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Autore: Sognatrice85    24/09/2009    4 recensioni
Salve a tutti i lettori di Efp, oggi vi posto una one shot scritta qualche giorno fa, dopo molta fatica. Un twilight un pochino diverso, mi sono voluta cimentare in questa cosa. E' un regalo che ho fatto ad una persona speciale, un'amica eccezionale e ho deciso di caricala anche qui... Ancora una volta, come succede sempre quando posto qualcosa, vi lascio il link di una canzone che mi ha ispirata: http://www.youtube.com/watch?v=W-mi4GGh_-c Nella speranza che possa piacervi, vi auguro un buon proseguimento e buona lettura ^^
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'inevitabilità del destino

“L’inevitabilità del destino”

 

 

Ti Amo…

Sussurro al vento

Il tuo nome…

E l’eco di questo amore

Torna indietro

Come un boomerang

Mi trapassa il petto,

riducendo il mio corpo

a brandelli.

Ti Amo…

Nonostante il male

Che mi fa

Continuo imperterrita

A coltivare questo fiore,

innaffio il suo terriccio,

gli parlo per non farlo sentire solo,

provo a ripararlo

dalle intemperie

del mondo.

E’ da me che non riesco

A proteggerlo.

La voglia di strapparlo

Via

È forte.

Non posso amarti,

non posso volerti.

Tutto ciò è sbagliato.

Ma Ti Amo…

E questo niente

Lo cambierà.

Neanche io…

 (Sognatrice85)

 

 

Quando mi ero trasferita da papà, avevo pensato di fare una favore non solo a mia madre,  ma anche a mio padre; infondo così facendo, permettevo a Renée di seguire tranquillamente il nuovo marito nei suoi mille trasferimenti e Charlie, mio padre biologico, poteva godere della mia presenza e del mio prezioso aiuto in cucina, visto che era un completo disastro. Risi tra me e me, mentre camminavo persa nei miei pensieri, in una delle tante grandi strade di Vancouver. Perché ero arrivata fin lì, non lo sapevo con precisione, come se a muovere i miei passi, fosse stato qualcun’altro. Probabilmente la voglia di scappare, di isolarmi per qualche ora e allontanare dalla mia testa le assurdità che mi stavano sconvolgendo la vita, avevano avuto il sopravvento sul resto…e mi fermai, spalancando gli occhi; avvertii subito l’irrefrenabile impulso di piangere, pur non potendo: ”quel resto” ora non era altro che tutto ciò che realmente avrei voluto e che egoisticamente avevo strappato alla vita, senza chiedere permesso.

“Non posso” mi dissi, prendendomi la testa tra le mani e facendola oscillare da desta a sinistra in movimenti rapidi “E’ sbagliato, Bella, è dannatamente sbagliato quello che hai fatto!” il senso di colpa pervase ogni singola fibra del mio corpo e ringhiai alla luna. Bella, anzi bellissima e di nuovo il mio cuore morto volò lì da lui.

“Sei splendida, molto di più di questa luna stasera. Bella, tu sei tutto per me, sarei il ragazzo più felice del mondo se permettessi alla tua candida luce di illuminarmi la vita” scossi la testa, chiudendo gli occhi. Se fossi stata umana avrei potuto sfogarmi piangendo, ma la mia attuale condizione me lo impediva.

Tre anni prima, ero arrivata a Forks da mio padre, una piccola cittadina piovosa 365 giorni all’anno, dove il sole faceva capolino di rado; non avevo neanche avuto il tempo di abituarmi a quelle condizioni meteorologiche che esattamente tre mesi dopo, un vampiro nomade mi aveva morsa mentre mi trovavo in una piccola radura lontano da casa, luogo dove mi recavo spesso quando mi sentivo triste e avevo bisogno di starmene in pace con me stessa.

Quel morso aveva lasciato il segno in tutti i senti: Bella Swan, la figlia del capo della polizia, non era più una semplice umana, ma una bevitrice di sangue, comunemente chiamata vampira.

Se avevo superato lo sbigottimento e la paura iniziale era grazie alla famiglia di Carlisle Cullen, Primario dell’ospedale locale, nonché vampiro, come tutti i componenti della sua famiglia, ma, al contrario di quanto si possa pensare, avevano una particolarità: erano vegetariani, cioè non si cibavano di sangue umano, ma di quello animale. Perché? Semplicemente avevano un gran rispetto per gli altri e oltretutto, non volevano dar modo alla loro natura di distruggere ciò che essi stessi  erano stati, ossia esseri umani.

Il tempo trascorso con loro aveva fatto sì che diventassero la mia guida, la mia seconda famiglia e mi avevano tenuta con loro quando, neonata e assetata di sangue, ero un pericolo per tutti gli umani che facevano parte della mia vita. Sarebbe bastato l’odore del loro sangue per farmi perdere il controllo e per questo rimasi con loro qualche mese, fino a quando non erano stati certi che stessi “bene”; a detta di Jasper, uno dei figli adottivi di Carlisle, ero stata fin troppo controllata da subito. Per quello che lui aveva visto, nei suoi tanti anni da vampiro, i neonati non pensavano ad altro che a cibarsi di sangue, accecati dal loro irrefrenabile desiderio di soddisfare il proprio corpo.

Da quello che Carlisle mi aveva raccontato, ogni vampiro aveva una particolare predisposizione che, solitamente, rifletteva una caratteristica che avevano da umani: ad esempio Jasper era in grado di dominare le emozioni altrui, quindi conosceva bene i miei stati d’animo e anche se inizialmente, non riusciva a capacitarsi del mio autocontrollo, col tempo aveva imparato ad accettare che esistevano persone diverse da lui. Alice, sua moglie e anch’essa figlia adottiva dei Cullen, aveva il potere di prevedere il futuro, non era sempre precisa, le visioni mutavano in base anche ai cambiamenti decisionali delle persone, in ogni caso, il piccolo folletto, sapeva il fatto suo. Infatti, aveva previsto il mio arrivo, la mia trasformazione e anche quello che sentimentalmente, mi avrebbe ben presto coinvolta. Emmet, invece, aveva dalla sua parte una grande stazza fisica che lo rendeva il più forte della famiglia e sua moglie Rosalie era una vampira bellissima e invidiata da tutte. Esme, madre adottiva, era una donna buona e gentile e quella particolarità del suo carattere, le aveva permesso di accogliere con sé tutti quei vampiri che aveva accudito come fossero davvero figli suoi. Carlisle aveva messo, invece, alla mercé di tutti le sue preziosi doti mediche, anch’egli era particolarmente buono, posato, giusto e saggio, sapeva sempre cosa dire nei momenti opportuni ed era lui l’iniziatore della dieta vegetariana.

E proprio Carlisle, aveva comunicato a mio padre che avevo contratto una malattia strana e che, per un certo periodo, sarei dovuta stare in isolamento in un ospedale lontano da Forks, mentre in realtà ero barricata in casa del dottore; ero ritornata a casa mia mesi dopo, avevo preso il diploma e al momento di scegliere il college avevo deciso di trasferirmi con i Cullen in Canada ed era lì che il mio tormento aveva avuto inizio.

Fissai ancora una volta la luna e la testa mi riportò indietro di qualche mese, chiusi gli occhi e mi lasciai cullare dai ricordi:

<<”Bellina primo giorno al college da vampira, come ti senti? Spaccherai le braccia a qualcuno?”ghignò divertito Emmett,mentre scendevamo giù in garage. Rosalie lo zitti sferrandogli un’inutile gomitata nello stomaco, cosa che lo fece ridere ancora di più “Smettila Em, Bella sarà perfetta e poi ha già affrontato gli umani” rispose Alice scrutandomi con sguardo diverso, sorridente si voltò e s’accomodò in macchina “Allora andiamo?” gridò dall’abitacolo, al suo richiamo sgattaiolammo in auto e partimmo in direzione del college.

Giunti al parcheggio, Alice sgommò facendomi tremare “Ehi calma, calma, vogliamo farci riconoscere dal primo momento?”Emmett ghignò “Bellina ha paura?” sbuffai infastidita, quando ci si metteva era davvero fastidioso.

Scesi dall’auto, tutti gli studenti si voltarono nella nostra direzione, come le prede attratte dal loro carnefice e ci guardavano abbagliati come era giusto che fosse, a loro apparivamo bellissimi nel nostro eterno candore…

Odiavo essere al centro dell’attenzione, caratteristica umana che mi ero portata dietro, essere vampira aveva sicuramente migliorato il mio senso dell’equilibrio, ma la mia personalità, fondamentalmente, era rimasta intatta. Il momento più difficile della giornata, fu a mensa: insieme ai miei fratelli ci accomodammo al tavolo situato in fondo alla stanza, lontano da sguardi indiscreti. Io ero nervosa, picchiavo di continuo il piede per terra “Bella, ma cos’hai?” domandò Jasper irritato, gli lanciai un’occhiataccia, detestavo che sapesse percepire ogni mio stato d’animo “Lasciala stare, amore” rispose sorridendo Alice che mi volse i suoi occhi stranamente luminosi “Tu per i miei gusti oggi sei troppo felice, ma come fai?!? Io sono agitatissima, non ne capisco il motivo, sarà che mi sento a disagio in mezzo a tutti questi umani che mi guardano sbalorditi, affascinati” sbuffai “Sorellina stai tranquilla, sono sicura che presto troverai il modo per stare bene” e mi sorrise di nuovo. Il suo ottimismo non mi aveva per niente contagiato, volsi gli occhi verso l’alto, poi pensierosa indirizzai lo sguardo verso il centro della mensa e la mia attenzione fu attirata da un gruppo di ragazzini che silenziosi, parlottavano e ci fissavano. Uno sbuffo stava per fuoriuscire dalle mie labbra, ma mi bloccai quando i miei occhi s’incrociarono con quelli di un ragazzino dai capelli castano ramati, occhi verde smeraldo, bocca carnosa di un rosso così scuro, da sembrare dipinte a mano. Sussultai, sbattendo più volte le palpebre, pur non avendone bisogno e avvertii l’esigenza di respirare. I nostri occhi si scrutarono attenti per diversi minuti, fin quando il ragazzo, probabilmente intimorito, abbassò lo sguardo; io di mio, sentivo una fitta al petto, quasi come se quello sguardo fosse vitale per me.

 

“Lui non sta con te
Cara amica timida
Ma ti guarda e
Non sa più dov'è”

 

 

 Scossi la testa, liberandomi di quell’assurdo pensiero e mi rivolsi ai miei fratelli “Oggi non è proprio giornata” soffiai “Suvvia Bella, le cose cambieranno, vedrai. Fidati della tua sorellina” rispose Alice strizzandomi l’occhio. La fissai basita, poi le sorrisi, era una folle, ma restava comunque, la persona a cui ero più legata.

L’ora successiva prevedeva un seminario in comune con i ragazzi frequentanti medicina, la sola idea di trovarmi di fronte a nuove persone, mi terrorizzava, vampira o no, restavo una ragazza alquanto imbranata nell’instaurare rapporti umani. Entrata in aula, mi accomodai tra le prime file e sperai che il terrore che le persone provavano per noi, spingessero i vari studenti a non sedersi al mio fianco, ma mi sbagliavo: ci fu un ragazzo che sfidò la sorte. Con la coda dell’occhio seguii i suoi movimenti: s’era fermato d’improvviso dinanzi al mio banco, aveva aspettato qualche secondo, sospirato e poi s’era gettato sulla sedia. Con calma, il mio sguardo passò dai suoi pantaloni scuri, fino alla maglia blu che gli fasciava un fisico ben curato, salendo poi, su per il viso. Sussultai quando riconobbi in lui, il ragazzo delle mensa e in me sorse, l’impulso di fiondarmi su di lui e morderlo. Il suo profumo era talmente forte e buono, da provocarmi arsura alla gola e un vertiginoso giramento di testa. Subito voltai il viso verso la lavagna, trattenendo il respiro e sperando che il ragazzo non compisse altre azioni che gli sarebbero potute costare la vita.

“Ciao” una melodia dolcissima fuoriuscì dalle sue labbra, di scatto mi girai verso di lui che mi sorrise compiaciuto, probabilmente per la mia espressione sbalordita. Era così vicino che sentivo il suo fiato soffiarmi delicato sulla guancia “Mi chiamo Edward Masen e frequento il primo anno di Medicina e tu?” disse porgendomi la mano, la fissai qualche secondo ma non mi mossi, se l’avessi toccato, il gelo del mio corpo lo avrebbe spaventato, quindi decisi solamente di rispondere alla sua domanda, mostrandomi il più fredda possibile “Ciao, io sono Isabella Swan e sono al primo anno di Lettere” i suoi occhi si spalancarono non appena aprii bocca e mi fissarono insistenti, la sua mano restò ferma a mezz’aria, quando si rese conto d’essersi incantato, la posò sul banco e deglutì. Fortunatamente il Professor Tayler diede inizio alla lezione, ponendo fino a quell’imbarazzante conversazione. Purtroppo per me però, la vicinanza ad Edward non mi aiutava a stare meglio, la mia vera natura pretendeva di essere ascoltata, voleva il suo sangue…feci leva su tutto il mio buon senso e riuscii a calmarmi, ma sentivo che dentro di me qualcosa era cambiato.

“Noiosa la lezione, vero?” domandò d’improvviso Edward mentre si stava affannando a riporre i libri nello zaino, alzai lo sguardo e, ancora una volta, incrociai il suo. Rabbrividii. Erano di un verde talmente profondo da sembrare di essere davanti ad un’immensa radura e per un solo attimo, mi ci persi. Mi sentii talmente a mio agio, che mi sembrò di esser tornata indietro di un anno a quando, da umana mi recavo nel mio posto felice nel mezzo del bosco di Forks. Nell’esatto istante in cui, Edward chiuse le palpebre, rinsavii e imbarazzata mi fissai le mani. Lo sentii ridacchiare. Inizialmente mi irritò, poi però, la sua risata soave, mi vibrò dentro e mi cullò come fosse una ninna nanna e mi fece sorridere “Alla prossima, Masen” dissi passandogli accanto.

Finite le lezioni, giunsi al parcheggio con un sorriso stampato sul volto, non ne capivo la provenienza, ma da quando quella risata mi era entrata nelle orecchie, non avevo più smesso di sentirmi contenta, anzi addirittura canticchiavo. “Oh ma che succede, Bellina ora è felice e ha smesso di avere quel musone lungo. Sai cominciavo a pensare che ti stessi trasformando in un licantropo, tipo il tuo amico della Push, quel…Blick” “Black, si chiama Jacob Black, Emmet! Ed è ormai da un anno che i nostri rapporti si sono interrotti e sai benissimo il perché” sospirai “E comunque si: mi sento contenta, qualche problema?” risposi fissandolo e inarcando un sopracciglio “Assolutamente no” sorrise, mi venne incontro e mi abbracciò “Ti prendo in giro, mi piace quando ti arrabbi, ma lo sai che ti voglio bene e che son felice di vedere che la mia sorellina adottiva stia meglio” mi sussurrò all’orecchio. Sorrisi, adoravo il mio super fratellone. “Bella!” Jasper quasi gridò il mio nome. Mi osservava accigliato, abbassai lo sguardo spaurita “Mi farai impazzire! Gestire il tuo umore è quasi impossibile per me” sbuffò “Scusami” “Non importa” e s’accomodò nell’auto. Nel frattempo Alice, poggiata alla portiera della sua porche gialla,  ci osservava curiosa e ridacchiava sotto i baffi. La guardai “Te l’avevo detto che avresti trovato il modo di star bene” ammiccò, io davvero non la capivo, ma non potevo darle torto: mi sentivo bene, merito, forse, di quel ragazzo e della sua meravigliosa risata. Non vedevo l’ora di che il giorno dopo arrivasse, l’idea di rivederlo mi eccitava e pensai che fosse dovuta al desiderio che il suo sangue risvegliava in me. Per premunirmi, quella sera andai a caccia. Decisi di allontanarmi un po’ , sperando di trovare qualche altro animale della zona, rispetto ai soliti cervi o alci, ma senza accorgermene mi ero avvicinata a delle case. Una in particolare attirò la mia attenzione: molto contenuta, racchiusa in un piccolo lembo di verde che la isolava dalle altre. Due piani, niente a che vedere con le ville vicine, un posto modesto, ma che esprimeva,  sia per la cura del giardino, che per il colore caldo delle mura, cordialità e  sicurezza. Probabilmente furono queste sensazioni che mi fecero avvicinare ad essa, restai lì fuori a scrutarla a lungo e quando vidi una luce accendersi, mi acquattai dietro ad un cespuglio. Dalla casa, proveniva solo il pulsare di un cuore, mi avvicinai alla finestra e mi sporsi quel poco che bastava per guardare all’interno. Dinanzi a me si apriva un piccolo salotto, con divano, camino e in fondo sulla destra, un pianoforte a coda che occupava gran parte dello spazio. Lo sgabello era occupato da un ragazzo che dava le spalle alla finestra dove mi trovavo, qualche secondo dopo iniziò a suonare qualche nota, poi si soffermò per scrivere qualcosa sullo spartito per poi riprendere. Chiusi gli occhi e feci l’errore di inspirare, un profumo delizioso e familiare giunse alle mie narici e rapita spalancai le palpebre “Non è possibile” pensai “Non può essere lui”, lo fissai meglio e il colore dei suoi capelli mi confermò la sua identità: quella era la casa di Edward. Sbalordita e confusa, restai immobile lì, ascoltai attentamente ogni composizione e potei scoprire quanto quel ragazzo amasse i classici, come Debussy che io adoravo.

D’un tratto si voltò verso la finestra da cui sbirciavo, m’immobilizzai, i suoi occhi si chiusero a fessure e cercarono di carpire cosa ci fosse vicino al vetro, fortuna volle che la luce si riflettesse su di esso impedendogli di vedere bene, ne approfittai per nascondermi, così quando venne ad affacciarsi, io non c’ero più. Ancora una volta il suo profumo mi stordì, ero così vicina a lui da sentire il calore emanato dal suo corpo e mi sentii bisognosa di lui, m’immaginai cosa avrei provato se quelle sue braccia così lunghe e muscolose mi avessero stretta a lui, se la sua bocca si fosse posata sulla mia. Chiusi gli occhi e deglutii. Mi sentivo stordita, persa e spaventata per quell’immenso fluire di emozioni, per questo scappai via.

Entrai in casa, sbattendo la porta, nell’immenso salone, la luce della luna faceva risplendere un bellissimo pianoforte a coda. Non l’aveva mai toccato nessuno, se non io qualche volta; Alice l’aveva visto in una vetrina del centro e l’aveva voluto comprare “Servirà, vedrete!” diceva. Sospirai. Mi avvicinai ad esso e lo sfiorai con le punta delle dita. Rabbrividii al ricordo di Edward e delle sue mani su quei tasti. Nella testa cominciarono a vorticarmi mille e più fotogrammi di lui che suonava, dei suoi occhi, di lui che mi sorrideva, di lui che arrossiva, di lui che parlava…e un sorriso ebete comparve sul mio viso. Mi poggiai al pianoforte e mi strinsi tra le braccia e continuai a sorridere per tutta la notte.

 

 

“Lei non sta con te
Caro amico no non c'è
Nessun dubbio che
Ha capito tutto”

 

 

Il mattino dopo mi precipitai in stanza per cambiarmi, ero nel panico più totale, dentro fremevo all’idea di rivederlo, di sentirmi il suo sguardo bruciarmi addosso, volevo piacergli, perché poi? Non dovevo allontanare gli umani da me? In crisi più totale, pensai di bussare alla porta di Alice, la quale non mi diede neanche il tempo di farlo, che subito mi aprì, m’afferrò per un braccio e mi trascinò dentro “Che ne dici di questa?” e tirò fuori dall’armadio una gonna scozzese con tanto di pieghe, la poggiò sul letto “Questa ci sta bene su”disse poi gettandomi addosso una camicetta bianca di raso “Sembrerai una studentessa seria” rise “Ma gli piacerai da impazzire” e sorrise, io mi sentii tramortire dalle sue parole “Non avere paura” sussurrò abbracciandomi “E’ così bello innamorarsi” tremai e mi distaccai di poco da lei “Cos’hai detto?” sorrise di nuovo  dolcemente e mi carezzò una gota “Bella…Edward è quello che si dice <>, il suo sangue scorre per te, ma non è quello il punto. La sua anima è tua e questo vale anche per lui, vi appartenete da sempre. Due metà della stessa mela, sorellina. E ora vi siete incontrati” la testa cominciò a girarmi vorticosamente “Ma…ma come posso amare un umano? E soprattutto com’è possibile se è solo da un giorno che lo conosco?” Alice ridacchiò divertita, evidentemente il mio smarrimento le suscitava ilarità “Bella, ho appena detto che siete due anime gemelle…basta uno sguardo e ci si riconosce. Dimmi: ti sei persa nei suoi occhi?” annuii “Hai sentito come se nel petto il tuo cuore si risvegliasse?” annuii nuovamente “Hai provato l’irrefrenabile impulso di essere tra le sue braccia e baciarlo?” mossi impercettibilmente la testa avanti e indietro, il mio sguardo fisso nel vuoto “Ecco: l’ami! Non impedire a questo sentimento di scorrerti dentro, Bella. Tanto in ogni caso, sarà più forte di te!” e se ne andò, lasciandomi sola.

In macchina non spiccicai parola, Emmett  provò a farmi ridere senza risultato, li sentivo parlottare, ma la mia mente era lontana. La verità delle parole di Alice mi fece paura, come dovevo comportarmi? Edward era un umano e se lei si sbagliava? Se in realtà lui non provava quello che nutrivo io nei suoi confronti? Tremai, ma perché io cosa provavo?

Persa nei meandri della mia mente, non m’ero accorta che eravamo giunti a destinazione, scesi dall’auto, guardandomi i piedi, ma due dita sul mio mento, tirarono verso l’alto il mio viso “Bella, guarda dritto davanti a te” feci come mi aveva detto Alice e vi trovai Edward che mi fissava con occhi sbarrati. Immediatamente il mio corpo s’irrigidì e il petto cominciò a far male. Strinsi la camicia all’altezza del petto in cui, tempo addietro, batteva il cuore e continuai a guardare Edward. Tutto intorno era sparito, c’eravamo solo noi, i nostri occhi riflessi gli uni negli altri…

 


“E sarà un amore
Anche se ancora non lo sai
Ma in tutti gesti e le parole
Ora senti che si ferma il cuore

Senza più il rumore della gente intorno a te
Ed il passare delle ore che va via
In compagnia”


Le sue labbra carnose si piegarono in un sorriso sghembo, così irresistibile da farmi tremare. Un leggero vento cominciò a soffiare, trascinando con sé la mia gonna e i miei capelli, il mio sguardo s’addolcì quando Edward si avvicinò a me sussurrandomi “Non avrai freddo vestita così?” e si scostò di poco per scrutarmi dall’alto verso il basso”Sei…sei a dir poco bellissima” e incatenò i suoi smeraldi ai miei occhi dorati. Scosse la testa poi “Ci vediamo a mensa, mi piacerebbe che pranzassimo insieme, ti va?” domandò teso. Non risposi, bloccata e spaventata da quella proposta inaspettata, lui pensò si trattasse di un rifiuto e porgendo le mani in avanti disse:”Non ti preoccupare, se non ti va non sei costretta a farlo” fece per andarsene, ma lo fermai, prendendolo per un braccio, Edward si voltò sconvolto, probabilmente il gelo delle mie mani lo aveva particolarmente colpito “Si” sussurrai fioca, lui corrucciò la fronte “Si, cosa?” “Accetto l’invito”sorrisi e poco dopo anche lui espresse il suo piacere tramite un sorriso.

Mi accomodai nell’aula di letteratura straniera e subito venni assalita da mia sorella Alice, la quale mi prese per una mano e la strinse forte, i suoi occhi luccicavano “Sono troppo felice per te!” quasi urlò “Shh, Alice ma che ti prende?” sbuffai “E’ un pranzo, che sarà mai?Anzi a dirti il vero non so neanche io perché ho accettato” mia sorella alzò gli occhi al cielo e scosse la testa “Bella sei incorreggibile. Non ti pentirai della tua scelta, gli altri possono anche essere titubanti, ma sappi che hai tutto il mio appoggio” “Gli altri?” chiesi timorosa “Rosalie non vuole, teme che se succede qualcosa, saremmo costretti a partire, Emmett è stranito, ma non contrario e Jasper, beh lui ha paura per te” “Per me?” domandai inarcando un sopracciglio“Può non sembrare, ma ci tiene molto a te e non vuole che soffri per scelte sbagliate, ma io l’ho rassicurato dicendogli che tutto quello che farai sarà per amore…” ammiccò. Seguire le lezioni fu un tormento, pensavo continuamente a lui, come potevo sentirmi così coinvolta da una persona che neanche conoscevo? Era la prima volta che avvertito sensazioni del genere, mai nessuno aveva suscitato in me metà delle emozioni che provavo quando incontravo il sorriso di Edward o i suoi occhi. Rabbrividii quando la campanella segnò la fine delle lezioni. Mi alzai piano dalla sedia e con la stessa lentezza mi recai alla mensa. Prima di entrare, mi bloccai, inspirai pur non avendone bisogno, poi la mia mano si posò sulla maniglia e in unico e rapido movimento fui dentro. Mi guardai attorno spaurita, fuori diluviava e tutti gli studenti s’erano ammassati a mensa, sarebbe stato difficile individuare Edward. Sentii già la tristezza farsi largo dentro di me, quando d’improvviso, un fischio attirò la mia attenzione; mi voltai immediatamente verso la fonte sonora e vi trovai Edward, mi lasciai andare ad un sorriso e mi incamminai verso il tavolo dove si trovava lui.

“Pensavo non saresti venuta” mi disse non appena mi accomodai “Perché pensavi una cosa del genere?”mormorai dando involontariamente, un tono sensuale alla mia voce, lui s’immobilizzò, spalancando gli occhi “Ehm…non saprei” rise, passandosi imbarazzato una mano tra i capelli “Qualcosa non va?” chiesi maliziosa “No, no tutto apposto” accompagnò la voce con un gesto delle mani “Come sono andate le lezioni oggi?” domandò curioso “Abbastanza bene, non sono molto in vena” “Come mai? Non hai dormito stanotte?” sussultai, se avesse saputo che l’avevo spiato, mi avrebbe sicuramente presa per una maniaca. “Ho riposato male, diciamo così” sorrise “Io ho pensato tutta la notte, non riuscivo a dormire” mi fissò in modo strano e tremai sotto il suo sguardo “Sono curioso. Narrami di te. Si parla molto della famiglia con cui stai, i Cullen, ma tu non porti il loro stesso cognome” perspicace il ragazzo “E’ una storia lunga…” “Ho tutto il tempo di questo mondo” un sorriso incoraggiante comparve sul suo viso, possibile mai che sentissi il bisogno vitale di parlare con lui?

 

“Parlagli di te
Non aver paura di
Dire quello che
Hai nell'anima”

 

“Beh, un anno fa mi sono trasferita da mio padre nella piccola cittadina di Forks per permettere a mia madre di seguire il suo nuovo marito nei vari spostamenti causati dalla sua professione” “Che mestiere fa?” chiese Edward interrompendomi “Gioca a baseball, ma cambia spesso squadra” “Capisco. Scusa, scusa prosegui. Ascolterò in silenzio” mi fece l’occhiolino “Dicevo…arrivata a Forks, dopo tre mesi ho avuto un problema di salute che ha spinto il medico che mi ha avuto in cura, Carlisle Cullen, ha portarmi in isolamento lontano da quella cittadina. Tornata a casa, ho frequentato l’ultimo anno di scuola e poi ho deciso di seguire la famiglia Cullen in questo college. Nel periodo della malattia, loro mi sono stati tutti molto vicini, sono diventati una specie di seconda famiglia…questo è quanto” per tutto il tempo in cui mi ero cimentata nel raccontare la mia storia, omettendo il piccolo particolare della mia vera natura, Edward mi aveva fissata intensamente, poggiando il mento sulle sue mani e ascoltandomi attentamente. “Non era poi difficile da seguire” rise, mi accigliai e lui, notando il mio cambio d’espressione, s’affrettò a chiarirsi “Scherzavo. Questo Carlisle deve essere una gran brava persona” “Oh si lo è. Ha tutta la mia stima e la mia ammirazione” “Come lo invidio” sussurrò Edward “Scusa?” feci finta di non aver capito “Nulla, nulla”arrossì di botto “E tu invece? Ora la curiosa sono io. Chi sarà mai questo Masen” dissi ridacchiando, lui spalancò la bocca e rise insieme a me “Non ho una storia interessante” “Lascia giudicare me…” annuì “Comincio col dirti che io non sono originario Americano, sono nato a Londra 18 anni fa, ho trascorso lì la mia infanzia, poi mio padre ha trovato lavoro qui a Vancouver come programmatore di Pc e insieme a tutta la famiglia, ci siamo trasferiti in questa città. Ricordo pochissimo della mia città natale, ho solo come l’impressione di portare i suoi profumi sempre con me, so di per certo che amavo i suoi colori e odori. Li ho impressi nella memoria” chiuse gli occhi come se volesse rievocare qualcosa, quando li aprì mi regalò un’emozione mai sentita. Mille pagliuzze colorate si stagliavano con eleganza nelle sue iridi e mi irradiavano di una luce nuova, intensa, profonda che mi faceva star bene. “Vivo a un quarto d’ora dal college, in una casa al limitare del bosco, poco lontana dalle ville dei migliori avvocati e manager della zona. All’epoca, non c’erano tutte quelle costruzioni, eravamo da soli e si stava bene. Ai miei genitori non piaceva attirare l’attenzione, erano persone modeste e poco mondane, io sono molto simile a loro e sono contento di essere stato educato in un certo modo. Mio padre era severo, infondo era stato allevato da un generale dell’esercito inglese, ligio al dovere. Non ho mai conosciuto mio nonno, ma dai racconti di mio padre traspariva tutto il rispetto ma anche la paura che provava nei confronti della sua persona” sospirò “Scusa ti sto annoiando” sobbalzai “No, assolutamente. Mi fa piacere ascoltare la tua storia, ti prego continua!” lo incitai con la mano, lui sorrise “Mia madre invece, era di una dolcezza straordinaria” “Perché ne parli al passato?” il suo sguardo s’incupì, chinò il capo e poi diresse i suoi occhi fuori dalla finestra, rimirando il paesaggio tormentato dalla tempesta “Due anni fa, un’auto l’ha investita mentre attraversava la strada. Non s’è fermata al semaforo. È morta sul colpo, perlomeno non ha sentito dolore” io mi sentii improvvisamente triste, tramortita da quel dolore che lui si portava dentro “Scusami. Sono stata indelicata, se non ti va di parlarne, lascia stare” sussurrai mordendomi il labbro inferiore. Lui fece cenno di no con la testa e mi sorrise ancora una volta “Mi viene naturale parlarne con te…mi fa sentire…bene” sussultai a quelle parole, io lo facevo stare bene? Assurdo, solitamente le nostre prede inconsapevolmente, erano intimorite da noi, lui invece no. “Sono lieta di ciò” “Parlavo di mia madre…papà diceva che somigliavo tanto a lei, ho i suoi occhi, le sue labbra, i suoi capelli. Portava il tuo nome, Bella. Si chiamava Isabella Ahern e sai a volte mi sembra di leggere nei tuoi occhi, la sua stessa luce” spalancai gli occhi “Non spaventarti, non voglio che scappi da me” mosse la sua mano sul tavolo alla ricerca della mia, quando la trovò la strinse. Non si mosse quando il gelo lo invase, il suo sguardo restò incollato al mio “Da quando lei è morta, mio padre ha smesso di vivere. Per un periodo ho dovuto fare tutto da solo, mio padre si era invaghito di una prostituta. Diceva che era l’incarnazione della mamma e il suo compito era salvarla e riportarla a casa. È stato atroce vederlo ridursi a niente” “Ora come sta?” la mia voce tremò “Si sta riprendendo, ha ricominciato a lavorare, a vivere…ma la mancanza di mamma ha lasciato un vuoto enorme in entrambi””Mi spiace Edward…mi vergogno profondamente, sai? Hai sofferto tanto e mi sento scioccia a volte a piangermi addosso per quello che mi succede” evitai accuratamente il suo sguardo “Bella” mi chiamò, voltai il viso verso di lui, sentendomi avvampare di calore, pur non avendo sangue che mi scorresse nelle vene “Non voglio che tu prova pena per me. Ti ho raccontato di me, perché sento di doverlo fare. Mi fido di te. È assurdo, ma è così. Non ti conosco, ma dentro sento come se tu…” si fermò, scosse il capo “Lascia perdere. È meglio andare, le prossime lezioni stanno per avere inizio” mi guardai intorno e mi accorsi che eravamo rimasti solo noi.

Ci alzammo e ci dirigemmo nelle nostre rispettive aule…

 

“E sarà un amore
Sarà come lo vorrai
Avrà parole sempre nuove
Giorni intere da passare insieme
Occhi innamorati negli abbracci che darai
Nel sole di quei pomeriggi senza età”

I giorni passarono e pranzare con Edward era diventata un’abitudine, stavo sempre bene in sua compagnia, mi stava letteralmente cambiando la vita.

Una mattina fischiettavo contenta, mentre mi sistemavo il maglione blu, quello preferito da Edward. Aveva detto che quel colore mi donava tantissimo. Mi presi il volto tra le mani e scossi la testa a destra e a sinistra “Sto uscendo pazza” “Oh ce ne siamo accorte” disse una vocina alle mia spalle. Saltai quando vidi Alice “Ma sei tu?” dissi mettendomi una mano sul petto “E chi credevi che fosse? Sei talmente presa di quel ragazzo che non t’accorgi neanche di noi” sbuffò facendo la finta irritata “Scusa, scusa” le saltai al collo “Sono troppo felice, non pensavo che l’amore facesse questo effetto. Edward è straordinario, è simpatico, dolce e…” “E presto si dichiarerà” sorrise soddisfatta. Io mi irrigidii “Oddio quando?” “Un sabato…ma debbo dirti un’altra cosa…” la sua espressione cambiò “Presto dei nomadi arriveranno in città…cominceranno ad uccidere e molto probabilmente sono gli stessi che ti hanno morso”sbarrai gli occhi terrorizzata. Cominciai a tremare, Alice mi afferrò per le braccia e sentii poi altre due mani stringermi; nel vetro dello specchio scorsi Jasper, cercava di placare il mio dolore. Una serie di immagini confuse si stagliarono nella mia testa, facendomela girare. Ricordavo la radura, una botta in testa e tre figure bellissime, due uomini e una donna che mi guardavano sogghignando. Il biondo s’era fiondato su di me e dopo avermi bloccata gambe e braccia, mi aveva morsa, poi qualcosa li aveva spaventati e allontanati.

Mi ridestai da quei ricordi e mi strinsi ai miei fratelli, frignando “Andrà tutto bene. Devi solo stare attenta a Edward” “Perché?” “L’ho visto essere uno di noi…” terrorizzata strattonai Alice “No, no, non può essere. Chi, chi…?” “Tu!” mi bloccai di colpo “Non temere, Bella. Lui è destinato a stare con te per sempre, io l’ho visto!” “Io non posso trasformarlo, non posso privarlo della sua vita. Ha già sofferto a sufficienza, suo padre poi resterebbe solo…no, no, ti sei sbagliata” Bella, Bella” Jasper mi tenne ferma “Se non lo morderai tu, ci penseranno i nomadi” detto questo mi trascinarono fuori.

Ormai avevo deciso che avrei evitato Edward, non volevo metterlo in pericolo, quindi meno stavamo insieme, più possibilità aveva di sopravvivere. Fu tremendo ricevere i suoi sguardi interrogativi, non rispondere quando mi chiamava. Fu la giornata più lunga di tutte e quella sera non resistetti all’impulso di andare a casa sua. Nessun rumore, nessun cuore che batteva. “Ma dov’è?”, lo cercai anche nello spazio intorno la casa, ma niente, di Edward non c’era traccia. Preoccupata sperai che i nomadi non fossero arrivati ancora, mi accucciai sotto ad un albero e aspettai impaziente che si facesse vivo.

“Bella che ci fai qui?” sussultai quando la sua voce giunse alle mie orecchie “Edward” mi guardò perplesso “Fa freddo, ti va di entrare?” non avrei dovuto accettare, ma ero troppo presa da lui e preoccupata per rifiutare un simile invito. Ci accomodammo sul divano in salotto e ci fissammo a lungo “Perché mi hai evitato oggi?” chiese duro, scostante, quel suo tono di voce mi trafisse il petto, lacerandolo. Abbassai lo sguardo “Io non sono la persona adatta a te, potrei farti del male e non voglio che accada” si alzò e si avvicinò al camino acceso “Come puoi dire una cosa del genere? Fino ad ora mi hai fatto solo del bene, non t’accorgi di quanto io mi senta sereno standoti accanto?” mi prese le mani “Sei splendida, molto di più di questa luna stasera. Bella, tu sei tutto per me, sarei il ragazzo più felice del mondo se permettessi alla tua candida luce di illuminarmi la vita” se fossi stata umana avrei potuto piangere e il cuore si sarebbe divertito a danzarmi nel petto “Esci con me sabato! Non mi rifiutare, permettimi di dimostrarti che ti sbagli. Se va male, allora avrai avuto ragione tu e ti lascerò in pace” ancora una volta, annegai nei suoi occhi e quando mi sorrise sghembo non seppi resistere e come un automa, annuii.

Il sabato arrivò presto, ero eccitata, Alice aveva detto che si sarebbe dichiarato…cosa gli avrei risposto io? Potevo io stare insieme ad un essere umano? Sbuffai nervosa, quella situazione mi destabilizzava, volevo solo essere felice, cosa c’era di sbagliato? Odiavo chi mi aveva ridotto in quello stato…

Toc, toc “Si?” ”Bella, il tuo cavaliere è arrivato!” disse Esme, quando le fui dinanzi mi abbracciò “Sei bellissima. Divertiti, figliola”. Per l’occasione, Alice era voluta andare a fare shopping e mi aveva fatto acquistare un vestito che arrivava a malapena alle ginocchia, con scollo a barca, sopra un copri spalle panna. Scesa in salotto, avvertii tutti gli sguardi addosso, un coro di sorpresa proruppe sulle bocche dei maschi Cullen, Rosalie mi guardò ammirata, sapevo quanto le costava. Le rivolsi un’occhiata veloce e le sorrisi, Alice mi venne incontro “In bocca al lupo”. Mentre stavo per chiudere la porta, Emmett gridò:”Mi raccomando, Bells, dacci dentro, ma non fargli troppo male” mi voltai e gli ringhiai contro, facendolo ridere.

Arrivata alla sua auto, Edward scese e mi scrutò rapito “Sei strepitosa” disse aprendomi la portiera per farmi accomodare “Grazie”. Una volta dentro, mise un cd di musica classica che mi rilassò tantissimo “Ti piace la musica suonata a pianoforte?” “Da morire” “Bene, allora penso proprio che la serata sarà di tuo gradimento” ammise convinto “Dove mi porti?” “E’ una sorpresa” ammiccò.

Dopo una mezz’oretta di viaggio, arrivammo in una piazzola, dove aleggiava un enorme hotel “E’ abbandonato da anni, vengo qui ogni volta che mi va di starmene lontano da casa, è diventato il mio rifugio” parcheggiò l’auto e insieme ci accomodammo nell’imponente costruzione.

Nella sala che si presentava ai nostri occhi, vi erano dei vecchi divani, un tavolo di vetro adornato con due candelabri…il legno scoppiettava nel camino e un pianoforte a coda era posto alla fine della stanza “Oh Edward ma…” “Ti piace?” “Moltissimo” “Allora prego Madame, s’accomodi, lo spettacolo ha inizio” ero piacevolmente sorpresa, nessuno aveva mai fatto tanto per me. Edward mi rendeva davvero felice. Passò tutta la sera a suonare, io mi accoccolai sul divano e l’ascoltai in silenzio, commossa per quanto quelle melodie mi entrassero dentro. Lui le sentiva sue e traspariva da ogni poro, l’amore che provava per la musica, un amore che stava trasmettendo anche a me.

Quando smise di suonare, mi alzai e lo applaudii, lui riaprì gli occhi e mi sorrise felice “Complimenti Edward, sei eccezionale. Suoni divinamente…mi hai regalato sensazioni uniche. Non ho parole per esprimerti tutta la mia ammirazione…” si avvicinò piano e quando mi fu davanti mi prese le mie mani e le avvolse nelle sue “Merito tuo, sei tu ad ispirarmi una tale perfezione nel suonare…Bella, credo di essermi innamorato di te. Anzi non credo, sono certo dei miei sentimenti. Ti va di diventare la mia ragazza?” quelle parole scatenarono in me una pioggia improvvisa di emozioni, vibrai quando la sua mano si posò sul mio viso “Io…io…” balbettai improvvisamente incapace di parlare. Deglutii rumorosamente e chiusi gli occhi cercando di recuperare un minimo di dignità “Edward” soffiai “Credo proprio di amarti..” spalancai gli occhi e mi fossilizzai nei suoi, lui sussultò “Quindi…si: voglio essere la tua ragazza”. Vibrai quando avvicinò la sua fronte alla mia e quasi svenni quando le sue labbra si posarono sulle mie. Mi baciò delicatamente, come fossi porcellana, io feci leva su tutto il mio autocontrollo per non fargli male. Quando ci staccammo, entrambi eravamo provati e sconvolti per quel bacio. Il suo sguardo sincero mi ricordò un piccolo particolare: ero una vampira. Triste, abbassai la testa verso il pavimento “Bella cos’hai?” domandò lui preoccupato. Mi staccai e mi diressi verso la finestra. Fuori imperversava un temporale, fulmini e tuoni squarciavano il cielo “Edward…io ho un segreto” s’avvicinò a me “Ognuno di noi porta dentro di sé un segreto, non sarà certo questo ad impedirmi di amarti” “No, no, non capisci” dissi scuotendo il capo “E’ qualcosa più grande di entrambi e non voglio che ti rovini la vita per me. Anzi probabilmente scoprendolo, scapperai a gambe levate” “Che sarà mai?” chiese sarcastico “Sei carnivora e ti piace la carne umana?” rise, io non mi mossi e lo fissai. Vedendomi impassibile, mi scrutò, proprio in quell’istante un lampo illuminò la stanza, focalizzandosi su di me, lui sobbalzò spaventato “Bella?” “Ci sei andato vicino Edward…” “Che…che vuoi dire?” tremò “Io sono una vampira” un tuonò ruppe il silenzio calato tra noi. Mi sedetti sul divano, lasciandolo impalato alla finestra, fissai dritto avanti a me e cominciai a parlare “Ti ho mentito. Io non ho contratto una malattia contagiosa mentre ero a Forks. Mi trovavo in una radura, posto dove mi recavo sempre per riflettere, quando tre vampiri mi hanno attaccata ed uno di loro mi ha morsa. Sono stati i Cullen a salvarmi. Sono vampiri anche loro” lo guardai, Edward era rimasto fermo nella sua posizione “Ma siamo vegetariani, non ci nutriamo di sangue umano, ma di quello animale. A volte è difficile resistere, ad esempio con te…” sospirai “E’ complicato. Il tuo sangue canta per me, Alice dice che sei <> e che siamo destinati a stare insieme…ma siamo così diversi ed io non voglio assolutamente condannarti ad una vita come la mia” mi coprii il volto con le mani. Gli avevo confessato la verità, egoisticamente mi ero pentita, perché questo significava averlo perso per sempre ed io non ero pronta a ritornare ad una vita vuota e apatica, rinunciando a ciò che mi completava.

D’un tratto percepii il calore e il profumo di rosa del suo corpo, davanti a me, sussultai quando mi chiamò a sé “Bella guardami!” feci come mi aveva detto e dal suo sguardo non traspariva paura “Non m’importa di ciò che sei. Io voglio amarti!” sussurrò ad un centimetro dalle mie labbra. “Stai con me Bella, ti scongiuro” mi pregò chinandosi ai miei piedi “Edward, non hai paura?” “No, ti ripeto che non m’importa che tu ti ciba di sangue animale, quello che io ho visto in queste settimane, è una ragazza dolce, determinata, divertente e me ne sono perdutamente innamorato. Alice non ha torto: io e te siamo legati. Da quando ti ho vista la prima volta, ho provato un moto di dolore dentro, un miscuglio stranissimo di sensazioni carezzevoli si sono alternate nel mio cuore. Ti ho vista e riconosciuta come la mia anima…” “Per me è stato lo stesso” mormorai rapita “Ho recepito immediatamente un’attrazione inspiegabile nei tuoi confronti. Il tuo sangue era come un richiamo per me, poi però tu mi hai travolta col tuo modo di fare, la tua personalità. I tuoi occhi Edward, sono pozzi profondi dove amo perdermi, non riuscirei a stare un solo secondo lontana da te” scossi la testa sconvolta dalle mie stesse parole. Parole proferite senza alcun controllo. Lui sorrise e mi accarezzò una gota “Voglio far parte della tua vita” “A costo di rischiare la tua?” annuì “Sei un pazzo, Edward Masen” “Si, di te, Isabella Swan” e ridemmo.>>

Sorrisi a quel ricordo, quel giorno aveva segnato la sua vita ed io ero stata tanto sciocca da credere che avrei potuto difenderlo dalla mia mostruosità. Tremai per la rabbia e strinsi i pugni. Aveva iniziato a nevicare e la gente attorno a me, correva frenetica cercando un riparo. Meglio così, sarei rimasta sola col mio tormento. Mi fermai dinanzi ad una vetrina di attrezzi sportivi e ringhiai alla vista di un cappellino bianco e nero simile a quello che portava Edward il giorno in cui l’avevo morso. Esme e Carlisle avevano provato a convincermi che era stato necessario per salvarlo da una morte certa, ma io non ne ero convinta…

<<“Edward perché hai messo questo cappellino da baseball?” chiesi curiosa “Ma come Alice non te l’ha detto?” scossi la testa in segno di dissenso “Emmett mi ha sfidato a giocare a baseball!” “Emmett ha fatto cosa?” gridai “Quello scimmione se lo prendo lo stritolo con le mie mani” ringhiai fuori di me “Ma no, Bella, tranquilla, non ha fatto nulla” “No, Edward, tu non ti rendi conto. Siamo più forte di te, se non stiamo attenti possiamo spezzarti semplicemente toccandoti con un dito!” “Calmati Bella, farò da spettatore, se questo può farti stare più tranquilla” “Decisamente” sorrisi. “Ehilà Edward” urlò Emmett mentre scendevamo le scale“Pronto per la sfida?” “Mi sa che passo. La tua sorellina teme per la mia incolumità” rispose sarcastico “Mollaccione, ti fai comandare da una donna?” sospirò “Devo insegnarti tutto io, caro fratellino? E ora con chi mi divertirò?” “Pensa a vincere, invece di fare lo sbruffone” lo riprese Rosalie “Donna, zittisciti!” rise come un pazzo, mentre Rosalie lo colpì con la mazza da baseball “I soliti” roteai gli occhi al cielo, mentre Edward cominciò a ridere come un matto. Purtroppo la partita non si poté giocare, perché non appena mettemmo piede fuori casa, tre vampiri, ci ostacolarono. “Salve” disse quello dai capelli nero corvini e gli occhi rosso sangue “Avevamo captato la presenza di gente della nostra razza, ma non ne avevamo la certezza” “Benvenuti a Vancouver” rispose tranquillo Carlisle “Noi ci siamo trasferiti qui da poco e vorremmo restarci, per questo vi preghiamo di cacciare in qualche altra zona, se vi è possibile” “Oh ma certamente. Non pensavamo che il territorio fosse rivendicato, lasceremo immediatamente la zona, vero James?” “Certamente Laurent. Ma prima vorrei che mi toglieste una curiosità” il biondo puntò il suo sguardo su di me e tremai. Un flashback mi colpì e la mezzaluna sul mio collo pulsò fortissimo, al punto da farmi crollare a terra dolorante “Bella che succede?” Edward mi afferrò per la vita “Il morso, il morso” gridai in preda agli spasmi. Un risata riecheggiò nell’aria e gli occhi di tutti noi si diressero verso il vampiro biondo “Sei la mocciosetta che ho morso a Forks, vero? Hai un buon profumo anche da vampira..” tentò di avvicinarsi, ma Edward si parò dinanzi a me “Non permetterti di toccarla, dovrai vedertela con me altrimenti” “No, Edward non…” mi bloccai ansimando per il dolore “Sciocco! Sei un umano…mmm e debbo dire che sei della migliore qualità. Mi sa che sarai tu a placare la mia sete” partì veloce e si scagliò su Edward, ma Emmett si frappose tra loro, ciò scatenò l’ira della donna e di Laurent. Ebbe così inizio una battaglia, alla quale io non ebbi la forza di partecipare. Esme trascinò me e Edward in un angolo e ci pregò di rimanere fermi. Edward mi teneva tra le sue braccia e mi cullava, dandomi piccoli bacetti sulla fronte, sul viso, sul collo “Calmati Bella, calmati!” “Io..io devo combattere con loro. Non posso permettere che si mettano in gioco per me…” sussurrai tentando di alzarmi. Edward provò ad afferrarmi ma io fui più veloce di lui e mi gettai nella mischia, non accorgendomi che Edward mi aveva seguita. Me lo ritrovai alle spalle “Va via!” gridai emettendo un sonoro ringhio “Non è posto per te” lessi il terrore nei suoi occhi, dovevi apparirgli mostruosa e quell’immagine di me riflessa nei suoi occhi si riversò catastroficamente sul mio “ego” e mi immobilizzò. Tornai in posizione eretta e lo fissai, mentre attorno a noi regnava il caos, quando poi dietro Edward comparve James, i miei occhi s’accesero “Noooo”. Il vampiro lo afferrò per il collo e lo gettò per aria, sogghignando “Cos’è, ti sei invaghita di un umano?” e si diresse ancora verso di lui. Edward tentò di alzarsi, ma un dolore alla testa lo costrinse a restare per terra. Si toccò la nuca e un grumo di sangue gli sporcò la mano, spaventato si guardò attorno, poi James gli fu addosso “Cosa credevi di fare stupido umano. Non puoi niente contro la forza di un vampiro” e gli stritolò entrambe le braccia “Aaaaah! “ gridò lui dolorante “Lascialo stareeeeeeeeeeeeee!” urlai buttandomi su di lui e rotolammo entrambi  per terra. Rivolsi i miei occhi ad Edward, il quale era svenuto, i suoi vestiti erano completamente lacerati e il suo corpo ricoperti di ferite, mi sentii morire e tutta la mia rabbia la espressi sul vampiro sotto di me. Un ringhio acuto proruppe sulle mie labbra, le quali divorarono avide il collo di James, strappandogli la pelle. Mi fermai solo quando Carlisle e Alice mi strapparono via da lui e provarono a calmarmi. “Bella, Bella, calmati. Ora devi pensare ad Edward” girai immediatamente il capo di lato e corsi da lui, lo presi tra le braccia e quando poggiai l’orecchio sul suo petto, l’assenza del battito cardiaco fu un assordante silenzio. Tremai “Carlisle, non respira più, ti prego fa qualcosa, riportalo in vita, ti supplico” lo alzai da terra e lo tenni tra le mie braccia, mentre frignavo. Il suo berretto cadde e il vento lo trascinò via “Edward non mi lasciare, io ho bisogno di te!” “Devi morderlo, è l’unico modo che hai…” “No, non posso…” “Non si tratta di potere o meno, se lo vuoi vedere ancora devi farlo diventare uno di noi” suggerì Carlisle “Non hai molto tempo” mi strattonò Alice “Io l’ho visto…è la cosa più giusta da fare, credimi” i miei occhi navigarono sul viso di Edward, lo posizionai nuovamente in terra, gli accarezzai una guancia “Scusami, amore mio.” Chinai il capo e posizionai le mie labbra sul suo collo, inspirai e affondai i miei denti nella tenera carne. Succhiare il suo sangue fu assolutamente straziante, il suo sapore era molto di più di quello che avessi immaginato, fu difficile fermarmi e quando mi staccai, vederlo immobile fu un pugno in pieno viso, lo lasciai alle cure amorevoli di Carlisle “Addio…Edward” e scappai via…>>

 

“Ma fai attenzione
È facile farsi del male
Anche se non si vuole
Quando è l'inizio di un amore”


E ora ero in uno dei tanti vicoli bui di Vancouver, la neve continuava a cadere, erano tre giorni che non tornavo a casa. Non mi ero mai allontanata dalla città, probabilmente perché inconsciamente volevo sapere quando Edward si sarebbe svegliato, ma allo stesso tempo, non sopportavo l’idea di rivedere la persona più importante della mia vita soffrire e diventare come me; non avrei retto al dolore che lo avrebbe colpito quando, una volta sveglio, si sarebbe reso conto dell’accaduto. “Mi odierà…” non facevo che ripetermelo, “E come neonato non farà che pensare al sangue, dimenticandosi di me” strinsi i pugni e mi inginocchiai ai piedi di una grande scala. La notte era calata, ero sola in quel vicolo, sola con i miei sensi di colpa; mi avvolsi nelle braccia e mi cullai. Da quando Edward non era più in vita mi sentivo totalmente persa, nulla aveva più senso…un rumore interruppe i miei pensieri. Un profumo, quel profumo saturò l’aria attorno a me, immediatamente alzai la testa e mi girai verso la fonte di quell’odore, la mia vista acuta mi permise di scrutare una figura alta, muscolosa che si stava incamminando verso di me. Quando fu vicino sussultai, i suoi occhi rossi guizzarono nei miei, le mie mani strinsero la neve gelida e la mie labbra si serrarono “E-E-Edward…sei tu?” soffiai, sapevo che poteva sentirmi. Non rispose, continuò a guardarmi. Dinanzi a me, c’era l’unica cosa bella di tutta la mia vita, il suo sguardo truce e rabbioso mi ferì, ma infondo dovevo aspettarmelo. Mi alzai, ma non fui capace di avvicinarmi a lui, mossi un braccio e lo diressi verso Edward, lui lo guardò “Isabella…” udire la sua voce fu assurdo, sembrava cantasse, il mio nome somigliava quasi al cinguettio di un uccello “Ora sono come te, un neonato” “Non dovresti essere qui, ci sono gli umani, non sei in grado di resistere!” ringhiai, lui rise e ancora una volta, mi stordì “Sempre a dirmi quello che devo fare, eh?” mi trafisse con gli occhi “Sono lieto di essere un vampiro” “Ma che dici?” “E’ così, ora sono guarito dalla mia cecità…” corrucciai la fronte allibita “Ti vedo per quello che sei…” tremai “E se mi detestasse, se non gli piacessi più?” Chinai il capo e chiusi gli occhi. L’avevo perso per sempre…”Sei ancora più bella di quanto ti ricordassi” alle sue parole riaprii gli occhi, sentendo il suo corpo a poche spanne da me. Lo scrutai incredula “Cosa credi? Che non t’ami più?” sghignazzò “Bella, come potrei…” mosse piano la sua mano sul mio viso, facendomi vibrare “In questi tre giorni di agonia, non ho fatto che sperare di risvegliarmi e ritrovarti accanto a me, Bella. Ma oggi quando finalmente il mio desiderio si è avverato, tu non c’eri e non immagini quanto sia stato difficile da digerire. Ho visto nella mente di tutti, ciò che era successo, anche le tue parole, la tua fuga…” sobbalzai “Hai visto nelle loro menti, che significa?” “Che ho un potere come te…leggo nella mente delle persone, ma a quanto pare nella tua no, il tuo scudo protegge i tuoi pensieri” ne fui lieta “Bella” mi prese le mani e le avvolse nelle sue “Tu sei tutta la mia vita e se sto resistendo all’impulso di gettarmi addosso agli umani che sono alle nostre spalle, è solo perché non ho che te nella testa. Tutto ruota attorno a te, sei la mia anima e ora che ti ho trovata non voglio perderti” alitò sul mio viso “Oh Edward” sussurrai. Pochi movimenti e ci ritrovammo avvinghiati l’uno all’altro. Un bacio per nulla casto…desiderio, passione, rabbia, amore...Edward si staccò da me “Torna a casa con me…” annuii. Mi prese per mano e insieme corremmo verso il bosco.

E il destino aveva fatto il suo corso: due anime antiche e pure, costantemente alla ricerca di loro stessi, si erano congiunte, finalmente trovavano la pace nella fusione dei loro ansiti, dei loro corpi e del loro eterno amore…

 


“Lui non sta con te
Cara amica timida
Lei non sta con te
Ma un amore nuovo c'è”

   
 
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