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Autore: SoraRoxas    29/09/2009    6 recensioni
Itachi Uchiha. Nukenin di livello S. Assassino del suo clan. Odiato da suo fratello, senza condizioni.
Ma possibile che lui sia solo questo?
Nel profondo del suo animo cosa ha provato realmente Itachi durante lo sterminio del suo clan? Com'era prima che la sua vita venisse sconvolta? Cosa ha provato nel corso della sua battaglia contro Sasuke?
Perchè le apparenze possono ingannare. Sempre.
"Vivi Sasuke. Scegli. Tu puoi ancora cambiare il tuo futuro. [...]"
{Prima classificata al contest: "Itachi centric" indetto da itachi_love} 
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Itachi centric... Nick autore:  SoraRoxas
Titolo della storia:  Pretence
Rating:  Verde
Avvertimenti:  One shot, Spoiler!

NdA: Prima di tutto... Sono felice. Fin troppo. Il mio secondo contest e mai mi sarei aspettata di arrivare prima. Tutt'al più su un argomento che mi ha toccato parecchio. La storia di Itachi Uchiha. Ninja da ammirare, che adoro. Davvero, sono ancora... come dire... sconvolta? Non riesco ancora a crederci! ^-^" Ma sono anche orgogliosa devo ammetterlo! Per essere riuscita ad esprimere al meglio quello tutti i sentimenti e le sofferenze di Itachi... Infatti non è proprio divertente...
Qualche spiegazione sulla storia:
Allora... Pretence (che tradotto in italiano sarebbe finzione) si divide in tre tempi: esattamente il prima dello sterminio, il durante e il dopo (before, during, after).  Alcune cose le ho inventate, altre immaginate.
L’avvertimento spoiler l’ho messo solo nel caso in cui qualcuno non compri il manga e né lo segua su internet.
Adesso mi dileguo. Augurando a chiunque sia arrivato fin qui, una buona lettura! ^^

P.s= per le due frasi in corsivo: la prima non so da dove cavolo mi sia uscita. La seconda invece è, secondo me, quello che Itachi può aver pensato.


 

 

 
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Pretence

 

“Un eroe non si misura dalla forza che

possiede... ma dal coraggio che dimostra

nel sacrificare sé stesso in qualcosa...”

 

 

[Before]

 

-Che giornataccia!- esclamò Shisui, mentre camminava al mio fianco. Un sorriso divertito mi increspò le labbra. Ogni volta che c’era un lieve accenno di pioggia, mio cugino diventava irritabile. Era divertente sentirlo lamentarsi per cosi poco.
Mi costrinsi ad alzare lo sguardo verso di lui, cercando di essere il più serio possibile. La pioggia cadeva fitta quel giorno. Ma per degli shinobi come noi, non esisteva né il bello né il brutto tempo. Dovevamo essere pronti a tutto.
-Cosa c’è che non va?- gli chiesi, sinceramente incuriosito.
-Siamo fradici Itachi! Ecco cosa c’è! Ed è colpa tua!- rispose, alzando gli occhi al cielo e mandando qualche imprecazione.
-Quanto la fai tragica...- sospirai, prendendo a camminare più svelto.  Anche io avevo voglia di tornare a casa, al caldo, e di togliermi i vestiti completamente zuppi. Ma ci avevano affidato una missione. Noi della squadra anbu avevamo sempre qualche missione, che fosse di vitale importanza o meno. Ed io che ero il capo dovevo rispettare ciò che mi veniva assegnato.
-Non puoi ritirarti comunque. Lo sai.- lo ripresi, alzando di poco il tono di voce in modo che mi sentisse. Era qualche metro dietro di me.
-Stupido clan e stupido onore!- esclamò, esasperato.
Far parte di uno dei clan più potenti di tutta Konoha non era semplice. Eppure chiunque vedesse me o qualche altro componente ci invidiava. Questo perché nessuno sapeva cosa significasse essere un Uchiha. Con tutte quelle regole da rispettare, l’onore da mantenere alto, la maschera di freddezza da dimostrare... Quindi se Shisui si fosse ritirato dall’incarico di anbu sarebbe stato un disonore non solo per la sua famiglia ma per tutto il clan.
Eppure a lui non piaceva affatto sottomettersi a tutti gli obblighi. Il più delle volte infatti, si cacciava nei guai. Cosa che faceva arricciare il naso a non pochi.
Nonostante fosse più grande di me di tre anni, eravamo sempre insieme. Ormai lo consideravo il mio migliore amico  nonché fratello maggiore. Certo che però, aveva spesso atteggiamenti da bambino!
-Se io non volessi più far parte della squadra non sarebbe un problema! Piuttosto se TU  ti ritirassi sarebbe come un grave delitto. Tu, il genio indiscusso del clan, mio caro Itachi!- affermò, sghignazzando e ribadendomi – per l’ennesima volta- il concetto che tutti si erano fatti di me.
Mi voltai verso di lui con la peggior espressione possibile. Sapeva quanto mi seccasse la storia del “genio”. E questo titolo mi era stato attribuito solo perché mi ero diplomato all’accademia a soli sette anni, padroneggiavo lo sharingan ad otto e ora, che ne avevo tredici, facevo già parte della squadra speciale ed ero un jonin.
Erano sicuramente cose da tenere in gran conto ma non mi era piaciuto –in nessuna occasione- mettermi in mostra. Dentro di me sapevo per certo di essere speciale. Ma,appunto, erano solo miei pensieri. Che non avrei detto mai nemmeno a Shisui.
“Il fulmineo” mi osservò, ridendo ancora di più, probabilmente perché mi sentivo i capelli incollati sul viso. Non dovevo avere proprio un bell’aspetto.
-Va bene. Basta parlare. Dividiamoci come tutti gli altri e tra un’ora ci ritroviamo ai volti degli hokage.- spiegai, interrompendo la nostra “tranquilla” chiacchierata di netto. Prima concludevamo la missione di ricognizione e meglio era.
Lui annuì, finalmente serio. Dopodiché sparì immediatamente, veloce come al solito, dimostrando come l’aggettivo fulmineo gli calzasse a pennello.
 

***

La pioggia continuava a cadere incessante. Le orecchie mi fischiavano per la moltitudine di suoni che sentivo. Eppure tra le gocce che cadevano con un tonfo secco, i miei passi scattanti e il battito del mio cuore ansante, qualcosa mi inquietava.
I miei sensi allenati mi dicevano di stare all’erta. Qualcosa –o qualcuno- si nascondeva nell’ombra.
Attivai lo sharingan per precauzione e mi guardai attorno.
Quando mai mi ero preoccupato in una maniera simile? E da quanto tempo mi ero staccato da Shisui?
Respirai a fondo e mi fermai. Mi trovavo in un luogo piuttosto famoso nel villaggio. La valle della fine. Zona ricca di memoria.
Era l’ultima tappa della missione visto che mi trovavo quasi al confine. Ma in quella strana atmosfera quel luogo risultava più inquietante del solito...
Un rumore alle mie spalle mi fece voltare di scatto e solo grazie ai riflessi pronti riuscii a scansarmi prima che un kunai mi colpisse in pieno.
-Che diavolo...?- sussurrai, mentre mi guardavo intorno freneticamente.
Che stava succedendo? Chiunque avesse voglia di giocare con me aveva scelto proprio un brutto momento. Si, ero un tipo tranquillo e non provocavo nessuno. Ma se mi arrabbiavo sapevo diventare letale.
Eppure senza che riuscissi a proferir alcuna parola, il misterioso aggressore uscì allo scoperto. Rimasi di stucco perché non mi sarei aspettato una mossa del genere. Stava diventando tutto troppo facile... Cosa c’era sotto?
Lo sconosciuto mi guardò di sottecchi e giurai che stesse sorridendo.
-Ciao Itachi- disse semplicemente. E non mi domandai neanche come facesse a conoscere il mio nome.
Una sola cosa mi colpì. I suoi occhi. Che improvvisamente erano cambiati. Riconobbi l’abilità innata del mio clan in quelle iridi. Ma non avevo mai visto una sharingan simile. Era spaventoso.
-Ti piacerebbe ascoltare la mia storia, Itachi? Io posso svelarti ogni segreto e farti diventare il ninja più potente tra gli Uchiha, il nostro clan.- Il suo sguardo si assottigliò e sentii nella sua voce una nota di euforia.
Non riuscii a rispondere. Era come se, fissando quello sguardo, avessi perso ogni capacità di intendere e di volere. E io non mi ero mai sentito così...
Ma solo molto tempo dopo capii perché, tra tutti i luoghi in cui potevamo incontrarci, scelse proprio quello in cui ci trovavamo. Compresi perché il nome di quella valle fosse così azzeccato per me.
Da quel momento ebbe fine tutto ciò in cui credevo e in cui avevo riposto le mie speranze. Cessò di esistere la mia vita, per come l’avevo condotta in tutti quegli anni. E smisi di essere l’Itachi che ero sempre stato, quello che tutti conoscevano. Non fui mai più me stesso.
Da quel momento iniziò solo il mio inferno personale... E non ebbi via di scampo.

 
***
 

 [During]

 
Notte di luna piena, fredda e vuota.
Notte troppo lunga, senza accenno di stelle.
Notte di sterminio e morti.
Ecco cosa avevano compiuto le mie mani. Avevano ucciso per la seconda volta. Si erano macchiate di sangue umano. Del mio stesso sangue.
Avevo troncato la vita dei componenti del mio clan, uno per uno. Impassibile, senza rimorso. Come se fossi diventato la morte fatta persona che si aggira tra le sue prossime vittime.
Ero diventato sordo agli urli di terrore, alle suppliche e avevo abbassato la mia katana su tutti loro, lasciandomi dietro solo l’odore di cadaveri.
E adesso, senza nessun cedimento, mi stavo dirigendo verso le ultime persone che avevo lasciato in vita. I miei genitori. Probabilmente già in allarme a causa degli urli e dei rumori provenienti dall’esterno della nostra abitazione. Chissà se avevano intuito chi fosse l’assassino che aveva provocato quel massacro?
-Sei stato tu ad uccidere Shisui!-. La voce di mio padre mi rimbombò in testa mentre estraevo, per l’ennesima volta in quella serata infernale, la katana pronta a seminare distruzione.
Chiusi quegli occhi che mio padre era riuscito a riconoscere per via del nuovo sharingan che possedevo e con una velocità incredibile mi ritrovai di fronte a lui, la mia arma già conficcata nel cuore. Non riuscì più a dire nulla. Il mio colpo fu letale. Si accasciò a terra per sempre.
La mia anima fu dannata.
-Itachi... Perché?-. Le ultime parole di mia madre furono proprio queste. E in quel preciso momento sentii dentro di me un sonoro “crack”.
Ma non ci fu alcuna risposta.
Lo sapevo per certo. Lei fu l’unica persona che non guardai dritto negli occhi. E non me ne pentii. Perché le lacrime volevano fuoriuscire e liberarmi dal groppo gigantesco che mi attanagliava la gola. Ma ero talmente cambiato da sentirmi asciutto persino dentro. Incapace di far cadere anche solo una goccia da quelle iridi quasi sempre rosse.
La mano tremava nel momento in cui la lama si mosse per trafiggere il corpo della persona che nonostante tutto mi amava, qualsiasi cosa facessi. E sperai non se ne accorgesse. Non uscì una parola dalle sue labbra, mi osservò con quel suo sguardo terribilmente dolce e attese. Pronta persino a morire per mano mia.
E tutto finì. Non appena capii che aveva esalato anche lei il suo ultimo respiro.
Il mio cuore si ruppe in tanti piccoli pezzi.
 

***

Ecco cosa leggevo negli occhi di mio fratello. Dolore, angoscia, paura.
Lo stesso identico sguardo di Shisui quel maledetto giorno in cui fui costretto ad ucciderlo. A far iniziare definitivamente la finzione in cui amavo nascondermi da lì a qualche tempo. Quella maschera che era stata creata appositamente per me.
Avevo usato lo sharingan ipnotico persino su di lui. Dovevo dimostrarmi terribile, freddo. Per cui non ebbi altra scelta. Anche se ero certo che se fossi rimasto ancora lì, avrei ceduto.
Era impossibile sostenere tutto quella sofferenza a lungo. Avevo bisogno di rimanere solo.
“Scappa Sasuke, scappa. Ma tanto ti raggiungerò.” pensai. E neanche ebbi concluso il pensiero che già mi ritrovai fuori con quella brezza stranamente fredda che si insinuava fin nelle ossa, nonostante la giornata estiva.
Sasuke era di fronte a me. Spaventato e distrutto, sia emotivamente che fisicamente.
Ma il mio piano sarebbe andato avanti per come dicevo io.
-Itachi... Ti prego...-. Sussurri flebili che neanche mi sforzai di ascoltare.
Piuttosto cominciai con il lungo monologo che mi ero prefissato in mente da tanto tempo.
Non seppi il motivo per cui tra tutti avessi deciso di lasciare  in vita solo Sasuke. Probabilmente perché era piccolo. E sarebbe potuto crescere odiandomi e cercando vendetta nei miei confronti.
O forse perché ero arrivato allo stremo. Se avessi usato la mia arma un’altra volta, quella sera, avrei di sicuro rimesso. Già la nausea era abbastanza forte.
Oppure stavo facendo tutto ciò per un semplice motivo. Era mio fratello. E io gli volevo fin troppo bene per avere il coraggio di ucciderlo. Già, forse un pizzico di quella sentimentalità che possedevo mi era rimasta. Almeno con lui...
Preferivo ferirlo in quel modo piuttosto che porre fine alla sua vita.
E quando finalmente, conclusi quel discorso che mi fece vergognare di me stesso, mi voltai di spalle per non guardarlo più. Nonostante gli avessi detto di andarsene, ero io quello a voler scappare via.
Fu  in quel momento che il crollo arrivò. Le lacrime –maledette traditrici- si impossessarono dei miei occhi e scesero fin sulle guance.
Riuscii a controllarmi senza lasciarmi sfuggire neanche un singhiozzo. E anche se fosse voluto succedere non gli diedi il tempo perché sparii, diventando parte integrante delle tenebre. Ma non prima di aver lanciato –con la coda dell’occhio- un ultimo sguardo a Sasuke.
E cercai di lasciarmi alle spalle il più grande errore che avessi potuto fare.
Ma tanto nessuno mi avrebbe considerato un eroe... Nonostante avessi sacrificato la mia vita.
 

***

 
[After]

 
Il momento che tanto aspettavo era giunto.
Sasuke avrebbe finalmente avuto l’opportunità di uccidermi, vendicando cosi tutte le persone a cui avevo tolto la vita.
Lo guardai senza esprimere nessuna emozione. Ormai ero incapace di provare qualsiasi cosa. Eppure ammettevo a me stesso quanto fosse cresciuto. Quanto, senza di me, fosse maturato in modo precoce. E quanto odio vedevo nelle sue iridi.
Ma me lo meritavo in fondo, no? Gli avevo rovinato l’esistenza. Avevo calpestato i suoi sogni. Annebbiato i suoi sentimenti, facendolo crescere solo nell’odio e nella vendetta.
Ma lui non poteva neanche lontanamente immaginare quello che provavo io. Ciò che mi portavo dentro da tempo immemore.
Non poteva capire quanto in realtà temessi per la sua incolumità. E che in tutti quegli anni, non avevo fatto altro che proteggerlo cercando di farlo allenare duramente per potersi difendere in mia assenza.
Perché se c’era una cosa di cui avevo certezza è che non mi restava più molto tempo. Mi ritrovavo già in un baratro senza via d’uscita.
E non parlavo solo dei peccati che mi schiacciavano le spalle. Ma anche della cecità e della mia malattia. Le uniche nemiche che non era in grado di sconfiggere. Che mi trascinavano sempre di più con loro. Entrambe si erano fatte sentire in quel lungo scontro e mi sentivo più debole che mai.
Sapevo l’esito di quella battaglia. Ma ero pronto a tutto pur di riuscire nel mio intento.
Sasuke non sarebbe riuscito a fermarmi...
 

***

Un dolore atroce al petto. Rivoli di sangue scivolavano dalla mia bocca. La vista stava peggiorando sempre di più. Era giunta la fine. Crudele e prepotente.
Ma non mi arresi. Con le ultime forze rimaste, presi ad avanzare verso Sasuke. Il Susanoo, mia tecnica letale serbata per ultimo, mi faceva da scudo contro tutti gli attacchi di mio fratello.
Quanto rimorso serbavo nel cuore. Possibile che la mia vita dovesse finire in quel modo? Non avevo combinato niente di buono e mai me l’ero goduta come avrei voluto. Avevo combattuto per qualcosa che mi apparteneva, certo, ma perché proprio io?
Perché avevo deciso di dare retta a Madara? Perché avevo eseguito gli ordini dei superiori di Konoha? Cosa avevo ottenuto in cambio?
Niente...
Sasuke mi scrutava, immobilizzato dal terrore. Dovevo avere un aspetto terrificante. Oltre al fatto che ripetevo ancora quella cantilena degli occhi. Che in verità non mi interessavano affatto. L’unica cosa che volevo era salvarlo. Di nuovo.
Non avrei mai permesso a Madara di torcergli un solo capello. Per questo avevo bisogno di essere il più vicino a lui. Per l’ultima volta.
“Stupido senso fraterno...” pensai amaramente tra me e me, ormai a pochi centimetri da lui.
E con estrema lentezza alzai la mano, avvicinandola pericolosamente agli occhi di Sasuke. Si aspettava con tutta probabilità che replicassi lo stesso gesto che gli avevo fatto vedere nella mia illusione.
-Sasuke...-. La mia voce roca e stanca sussurrò il suo nome.
Un sorriso sincero mi increspò le labbra. E fu una sensazione indescrivibile. Da troppo tempo non la sentivo.
Le mie dita si appoggiarono con dolcezza sulla sua fronte facendoci rivivere ad entrambi, per un solo istante, una scena del passato. Quel buffetto che gli davo sempre sulla fronte. Era quasi il mio segno distintivo. Il mio modo di dimostrargli quanto gli volessi bene. E che ancora gliene volevo.
E ciò mi fece sentire in colpa nuovamente. Avremmo potuto vivere la nostra vita in un altro modo. Saremmo potuti essere felici. Ero stato io a rovinare tutto.
Ma avevo sempre finto. Non solo ero un ninja traditore e assassino. Ma persino un bugiardo. Che non aveva avuto il coraggio di rivelare la verità. Che aveva preferito morire di solitudine piuttosto che comportarsi da egoista.
Ma adesso potevo smettere di fingere. Ritornare di nuovo il ragazzo di prima. Peccato che non in vita.
Per me era giunto il momento di andare.
Le mie dita scivolarono a poco a poco lungo il volto del fratellino che avevo tanto amato e prima di sentire il cuore battere per l’ultima volta, due lacrime scesero dai miei occhi ormai spenti.
Chissà se erano lacrime di felicità  o di dolore?  
Quasi certamente di felicità. Perché ero riuscito ad imporre su l’unica persona importante rimastami, la mia tecnica di protezione. E questo era l’unica cosa che contava davvero.
“Vivi Sasuke. Scegli. Tu puoi ancora cambiare il tuo futuro. Io invece posso ricominciare a vivere per davvero?”


   
 
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