Dietro ai suoi passi,
si scorgeva un tramonto debole e
pallido
che dava l'addio al vecchio giorno.
Sulla strada si era formata qualche pozzanghera rafforzando
l'odore umido che fluttuava nella città.
Intanto, qualche piccione, si spostò rumorosamente da un
tetto all'altro
c'era anche un corvo, pareva
osservare tutti quanti con sguardo onniscente.
Si sedette a terra, senza minima preoccupazione di sporcare
i suoi vestiti.
Sarebbe tornato?
Lo desiderava tanto, anche se sapeva benissimo di non
ottenere nulla.
Intanto il ragazzo si ranicchiò
sempre di più, nonostante faceva freddo, indossava abiti leggeri.
Il suo corpo era così candido, fragile, tenero e dolce come
una bambola.
Si accarezzò il volto sorridendo, ricordando tutto quello
che gli aveva detto e non aveva detto
le sue parole, erano tutto per lui,
senza non avrebbe potuto vivere.
Non gli importava minimamente dei passanti, degli sguardi
scandalizzati o straniti...
un conte, in mezzo alla strada seduto
sull'asfalto?
Parlava da solo, piangendo
un conte, che piange?
passò la mano su un muro freddo,
gelido
quanto voleva che in realtà fosse
stato il suo corpo.
Senza di lui,
era fragile, indifeso e
maledettamente solo.
All'improvviso un guanto nero gli sollevò il volto,
i suoi occhi, meravigliosamente
belli
sembravano un pezzo di cielo
rubato, senza espressione
erano talmente profondi da far
tremare anche l'uomo più vile.
L'uomo tirò un sospiro, sembrava quasi un gemito
finalmente aveva raggiunto quel ragazzo.
La distanza tra i due volti era breve, ma pareva immensa
Quando finalmente erano arrivati alle labbra,
l'inverno non era che una delle più dolci estati.