“L’inevitabilità
del destino”
Ti Amo…
Sussurro al vento
Il tuo nome…
E l’eco di questo amore
Torna indietro
Come un boomerang
Mi trapassa il petto,
riducendo il mio corpo
a brandelli.
Ti Amo…
Nonostante il male
Che mi fa
Continuo imperterrita
A coltivare questo fiore,
innaffio il suo terriccio,
gli parlo per non farlo sentire solo,
provo a ripararlo
dalle intemperie
del mondo.
E’ da me che non riesco
A proteggerlo.
La voglia di strapparlo
Via
È forte.
Non posso amarti,
non posso volerti.
Tutto ciò è sbagliato.
Ma Ti Amo…
E questo niente
Lo cambierà.
Neanche io…
Quando mi ero trasferita da papà, avevo pensato di fare una favore non solo a mia madre, ma anche a mio padre; infondo così facendo, permettevo a Renée di seguire tranquillamente il nuovo marito nei suoi mille trasferimenti e Charlie, mio padre biologico, poteva godere della mia presenza e del mio prezioso aiuto in cucina, visto che era un completo disastro. Risi tra me e me, mentre camminavo persa nei miei pensieri, in una delle tante grandi strade di Vancouver. Perché ero arrivata fin lì, non lo sapevo con precisione, come se a muovere i miei passi, fosse stato qualcun’altro. Probabilmente la voglia di scappare, di isolarmi per qualche ora e allontanare dalla mia testa le assurdità che mi stavano sconvolgendo la vita, avevano avuto il sopravvento sul resto…e mi fermai, spalancando gli occhi; avvertii subito l’irrefrenabile impulso di piangere, pur non potendo: ”quel resto” ora non era altro che tutto ciò che realmente avrei voluto e che egoisticamente avevo strappato alla vita, senza chiedere permesso.
“Non posso” mi dissi, prendendomi la testa tra le mani e facendola oscillare da desta a sinistra in movimenti rapidi “E’ sbagliato, Bella, è dannatamente sbagliato quello che hai fatto!” il senso di colpa pervase ogni singola fibra del mio corpo e ringhiai alla luna. Bella, anzi bellissima e di nuovo il mio cuore morto volò lì da lui.
“Sei splendida, molto di più di questa luna stasera. Bella, tu sei tutto per me, sarei il ragazzo più felice del mondo se permettessi alla tua candida luce di illuminarmi la vita” scossi la testa, chiudendo gli occhi. Se fossi stata umana avrei potuto sfogarmi piangendo, ma la mia attuale condizione me lo impediva.
Tre anni prima, ero arrivata a Forks da mio padre, una piccola cittadina piovosa 365 giorni all’anno, dove il sole faceva capolino di rado; non avevo neanche avuto il tempo di abituarmi a quelle condizioni meteorologiche che esattamente tre mesi dopo, un vampiro nomade mi aveva morsa mentre mi trovavo in una piccola radura lontano da casa, luogo dove mi recavo spesso quando mi sentivo triste e avevo bisogno di starmene in pace con me stessa.
Quel morso aveva lasciato il segno in tutti i senti: Bella Swan, la figlia del capo della polizia, non era più una semplice umana, ma una bevitrice di sangue, comunemente chiamata vampira.
Se avevo superato lo sbigottimento e la paura iniziale era grazie alla famiglia di Carlisle Cullen, Primario dell’ospedale locale, nonché vampiro, come tutti i componenti della sua famiglia, ma, al contrario di quanto si possa pensare, avevano una particolarità: erano vegetariani, cioè non si cibavano di sangue umano, ma di quello animale. Perché? Semplicemente avevano un gran rispetto per gli altri e oltretutto, non volevano dar modo alla loro natura di distruggere ciò che essi stessi erano stati, ossia esseri umani.
Il tempo trascorso con loro aveva fatto sì che diventassero la mia guida, la mia seconda famiglia e mi avevano tenuta con loro quando, neonata e assetata di sangue, ero un pericolo per tutti gli umani che facevano parte della mia vita. Sarebbe bastato l’odore del loro sangue per farmi perdere il controllo e per questo rimasi con loro qualche mese, fino a quando non erano stati certi che stessi “bene”; a detta di Jasper, uno dei figli adottivi di Carlisle, ero stata fin troppo controllata da subito. Per quello che lui aveva visto, nei suoi tanti anni da vampiro, i neonati non pensavano ad altro che a cibarsi di sangue, accecati dal loro irrefrenabile desiderio di soddisfare il proprio corpo.
Da quello che Carlisle mi aveva raccontato, ogni vampiro aveva una particolare predisposizione che, solitamente, rifletteva una caratteristica che avevano da umani: ad esempio Jasper era in grado di dominare le emozioni altrui, quindi conosceva bene i miei stati d’animo e anche se inizialmente, non riusciva a capacitarsi del mio autocontrollo, col tempo aveva imparato ad accettare che esistevano persone diverse da lui. Alice, sua moglie e anch’essa figlia adottiva dei Cullen, aveva il potere di prevedere il futuro, non era sempre precisa, le visioni mutavano in base anche ai cambiamenti decisionali delle persone, in ogni caso, il piccolo folletto, sapeva il fatto suo. Infatti, aveva previsto il mio arrivo, la mia trasformazione e anche quello che sentimentalmente, mi avrebbe ben presto coinvolta. Emmet, invece, aveva dalla sua parte una grande stazza fisica che lo rendeva il più forte della famiglia e sua moglie Rosalie era una vampira bellissima e invidiata da tutte. Esme, madre adottiva, era una donna buona e gentile e quella particolarità del suo carattere, le aveva permesso di accogliere con sé tutti quei vampiri che aveva accudito come fossero davvero figli suoi. Carlisle aveva messo, invece, alla mercé di tutti le sue preziosi doti mediche, anch’egli era particolarmente buono, posato, giusto e saggio, sapeva sempre cosa dire nei momenti opportuni ed era lui l’iniziatore della dieta vegetariana.
E proprio Carlisle, aveva comunicato a mio padre che avevo contratto una malattia strana e che, per un certo periodo, sarei dovuta stare in isolamento in un ospedale lontano da Forks, mentre in realtà ero barricata in casa del dottore; ero ritornata a casa mia mesi dopo, avevo preso il diploma e al momento di scegliere il college avevo deciso di trasferirmi con i Cullen in Canada ed era lì che il mio tormento aveva avuto inizio.
Fissai ancora una volta la luna e la testa mi riportò indietro di qualche mese, chiusi gli occhi e mi lasciai cullare dai ricordi:
<<”Bellina primo
giorno al college da vampira, come ti senti? Spaccherai le braccia a qualcuno?”ghignò
divertito Emmett,mentre scendevamo giù in garage. Rosalie lo zitti sferrandogli
un’inutile gomitata nello stomaco, cosa che lo fece ridere ancora di più
“Smettila Em, Bella sarà perfetta e poi ha già affrontato gli umani” rispose
Alice scrutandomi con sguardo diverso, sorridente si voltò e s’accomodò in
macchina “Allora andiamo?” gridò dall’abitacolo, al suo richiamo sgattaiolammo
in auto e partimmo in direzione del college.
Giunti al parcheggio,
Alice sgommò facendomi tremare “Ehi calma, calma, vogliamo farci riconoscere
dal primo momento?”Emmett ghignò “Bellina ha paura?” sbuffai infastidita,
quando ci si metteva era davvero fastidioso.
Scesi dall’auto, tutti
gli studenti si voltarono nella nostra direzione, come le prede attratte dal
loro carnefice e ci guardavano abbagliati come era giusto che fosse, a loro
apparivamo bellissimi nel nostro eterno candore…
Odiavo essere al
centro dell’attenzione, caratteristica umana che mi ero portata dietro, essere
vampira aveva sicuramente migliorato il mio senso dell’equilibrio, ma la mia
personalità, fondamentalmente, era rimasta intatta. Il momento più difficile
della giornata, fu a mensa: insieme ai miei fratelli ci accomodammo al tavolo
situato in fondo alla stanza, lontano da sguardi indiscreti. Io ero nervosa,
picchiavo di continuo il piede per terra “Bella, ma cos’hai?” domandò Jasper
irritato, gli lanciai un’occhiataccia, detestavo che sapesse percepire ogni mio
stato d’animo “Lasciala stare, amore” rispose sorridendo Alice che mi volse i
suoi occhi stranamente luminosi “Tu per i miei gusti oggi sei troppo felice, ma
come fai?!? Io sono agitatissima, non ne capisco il motivo, sarà che mi sento a
disagio in mezzo a tutti questi umani che mi guardano sbalorditi, affascinati”
sbuffai “Sorellina stai tranquilla, sono sicura che presto troverai il modo per
stare bene” e mi sorrise di nuovo. Il suo ottimismo non mi aveva per niente
contagiato, volsi gli occhi verso l’alto, poi pensierosa indirizzai lo sguardo
verso il centro della mensa e la mia attenzione fu attirata da un gruppo di
ragazzini che silenziosi, parlottavano e ci fissavano. Uno sbuffo stava per
fuoriuscire dalle mie labbra, ma mi bloccai quando i miei occhi s’incrociarono con
quelli di un ragazzino dai capelli castano ramati, occhi verde smeraldo, bocca
carnosa di un rosso così scuro, da sembrare dipinte a mano. Sussultai,
sbattendo più volte le palpebre, pur non avendone bisogno e avvertii l’esigenza
di respirare. I nostri occhi si scrutarono attenti per diversi minuti, fin
quando il ragazzo, probabilmente intimorito, abbassò lo sguardo; io di mio,
sentivo una fitta al petto, quasi come se quello sguardo fosse vitale per me.
“Lui non sta con te
Cara amica timida
Ma ti guarda e
Non sa più dov'è”
Scossi la testa, liberandomi di quell’assurdo
pensiero e mi rivolsi ai miei fratelli “Oggi non è proprio giornata” soffiai
“Suvvia Bella, le cose cambieranno, vedrai. Fidati della tua sorellina” rispose
Alice strizzandomi l’occhio. La fissai basita, poi le sorrisi, era una folle,
ma restava comunque, la persona a cui ero più legata.
L’ora successiva
prevedeva un seminario in comune con i ragazzi frequentanti medicina, la sola
idea di trovarmi di fronte a nuove persone, mi terrorizzava, vampira o no,
restavo una ragazza alquanto imbranata nell’instaurare rapporti umani. Entrata
in aula, mi accomodai tra le prime file e sperai che il terrore che le persone
provavano per noi, spingessero i vari studenti a non sedersi al mio fianco, ma
mi sbagliavo: ci fu un ragazzo che sfidò la sorte. Con la coda dell’occhio
seguii i suoi movimenti: s’era fermato d’improvviso dinanzi al mio banco, aveva
aspettato qualche secondo, sospirato e poi s’era gettato sulla sedia. Con
calma, il mio sguardo passò dai suoi pantaloni scuri, fino alla maglia blu che
gli fasciava un fisico ben curato, salendo poi, su per il viso. Sussultai
quando riconobbi in lui, il ragazzo delle mensa e in me sorse, l’impulso di
fiondarmi su di lui e morderlo. Il suo profumo era talmente forte e buono, da
provocarmi arsura alla gola e un vertiginoso giramento di testa. Subito voltai
il viso verso la lavagna, trattenendo il respiro e sperando che il ragazzo non
compisse altre azioni che gli sarebbero potute costare la vita.
“Ciao” una melodia
dolcissima fuoriuscì dalle sue labbra, di scatto mi girai verso di lui che mi
sorrise compiaciuto, probabilmente per la mia espressione sbalordita. Era così
vicino che sentivo il suo fiato soffiarmi delicato sulla guancia “Mi chiamo
Edward Masen e frequento il primo anno di Medicina e tu?” disse porgendomi la
mano, la fissai qualche secondo ma non mi mossi, se l’avessi toccato, il gelo
del mio corpo lo avrebbe spaventato, quindi decisi solamente di rispondere alla
sua domanda, mostrandomi il più fredda possibile “Ciao, io sono Isabella Swan e
sono al primo anno di Lettere” i suoi occhi si spalancarono non appena aprii
bocca e mi fissarono insistenti, la sua mano restò ferma a mezz’aria, quando si
rese conto d’essersi incantato, la posò sul banco e deglutì. Fortunatamente il
Professor Tayler diede inizio alla lezione, ponendo fino a quell’imbarazzante
conversazione. Purtroppo per me però, la vicinanza ad Edward non mi aiutava a
stare meglio, la mia vera natura pretendeva di essere ascoltata, voleva il suo
sangue…feci leva su tutto il mio buon senso e riuscii a calmarmi, ma sentivo
che dentro di me qualcosa era cambiato.
“Noiosa la lezione,
vero?” domandò d’improvviso Edward mentre si stava affannando a riporre i libri
nello zaino, alzai lo sguardo e, ancora una volta, incrociai il suo.
Rabbrividii. Erano di un verde talmente profondo da sembrare di essere davanti
ad un’immensa radura e per un solo attimo, mi ci persi. Mi sentii talmente a
mio agio, che mi sembrò di esser tornata indietro di un anno a quando, da umana
mi recavo nel mio posto felice nel mezzo del bosco di Forks. Nell’esatto
istante in cui, Edward chiuse le palpebre, rinsavii e imbarazzata mi fissai le
mani. Lo sentii ridacchiare. Inizialmente mi irritò, poi però, la sua risata
soave, mi vibrò dentro e mi cullò come fosse una ninna nanna e mi fece
sorridere “Alla prossima, Masen” dissi passandogli accanto.
Finite le lezioni,
giunsi al parcheggio con un sorriso stampato sul volto, non ne capivo
la
provenienza, ma da quando quella risata mi era entrata nelle orecchie,
non
avevo più smesso di sentirmi contenta, anzi addirittura
canticchiavo. “Oh ma
che succede, Bellina ora è felice e ha smesso di avere quel
musone lungo. Sai
cominciavo a pensare che ti stessi trasformando in un licantropo, tipo
il tuo
amico della Push, quel…Blick” “Black, si chiama
Jacob Black, Emmet! Ed è ormai
da un anno che i nostri rapporti si sono interrotti e sai benissimo il
perché”
sospirai “E comunque si: mi sento contenta, qualche
problema?” risposi
fissandolo e inarcando un sopracciglio “Assolutamente no”
sorrise, mi venne
incontro e mi abbracciò “Ti prendo in giro, mi piace
quando ti arrabbi, ma lo
sai che ti voglio bene e che son felice di vedere che la mia sorellina
adottiva
stia meglio” mi sussurrò all’orecchio. Sorrisi,
adoravo il mio super fratellone.
“Bella!” Jasper quasi gridò il mio nome. Mi
osservava accigliato, abbassai lo
sguardo spaurita “Mi farai impazzire! Gestire il tuo umore
è quasi impossibile
per me” sbuffò “Scusami” “Non
importa” e s’accomodò nell’auto. Nel frattempo
Alice, poggiata alla portiera della sua porche gialla, ci osservava curiosa e ridacchiava sotto i
baffi. La guardai “Te l’avevo detto che avresti trovato il modo di star bene”
ammiccò, io davvero non la capivo, ma non potevo darle torto: mi sentivo bene,
merito, forse, di quel ragazzo e della sua meravigliosa risata. Non vedevo
l’ora di che il giorno dopo arrivasse, l’idea di rivederlo mi eccitava e pensai
che fosse dovuta al desiderio che il suo sangue risvegliava in me. Per
premunirmi, quella sera andai a caccia. Decisi di allontanarmi un po’ ,
sperando di trovare qualche altro animale della zona, rispetto ai soliti cervi
o alci, ma senza accorgermene mi ero avvicinata a delle case. Una in
particolare attirò la mia attenzione: molto contenuta, racchiusa in un piccolo
lembo di verde che la isolava dalle altre. Due piani, niente a che vedere con
le ville vicine, un posto modesto, ma che esprimeva, sia per la cura del giardino, che per il
colore caldo delle mura, cordialità e
sicurezza. Probabilmente furono queste sensazioni che mi fecero
avvicinare ad essa, restai lì fuori a scrutarla a lungo e quando vidi una luce
accendersi, mi acquattai dietro ad un cespuglio. Dalla casa, proveniva solo il
pulsare di un cuore, mi avvicinai alla finestra e mi sporsi quel poco che bastava
per guardare all’interno. Dinanzi a me si apriva un piccolo salotto, con
divano, camino e in fondo sulla destra, un pianoforte a coda che occupava gran
parte dello spazio. Lo sgabello era occupato da un ragazzo che dava le spalle
alla finestra dove mi trovavo, qualche secondo dopo iniziò a suonare qualche
nota, poi si soffermò per scrivere qualcosa sullo spartito per poi riprendere.
Chiusi gli occhi e feci l’errore di inspirare, un profumo delizioso e familiare
giunse alle mie narici e rapita spalancai le palpebre “Non è possibile” pensai
“Non può essere lui”, lo fissai meglio e il colore dei suoi capelli mi confermò
la sua identità: quella era la casa di Edward. Sbalordita e confusa, restai
immobile lì, ascoltai attentamente ogni composizione e potei scoprire quanto
quel ragazzo amasse i classici, come Debussy che io adoravo.
D’un tratto si voltò
verso la finestra da cui sbirciavo, m’immobilizzai, i suoi occhi si chiusero a
fessure e cercarono di carpire cosa ci fosse vicino al vetro, fortuna volle che
la luce si riflettesse su di esso impedendogli di vedere bene, ne approfittai
per nascondermi, così quando venne ad affacciarsi, io non c’ero più. Ancora una
volta il suo profumo mi stordì, ero così vicina a lui da sentire il calore
emanato dal suo corpo e mi sentii bisognosa di lui, m’immaginai cosa avrei
provato se quelle sue braccia così lunghe e muscolose mi avessero stretta a
lui, se la sua bocca si fosse posata sulla mia. Chiusi gli occhi e deglutii. Mi
sentivo stordita, persa e spaventata per quell’immenso fluire di emozioni, per
questo scappai via.
Entrai in casa,
sbattendo la porta, nell’immenso salone, la luce della luna faceva risplendere
un bellissimo pianoforte a coda. Non l’aveva mai toccato nessuno, se non io
qualche volta; Alice l’aveva visto in una vetrina del centro e l’aveva voluto
comprare “Servirà, vedrete!” diceva. Sospirai. Mi avvicinai ad esso e lo
sfiorai con le punta delle dita. Rabbrividii al ricordo di Edward e delle sue
mani su quei tasti. Nella testa cominciarono a vorticarmi mille e più
fotogrammi di lui che suonava, dei suoi occhi, di lui che mi sorrideva, di lui
che arrossiva, di lui che parlava…e un sorriso ebete comparve sul mio viso. Mi
poggiai al pianoforte e mi strinsi tra le braccia e continuai a sorridere per
tutta la notte.
“Lei non sta con te
Caro amico no non c'è
Nessun dubbio che
Ha capito tutto”
Il mattino dopo mi
precipitai in stanza per cambiarmi, ero nel panico più totale, dentro fremevo
all’idea di rivederlo, di sentirmi il suo sguardo bruciarmi addosso, volevo
piacergli, perché poi? Non dovevo allontanare gli umani da me? In crisi più
totale, pensai di bussare alla porta di Alice, la quale non mi diede neanche il
tempo di farlo, che subito mi aprì, m’afferrò per un braccio e mi trascinò
dentro “Che ne dici di questa?” e tirò fuori dall’armadio una gonna scozzese
con tanto di pieghe, la poggiò sul letto “Questa ci sta bene su”disse poi
gettandomi addosso una camicetta bianca di raso “Sembrerai una studentessa
seria” rise “Ma gli piacerai da impazzire” e sorrise, io mi sentii tramortire
dalle sue parole “Non avere paura” sussurrò abbracciandomi “E’ così bello
innamorarsi” tremai e mi distaccai di poco da lei “Cos’hai detto?” sorrise di
nuovo dolcemente e mi carezzò una gota
“Bella…Edward è quello che si dice <
In macchina non
spiccicai parola, Emmett provò a farmi
ridere senza risultato, li sentivo parlottare, ma la mia mente era lontana. La
verità delle parole di Alice mi fece paura, come dovevo comportarmi? Edward era
un umano e se lei si sbagliava? Se in realtà lui non provava quello che nutrivo
io nei suoi confronti? Tremai, ma perché io cosa provavo?
Persa nei meandri
della mia mente, non m’ero accorta che eravamo giunti a destinazione, scesi dall’auto,
guardandomi i piedi, ma due dita sul mio mento, tirarono verso l’alto il mio
viso “Bella, guarda dritto davanti a te” feci come mi aveva detto Alice e vi
trovai Edward che mi fissava con occhi sbarrati. Immediatamente il mio corpo
s’irrigidì e il petto cominciò a far male. Strinsi la camicia all’altezza del
petto in cui, tempo addietro, batteva il cuore e continuai a guardare Edward.
Tutto intorno era sparito, c’eravamo solo noi, i nostri occhi riflessi gli uni
negli altri…
“E sarà un amore
Anche se ancora non lo sai
Ma in tutti gesti e le parole
Ora senti che si ferma il cuore
Senza più il rumore della gente intorno a te
Ed il passare delle ore che va via
In compagnia”
Le sue labbra carnose
si piegarono in un sorriso sghembo, così irresistibile da farmi tremare. Un
leggero vento cominciò a soffiare, trascinando con sé la mia gonna e i miei
capelli, il mio sguardo s’addolcì quando Edward si avvicinò a me sussurrandomi
“Non avrai freddo vestita così?” e si scostò di poco per scrutarmi dall’alto
verso il basso”Sei…sei a dir poco bellissima” e incatenò i suoi smeraldi ai
miei occhi dorati. Scosse la testa poi “Ci vediamo a mensa, mi piacerebbe che
pranzassimo insieme, ti va?” domandò teso. Non risposi, bloccata e spaventata
da quella proposta inaspettata, lui pensò si trattasse di un rifiuto e porgendo
le mani in avanti disse:”Non ti preoccupare, se non ti va non sei costretta a
farlo” fece per andarsene, ma lo fermai, prendendolo per un braccio, Edward si
voltò sconvolto, probabilmente il gelo delle mie mani lo aveva particolarmente
colpito “Si” sussurrai fioca, lui corrucciò la fronte “Si, cosa?” “Accetto
l’invito”sorrisi e poco dopo anche lui espresse il suo piacere tramite un
sorriso.
Mi accomodai nell’aula
di letteratura straniera e subito venni assalita da mia sorella Alice, la quale
mi prese per una mano e la strinse forte, i suoi occhi luccicavano “Sono troppo
felice per te!” quasi urlò “Shh, Alice ma che ti prende?” sbuffai “E’ un
pranzo, che sarà mai?Anzi a dirti il vero non so neanche io perché ho
accettato” mia sorella alzò gli occhi al cielo e scosse la testa “Bella sei
incorreggibile. Non ti pentirai della tua scelta, gli altri possono anche
essere titubanti, ma sappi che hai tutto il mio appoggio” “Gli altri?” chiesi
timorosa “Rosalie non vuole, teme che se succede qualcosa, saremmo costretti a
partire, Emmett è stranito, ma non contrario e Jasper, beh lui ha paura per te”
“Per me?” domandai inarcando un sopracciglio“Può non sembrare, ma ci tiene
molto a te e non vuole che soffri per scelte sbagliate, ma io l’ho rassicurato
dicendogli che tutto quello che farai sarà per amore…” ammiccò. Seguire le
lezioni fu un tormento, pensavo continuamente a lui, come potevo sentirmi così
coinvolta da una persona che neanche conoscevo? Era la prima volta che
avvertito sensazioni del genere, mai nessuno aveva suscitato in me metà delle
emozioni che provavo quando incontravo il sorriso di Edward o i suoi occhi.
Rabbrividii quando la campanella segnò la fine delle lezioni. Mi alzai piano
dalla sedia e con la stessa lentezza mi recai alla mensa. Prima di entrare, mi
bloccai, inspirai pur non avendone bisogno, poi la mia mano si posò sulla
maniglia e in unico e rapido movimento fui dentro. Mi guardai attorno spaurita,
fuori diluviava e tutti gli studenti s’erano ammassati a mensa, sarebbe stato
difficile individuare Edward. Sentii già la tristezza farsi largo dentro di me,
quando d’improvviso, un fischio attirò la mia attenzione; mi voltai
immediatamente verso la fonte sonora e vi trovai Edward, mi lasciai andare ad
un sorriso e mi incamminai verso il tavolo dove si trovava lui.
“Pensavo non saresti
venuta” mi disse non appena mi accomodai “Perché pensavi una cosa del
genere?”mormorai dando involontariamente, un tono sensuale alla mia voce, lui
s’immobilizzò, spalancando gli occhi “Ehm…non saprei” rise, passandosi
imbarazzato una mano tra i capelli “Qualcosa non va?” chiesi maliziosa “No, no
tutto apposto” accompagnò la voce con un gesto delle mani “Come sono andate le
lezioni oggi?” domandò curioso “Abbastanza bene, non sono molto in vena” “Come
mai? Non hai dormito stanotte?” sussultai, se avesse saputo che l’avevo spiato,
mi avrebbe sicuramente presa per una maniaca. “Ho riposato male, diciamo così”
sorrise “Io ho pensato tutta la notte, non riuscivo a dormire” mi fissò in modo
strano e tremai sotto il suo sguardo “Sono curioso. Narrami di te. Si parla
molto della famiglia con cui stai, i Cullen, ma tu non porti il loro stesso
cognome” perspicace il ragazzo “E’ una storia lunga…” “Ho tutto il tempo di
questo mondo” un sorriso incoraggiante comparve sul suo viso, possibile mai che
sentissi il bisogno vitale di parlare con lui?
“Parlagli di te
Non aver paura di
Dire quello che
Hai nell'anima”
“Beh, un anno fa mi
sono trasferita da mio padre nella piccola cittadina di Forks per permettere a
mia madre di seguire il suo nuovo marito nei vari spostamenti causati dalla sua
professione” “Che mestiere fa?” chiese Edward interrompendomi “Gioca a
baseball, ma cambia spesso squadra” “Capisco. Scusa, scusa prosegui. Ascolterò
in silenzio” mi fece l’occhiolino “Dicevo…arrivata a Forks, dopo tre mesi ho
avuto un problema di salute che ha spinto il medico che mi ha avuto in cura,
Carlisle Cullen, ha portarmi in isolamento lontano da quella cittadina. Tornata
a casa, ho frequentato l’ultimo anno di scuola e poi ho deciso di seguire la
famiglia Cullen in questo college. Nel periodo della malattia, loro mi sono
stati tutti molto vicini, sono diventati una specie di seconda famiglia…questo
è quanto” per tutto il tempo in cui mi ero cimentata nel raccontare la mia
storia, omettendo il piccolo particolare della mia vera natura, Edward mi aveva
fissata intensamente, poggiando il mento sulle sue mani e ascoltandomi
attentamente. “Non era poi difficile da seguire” rise, mi accigliai e lui,
notando il mio cambio d’espressione, s’affrettò a chiarirsi “Scherzavo. Questo
Carlisle deve essere una gran brava persona” “Oh si lo è. Ha tutta la mia stima
e la mia ammirazione” “Come lo invidio” sussurrò Edward “Scusa?” feci finta di
non aver capito “Nulla, nulla”arrossì di botto “E tu invece? Ora la curiosa
sono io. Chi sarà mai questo Masen” dissi ridacchiando, lui spalancò la bocca e
rise insieme a me “Non ho una storia interessante” “Lascia giudicare me…” annuì
“Comincio col dirti che io non sono originario Americano, sono nato a Londra 18
anni fa, ho trascorso lì la mia infanzia, poi mio padre ha trovato lavoro qui a
Vancouver come programmatore di Pc e insieme a tutta la famiglia, ci siamo
trasferiti in questa città. Ricordo pochissimo della mia città natale, ho solo
come l’impressione di portare i suoi profumi sempre con me, so di per certo che
amavo i suoi colori e odori. Li ho impressi nella memoria” chiuse gli occhi
come se volesse rievocare qualcosa, quando li aprì mi regalò un’emozione mai
sentita. Mille pagliuzze colorate si stagliavano con eleganza nelle sue iridi e
mi irradiavano di una luce nuova, intensa, profonda che mi faceva star bene.
“Vivo a un quarto d’ora dal college, in una casa al limitare del bosco, poco
lontana dalle ville dei migliori avvocati e manager della zona. All’epoca, non
c’erano tutte quelle costruzioni, eravamo da soli e si stava bene. Ai miei
genitori non piaceva attirare l’attenzione, erano persone modeste e poco
mondane, io sono molto simile a loro e sono contento di essere stato educato in
un certo modo. Mio padre era severo, infondo era stato allevato da un generale
dell’esercito inglese, ligio al dovere. Non ho mai conosciuto mio nonno, ma dai
racconti di mio padre traspariva tutto il rispetto ma anche la paura che
provava nei confronti della sua persona” sospirò “Scusa ti sto annoiando”
sobbalzai “No, assolutamente. Mi fa piacere ascoltare la tua storia, ti prego
continua!” lo incitai con la mano, lui sorrise “Mia madre invece, era di una
dolcezza straordinaria” “Perché ne parli al passato?” il suo sguardo s’incupì,
chinò il capo e poi diresse i suoi occhi fuori dalla finestra, rimirando il
paesaggio tormentato dalla tempesta “Due anni fa, un’auto l’ha investita mentre
attraversava la strada. Non s’è fermata al semaforo. È morta sul colpo,
perlomeno non ha sentito dolore” io mi sentii improvvisamente triste,
tramortita da quel dolore che lui si portava dentro “Scusami. Sono stata
indelicata, se non ti va di parlarne, lascia stare” sussurrai mordendomi il
labbro inferiore. Lui fece cenno di no con la testa e mi sorrise ancora una
volta “Mi viene naturale parlarne con te…mi fa sentire…bene” sussultai a quelle
parole, io lo facevo stare bene? Assurdo, solitamente le nostre prede
inconsapevolmente, erano intimorite da noi, lui invece no. “Sono lieta di ciò”
“Parlavo di mia madre…papà diceva che somigliavo tanto a lei, ho i suoi occhi,
le sue labbra, i suoi capelli. Portava il tuo nome, Bella. Si chiamava Isabella
Ahern e sai a volte mi sembra di leggere nei tuoi occhi, la sua stessa luce”
spalancai gli occhi “Non spaventarti, non voglio che scappi da me” mosse la sua
mano sul tavolo alla ricerca della mia, quando la trovò la strinse. Non si
mosse quando il gelo lo invase, il suo sguardo restò incollato al mio “Da
quando lei è morta, mio padre ha smesso di vivere. Per un periodo ho dovuto
fare tutto da solo, mio padre si era invaghito di una prostituta. Diceva che
era l’incarnazione della mamma e il suo compito era salvarla e riportarla a
casa. È stato atroce vederlo ridursi a niente” “Ora come sta?” la mia voce
tremò “Si sta riprendendo, ha ricominciato a lavorare, a vivere…ma la mancanza
di mamma ha lasciato un vuoto enorme in entrambi””Mi spiace Edward…mi vergogno
profondamente, sai? Hai sofferto tanto e mi sento scioccia a volte a piangermi
addosso per quello che mi succede” evitai accuratamente il suo sguardo “Bella”
mi chiamò, voltai il viso verso di lui, sentendomi avvampare di calore, pur non
avendo sangue che mi scorresse nelle vene “Non voglio che tu prova pena per me.
Ti ho raccontato di me, perché sento di doverlo fare. Mi fido di te. È assurdo,
ma è così. Non ti conosco, ma dentro sento come se tu…” si fermò, scosse il
capo “Lascia perdere. È meglio andare, le prossime lezioni stanno per avere
inizio” mi guardai intorno e mi accorsi che eravamo rimasti solo noi.
Ci alzammo e ci
dirigemmo nelle nostre rispettive aule…
“E sarà un amore
Sarà come lo vorrai
Avrà parole sempre nuove
Giorni intere da passare insieme
Occhi innamorati negli abbracci che darai
Nel sole di quei pomeriggi senza età”
I giorni passarono e
pranzare con Edward era diventata un’abitudine, stavo sempre bene in sua
compagnia, mi stava letteralmente cambiando la vita.
Una mattina
fischiettavo contenta, mentre mi sistemavo il maglione blu, quello preferito da
Edward. Aveva detto che quel colore mi donava tantissimo. Mi presi il volto tra
le mani e scossi la testa a destra e a sinistra “Sto uscendo pazza” “Oh ce ne
siamo accorte” disse una vocina alle mia spalle. Saltai quando vidi Alice “Ma
sei tu?” dissi mettendomi una mano sul petto “E chi credevi che fosse? Sei
talmente presa di quel ragazzo che non t’accorgi neanche di noi” sbuffò facendo
la finta irritata “Scusa, scusa” le saltai al collo “Sono troppo felice, non
pensavo che l’amore facesse questo effetto. Edward è straordinario, è
simpatico, dolce e…” “E presto si dichiarerà” sorrise soddisfatta. Io mi irrigidii
“Oddio quando?” “Un sabato…ma debbo dirti un’altra cosa…” la sua espressione
cambiò “Presto dei nomadi arriveranno in città…cominceranno ad uccidere e molto
probabilmente sono gli stessi che ti hanno morso”sbarrai gli occhi
terrorizzata. Cominciai a tremare, Alice mi afferrò per le braccia e sentii poi
altre due mani stringermi; nel vetro dello specchio scorsi Jasper, cercava di
placare il mio dolore. Una serie di immagini confuse si stagliarono nella mia
testa, facendomela girare. Ricordavo la radura, una botta in testa e tre figure
bellissime, due uomini e una donna che mi guardavano sogghignando. Il biondo
s’era fiondato su di me e dopo avermi bloccata gambe e braccia, mi aveva morsa,
poi qualcosa li aveva spaventati e allontanati.
Mi ridestai da quei
ricordi e mi strinsi ai miei fratelli, frignando “Andrà tutto bene. Devi solo
stare attenta a Edward” “Perché?” “L’ho visto essere uno di noi…” terrorizzata
strattonai Alice “No, no, non può essere. Chi, chi…?” “Tu!” mi bloccai di colpo
“Non temere, Bella. Lui è destinato a stare con te per sempre, io l’ho visto!” “Io
non posso trasformarlo, non posso privarlo della sua vita. Ha già sofferto a
sufficienza, suo padre poi resterebbe solo…no, no, ti sei sbagliata” Bella,
Bella” Jasper mi tenne ferma “Se non lo morderai tu, ci penseranno i nomadi”
detto questo mi trascinarono fuori.
Ormai avevo deciso che
avrei evitato Edward, non volevo metterlo in pericolo, quindi meno stavamo
insieme, più possibilità aveva di sopravvivere. Fu tremendo ricevere i suoi
sguardi interrogativi, non rispondere quando mi chiamava. Fu la giornata più
lunga di tutte e quella sera non resistetti all’impulso di andare a casa sua.
Nessun rumore, nessun cuore che batteva. “Ma dov’è?”, lo cercai anche nello
spazio intorno la casa, ma niente, di Edward non c’era traccia. Preoccupata
sperai che i nomadi non fossero arrivati ancora, mi accucciai sotto ad un
albero e aspettai impaziente che si facesse vivo.
“Bella che ci fai
qui?” sussultai quando la sua voce giunse alle mie orecchie “Edward” mi guardò
perplesso “Fa freddo, ti va di entrare?” non avrei dovuto accettare, ma ero
troppo presa da lui e preoccupata per rifiutare un simile invito. Ci
accomodammo sul divano in salotto e ci fissammo a lungo “Perché mi hai evitato
oggi?” chiese duro, scostante, quel suo tono di voce mi trafisse il petto,
lacerandolo. Abbassai lo sguardo “Io non sono la persona adatta a te, potrei
farti del male e non voglio che accada” si alzò e si avvicinò al camino acceso
“Come puoi dire una cosa del genere? Fino ad ora mi hai fatto solo del bene,
non t’accorgi di quanto io mi senta sereno standoti accanto?” mi prese le mani
“Sei splendida, molto di più di questa luna stasera. Bella, tu sei tutto per
me, sarei il ragazzo più felice del mondo se permettessi alla tua candida luce
di illuminarmi la vita” se fossi stata umana avrei potuto piangere e il cuore
si sarebbe divertito a danzarmi nel petto “Esci con me sabato! Non mi
rifiutare, permettimi di dimostrarti che ti sbagli. Se va male, allora avrai
avuto ragione tu e ti lascerò in pace” ancora una volta, annegai nei suoi occhi
e quando mi sorrise sghembo non seppi resistere e come un automa, annuii.
Il sabato arrivò
presto, ero eccitata, Alice aveva detto che si sarebbe dichiarato…cosa gli
avrei risposto io? Potevo io stare insieme ad un essere umano? Sbuffai nervosa,
quella situazione mi destabilizzava, volevo solo essere felice, cosa c’era di
sbagliato? Odiavo chi mi aveva ridotto in quello stato…
Toc, toc “Si?” ”Bella,
il tuo cavaliere è arrivato!” disse Esme, quando le fui dinanzi mi abbracciò
“Sei bellissima. Divertiti, figliola”. Per l’occasione, Alice era voluta andare
a fare shopping e mi aveva fatto acquistare un vestito che arrivava a malapena
alle ginocchia, con scollo a barca, sopra un copri spalle panna. Scesa in
salotto, avvertii tutti gli sguardi addosso, un coro di sorpresa proruppe sulle
bocche dei maschi Cullen, Rosalie mi guardò ammirata, sapevo quanto le costava.
Le rivolsi un’occhiata veloce e le sorrisi, Alice mi venne incontro “In bocca
al lupo”. Mentre stavo per chiudere la porta, Emmett gridò:”Mi raccomando,
Bells, dacci dentro, ma non fargli troppo male” mi voltai e gli ringhiai
contro, facendolo ridere.
Arrivata alla sua
auto, Edward scese e mi scrutò rapito “Sei strepitosa” disse aprendomi la portiera
per farmi accomodare “Grazie”. Una volta dentro, mise un cd di musica classica
che mi rilassò tantissimo “Ti piace la musica suonata a pianoforte?” “Da
morire” “Bene, allora penso proprio che la serata sarà di tuo gradimento”
ammise convinto “Dove mi porti?” “E’ una sorpresa” ammiccò.
Dopo una mezz’oretta
di viaggio, arrivammo in una piazzola, dove aleggiava un enorme hotel “E’
abbandonato da anni, vengo qui ogni volta che mi va di starmene lontano da
casa, è diventato il mio rifugio” parcheggiò l’auto e insieme ci accomodammo
nell’imponente costruzione.
Nella sala che si
presentava ai nostri occhi, vi erano dei vecchi divani, un tavolo di vetro
adornato con due candelabri…il legno scoppiettava nel camino e un pianoforte a
coda era posto alla fine della stanza “Oh Edward ma…” “Ti piace?” “Moltissimo”
“Allora prego Madame, s’accomodi, lo spettacolo ha inizio” ero piacevolmente
sorpresa, nessuno aveva mai fatto tanto per me. Edward mi rendeva davvero
felice. Passò tutta la sera a suonare, io mi accoccolai sul divano e l’ascoltai
in silenzio, commossa per quanto quelle melodie mi entrassero dentro. Lui le
sentiva sue e traspariva da ogni poro, l’amore che provava per la musica, un
amore che stava trasmettendo anche a me.
Quando smise di
suonare, mi alzai e lo applaudii, lui riaprì gli occhi e mi
sorrise felice
“Complimenti Edward, sei eccezionale. Suoni divinamente…mi
hai regalato sensazioni
uniche. Non ho parole per esprimerti tutta la mia
ammirazione…” si avvicinò
piano e quando mi fu davanti mi prese le mie mani e le avvolse nelle
sue
“Merito tuo, sei tu ad ispirarmi una tale perfezione nel
suonare…Bella, credo
di essermi innamorato di te. Anzi non credo, sono certo dei miei
sentimenti. Ti
va di diventare la mia ragazza?” quelle parole scatenarono in me
una pioggia
improvvisa di emozioni, vibrai quando la sua mano si posò sul
mio viso “Io…io…”
balbettai improvvisamente incapace di parlare. Deglutii rumorosamente e
chiusi
gli occhi cercando di recuperare un minimo di dignità
“Edward” soffiai “Credo
proprio di amarti..” spalancai gli occhi e mi fossilizzai nei
suoi, lui
sussultò “Quindi…si: voglio essere la tua
ragazza”. Vibrai quando avvicinò la
sua fronte alla mia e quasi svenni quando le sue labbra si posarono
sulle mie.
Mi baciò delicatamente, come fossi porcellana, io feci leva su
tutto il mio
autocontrollo per non fargli male. Quando ci staccammo, entrambi
eravamo provati
e sconvolti per quel bacio. Il suo sguardo sincero mi ricordò un
piccolo
particolare: ero una vampira. Triste, abbassai la testa verso il
pavimento
“Bella cos’hai?” domandò lui preoccupato. Mi
staccai e mi diressi verso la
finestra. Fuori imperversava un temporale, fulmini e tuoni squarciavano
il
cielo “Edward…io ho un segreto”
s’avvicinò a me “Ognuno di noi porta dentro di
sé un segreto, non sarà certo questo ad impedirmi di
amarti” “No, no, non
capisci” dissi scuotendo il capo “E’ qualcosa
più grande di entrambi e non
voglio che ti rovini la vita per me. Anzi probabilmente scoprendolo,
scapperai
a gambe levate” “Che sarà mai?” chiese
sarcastico “Sei carnivora e ti piace la
carne umana?” rise, io non mi mossi e lo fissai. Vedendomi
impassibile, mi
scrutò, proprio in quell’istante un lampo illuminò
la stanza, focalizzandosi su
di me, lui sobbalzò spaventato “Bella?” “Ci
sei andato vicino Edward…” “Che…che
vuoi dire?” tremò “Io sono una vampira” un
tuonò ruppe il silenzio calato tra
noi. Mi sedetti sul divano, lasciandolo impalato alla finestra, fissai
dritto
avanti a me e cominciai a parlare “Ti ho mentito. Io non ho
contratto una
malattia contagiosa mentre ero a Forks. Mi trovavo in una radura, posto
dove mi
recavo sempre per riflettere, quando tre vampiri mi hanno attaccata ed
uno di
loro mi ha morsa. Sono stati i Cullen a salvarmi. Sono vampiri anche
loro” lo
guardai, Edward era rimasto fermo nella sua posizione “Ma siamo
vegetariani,
non ci nutriamo di sangue umano, ma di quello animale. A volte è
difficile
resistere, ad esempio con te…” sospirai “E’
complicato. Il tuo sangue canta per
me, Alice dice che sei <
D’un tratto percepii
il calore e il profumo di rosa del suo corpo, davanti a me, sussultai quando mi
chiamò a sé “Bella guardami!” feci come mi aveva detto e dal suo sguardo non
traspariva paura “Non m’importa di ciò che sei. Io voglio amarti!” sussurrò ad
un centimetro dalle mie labbra. “Stai con me Bella, ti scongiuro” mi pregò
chinandosi ai miei piedi “Edward, non hai paura?” “No, ti ripeto che non m’importa
che tu ti ciba di sangue animale, quello che io ho visto in queste settimane, è
una ragazza dolce, determinata, divertente e me ne sono perdutamente
innamorato. Alice non ha torto: io e te siamo legati. Da quando ti ho vista la
prima volta, ho provato un moto di dolore dentro, un miscuglio stranissimo di
sensazioni carezzevoli si sono alternate nel mio cuore. Ti ho vista e
riconosciuta come la mia anima…” “Per me è stato lo stesso” mormorai rapita “Ho
recepito immediatamente un’attrazione inspiegabile nei tuoi confronti. Il tuo
sangue era come un richiamo per me, poi però tu mi hai travolta col tuo modo di
fare, la tua personalità. I tuoi occhi Edward, sono pozzi profondi dove amo
perdermi, non riuscirei a stare un solo secondo lontana da te” scossi la testa
sconvolta dalle mie stesse parole. Parole proferite senza alcun controllo. Lui
sorrise e mi accarezzò una gota “Voglio far parte della tua vita” “A costo di
rischiare la tua?” annuì “Sei un pazzo, Edward Masen” “Si, di te, Isabella
Swan” e ridemmo.>>
Sorrisi a quel ricordo, quel giorno aveva segnato la sua vita ed io ero stata tanto sciocca da credere che avrei potuto difenderlo dalla mia mostruosità. Tremai per la rabbia e strinsi i pugni. Aveva iniziato a nevicare e la gente attorno a me, correva frenetica cercando un riparo. Meglio così, sarei rimasta sola col mio tormento. Mi fermai dinanzi ad una vetrina di attrezzi sportivi e ringhiai alla vista di un cappellino bianco e nero simile a quello che portava Edward il giorno in cui l’avevo morso. Esme e Carlisle avevano provato a convincermi che era stato necessario per salvarlo da una morte certa, ma io non ne ero convinta…
<<“Edward perché
hai messo questo cappellino da baseball?” chiesi curiosa “Ma come Alice non te
l’ha detto?” scossi la testa in segno di dissenso “Emmett mi ha sfidato a
giocare a baseball!” “Emmett ha fatto cosa?” gridai “Quello scimmione se lo
prendo lo stritolo con le mie mani” ringhiai fuori di me “Ma no, Bella,
tranquilla, non ha fatto nulla” “No, Edward, tu non ti rendi conto. Siamo più
forte di te, se non stiamo attenti possiamo spezzarti semplicemente toccandoti
con un dito!” “Calmati Bella, farò da spettatore, se questo può farti stare più
tranquilla” “Decisamente” sorrisi. “Ehilà Edward” urlò Emmett mentre scendevamo
le scale“Pronto per la sfida?” “Mi sa che passo. La tua sorellina teme per la
mia incolumità” rispose sarcastico “Mollaccione, ti fai comandare da una
donna?” sospirò “Devo insegnarti tutto io, caro fratellino? E ora con chi mi
divertirò?” “Pensa a vincere, invece di fare lo sbruffone” lo riprese Rosalie “Donna,
zittisciti!” rise come un pazzo, mentre Rosalie lo colpì con la mazza da
baseball “I soliti” roteai gli occhi al cielo, mentre Edward cominciò a ridere
come un matto. Purtroppo la partita non si poté giocare, perché non appena
mettemmo piede fuori casa, tre vampiri, ci ostacolarono. “Salve” disse quello
dai capelli nero corvini e gli occhi rosso sangue “Avevamo captato la presenza
di gente della nostra razza, ma non ne avevamo la certezza” “Benvenuti a Vancouver”
rispose tranquillo Carlisle “Noi ci siamo trasferiti qui da poco e vorremmo
restarci, per questo vi preghiamo di cacciare in qualche altra zona, se vi è
possibile” “Oh ma certamente. Non pensavamo che il territorio fosse
rivendicato, lasceremo immediatamente la zona, vero James?” “Certamente
Laurent. Ma prima vorrei che mi toglieste una curiosità” il biondo puntò il suo
sguardo su di me e tremai. Un flashback mi colpì e la mezzaluna sul mio collo
pulsò fortissimo, al punto da farmi crollare a terra dolorante “Bella che
succede?” Edward mi afferrò per la vita “Il morso, il morso” gridai in preda
agli spasmi. Un risata riecheggiò nell’aria e gli occhi di tutti noi si
diressero verso il vampiro biondo “Sei la mocciosetta che ho morso a Forks,
vero? Hai un buon profumo anche da vampira..” tentò di avvicinarsi, ma Edward
si parò dinanzi a me “Non permetterti di toccarla, dovrai vedertela con me
altrimenti” “No, Edward non…” mi bloccai ansimando per il dolore “Sciocco! Sei
un umano…mmm e debbo dire che sei della migliore qualità. Mi sa che sarai tu a
placare la mia sete” partì veloce e si scagliò su Edward, ma Emmett si frappose
tra loro, ciò scatenò l’ira della donna e di Laurent. Ebbe così inizio una
battaglia, alla quale io non ebbi la forza di partecipare. Esme trascinò me e
Edward in un angolo e ci pregò di rimanere fermi. Edward mi teneva tra le sue
braccia e mi cullava, dandomi piccoli bacetti sulla fronte, sul viso, sul collo
“Calmati Bella, calmati!” “Io..io devo combattere con loro. Non posso permettere
che si mettano in gioco per me…” sussurrai tentando di alzarmi. Edward provò ad
afferrarmi ma io fui più veloce di lui e mi gettai nella mischia, non
accorgendomi che Edward mi aveva seguita. Me lo ritrovai alle spalle “Va via!”
gridai emettendo un sonoro ringhio “Non è posto per te” lessi il terrore nei
suoi occhi, dovevi apparirgli mostruosa e quell’immagine di me riflessa nei
suoi occhi si riversò catastroficamente sul mio “ego” e mi immobilizzò. Tornai
in posizione eretta e lo fissai, mentre attorno a noi regnava il caos, quando
poi dietro Edward comparve James, i miei occhi s’accesero “Noooo”. Il vampiro
lo afferrò per il collo e lo gettò per aria, sogghignando “Cos’è, ti sei
invaghita di un umano?” e si diresse ancora verso di lui. Edward tentò di
alzarsi, ma un dolore alla testa lo costrinse a restare per terra. Si toccò la
nuca e un grumo di sangue gli sporcò la mano, spaventato si guardò attorno, poi
James gli fu addosso “Cosa credevi di fare stupido umano. Non puoi niente
contro la forza di un vampiro” e gli stritolò entrambe le braccia “Aaaaah! “
gridò lui dolorante “Lascialo stareeeeeeeeeeeeee!” urlai buttandomi su di lui e
rotolammo entrambi per terra. Rivolsi i
miei occhi ad Edward, il quale era svenuto, i suoi vestiti erano completamente
lacerati e il suo corpo ricoperti di ferite, mi sentii morire e tutta la mia
rabbia la espressi sul vampiro sotto di me. Un ringhio acuto proruppe sulle mie
labbra, le quali divorarono avide il collo di James, strappandogli la pelle. Mi
fermai solo quando Carlisle e Alice mi strapparono via da lui e provarono a
calmarmi. “Bella, Bella, calmati. Ora devi pensare ad Edward” girai immediatamente
il capo di lato e corsi da lui, lo presi tra le braccia e quando poggiai
l’orecchio sul suo petto, l’assenza del battito cardiaco fu un assordante
silenzio. Tremai “Carlisle, non respira più, ti prego fa qualcosa, riportalo in
vita, ti supplico” lo alzai da terra e lo tenni tra le mie braccia, mentre
frignavo. Il suo berretto cadde e il vento lo trascinò via “Edward non mi
lasciare, io ho bisogno di te!” “Devi morderlo, è l’unico modo che hai…” “No,
non posso…” “Non si tratta di potere o meno, se lo vuoi vedere ancora devi
farlo diventare uno di noi” suggerì Carlisle “Non hai molto tempo” mi strattonò
Alice “Io l’ho visto…è la cosa più giusta da fare, credimi” i miei occhi
navigarono sul viso di Edward, lo posizionai nuovamente in terra, gli
accarezzai una guancia “Scusami, amore mio.” Chinai il capo e posizionai le mie
labbra sul suo collo, inspirai e affondai i miei denti nella tenera carne.
Succhiare il suo sangue fu assolutamente straziante, il suo sapore era molto di
più di quello che avessi immaginato, fu difficile fermarmi e quando mi staccai,
vederlo immobile fu un pugno in pieno viso, lo lasciai alle cure amorevoli di
Carlisle “Addio…Edward” e scappai via…>>
“Ma fai attenzione
È facile farsi del male
Anche se non si vuole
Quando è l'inizio di un amore”
E ora ero in uno dei tanti vicoli bui di Vancouver, la neve continuava a cadere, erano tre giorni che non tornavo a casa. Non mi ero mai allontanata dalla città, probabilmente perché inconsciamente volevo sapere quando Edward si sarebbe svegliato, ma allo stesso tempo, non sopportavo l’idea di rivedere la persona più importante della mia vita soffrire e diventare come me; non avrei retto al dolore che lo avrebbe colpito quando, una volta sveglio, si sarebbe reso conto dell’accaduto. “Mi odierà…” non facevo che ripetermelo, “E come neonato non farà che pensare al sangue, dimenticandosi di me” strinsi i pugni e mi inginocchiai ai piedi di una grande scala. La notte era calata, ero sola in quel vicolo, sola con i miei sensi di colpa; mi avvolsi nelle braccia e mi cullai. Da quando Edward non era più in vita mi sentivo totalmente persa, nulla aveva più senso…un rumore interruppe i miei pensieri. Un profumo, quel profumo saturò l’aria attorno a me, immediatamente alzai la testa e mi girai verso la fonte di quell’odore, la mia vista acuta mi permise di scrutare una figura alta, muscolosa che si stava incamminando verso di me. Quando fu vicino sussultai, i suoi occhi rossi guizzarono nei miei, le mie mani strinsero la neve gelida e la mie labbra si serrarono “E-E-Edward…sei tu?” soffiai, sapevo che poteva sentirmi. Non rispose, continuò a guardarmi. Dinanzi a me, c’era l’unica cosa bella di tutta la mia vita, il suo sguardo truce e rabbioso mi ferì, ma infondo dovevo aspettarmelo. Mi alzai, ma non fui capace di avvicinarmi a lui, mossi un braccio e lo diressi verso Edward, lui lo guardò “Isabella…” udire la sua voce fu assurdo, sembrava cantasse, il mio nome somigliava quasi al cinguettio di un uccello “Ora sono come te, un neonato” “Non dovresti essere qui, ci sono gli umani, non sei in grado di resistere!” ringhiai, lui rise e ancora una volta, mi stordì “Sempre a dirmi quello che devo fare, eh?” mi trafisse con gli occhi “Sono lieto di essere un vampiro” “Ma che dici?” “E’ così, ora sono guarito dalla mia cecità…” corrucciai la fronte allibita “Ti vedo per quello che sei…” tremai “E se mi detestasse, se non gli piacessi più?” Chinai il capo e chiusi gli occhi. L’avevo perso per sempre…”Sei ancora più bella di quanto ti ricordassi” alle sue parole riaprii gli occhi, sentendo il suo corpo a poche spanne da me. Lo scrutai incredula “Cosa credi? Che non t’ami più?” sghignazzò “Bella, come potrei…” mosse piano la sua mano sul mio viso, facendomi vibrare “In questi tre giorni di agonia, non ho fatto che sperare di risvegliarmi e ritrovarti accanto a me, Bella. Ma oggi quando finalmente il mio desiderio si è avverato, tu non c’eri e non immagini quanto sia stato difficile da digerire. Ho visto nella mente di tutti, ciò che era successo, anche le tue parole, la tua fuga…” sobbalzai “Hai visto nelle loro menti, che significa?” “Che ho un potere come te…leggo nella mente delle persone, ma a quanto pare nella tua no, il tuo scudo protegge i tuoi pensieri” ne fui lieta “Bella” mi prese le mani e le avvolse nelle sue “Tu sei tutta la mia vita e se sto resistendo all’impulso di gettarmi addosso agli umani che sono alle nostre spalle, è solo perché non ho che te nella testa. Tutto ruota attorno a te, sei la mia anima e ora che ti ho trovata non voglio perderti” alitò sul mio viso “Oh Edward” sussurrai. Pochi movimenti e ci ritrovammo avvinghiati l’uno all’altro. Un bacio per nulla casto…desiderio, passione, rabbia, amore...Edward si staccò da me “Torna a casa con me…” annuii. Mi prese per mano e insieme corremmo verso il bosco.
E il destino aveva
fatto il suo corso: due anime antiche e pure, costantemente alla ricerca di
loro stessi, si erano congiunte, finalmente trovavano la pace nella fusione dei
loro ansiti, dei loro corpi e del loro eterno amore…
“Lui non sta con te
Cara amica timida
Lei non sta con te
Ma un amore nuovo c'è”