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Autore: Cara_Sconosciuta    25/09/2009    6 recensioni
Terza lettera di questo mio alfabeto tutto scompigliato...
Con un sorriso a dir poco radioso, voltò il bambino verso di lui, gli prese la manina e l’agitò appena nella sua direzione, mimando un gesto di saluto, al quale lui rispose portandosi una mano alle labbra, posandovi un bacio e soffiandolo verso di loro.
“È proprio bello il suo bimbo, sa?”
Christian si voltò, perplesso, trovandosi faccia a faccia con quella che aveva tutta l’aria di essere una nonna estremamente orgogliosa del suo nuovo nipotino che, presumibilmente, si trovava nella nursery insieme ad Alex.
“Parla... parla con me, signora?”
“Certo, giovanotto, che domande. Vede qualcun altro qui in giro?”
Chris pensò che non fosse il caso di dirle che sì, effettivamente era piuttosto pieno di gente, quel piano e passò oltre.
Beh, per lo meno ci provò.
“Signora, io....”
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Joe Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed eccoci alla terza lettera... la mia preferita, lo devo ammettere, anche perché da questa storia è nata una delle mie fiction migliori, Ad un bambino.

Ringrazio di cuore tutti quelli che hanno ringraziato

E marta, più di tutti, per quella chiacchierata.

Temperance

 

B - Bimbo

Tre cose ci sono rimaste del paradiso:

le stelle, i fiori e i bambini.

-Dante Alighieri-

 

Christian si appoggiò al davanzale di fronte al vetro che separava la nursery dal resto dell’ospedale e rivolse uno sguardo tra il tenero e il malinconico al bambino che si era, senza saperlo, aggiudicato, il posto centrale della prima fila.

Un Jonas, indubbiamente: sempre sotto le luci della ribalta.

Non ci aveva messo poi molto, il suo nipotino, a conquistare tutti quanti, lì dentro, con i suoi grandi occhi, ancora velati ma decisamente verdi, e la sua adorabile zazzera di finissimi capelli scuri.

Eccolo lì, Alexander Paul Jonas, primogenito del fratello del suo ragazzo.

Ad un tratto, una delle infermiere che si occupavano di quella particolare sezione del reparto maternità si avvicinò alla culla e prese in braccio il piccolo Alex con delicatezza infinita, facendo poi cenno a Martha, che aspettava sulla porta, di avvicinarsi.

Seguì un breve scambio di battute tra le due donne, che Chris non riuscì a sentire, poi la più giovane si decise ad entrare in quel piccolo mondo ovattato e a stringere a sé il suo cucciolo, con tutta la tenerezza che solo le madri sanno avere.

Fu allora che si accorse di lui.

Con un sorriso a dir poco radioso, voltò il bambino verso di lui, gli prese la manina e l’agitò appena nella sua direzione, mimando un gesto di saluto, al quale lui rispose portandosi una mano alle labbra, posandovi un bacio e soffiandolo verso di loro.

“È proprio bello il suo bimbo, sa?”

Christian si voltò, perplesso, trovandosi faccia a faccia con quella che aveva tutta l’aria di essere una nonna estremamente orgogliosa del suo nuovo nipotino che, presumibilmente, si trovava nella nursery insieme ad Alex.

“Parla... parla con me, signora?”

“Certo, giovanotto, che domande. Vede qualcun altro qui in giro?”

Chris pensò che non fosse il caso di dirle che sì, effettivamente era piuttosto pieno di gente, quel piano e passò oltre.

Beh, per lo meno ci provò.

“Signora, io....”

“La cucciola di mia figlia è quella là in fondo, ma il suo è molto più bello. Certo che è davvero giovanissimo! Quanti anni ha? Lei, non il bambino.”

“Trentuno, però....”

“Trentuno! Li porta davvero bene, sa? Mio genero ne ha ventisette ma sembra più vecchio di lei. E poi è brutto, ma brutto davvero. Lei che lavoro fa? È un modello? No, aspetti, lo so: è un ballerino.”

“Insegno informatica.” Si limitò a rispondere l’uomo, rassegnato.

“Un insegnante! Bello ed intelligente. Sua moglie è proprio fortunata, sa? Perché è sposato, vero? Sarebbe un peccato se non lo fosse...”

“Mi dispiace deluderla, signora, ma no, non sono sposato.”

“Oh.” La donna assunse un’aria contrita che, però, scomparve all’istante. “Beh, immagino che i figli fuori dal matrimonio non siano più un problema, oramai. Quindi quella biondina là dentro è la sua fidanzata.”

“Ehm... no. È la moglie di mio cognato.”

“La moglie di suo cognato? Oh, ma allora il bambino non è suo! Mi scusi, signor...”

“Christian, mi chiami pure Christian.”

A quel punto, la donna gli concesse un attimo di respiro, prendendosi una pausa per analizzare le informazioni ricevute.

Poi ripartì.

“Scusi, Christian, ma come può avere un cognato se non è sposato?”

Christian si appoggiò al davanzale, la schiena rivolta ai bambini: sarebbe stata una conversazione decisamente lunga, se lo sentiva nelle ossa.

“Ha ragione, non è mio cognato nel senso esatto del termine... Io sono...”

“Il ragazzo di sua sorella! Capisco, capisco. E lei non ne vuole, di bambini?”

“Oh, sì...” Rispose lui, assumendo di colpo un’aria decisamente sognante. “ Io ho un fratello parecchio più grande di me, sono sempre stato il piccolo di famiglia e diventare padre sarebbe...beh, sarebbe a dir poco un’avventura. Ma non succederà, quindi posso tanto mettermi l’anima in pace.” Concluse amaramente.

“Oh...e come mai?”

“Vede, nella vita si fanno delle scelte...e la mia mi mette nell’impossibilità di avere figli se non tramite adozione e anche così, sarebbe davvero molto difficile che riuscissimo ad ottenere la custodia di un bambino.”

“Oh, non dica così, tutti hanno il diritto di diventare genitori! E poi sono sicura che se lei e... come si chiama la sua fidanzata?”

“Joseph.” Rispose Chris, senza riflettere.

“Ecco, sono sicura che se lei e Joseph davvero volete... Joseph, ha detto? Sta per Josephine?”

“No, Joseph sta per Joseph...”

“Oh.” Replicò la donnina, con aria perplessa.

Stava per aprire nuovamente la bocca e dire qualcos’altro, quando un uomo piuttosto basso e ben in carne, con un paio di occhialetti alla John Lennon in bilico sul grosso naso le posò una mano sulla spalla, richiamando la sua attenzione.

“Eleanor, Charlotte mi ha chiesto di te... vuole che tu tenga in braccio la bambina. Vieni?”

La donna si voltò, in silenzio, poi tornò a lanciare un’ultima occhiata scioccata a Christian e se ne andò, sottobraccio al genero, che si limitò a salutarlo con un sorriso cordiale.

Era bruttino, davvero, fu il primo pensiero che gli attraversò la mente, e non sembrava avere soltanto un anno più di Joe.

“Ma Simon!” Esclamò l’anziana signora, allontanandosi e facendo voltare metà del personale ospedaliero. “Un ragazzo tanto bello non può essere gay!”

Christian scosse la testa, tornando a voltarsi verso la nursery, soprattutto per tentare di nascondersi dalla mezza dozzina di sguardi che si erano volti nella sua direzione.

Non si era mai vergognato di essere se stesso, ma in quel luogo si sentiva stranamente fuori posto.

A che cos’è che stava pensando? Ah, sì, il genero della signora Eleanor... brutto, certo, eppure non riusciva a non essere invidioso di lui.

Sì, perché lui era di là a ridere e scherzare con la sua nuova famiglia, ad abbracciare sua figlia... una cosa che lui non avrebbe potuto fare mai.

Gli sarebbe piaciuto avere una bambina, pensò con un sorriso malinconico, rendendosi conto per la prima volta che Alex non era più al suo posto. Martha doveva averlo portato in camera con sé...

Insomma, nemmeno un maschietto gli sarebbe dispiaciuto... ma una bambina era un’altra cosa, soprattutto perché, ne era convinto, si sarebbe sentita molto meno a disagio con due... padri?

Non aveva pensato mai a se stesso in quei termini, era qualcosa che aveva totalmente eliminato dalla sua mente, probabilmente per non starci troppo male, ma ora che era lì in quel posto che era praticamente un convegno di famiglie felici... beh, era impossibile non sentire fin troppo forte tutto ciò che aveva escluso dalla sua vita allo scopo di amare come gli veniva naturale.

Sì, una femminuccia sarebbe stata decisamente meglio.

Ma che ci pensava a fare? Tanto non avrebbe mai avuto nemmeno quella... Non che la sua vita non gli piacesse... insomma, Joe era grande, lo amava davvero ma ad una certa età era anche normale che si trovasse ad avere certi pensieri... no?

Lentamente, scosse la testa, andando a sedersi su una delle panchine colorate lì accanto, senza alzare lo sguardo dal pavimento.

“Ma guarda un po’chi c’è qui! La zia Chris!”

Christian alzò il capo di scatto al sentire la voce di Joe, solo per trovarselo di fronte con un fagottino azzurro stretto tra le braccia e un sorriso da un orecchio all’altro.

“E chi ha detto che sono io la zia? Tu sei quello con i capelli lunghi. E poi ci sarebbe anche un’altra cosa che...”

“Chris, ha cinque ore, per la miseria!”

“Quindi? Non potrà credere in eterno di essere nato sotto a un cavolo, no?”

Jo scosse la testa, ridacchiando, mentre Christian si alzava e gli si avvicinava.

“Posso?” Domandò, tendendo le braccia verso il piccolo, mentre l’altro annuiva, passandoglielo.

“Ehi, ciao!” Mormorò, portandosi il bimbo a pochi centimetri dal viso e permettendo alla sua manina di afferrargli la punta del naso.

La risatina che uscì dalle sue labbra non corrispondeva per niente al tumulto che si sentiva dentro, ma Joe non lo doveva vedere, o si sarebbe messo in campo anima e corpo per adottare un bambino e, quando gli avessero detto che non erano idonei al ruolo di genitori, sarebbe rimasto molto più scosso di quanto lui non lo fosse in quel momento.

Non era Joe quello forte, a lungo andare.

“Non stai bene, Christian?” Domandò il moro, inclinando leggermente il capo. “Hai gli occhi lucidi...”

“Starò...starò covando un po’di febbre, niente di grave.”

Joe annuì, riappropriandosi del bambino ed avvicinandosi un po’di più per posare le labbra sulla fronte del biondo.

“Che stai facendo?!” Domandò questo, scattando indietro ed arrossendo violentemente. “Già quella tizia ha urlato al mondo che sono gay, se poi tu attiri l’attenzione così...” Soffiò.

“Ho solo sentito se sei caldo, sta buono. E poi che t’importa di chi ci guarda?” Pausa. “Che tizia, scusa?”

Chris scosse il capo, facendogli cenno di lasciar perdere.

“Sei strano, oggi...” Bisbigliò Joe, riducendo gli occhi a due fessure. “Riporto Alex a Kev e Martha, così poi ce ne andiamo.”

“Pizza?”

“Neanche per sogno: stasera pastina, per te. E cucino io.”

Christian sbiancò.

“Vuoi farmi star meglio o uccidermi?”

Con una linguaccia, Joe scomparve dietro l’angolo del corridoio, il viso sprofondato nella copertina di Alex, parlando fitto fitto con il neonato.

Chissà che aveva da dirgli, si domandò Christian, tornando a dare un’occhiata ai bambini nella nursery.

Era rimasto colpito da quel gesto di Joe, tanto semplice quanto coraggioso, vista l’idea di disgusto e di amore contro natura che l’omosessualità rappresentava ancora nella mente di troppe persone. Non sapeva se avrebbe mai avuto il coraggio di fare una cosa del genere...

In quel momento, comunque, l’idea di non poter avere figli non gli sembrò poi così tremenda. Dopotutto, lui aveva Joe ed era molto più di quanto, fino a poco tempo prima, avrebbe osato chiedere. E poi, in fondo, pensare negativo non aveva mai portato nessuno lontano... non sarebbero di certo stati la prima coppia gay a riuscire ad adottare un bambino, giusto?

Sì, prima o poi doveva assolutamente parlarne con Joe... anche se avrebbero dovuto sposarsi, per questo, e non sapeva quanto il reverendo potesse essere d’accordo.

In quel momento, sentì un braccio che gli circondava i fianchi e si voltò, solo per trovare le labbra di Joe premute sulle sue in un tenero bacio a stampo che lo lasciò totalmente interdetto.

“E che qualcuno provi ad arrestarmi per questo...” Gli mormorò all’orecchio, prima ancora che lui si fosse reso totalmente conto di cosa stava succedendo.

“Tu sei pazzo...”

“Andiamo a casa.” Decretò Joe, intrecciando le dita con quelle di Chris, prima di avviarsi con lui verso l’ascensore.

Sì, gliene avrebbe decisamente parlato, decise Chris.

Decisamente... ma sospettava che quella sera avrebbe avuto di meglio da fare.

 

Quando rivolgi lo sguardo alla tua vita

Le più grandi gioie sono quelle della famiglia.

-Jonas Brothers-

   
 
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