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Autore: Giuka    24/09/2009    13 recensioni
Raccolta su Jared e Kim, la mia coppia preferita nella saga di Twilight. Nono capitolo: Il sentimento che ci univa era già oltre a tutti i problemi adolescenziali. Era uno scalino superiore, un tale livello di coinvolgimento e adorazione che nemmeno la morte avrebbe potuto spezzare. Ora sapevo che saremmo potuti stare lontani anche anni: il nostro amore eravamo noi stessi. Perderlo avrebbe voluto dire perdere la nostra identità.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Jared Cameron, Kim
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più libri/film
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A Laura e Valentina. Grazie con tutto il cuore.

My Gravity – Jared and Kim

 


 
Inutile Amore

 


Giorno 1 – Kim POV

Sospirai tristemente, passandomi una mano tra i capelli. Ero seduta sul letto della camera 211, quella che, per tutta la durate delle due settimane di stage, mi avrebbe ospitato al Washington College.  Annie e Mary, stese accanto a me, mi accarezzavano comprensive. Perché non aveva ancora chiamato?
Aprii per l’ennesima volta lo sportellino del mio nuovo cellulare ultimo modello –evidente prova della pazzia del mio ragazzo-, ma lo richiusi immediatamente con uno sbuffo: nessun messaggio, nessuna chiamata persa. Cominciavo seriamente e preoccuparmi.
Mary sospirò esausta, strappandomi il cellulare di mano. “Basta, Kim. Non vi vedete da appena sette ore, vi siete scambiati messaggi fino ad appena tre ore fa e sai che sta bene. Non è che sia andato in guerra o in missione per la CIA. È a La Push, le probabilità che gli sia successo qualcosa, tenendo conto anche della stazza del ragazzo in questione, sono meno di zero. Sei ridicola.”
Certo. Ridicola. Il mio ragazzo stava solamente dando la caccia ad una vampira spietata ed assetata di sangue ed altri sette di loro abitavamo a pochi chilometri da lui, dopotutto. Magari l’aveva incontrata mentre era di ronda, solo, e sbruffone com’era aveva pensato di poterla uccidere da solo ma no, non era proprio il caso di essere preoccupata.
“Oh, Mary. Mi manca già così tanto.” sospirai disperata, accasciandomi sulla sua spalla con un gemito; da quel 18 Febbraio Jared ed io non ci eravamo mai lasciati. Non per più di qualche ora, almeno: Jared era sempre con me, come un’ombra piacevole e protettiva. Mi sentivo stranamente indifesa senza la sua massiccia presenza a proteggermi costantemente, stringermi al suo corpo, scaldarmi con il suo calore. Per la prima volta sentivo davvero freddo, dopo quasi quattro mesi.
Annie mi accarezzò i capelli, comprensiva. “Kimmie, negli ultimi tre mesi ti abbiamo a malapena vista: Jared”, gemetti improvvisamente al suo nome, ma Annie continuò imperterrita, “Ti ha monopolizzato. Ora, so che sei innamorata di lui da sempre, ma puoi concederci un po’ della nostra amica? Solo per queste due settimane puoi stare con noi e dimenticarti, si fa per dire certo, di lui? Ci manchi, Kim.” concluse sofferente.
Annie e Mary erano le uniche due amiche che avessi mai avuto. Loro c’erano state sempre –anche quando ero un rifiuto sociale scartato da tutti e non l’adorata-fidanzata-intoccabile-di-sua-santità-Jared-Padalechi. Mi avevano voluto bene sempre ed io mi stavo comportando malissimo nei loro confronti, ma Jared… Beh, Jared era semplicemente Jared ed io non riuscivo davvero a fare a meno di lui, ora che potevo godermelo sempre, ad ogni ora del giorno. Inoltre l’imprinting non gli permetteva di starmi lontano abbastanza a lungo da riuscire a frequentare le mie amiche, ma sapevo che, se ne avessi avuto bisogno, Jared si sarebbe fatto da parte immediatamente, senza un lamento né una parola, anzi: mi avrebbe accompagnato lui stesso da loro, avrebbe organizzato la nostra giornata e quasi portata da loro in braccio. Il problema era che io non ne avevo davvero più bisogno.
Trasalii al pensiero della brutta persona che ero diventata. Loro non meritavano questo trattamento.
Premetti delicatamente sul bottoncino rosso ed il cellulare si spense con la solita, allegra musichetta; reprimendo lo sconforto, la paura e la nostalgia, mi voltai verso Annie sorridente.
“Facciamo il giro del campus?”

 

Giorno 1 – Jared POV
Dannazione, dannazione, dannazione, dannazione, dannazione.

Jared, smettila. Ti stai deconcentrando. Devi stare attento a Bell-
Ringhiai infuriato, voltandomi verso Jacob mostrando i denti
Finisci il nome di quella e giuro, giuro Jacob, che ti stacco una zampa. Lo giuro, Jacob.
Basta, Jared. È nostro compito, lo sai .
Sam interruppe la nostra lite, ma io non avevo finito.
NO! Non è nostro compito, Sam! Il nostro compito è proteggere gli abitanti di La Push!
E anche quelli di Forks.

Sbuffai tra i denti Quelli normali, intendevo.
E Bella cosa sarebbe? Jacob ringhiava tra i denti, ma non mi importava.
Quella è solo una stupida che ha fatto amicizia con dei succhiasangue ed ora ne paga le conseguenze.
Jacob ringhiò infuriato e subito Paul mi fu accanto RITIRA QUELLO CHE HAI DETTO!
PERCHÉ DOVREI? COS’È LEI PER ME? Dovresti essere solo tu a farle la guardia, Jacob. Non sono cose che mi riguardano, dannazione! Che muoia pure! Ruggii, mettendomi in posizione d’attacco: alla mia destra Paul fece lo stesso. Sapevo che era d’accordo con me, dato che di Bella-amica dei succhiasangue–Swan gli importava ancor meno di me, se possibile.
Indietro, tutti e tre. L’ordine di Sam fu pacato, ma subito sentimmo le nostre gambe piegarsi contro la nostra volontà e di colpo la piccola radura fu di nuovo silenziosa.
Jared, stanotte sei di ronda a casa di Bella. La proteggerai, perché questo è il nostro compito. Era un ordine: sentii il cuore farmi male e guaii disperato, abbassando le orecchie.
Sam, per favore. Lo supplicai, pensando a Kim, Devo chiamarla, devo. Non posso farne a meno, Sam. Ti prego. È la prima volta che è lontana.
Mi dispiace, Jared, ma questo è un ordine. È il tuo turno.
Abbassai la testa sconfitto. Mi sarei messo a piangere, ma ci tenevo a conservare un po’ della mia dignità. Grazie, stronzo. Vaffanculo, Bella Swan. Ringhiai verso Jacob, cominciando a correre verso casa Swan, il patetico rimorso di Jacob, il dispiacere di Paul, l’amara consapevolezza di Sam nella testa.
Corsi più veloce che potevo, mentre sentivo i miei fratelli –usare questa parola riferendomi a Jacob mi sembrava stupido, adesso- sparire uno alla volta. Proprio della dannata amichetta dei vampiri si doveva innamorare, Jacob? Se non fosse stato per lui avrei dovuto semplicemente fare il mio solito giro serale di La Push, mentre ora mi sarebbe toccato stare sotto casa di quella per tutta la notte. Non mi avrebbe nemmeno dato così fastidio, Bella mi stava simpatica, dopotutto, e non volevo certo che morisse, se non avessi promesso a Kim di chiamarla. Avevo dovuto quasi supplicarla di andare a quell’importante stage organizzato dal college e Kim aveva acconsentito solo a patto che la chiamassi ogni, singolo giorno, a qualsiasi ora. Avevo promesso, dannazione.
Mentre stavo accucciato sotto la finestra di Bella, stava studiando, tutto era tranquillo, sentii Paul avvicinarsi.

Jared, amico, mi dispiace. Disse più gentile del solito, ma infondo era il mio migliore amico, ogni tanto poteva pure comportarsi come tale e non come un licantropo perennemente incazzato. Dopotutto eravamo anche dei semplici ragazzi, no?
Paul grugnì in approvazione Se vuoi posso sostituirti.

No, eri di ronda la notte scorsa. Hai bisogno di dormire.
Sono sicuro che sta bene, Jared. Kim è in gamba, dopotutto.

Sospirai. Se almeno Harrison non fosse con lei.
Non dovresti preoccuparti di questo, è pazza di te. E poi le amichette inseparabili non la molleranno un attimo.
Lo spero, Paul.

 

 

Giorno 2 – Kim Pov
“… E poi le ho detto che no, non mi andava di uscire con lei.”
Non aveva chiamato. Non aveva chiamato.
“Kim?”
Perché non aveva chiamato?
“Kim, mi stai ascoltando?”
Oddio, se gli fosse successo qualcosa…  
All’improvviso mi sentii pizzicare dolcemente la guancia e mi ricordai che non ero sola, in quella stanza. Mi voltai verso Alex arrossendo e scusandomi, pregando che almeno lui non si arrabbiasse con me. Avevo bisogno delle poche persone veramente amiche, mentre ero lontana da lui.
“Sei sovrappensiero, dolcezza?” chiese sorridente.
Sbuffai. “Non chiamarmi così, Alex. Sai che Jared non lo sopporta.”
Il sorriso gli si congelò sulle labbra e corrugò le sopracciglia. “Non mi pare che lui sia qui, adesso.”
Fu peggio di un pugno allo stomaco: ricordare che Jared non era lì, ricordare che era passato più di un giorno dall’ultima volta che l’avevo sentito fu davvero doloroso, tanto che sentii le lacrime salirmi agli occhi.
Alex mi diede una piccola botta sulla testa, a portata di mano, dato che mi sovrastava di almeno venti centimetri –non abbastanza, confrontati agli avvolgenti quaranta centimetri di Jared- e sorrise di nuovo.
“Basta piangere, Kim. Sono sicuro che starà bene, purtroppo. Avrà avuto da fare.”
Non capiva che era proprio questo il punto: quando si trattava di me, Jared non aveva mai da fare. Solitamente, io venivo prima di tutto; improvvisamente capii: mi stavo comportando come una bambina gelosa delle attenzioni del proprio ragazzo. Magari voleva solo un po’ di tempo libero da passare con i suoi amici, senza doversi preoccupare della sua piagnucolona ragazza-imprinting. Avrebbe avuto ragione: sopportarmi non doveva essere facile.
Con un sospiro misi il cellulare in silenzioso e lo infilai nella borsa, decisa a non tirarlo fuori per almeno due ore.

 

Giorno 2 – Jared Pov

Dai Jared, porta pazienza, è quasi finita. Tra poco il succhiasangue sarà qui, preleverà la sua adorabile fidanzatina e tu potrai andare a casa e chiamare Kim, sentire la sua voce, scusarti, parlarle e assicurarti che Harrison le stia lontano. Un piano perfetto.
Perché il succhiasangue non arrivava? Non vedeva l’ora di rivederla? Se la amava almeno la metà di quanto io amavo Kim si sarebbe dovuto muovere.
Ecco, lo sentii: un Volvo argentata accostò sul vialetto di casa Swan ed Edward Cullen scese dall’abitacolo in tutto il suo fetore, ghignando per i miei pensieri, forse. Cominciai a correre verso La Push, mentre in lontananza sentii un Grazie che solo grazie ai miei sensi più sviluppati avevo potuto percepire.

Certo, certo. Risposi mentalmente: sapevo che poteva sentirmi.
Corsi più veloce che potevo ed in un attimo fui a La Push. Sentivo che Paul stava terminando il giro ed era talmente stanco che i suoi pensieri mi apparivano come un grande e confuso buco nero.

Paul, svegliati. La succhiasangue è ancora in giro, sai? Se la lasci entrare a La Push Sam non sarà contento. Pensai, ma non avevo tempo di fermarmi a svegliarlo personalmente: avevo bisogno di sentire la sua voce, di sentire che stava bene ed era felice.
Appena riuscii a scorgere la mia casa tra le fronde mi trasformai, indossando il più velocemente possibile i pantaloncini che tenevo legati alla caviglia. Il mio cervello, la mia mente ed il mio cuore invocavano una sola cosa: Kim, ed io avevo intenzione di assecondarli, pensai precipitandomi nella mia stanza –passando per la finestra, naturalmente.
Afferrai alla svelta il cellulare sul mio comodino e digitai immediatamente il suo numero, che conoscevo perfettamente a memoria.
Uno squillo.
Due squilli.
Tre squilli.




Dieci squilli. Dannazione, dov’era? Sentii la preoccupazione ed il terrore montare spontanei, uniti alla nostalgia. Perché non rispondeva?
Attaccai.
Cazzo.

 

 

Giorno 3 – Kim Pov

Dieci chiamate. Dieci dannatissime chiamate alle quali io non avevo risposto. Perché ero stata così stupida? Sicuramente Jared stava morendo di preoccupazione, in quel momento, terrorizzato dall’idea che potessi essere morta, ferita o qualcosa del genere. Eppure non rispondeva al telefono, dato che probabilmente era di ronda. Perché il destino si stava accanendo con così tanto impegno contro di noi?
Per l’ennesima volta scagliai il cellulare sul letto –non ero proprio in grado di fare scenate, lanciarlo sul muro e poi costringere i miei genitori o Jared a comprarne uno nuovo- e affondai il viso tra le mani. Alex e Mary, al mio fianco, sospirarono, uno infastidito, l’altra dispiaciuta. Subito sentii le mani delicate di Annie accarezzarmi i capelli nel tentativo di confortarmi.
“Kim, tesoro, tu sei stata molto impegnata in questi giorni, probabilmente lo è anche lui. Devi smettere di preoccuparti.” mi disse con voce dolce, ma io non risposi e mi limitai a scuotere la testa affranta. Improvvisamente sentii un’altra stretta, maschile e ferrea, afferrarmi il braccio e strattonarmi con decisione in piedi; alzai lo sguardo sorpresa ed incontrai gli occhi di Alex, furenti e irritati.
“Senti, Kim. Ho cercato di fartelo capire in tutti i modi, ma tu non sembri capirlo, anzi, molto probabilmente non vuoi capirlo. Tu mi piaci, ti voglio bene, sono innamorato di te. Vedila come vuoi, dannazione, ma smettila, ti prego, smettila di parlare di quello ogni giorno, ogni minuto, ogni ora. Non riesco, non sono capace, di vederlo riflesso nei tuoi occhi anche quando non c’è.” prese fiato per un attimo ed io con lui. Sentivo il respiro mozzo ed il cuore battere frenetico nel petto; il ritmo era del tutto simile a quello causato dalla presenza di Jared – e questo, questo, mi spaventò a tal punto che sentii la terra mancarmi sotto i piedi.
Alex chiuse un attimo gli occhi e quando gli riaprì erano dolci, diversi “Naturalmente so che ami lui, Kim, lo so, non devi preoccuparti. Non ti sto dicendo di scegliere me e lasciarlo, ma ti prego: puoi fare a meno di nominarlo ogni cinque secondi? Puoi smettere di sembrare una morta che cammina solo perché non lo senti da due miseri giorni? Puoi farlo, Kim?”
Annuii debolmente, troppo terrorizzata e imbarazzata per parlare, e Alex uscì dalla porta senza parlare.
Sentivo Mary borbottare che se lo aspettava, che era fin troppo strano il fatto che non fosse esploso prima; Annie trillava qualcosa sulle bellissime ed estremamente romantiche parole di Alex ed il mio cuore non la smetteva di battere furiosamente nel mio petto.
Sentivo l’unico ruolo che finora avevo ricoperto in modo quasi perfetto, quello di imprinting di Jared, stringermi improvvisamente addosso come una camicia troppo stretta, tanto da non permettermi di muovere le braccia a mio piacimento.
Sospirai tristemente e, dopo aver spento il cellulare, mi lanciai all’inseguimento di Alex.

 

Giorno 3 – Jared Pov

“EMBRY, PER FAVORE!”
“Non posso mamma, davvero. Scusami, la prossima volta ci sarò.”
“EMBRY, TI PROIBISCO DI USCIRE! OGGI STARAI A CASA!”
“Non posso.”
“SMETTILA DI RIPETERLO!”
“Mi dispiace, mamma.”
“SE ESCI DA QUELLA PORTA ORA NON TORNARE PIÙ, EMBRY!”
“…”
“…”
“Vado, mamma.”
Vidi Embry uscire di casa tremante e accigliato, mentre sua madre non la smetteva di urlare. Si trasformò velocemente e cominciò a correre accanto a me verso casa Swan: sentivo tutti i suoi pensieri, il suo rimorso ed il dispiacere nei confronti della madre.
Sentii di avere due possibilità: tornare a casa e chiamare finalmente Kim, sentire la sua meravigliosa voce ed assicurarmi che stesse bene, oppure accollarmi anche il turno di Embry, aiutando uno dei miei fratelli.
Il  mio cuore, la mia anima ed il mio corpo, ovviamente, mi indicavano la prima, lucente e giusta direzione, spingendomi verso quella strada con forza, senza darmi possibilità di scampo. Sembrava quasi un obbligo, ma non ne sentivo il peso: diversamente dagli ordini di Sam, a questo volevo ubbidire.
Tuttavia il mio cervello diceva che no, la direzione giusta era un’altra: diceva che Kim sicuramente stava bene, che forse non mi aveva risposto perché voleva un po’ di spazio e che Embry, invece, aveva bisogno di me adesso.

Embry, torna a casa. Ci penso io. Parla con tua madre.
Embry scosse la testa con decisione No, Jared, hai bisogno di Kim.
Non ha risposto e nemmeno richiamato. Vuole un po’ di spazio. Dissi con sicurezza, cercando di convincere lui e me stesso.
Grazie, fratello. Rispose infine, cominciando a correre verso casa.
Certo, certo.
Osservai la sua schiena allontanarsi e già me ne pentii. Kim! Kim!, urlava il mio cuore: sicuramente non sarei riuscito a farlo tacere.

 

 

Giorno 4 – Kim Pov

Era strano camminare fianco a fianco con Alex, come se non fosse successo nulla, come se le sue parole non avessero significato niente. Non lo amavo e mai l’avrei amato, questa era la mia unica certezza, ma non volevo che soffrisse. Sapevo fin troppo bene cosa significasse amare qualcuno e non essere ricambiati: ricordavo con dolorosa precisione le lunghe nottate passate a piangere per Jared e di certo non ero il tipo di persona che amava infliggere pene agli altri. Per questo, avevo deciso di accontentarlo e di evitare di parlare di Jared, di nominarlo, di pensarci e soprattutto di chiamarlo. Gli avevo mandato un messaggio, questo sì, rassicurandolo sulle mie perfette condizioni di salute e ribadendo, superfluamente, i miei sentimenti per lui aggiungendo un timido “Ti amo” alla fine.
Jared non aveva risposto e questo non fece che rafforzare la mia ipotesi: aveva bisogno di un po’ di spazio. Pochi giorni di lontananza da me sicuramente gli avevano sicuramente fatto capire che ero semplicemente una seccatura; probabilmente si stava divertendo molto insieme al resto del branco ed io non avevo intenzione di disturbarlo oltre. Sapevo bene quanto Jared mi amasse, di questo ne ero certa, ma capivo anche il suo bisogno di spazio.
Peccato che questa consapevolezza portasse con se il dolore più intenso che avessi mai provato.
“Alex, sono stanca.” gli dissi debolmente, cercando di evitare che la mia voce tremasse troppo “Vorrei riposare un po’.”
“Certo, Kim, ti accompagno in camera.” rispose immediatamente Alex, sorridendomi luminosamente.
Il cellulare, nella borsa, non squillava, ed io mi sentivo affogare.

 

Giorno 4 – Jared Pov

Ciao, Jared. Stai bene? Non sei stato ferito, vero? Mi spaventa non averti sentito. Dimmi che stai bene, ti prego.
Io sto bene. Il campus è accogliente, pulito e divertente. Annie e Mary, proprio come avevi loro chiesto, non mi mollano un attimo ed incredibilmente non mi sono ancora rotta niente.
Mi manchi, Jared. Spero tu stia bene. Ti amo.

Il mio cellulare, insieme a quell’SMS mai letto, era rimasto sul comodino per quasi due giorni, mentre, a chilometri di distanza, la battaglia tra Cullen, licantropi e neonati era cominciata, esplosa e finita vittoriosamente.
Ed io, mentre leggevo le sue parole tremanti –anche a distanza, senza vederla né sentirla, sapevo riconoscere le sue lacrime dietro quelle parole- piangevo con lei, rendendomi di non poterla certo chiamare ora, alle quattro di notte.
La mattina non era così lontana, pensai sedendomi distrutto sul letto, ed io, nonostante le cinque ore e più di battaglia, senza contare le oltre quaranta ore passate senza dormire, non avevo intenzione di addormentar-

Troppo tardi.

 

 

Giorno 5 – Kim Pov

“Kim, Kim, Kim, KIM!”
Mi voltai scioccata da tutte quelle urla e vidi Annie correre verso di me, sbracciandosi e urlando per attirare la mia attenzione. Era buffissima, con i capelli rossi che rimbalzavano sulle sue spalle e le guancie rossissime, e mi scappò un sorriso divertito.
Si fermo a pochi centimetri da me, sorridendomi apertamente. “L’ho incontrato.”
Corrugai le sopracciglia. “Chi?”
“L’amore della mia vita.”
Sentii il mio cuore stringersi alla parola amore, ma lo ignorai. “Davvero? E chi è, Annie?”
Annie sospirò felice e gli occhi le si illuminarono. “Si chiama Joshua, frequenta il secondo anno qui ed è bellissimo. Mi ha chiesto di uscire a cena, Kim! Devi assolutamente aiutarmi a decidere cosa mettere. Sono in panico!”
Sorrisi. “Hai già in mente qualcosa?”
“Pensavo ad una gonna, ma forse sarebbe meglio un vestito! No anzi, un paio di jeans…”
Annie cominciò ad incamminarsi trasognata verso la sua camera ed io la segui, un po’ titubante. Avevo lasciato la borsa ed il cellulare nella mia camera, ma decisi che, dopotutto, non mi sarebbe servito. Jared non avrebbe chiamato.
“… Vive a New York, Kim, ti rendi conto? Finalmente andrò via da La Push!” esclamò entusiasta Annie.
Cercai di riportarla con i piedi per terra. “Non esagerare con la fantasia, Annie, siete solo al primo appuntamento!”
Lei sospirò. “Parli bene, tu. Tu e Jared vi sposerete sicuramente! Non hai questo tipo di problemi. Io devo seriamente cominciare ad impegnarmi per non rimanere zitella!”
Era così sicura a proposito di me e Jared? Era questa lì impressione che davamo? Quei cinque giorni senza di lui mi avevano riempito di dubbi e insicurezze. Non sapevo se, con il tempo, qualcosa sarebbe cambiato, ma non volevo nemmeno pensarci. Se mi fossi ritrovata sola, senza Jared al mio fianco, cosa avrei potuto fare? Ormai mi ero abituata a lui, al suo calore, al suo amore. Per quanto sapessi di non meritare la sua adorazione non potevo immaginare la mia vita senza.
“Non lo so più, Annie. Non chiama e non risponde alle mie chiamate.” Sospirai tristemente. Oltre alla nostalgia cominciavo ad essere seriamente preoccupata: c’era pur sempre una vampira a cui stavano dando la caccia. Poteva essergli capitato qualcosa, poteva essere ferito. Non riuscivo a pensare all’ipotesi peggiore.
“Dai, Kim. Si vede lontano un miglio che è innamorato perso di te. Anche se, sinceramente, i suoi sentimenti sono cambiati davvero rapidamente. Di colpo, oltre ad entrare nella cricca di La Push e crescere in modo mostruoso, si è anche innamorato perdutamente di te. È davvero strano.” Disse pensierosa, portandosi un dito sotto il mento.
Sentii subito che dovevo cambiare discorso per proteggere il segreto di Jared e degli altri ragazzi. Annie non doveva cominciare ad interessarsi alla storia mia e di Jared, o si sarebbe accorta che, in effetti, c’erano molto punti oscuri. “Annie, non mi hai detto di che colore sono i capelli di Joshua…”
Annie sorrise di nuovo. “Oh, hai ragione! Allora, sono castani, ma con una strana sfumatura rossiccia…”

 

Giorno 5 – Jared Pov

Rispondi, rispondi, rispondi, rispon-
“Pronto?”
Oh. Oh, no. Ti prego no. No, no, no, no, no, no, no, no, NO!
Harrison?” ringhiai, senza preoccuparmi di controllare la voce. Non riuscivo a pensare.
“Padalechi, meglio tardi che mai!” esclamò allegro, ignorando la mia rabbia.
Mi sfuggì un altro ringhio. “Che cazzo ci fai al telefono?
“Squillava ed io ho risposto!” disse semplicemente, fingendo di non capire la mia domanda.
“È IL TELEFONO DI KIM, PEZZO DI MERDA!” scoppia, urlandogli contro tutta la mia rabbia accumulata, sentendo il mio corpo iniziare a tremare.
Scoppiò a ridere per nulla intimorito. “Oh, giusto. Beh lo ha dimenticato in camera. Ero venuto a cercarla e tu hai chiamato proprio in quel momento.
Mi calmai immediatamente. Per un attimo avevo immaginato tutti i peggiori scenari possibili.
“Bene, Harrison, Grazie dell’informazione. Ora vai a cercarla e passamela.” Ordinai, passandomi stancamente una mano tra i capelli. Le venticinque ed oltre ore di sonno non avevano alleviato la stanchezza dovuta alla battaglia.
“No, non credo che lo farò.”
Sospirai pesantemente, appoggiando la fronte sul pugno chiuso ermeticamente. “Harrison, è stata davvero una lunga settimana. Ho bisogno di sentire Kim. Passamela.” Ripetei, cercando disperatamente di non trasformarmi: avrei distrutto la mia camera e buona parte di tutto il piano superiore.
Lo sentii sbuffare. “Oh, come mi dispiace Padalechi, che la tua sia stata un lunga settimana. Beh, la mia è una lunga vita. Non sono figo come te, non ho i tuoi amici, non ho la tua fama e, soprattutto, non ho la ragazza che amo. Ti sei permesso si portarmela via così, da un giorno all’altro, senza curarti che ci fosse qualcuno, accanto a lei, che la amava da sempre. A te è bastato un giorno. Dio, quanto ti odio. Mi hai portato via Kim, Padalechi, quindi no, non credo che te la passerò, adesso.”
Non potei trattenermi dallo scoppiare a ridere. Harrison diceva di amare Kim? Non sapeva nemmeno cosa significasse quella parola. Se avesse conosciuto l’intensità dei miei sentimenti di certo non avrebbe mai detto di amarla.
“Senti, Harrison, non me ne frega un cazzo dei tuoi sentimenti. Voglio solo Kim, ora.”
“Ti ho appena detto, Padalechi, che non te la passerò. Questa è la mia occasione per lottare e la sfrutterò. Ho intenzione di provarci fino in fondo e sai cosa intendo. Ciao, Padalechi.”
“HARRISON, NON OSARE..!”
Troppo tardi. Aveva riagganciato e con ogni probabilità spento il telefono.
Ebbi appena il tempo di buttarmi fuori dalla finestra prima di trasformarmi. Toccai a terra già a quattro zampe, incurante della possibilità di essere visto, lanciandomi nella foresta. Ero stanco, triste ed incazzato come mai nella mia vita e se l’unica persona che avrebbe potuto alleviare la mia sofferenza era a Washington, sarei andato lì. Che Sam, il branco e Bella Swan andassero a fanculo.

 

Giorno 6 – Kim Pov

Controllai distrattamente l’orologio: l’una e un quarto di mattina. La festa era durata parecchio, ma io non mi ero per nulla divertita.
Mi sedetti su una panchina, avendo cura di non sciupare il bel vestito blu notte che Annie mi aveva gentilmente prestato. Lontana da tutto –musica, colori, Alex- potevo finalmente concedermi il lusso di pensare indisturbata a Jared.
Con la mente ripercorsi i suoi capelli cespugliosi e soffici, tra cui amavo immergere le mani e cercare di riordinarli. Scelsi lungo la fronte liscia e troppo spesso corrugata dalla preoccupazione o dalla stanchezza, passando sulle sopracciglia folte e ben delineata fino ad arrivare agli occhi che tanto amavo, del marrone più caldo che avessi mai visto. Ripensai alle emozioni che sapevano darmi semplicemente posandosi su di me e rabbrividii di piacere, permettendo che mi invadessero fino in fondo, toccando il mio cuore.
Tracciai ad occhi chiusi i tratti del suo viso con attenzione: il naso dritto, le guancie magre ma morbide, la mascella squadrata e spesso tesa, il collo nervoso e le spalle ampie e muscolose. Pensando al  suo fisico perfetto, ai suoi muscoli che si tendevano perfettamente sotto la pelle, sentii le guancie andare a fuoco.
Il ricordo del suo sorriso brillante, malizioso, divertito o dolce che fosse, mi riempì gli occhi di lacrime. Improvvisamente capii che quello che credevo di aver provato per la dichiarazione di Alex non era niente, niente. L’amore che solamente il ricordo di Jared portava con se era sufficiente a farmi girare la testa dall’emozione. La lontananza non aveva scalfito il mio sentimento con lui, quell’amore che ormai provavo da tanti, troppi anni. Allontanarmi da Jared era andare contro me stessa e lottare contro tutto ciò in cui credevo. Nonostante avessi appena diciotto anni ero sicura che non sarei mai riuscita ad amare qualcuno con la stessa distruttiva intensità, così forte da farmi male.
“ Kim.”
Sorrisi ad occhi chiusi: riuscivo perfino a sentire la sua voce, roca e decisa, come se fosse vera.
“ Kim.”, ripetè la voce di Kared.
Stavolta aprii gli occhi, circospetta. E poi mi sentii svenire.
Era lì davvero. Jared.
Ci fissammo a lungo, senza parlare né muoverci. Non riuscivo a distogliere i miei occhi dai suoi e le mie gambe si rifiutavano di muoversi.
Dopo quella che mi parve un’eternità, finalmente il mio corpo ripartì. Feci un primo passo tremante, incerta come una bambina che compie i suoi primi passi. Allungai un braccio verso di lui –il tremolio si era esteso fino alle dita- e sentii le lacrime pungermi gli occhi.
“Jared.” mormorai.
L’attimo dopo ero tra le sue braccia, l’unico posto in cui avessi mai desiderato essere in quei sei giorni scarsi, le mie labbra premute contro le sue nel bacio più disperato che ci fossimo mai dati.
Naturalmente scoppiai a piangere.

 

 

Giorno 6 – Jared Pov

È qui, è qui, sta bene, mi vuole.
Mi ripetevo questa mantra nella testa da più di dieci minuti, ma non era facile convincermene. Eppure Kim era tra le mie braccia, sana e salva. Sentivo il suo calore sulla pelle, le sue lacrime bagnarmi le guancie, la sua bocca esitare sulla mia con intensità. Strinsi tra le mani i suoi capelli, affondando il viso nell’incavo del suo collo e baciandole la spalla lasciata nuda dal vestito.
Stavo finalmente bene. La stanchezza, il dolore e la rabbia di quei giorni erano evaporati come neve al sole alla sola vista di Kim. Il ricordo della battaglia e la preoccupazione per Jacob erano stati relegati in un angolo della sua mente, lontani ma presenti.
La strinsi e la strinsi e la strinsi per non so quanto tempo. Non volevo staccarmi, non volevo parlare, non volevo respirare. Ricongiungersi era meglio di quanto pensassi: era emozionante più dell’imprinting stesso.
Non parlammo mai quella notte. Non c’era bisogno di scuse, spiegazioni o frasi d’amore. Tutto quello di cui avevamo bisogno in quel momento eravamo noi stessi.
Kim era stata mia, lo era e lo sarebbe stata, così come il mio cuore e la mia anima le sarebbero sempre appartenuti. Di certo pochi giorni di lontananza o un semplice adolescente non avrebbero potuto fare niente contro il nostro amore. Il sentimento che ci univa era già oltre a tutti i problemi adolescenziali. Era uno scalino superiore, un tale livello di coinvolgimento e adorazione che nemmeno la morte avrebbe potuto spezzare. Ora sapevo che saremmo potuti stare lontani anche anni: il nostro amore eravamo noi stessi. Perderlo avrebbe voluto dire perdere la nostra identità.
Avrei voluto dirle tante cose, urlarle che l’amavo, che mi era mancata, che avevo pensato a lei ogni secondo di lontananza.
Ma le parole rimasero bloccate in gola, rimpiazzate dal peso che sentivo sullo stomaco. Ora che l’impellente e martellante bisogno di Kim erano stati soddisfatti, fui immerso da tutto quello che avevo accumulato quella settimana: la lontananza da Kim, Victoria e i neonati, i turni di guardia, la paura per la mia famiglia, la battaglia, Jacob ferito e quasi morto…
Mi accasciai sulle ginocchia di Kim e piansi tutte le lacrime che mi tenevo dentro da giorni.

 

 
È strano e difficile e a volte brucia nel petto come una fiamma viva. Allo stesso modo è capace di scaldarti come i primi, tiepidi raggi di sole di maggio, più belli e caldi perché tanto agognati dopo un lungo inverno gelido.
Può essere felice, ma il più delle volte non lo è. Nel nostro caso, esseri che di umano avevano ben poco, probabilmente sarò più difficile che per chiunque altro.
Non sarà stato sempre bello, né per me, né per Quil, né per Sam. Sarà problematico e strano, come lo può essere amare la persona perfetta per noi contro la nostra volontà.
Ma, nonostante tutto, è più forte di noi.

 

Inutile amore.

***



Ehm.

Chiedo umilmente scusa, in ginocchio e cospargendomi i capelli di cenere. Non ho scuse per questo assurdo ritardo, se non che la mia ispirazione sembrava essersi spenta nel nulla. Nulla per mesi, mesi. Mi sono letteralmente strappata le parole dalla testa per scrivere questo capitolo. Non mi piace, ma spero piacerà a voi.
Ringrazio con tutto il cuore coloro che hanno recensito, messo nei preferiti e nelle storie seguite. Questo capitolo è solo per voi.
Spero non vi siate dimenticati di me e che siate ancora interessati a questo piccolo pezzetto d'amore che è la mia storia.
Chiedo scusa se non rispondo alle recensioni questa volta, ma la voglia di aggiornare è davvero troppa.

Baci,
Giuka.
  
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