’aprì ed entrò. L’amico era disteso supino sul letto, tenendo tra le braccia il solito cuscino. Lui gli si avvicinò e posò la cagnolina in fondo al letto, mettendosi un dito sulle labbra per farle capire che non doveva fare rumore, oppure Georg si sarebbe svegliato. Lei capì subito e si sedette composta tra i piedi del ragazzo, mentre Tom si avvicinava quatto a lui e gli alzava il braccio che teneva attorno al cuscino, che gli sfilò lentamente, facendo poi segno a lei di avvicinarsi, sempre silenziosamente. Lei rizzò le orecchie e con la coda scodinzolante lo raggiunse, scavalcando la gamba coperta del ragazzo. Tom la fece accomodare vicino a Georg e gli riabbassò il braccio, facendogli abbracciare la cagnolina, poi uscì dalla stanza ridacchiando.

Lei lo guardò allontanarsi, per poi tornare ad occuparsi del suo compito. Osservò il viso di Georg che si trovava vicino e gli si avvicinò piano, scorrendo sotto il suo braccio. Lui, a quei movimenti parve svegliarsi, ma dopo aver contratto istantaneamente i muscoli, tornò a rilassarsi. Lei strusciò il suo naso sul mento del ragazzo e iniziò a leccarlo, consapevole di ciò che sarebbe successo.

E infatti, il braccio del ragazzo la strinse a sé. Lei alzò i suoi occhi vivaci su di lui e si riflesse nel suo sguardo verde. Le stava sorridendo.  Il ragazzo si mise su un fianco e iniziò ad accarezzarla sulla testa, mentre lei si appallottolava contro il suo petto: fosse stata una gattina, avrebbe iniziato a fare le fusa. Lui le grattò le morbide orecchie e ascoltò con piacere i suoi mugolii di consenso. Adorava quella cagnolina. Da quando Bill l’aveva portata con loro nell’appartamento, era diventata una sorta di mascotte. Tutti le volevano bene, e tutti adoravano averla per casa. Aveva movimentato le loro giornate – ancora di più di quel che erano già – e aveva il potere di far sorridere chiunque le si trovasse vicino. Era simpatica e buffissima. Un Bill in miniatura, insomma, con l’aggiunta di un pelo morbido e ricciolo, un paio di orecchie ciondolanti verso il basso, e una coda sempre pronta ad essere agitata per aria.

“Ehi, anche oggi a compiere il tuo dovere?” le domandò, portandosi un braccio sotto la testa. Lei gli leccò il naso in risposta e lui ridacchiò. Ogni mattina Tom la portava da lui e gliela metteva sotto il braccio. Non sapeva da dove era iniziato tutto, ma era una sorta di rito mattutino, proprio come quello della cagnolina di girare tutte le stanze e ricevere coccole un po’ da tutti. “Dici che glielo dovrei dire a Tom, che io sono sempre sveglio quanto arrivi tu?” le sorrise. Georg era consapevole del lavaggio del viso a cui era sottoposto Tom in presenza della cagnolina, ed era altrettanto consapevole che lui gliela portava ogni volta sperando che anche a lui toccasse la stessa sorte. Ma ovviamente lei non lo faceva. Ad ognuno, infatti, riservava un trattamento diverso.

L’unico che sembrava non rientrare nel suo compito, era Gustav, che ogni mattina si alzava per conto suo ad ore spaventosamente antelucane. Ma la piccola non si faceva scappare il piacere di rimanere un po’ sola anche con lui.

“Che ne pensi? Andiamo a fare colazione?” chiese il ragazzo, mettendosi seduto. Lei girò la testa e lo guardò con occhi svegli. Certo che voleva andare a mangiare, non aspettava altro. Georg si alzò e recuperò una tuta ed una maglietta dal cassetto dell’armadio e si vestì comodamente, seguito dallo sguardo di lei, che era rimasta sdraiata sul letto. A piedi nudi le si avvicinò di nuovo e la prese in braccio. Uscì dalla camera e scese le scale, notando la voglia sempre crescente della piccola di scendere e trotterellare verso la cucina.

Così, sull’ultimo scalino, Georg la liberò dalle sue grandi braccia e la lasciò correre contenta verso l’ultima persona che ancora non aveva salutato come doveva.

Abbaiò eccitata, passando da sotto il tavolo e sfiorando con le sue zampette pelose i piedi nudi dei gemelli, già seduti al tavolo. Stavano mangiucchiando dei biscotti, aspettando che il latte si scaldasse nel tegamino sul fuoco. Gustav, dalla parte opposta della cucina, stava prendendo dal tostapane il suo panino per riporlo successivamente in un piatto lì vicino. Come sempre, dovette smettere di pensare a sé per dedicarsi a lei, che stava tentando si arrampicarsi sulla sua gamba.

“Ehi, li hai svegliati tutti, eh?” si congratulò con lei, abbassandosi e scarruffandole di nuovo i peli della testolina. Lei squittì e iniziò a scodinzolare soddisfatta, insistendo perché Gustav la prendesse in braccio. Il ragazzo non se lo fece ripetere e passò una mano sotto la pancia della cagnolina, tirandola su. Con l’altro prese il piatto con il panino e insieme andarono a sedersi su una sedia. Lei si posizionò tranquillamente sulle sue gambe e aspettò che lui le porgesse un pezzo del suo panino, come ormai era d’uso. Lui, infatti, strappò un angolo del toast e gliel’offrì.

Lei lo mangiò in pochi secondi, sbriciolando il pane sui pantaloni corti di Gustav, che tanto non le avrebbe mai detto niente, ed, infine, arrivarono pure le coccole: infatti, tra un morso e quell’altro, il ragazzo cominciò ad accarezzarle il morbido pelo dalla testa fino alla coda, soffermandosi un po’ sotto il mento, zona che lei amava particolarmente. La piccola chiuse gli occhi e si appoggiò alle grandi dita di Gustav, che continuavano a massaggiarle il collo.

“Devo dire che fa proprio una vita da cani, questa qua, eh?” rise Tom, la bocca piena del biscotto al cioccolato che stava mangiando. “Guarda come soffre.”

“Già,” convenne Georg, prendendo del latte fresco dal frigo e versandone un po’ in una tazza. “Pensi che ce l’abbia con noi per come la trattiamo?”

Bill schioccò la lingua, sogghignando.

“Eh, sì, purtroppo non ci sappiamo molto fare con gli animali…” aggiunse, afferrando un altro biscotto dalla scatola.

“Tu che dici, piccola?” la interpellò Gustav. “Aumentiamo la tua dose di coccole?”

La cagnolina abbaiò, aprendo gli occhi eccitata. Si alzò in piedi ed iniziò a scodinzolare allegra, dimostrando quanto bene potesse capire la proposta allettante che le veniva rivolta.

Tutti la guardarono divertiti. Era davvero un animale eccezionale: non solo riusciva sempre a farli sorridere, ma aveva pure la capacità di cogliere la parte migliore da ognuno di loro. Era come se con lei, le loro maschere cadessero e si frantumassero tutte in piccoli ed infiniti pezzi. Con lei, loro non erano più i Tokio Hotel. Con lei loro erano Bill, Tom, Georg e Gustav.

Eh, sì, era proprio una vita da cani, quella…

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Piccola One-Shot nata per caso. (A dir la verità è nata da un ragionamento fatto con la mitica Martina per un'altra storia, ma non è il momento di parlare di questo.) Sono rimasta troppo colpita dalle foto di Bill e la cagnolina (ps: era una cagnolina, vero? o.o Vabbè, anche se non lo fosse, ormai ho scritto xD), e non mi sono potuta trattenere dall'immaginarmi questa splendida mattina in compagnia di questi quattro magnifici ragazzi.

Eh, e poi... Diciamolo: vorrei tanto essere io la cagnolina in questione! xD (Ma chi non lo vorrebbe? :P)

E detto questo, ciao ciao!

A chissà quale prossimo aggiornamento di chissà quale Fan Fiction!

Un bacio a tutti!

Irina

  
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