Promessa
Erano giorni che ci pensava, anzi, ne era ossessionato,
ma nonostante tutto, faceva ancora fatica a crederlo
reale.
Camminava da ore nella città silenziosa, chiuso in quel
lungo cappotto nero e schermandosi il viso con il cappello che Ada gli aveva
regalato. Aveva venticinque anni odiati e insopportabili che gli gravavano sulle
spalle come macigni. Li odiava perchè lui non li dimostrava, perchè il suo corpo
era fermo a quel giorno di dieci anni prima in cui era sparito. Più di una volta
aveva desiderato di poter tornare indietro o sperare di vedere lui crescere in
fretta, raggiungerlo e poterlo afferrare. Si, perchè era questo il suo più
grande desiderio, poter stringere Oz tra le braccia e non lasciarlo andare.
Eppure Oz stava crescendo, il suo amato padrone stava cambiando giorno dopo
giorno, ma la cosa a lui, comunque, non piaceva.
“Mi sta
lasciando indietro... lo sento... e se non avesse più bisogno di me, come
farei?”
Continuava a ripeterlo quasi fosse un mantra, una
preghiera che non doveva essere ascoltata. Aveva bisogno di distrarsi e
rilassarsi, per questo era letteralmente scappato dalla villa. Sharon e Alice
avevano ripreso quell’orribile discorso sull’amore e Oz si divertiva a sentirle
parlottare tra loro. Non riusciva a togliersi dalla mente che quello stupido
coniglio avesse baciato Oz, certo sapeva che per stipulare il contratto c’era
bisogno di un contatto simile, ma saperlo per certo lo aveva reso cieco di
rabbia e gelosia. Sentirle spettegolare come delle vecchie zitelle lo aveva
infastidito e se era andato senza dire nulla. Tutta quella confusione che
regnava sovrana nella sua mente la detestava, se fosse rimasto semplicemente
Raven, tutti quei sentimenti strani non sarebbero mai riafforati e lui sarebbe
rimasto nel suo alone di mistero e anonimato, che gli avrebbe permesso di
difendere Oz senza esserne realmente coinvolto.
Si
chiuse in una piccola e puzzolente taverna, quando iniziò a fare troppo freddo
per camminare. Sedette stanco su una sedia in disparte e attese l’oste, avrebbe
bevuto qualcosa per riscaldarsi e sarebbe rimasto in silenzio. Tutto ciò di cui
aveva bisogno era tornare ad essere Raven, non ci voleva molto. Avrebbe ripreso
la sua aria indifferente, buttato via il Gil piagnucolone senza rimorsi e quando
gli si avvicinò una donna per prendere l’ordinazione, sfruttò il momento per
testare il ritorno del suo alter ego. Era una ragazza prosperosa e alquanto
maliziosa, ma infondo faceva solo il suo lavoro in quella taverna
infima.
-
Prendi qualcosa uomo nero? Se non vuoi bere, posso offrirti una variante
decisamente più stimolante...- civettò come un oca giuliva. Aveva poggiato i
gomiti sul tavolino accentuando il seno davanti al cliente. Gil rise dentro di
se, che bel posto che aveva trovato, di sicuro quella donna sapeva come fare
soldi extra. – Mi piacciono gli uomini misteriosi e dall’aria triste... so come
farli star meglio...-
Doveva resistere alla tentazione di avvampare
dall’imbarazzo, doveva essere Raven. – Vieni di tua spontanea volontà o ti hanno
ordinato di dirmi questo?-
-
So riconoscere un buon cliente... se poi è anche un bell’uomo, non ho bisogno
che me lo dicano.- Fu tentato, avvicinò la mano sfiorandole i capelli che le
ricadevano in avanti. Biondi e morbidi... perchè diavolo dovevano essere proprio
di quel colore? Bella lo era e anche abbastanza audace da riuscire a trattenerlo
e infondo non c’era nulla di male se avesse ceduto alla tentazione. Non aveva
mai avuto una donna vera al suo fianco, i Nightray gliene avevano presentate di
ricche, di belle e di stupide, quello che doveva fare era sceglierne una e
sposarla. Non era stato interessato a nessuna, aveva dei compiti da svolgere per
la famiglia, per Blake, per Vincent, che continuava ad essere geloso e
possessivo e anche per Oz... il resto era secondario. Però era bella, con quel
neo accattivante sotto l’occhio destro e quelle labbra morbide che continuavano
ad invitarlo. Infondo ora era Raven, non aveva obblighi verso nessuno e accettò.
La donna sorrise, lo prese per mano conducendolo al piano superiore e poi dentro
una piccola stanza fredda e umida. Lo aiutò a togliersi il soprabito,
sfiorandolo delicatamente, slacciò i primi lacci della camicia e la vide. Una
profonda e lunga cicatrice che segnava quel petto dalla pelle chiara e
tonica.
-
Se ti fa impressione, posso tenere su la camicia... mi rendo conto che...- La
donna non gli diede il tempo di finire, poggiò le labbra sulla cicatrice
seguendone i contorni con la punta della lingua. Lo fece sedere sul letto e
continuò a giocare con lui, divertendosi di come fosse gia pronto per continuare
quel gioco proibito. Accettò la sfida, si lasciò andare completamente gettandosi
alle spalle tutti i ricordi, tutti i sentimenti che lo tormentavano
giornalmente. In quella stanza c’era solo Raven e quella donna senza pudore che
stava possedendo solo per denaro.
La
mattina arrivò presto, si sentì stanco e alquanto demoralizzato. Era ancora in
quella stanza umida, seduto su un letto vecchio e sfatto, fumando la sua quarta
sigaretta e ogni tanto gettava lo sguardo sulla donna addormetata accanto a lui,
sul fiume di capelli dorati gettati sul cuscino e sul respiro regolare e
preciso. Come fosse stata quella notte non lo sapeva, gli era piaciuto e per un
pò il suo cuore si era alleggerito di tutto, non c’era più niente che lo
turbasse, ma solo lui e lei. Era stata una bella sensazione liberarsi di quella
depressione totale che lo affliggeva da giorni, ma ora stava riaffiorando
tutto.
-
Me la presti?- Non si era accorto che si fosse svegliata e ora lo stava
guardando con gli occhi socchiusi chiedendogli in prestito la sigaretta. Gliela
porse e la seguì mentre la portava alla bocca tirando una grossa boccata di fumo
grigio. – Non pensavo saresti rimasto... di solito quelli come te scappano
subito.-
-
Non ho voglia di tornare a casa... ma immagino tu debba liberarti di me e
concentrarti su qualcun altro.-
-
Sei cattivo... volevo solo tirarti su il morale... –
-
Quanto vuoi?- Questo era Raven, cinico e freddo. Stava riprendendo il suo ruolo
e almeno di questo avrebbe dovuto ringraziarla.
-
Niente... non mi faccio pagare per questo.-
-
Pensavo fosse il tuo lavoro.- Stava esagerando, ma non gli importava. Se fosse
stato Gil neanche ci sarebbe andato o se ne sarebbe uscito fuori con qualche
frase da buon samaritano per recuperare quella povera sbandata, ma lui era
Raven, se anche l’avesse ferita non gli importava.
-
Di solito si... prendo dal locale quelli che mi sembrano ben disposti... in
questo mondo non si vive senza soldi. Vuoi sapere cosa ho pensato di te quando
sei entrato?-
-
Non mi interessa.-
-
Ho pensato che fossi una persona molto triste, non mi hai dato l’aria del
bastardo che vuoi farmi credere di essere. I tuoi occhi sono così delicati e
malinconici che mi hai fatto tenerezza. Ho avuto ragione di crederti una persona
sensibile, di solito quelli che accettano di stare con me sono rozzi e volgari,
a volte anche cattivi... di certo questa notte ti sarebbe piaciuta di più se
fossi stato Oz.- Spalancò gli occhi dalla sorpresa, come poteva quella donna
sapere di Oz? La fissò mentre si vestiva lentamente, cercando una spiegazione
per quelle parole, ma non riuscì neanche ad emettere un gemito. – Non stupirti
tanto, lo hai chiamato più di una volta mentre dormivi e gli hai chiesto scusa
continuamente. Certo io non posso sapere chi sia o cosa rappresenti per te, ma
deve essere importante perchè di certo preferisci lui e questo una donna lo
sente. Io non posso permettermi di giudicare altre persone, ma posso darti dei
consigli se vuoi.-
-
Non puoi dare consigli ad una persona malata come me.- Gil si portò le mani
davanti al viso piegandosi in avanti, era così patetico che si vergognava di se.
Farsi deridere da una sconosciuta era l’ultima cosa che voleva, essere compatito
poi era anche peggio. – E dire che ci ho messo tutto me stesso pur di non essere
me.-
-
Non si può essere un’altra persona, chiunque tu abbia cercato di impersonare,
semplicemente non esiste, ma è solo un’altra parte di te. Ho conosciuto uomini
che hanno tradito le proprie mogli senza mai pentirsi... non sono una persona
così orribile come pensi, so anche ascoltare e capire le persone e tu... sei di
certo l’uomo migliore che abbia mai conosciuto.-
-
Come puoi dirlo... non sai neanche il mio nome...-
-
Non mi serve...- tornò a sedersi sul letto e si avvicinò a lui, era delicata
come un fiore e questo Gil riusciva persino a percepirlo, sentì la sua mano che
gli accarezzava il viso e che si bagnava con quelle lacrime che solo Gil sapeva
versare. – Questa ne è la prova.-
-
Sono solo un uomo patetico che non è capace di crescere e abbandore il me stesso
legato ad un passato che non tornerà più.-
-
Sei un essere umano e tutti gli uomini hanno bisogno di avere dei legami nella
vita... gli esseri viventi non possono stare soli e legarsi a qualcuno è ciò che
cercano da sempre... tu non fai differenza. Io non posso sapere cosa ti sia
capitato, come non so chi sia questo Oz che tanto cerchi o chi ti ha fatto
quella cicatrice, però so per certo che tu hai bisogno di stare con questa
persona, che è il legame più profondo che hai e non devi perderlo...
–
-
Credi che sia normale essere così legati a un altro uomo?-
-
Io credo che non ci sia differenza se sia donna o meno, sei riuscito ad amare me
per una notta in modo meraviglioso... posso solo essere invidiosa di questa
persona che può averti sempre.-
Tornò alla villa dopo essere stato lasciato da quella
donna che ora considerava simile ad un piccolo angelo sperduto. Lei, che non
conosceva neanche il suo nome, era riuscita a capirlo con tanta facilità, cosa
che per lui stesso era stato sempre impossibile. Rientrò cercando di non far
rumore, era ancora molto presto e sapeva che non avrebbe trovato nessuno, si
sarebbe chiuso in camera per un pò, cercando di tornare se stesso. Invece le
cose andarono diversamente, di certo non se lo sarebbe mai neanche immaginato.
Lo vide li fermo, seduto sul davanzale di un delle tante finestre del corridoio
che portavano alla sua stanza, dormiva profodamente.
“Mi stava
forse aspettando?”
I
primi raggi di sole illuminavano quei capelli color dell’oro, lo sollevò
dolcemente e quel corpo così piccolo si adagiò su di lui in modo naturale. Lo
portò nella sua stanza, quella più vicina e lo pose sul letto, solo allora si
accorse che si era aggrappato a lui con forza e non voleva lasciarlo andare, un
gesto spontaneo che a Gil scaldò il cuore. Rimase li, fermo ed immobile,
osservando quella mano che reggeva il suo soprabito, quelle dita che gli
sembrarono più lunghe del solito. Forse accarezzarlo sarebbe stato inopportuno,
ma non riuscì a trattenere quel desiderio, quel gesto possessivo che solo lui
poteva permettersi. La sua mano non era altrettando delicata, troppo abituata ad
impugnare una pistola, troppo abituata a sporcarsi. Toccò quella pelle calda
facendosi pervadere dalla sensazione, quelle labbra che quello stupido di un
coniglio aveva toccato prima di lui. Forse non era normale, forse in lui c’era
davvero qualcosa di sbagliato, ma finchè Oz non se ne sarebbe accorto, sarebbe
andato tutto bene. Quando quel desiderio iniziò a diventare troppo per il suo
cuore debole, allontanò la mano di scatto, ma qualcosa la fermò prima che
potesse andarsene. Delle dita calde e delicate lo avevano afferrato in
tempo.
-
Oz... siete sveglio?- Aveva osato troppo, ma avrebbe sempre potuto trovare una
scusa, poteva sempre mentire, come ormai si era abituato a
fare.
-
Sei tornato Gil... ho avuto paura... dove sei stato?-
Non
poteva dirglielo, non doveva sapere quello che aveva fatto, eppure quegl’occhi
così sinceri lo avrebbero fatto cedere e quella mano che ancora non voleva
abbandonarlo, lo avrebbe fatto parlare.
-
Solo... ho solo fatto un giro... sono tornato a casa mia.- Oz si mise seduto,
continuando a tenerlo stresso a se, quasi temesse una sua fuga. Forse lui certe
cose non le sapeva e forse non era neanche in grado di comprenderle, ma sapeva
quando il suo Gil mentiva e ora lo stava facendo.
-
Sei qui ora, questo basta...- solo allora si rese conto di non stare bene,
faticava a respirare e il viso era come se andasse in fiamme. Questo Gil lo
notò, poggiò l’altra mano sulla fronte del suo padrone.
-
Avete la febbre... questo perchè siete rimasto ad aspettarmi... mi
dispiace.-
-
Va bene... è giusto che per una volta sia io quello che aspetta... tu lo hai
fatto con me per dieci anni.-
-
Prendersi un malanno però è diverso... state giù e riposate per
bene.-
-
Non te ne andrai via, vero Gil?- Sembrava spaventato e questo Gil non lo
sopportava. Stava facedo preoccupare il suo amato padrone, e si diede
dell’idiota.
-
Certo che no... rimango qui se è quello che volete.-
Lo
aiutò a sdraiarsi e rimase a fianco del letto in silenzio, osservando quegli
occhi smeraldo che si chiudevano per la stanchezza.
-
Sai Gil... tu fai così tanto per me...-
-
Pensate a riposare.-
-
Tu sei sempre così premuroso e gentile, sei sempre il Gil di una volta, anche se
piangi molto di meno e non mi chiami più padroncino... io mi sento in debito con
tutti da quando sono tornato, ma con te maggiormente... ho sempre il terrore che
tu te ne vada via da me.-
-
Perchè mai dovrei farlo?- Gil non capiva il perchè di quelle parole, iniziò a
temere che avesse scoperto ciò che aveva fatto con quella donna, anche se era
impossibile. Avvertì che Oz avrebbe pianto, conosceva bene quel tono di voce, lo
stesso che assumeva tutte le volte che non si sentiva all’altezza o veniva
rifiutato.
-
Perchè... perchè io...sono ancora così... tu sei cresciuto mentre io sono chiuso
in questo corpo da bambino e non posso dimostrarti nulla. Non riesco a farti
capire quello che vorrei o ciò che desidero, non riesco a ringraziarti come si
deve per ciò che fai per me... mi sforzo, ma non riesco a trovare un modo per
dimostrarti quanto tenga a te...- E il suo cuore iniziò a battere così forte che
temette di perderlo da un momento all’altro, quelle parole che lui non aveva il
coraggio di pronunciare, le stava ora ascoltando. – Sono solo un egoista,
continuo a tenerti vicino a me perchè so di non poter andare avanti da solo...
tu potresti avere tante cose tra cui una vita normale, ma io continuo a tenerti
legato a quell’assoluto pur di non restare solo... se solo io fossi più grande,
se solo questo stupido ed inutile corpo fosse cresciuto, magari io... magari
avrei potuto...-
-
Basta così...- era stato l’istinto e non più il cervello a farlo agire, si era
piegato su di lui e lo aveva stretto a se. Oz riuscì a sentire il cuore di Gil
martellare contro il suo petto, così veloce e passionale. – Non ho bisogno che
facciate nulla Oz, ciò che voglio è proteggere il mio padrone e rimanergli
accanto... il resto non ha importanza. Vi seguirò dovunque, vi salverò quando ne
avrete bisogno e vi amerò per sempre, anche se seglierete Alice a me. Non ho
bisogno che ricambiate ciò che io sento, ne che vi sforziate di trovare un modo
per farlo.- Si spostò leggermente, giusto per vederlo in viso e fargli capire
che era davvero ciò di cui aveva bisogno. I suoi occhi incontrarono quelli di
Oz, ancora annebbiati dalla febbre, forse era stata quella a farlo parlare, ma
non gli importava più, perchè la gioia che quelle parole gli avevano procurato,
gli avrebbero dato la forza di avanzare per altri mille anni. Poi la febbre
scomparve completamente da quello sguardo, tanto che Gil ne rimase sorpreso. Si
ritrovò davanti degli occhi che somigliavano più a quelli fieri e decisi di
Jack.
-
Oz... tutto bene?-
-
So che ancora non posso ricambiare Gil, ma...- spostò il viso verso di lui,
premendo le sue labbra su quelle dell’altro ancora sorpreso. Cercò una risposta
che arrivò subito, senza neanche pensarci su, Gil lo strinse a se e lo guidò
dove Oz era ancora inesperto. Quando si staccò dal suo padrone, persino lui
aveva il viso arrossato. – Questo è un anticipo Gil... il resto se lo vorrai
arriverà quando sarò in grado di superarti.-
Il
giorno successivo, dopo che il suo cuore si fu riempito di speranza e gioia
decise di rivederla. Tornò in quella brutta taverna, ma nessuno seppe dargli un
informazione precisa su chi fosse o dove vivesse. Provò anche la sera successiva
e quella dopo ancora, infine vi rinunciò... Chi fosse, il perchè avesse deciso
di trattare in quel modo un perfetto sconosciuto, questo lui non lo avrebbe mai
saputo. Potè solo ringraziarla dal profondo del cuore per avergli aperto gli
occhi davanti a quella verità che aveva cercato di nascondere... Ora ciò di cui
aveva più bisogno era li al suo fianco e il sapore di quella promessa lo avrebbe
accompagnato fino alla fine...
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Ecco qui ciò che ha partorito la mia mente malata... una piccola one shot su questa piccola coppia che mi fa tanta tenerezza....
spero vi sia piaciuta... non chiedetemi chi sia quella donna perchè rimarrà un segreto (in verità non lo so neanche io XD)
Spero di scrivere qualcosa di più lungo su Pandora Hearts, quindi alla prossima
Ciao a tutti
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