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Autore: london04    29/09/2009    2 recensioni
questa è la storia di due caretteri opposti come dice il titolo e tratta di Kevin &Scotty.inizialmente non è un au, ma poi vedrete che con il sussguirsi delle puntate lo sarà sempre un pò di più.adoro infatti i loro caretteri, ma credo che il creatore nn stia dando loro tanto qunato si meritano. quindi, è dedicata atutti coloro che la pensano cme me.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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19h30

Finalmente chiudo lo sportello! Mamma mia ho passato un tempo assurdo in macchina per arrivare fino a casa!davvero la stradina di casa mia a volte la si scambia per una di quelle strade mondiali in cui sembra si incrocino sia le strade per il Canada che quelle per il Brasile tanta è la gente che ci passa! E invece no, è una vietta piccola piccola in cui non ci si può passare neanche in due, e quando dico due intendo una macchina e una bicicletta! Neanche quella ci passa!...forse un monopattino..o qualcuno con i rollers…sono sempre un mezzo con il quale spostarsi, no?

Ma lasciamo perdere, sto perdendo tempo in riflessioni del tutto incoerenti e in attinenti a ciò che devo fare, cioè prepararmi per uscire con quel moccioso di Scotty.

Entro nel’androne della palazzina e incubo degli incubi!...c’è la fila anche per prendere l’ascensore! Noto infatti che davanti a me ci sono: la signora Kate che con le sue stampelle non può farsi la rampa di scale, il signor Miros che ha in mano uno scatolone talmente grande da farmi domandare se mai ci entreranno nell’ascensore tutti e due insieme, lui e il pacco. infine c’è la cara signorina Richards, una zitella mia vicina di piano che avrà 95 anni per gamba che ha un modo di fare così sveglio e saggio che solo le persone anziane possono avere che non puoi non volerle bene e augurarle che campi altri 30anni.

Sospiro e faccio le 5 rampe di scale che mi separano dal piano terra di fretta e mi consolo nel pensare che almeno sto facendo un po’ di allenamento: arrivo di fronte alla mia porta con solo un po’ di fiatone e la cravatta storta.

Mi precipito dentro casa e mi fiondo sotto la doccia, passandoci un tempo assurdo.

Esco dal box delle doccia, passo una mano sullo specchio all’altezza del mio viso per disappannarlo e guardo il mio riflesso nello specchio:ho delle occhiaie tremende e i capelli così,tutti bagnati,sembrano non avere forma e in più ho proprio paura che quella striscia al di sopra dell’occhio destro sia una ruga! O mio dio, sto invecchiando e il mio corpo non vede l’ora di farmelo capire mandandomi messaggi con sottotitoli enormi: hai passato la trentina e ora non devi far altro che sederti ad aspettare che forse sia qualcosa a venire verso di te per cambiare ciò che si sei. il tempo di muoversi, cercare e magari sprecare tempo dietro cose del tutto inutili è passato e l’unica cosa che ora devi sperare è arrivare ai quarant’anni senza troppe delusioni.

Mi do un ultimo sguardo e mi fronteggio allo specchio: “ ma stai parlando proprio con te?...ma dai!”.

sbruffo al me stesso dall’altra parte dello specchio, infilo le ciabatte e vado verso la mia camera dove apro le ante dell’armadio, di fronte le quali mi piazzo con le braccia conserte ad osservare ciò che potrei indossare.

Nella mezz’ora successiva svuoto praticamente tutto l ‘armadio alla ricerca di qualcosa che possa sembrarmi adatto sia al posto dove ho prenotato sia al tempo: avevo preso in seria considerazione un maglione nero che adoro e che considero ormai il mio portafortuna perché è l’unico ad essere sopravvissuto la volta in cui, tutto preso dal trasloco come ero, avevo lasciato uno degli scatoloni fuori l’androne proprio dietro la ruota posteriore del camion. Vi lascio indovinare la fine: andai a riprendere il mio scatolone ridotto ad una sottiletta con le lacrime agli occhi e l’unico indumento appunto che riuscii a conservare è questo fantastico maglione nero. Tornando a noi, non lo posso mettere perché credo che i 20 gradi che ci sono di fuori siano un po’ troppi per un maglione praticamente di lana. Sospiro e passo in

rassegna gli altri vestiti: una camicia..? naa…mi ci ha già visto spesso! Una felpa? Si,così sembra che lo porto a scalare l’everest! Una giacca? Decisamente troppo formale.

Oddio…forse mi sto complicando troppo la vita, in fondo è solo un appuntamento tra neo-amici, mica voglio sposarmici! Al solo pensiero sorrido e scelgo un paio di jeans blu scuro e una maglia verde bottiglia. Mi metto un po’ di profumo, do un’ultima sistemata ai capelli cerando questa volta invece di appiattirli un po’ perché troppo gonfi a mio parere e come ultima cosa mi accerto di aver preso tutto: portafogli e chiavi, sia di casa che della macchina.

Guardo l’orologio proprio sopra la porta e mi accorgo che mancano solo pochi minuti all’appuntamento: che faccio? Mi metto a correre per non arrivare tardi così che non creda che lo voglia far aspettare? Oppure me la prendo con comodo così arrivo un po’ tardi e non crederà che sono impaziente?...aspettate..ho detto impaziente perché non vedo l’ora di scoprire cos’è la sorpresa, non di vedere lui! Che sciocchezze avrete mai capito?...

Neanche 5 minuti dopo sono arrivato a destinazione e mi accorgo di essere in ritardo:fantastico, tra i miei 1200 problemi mentali non ho neanche avuto bisogno di scegliere!.

Scendo dalla macchina e mi incammino verso il posto dell’appuntamento. Poco prima della panchina osservo che qualcuno ci è già seduto sopra:la luce del lampione si posa delicatamente sui contorni della slanciata figura di Scotty, quasi che lo avvolgesse. È seduto con una gamba poggiata a terra e l’altra è poggiata sull’altro ginocchio tramite la caviglia. Sta’ leggendo qualche cosa e non fa cenno di essersi accorto che lo sto osservando.

Cavolo, non lo sto osservando perché lo considero tremendamente bello alla luce del lampione ma solo perché dove volte altro che guardi? Siamo in un parco, devo andare verso di lui, mica posso mettermi a guardare di traverso rischiando di acciaccare qualche bisogno di un piccione o peggio ancora di un cane!

“ciao!”

Lui alza il suo sguardo verso di me e mi sorride: avevo dimenticato quanto trovassi piacevole il suo sorriso. O forse no.

“ buonasera! Bel colore- dice, indicando la maglia- mi piace il verde scuro.”

“grazie…hai fatto qualcosa di male?”

“cosa? E perché scusa?”

“mi hai appena fatto un complimento”

“ti sbagli satana, il complimento era rivolto alla maglia, no a te. hai per caso sentito: “complimenti per la scelta del colore Kevin”?” e mi rivolge un sorrido a trentadue denti.

“tutte chiacchere. Il complimento era rivolto a me e ti sei salvato in corner”

“sentilo!, se ci tieni così tanto a che sia più gentile nei tuoi confronti lo posso fare, sai? Non credo che tu riceva molto affetto in effetti se ti comporti in modo sempre acido. Ma tranquillo lo zio Scotty è qui per te”

“ok, forse non era un complimento rivolto a me…”

lui scoppia a ridere e si alza, prendendo la sua tracolla e mettendoci il libro che stava leggendo.

“wow…che cos’era?il libro per le vacanze che vi aveva dato la maestra per le vacanze e che non hai ancora finito?”

“no, era il manuale su come comportasi con le persone anziane senza offenderle circa le la loro età. La prima regola era cercare di dare loro affetto e fargli complimenti.”

“secondo me sei sempre più simpatico…”

Intanto siamo arrivati alla fine del parco.

Lui si volta verso di me:

“ destra o sinistra?”

Mi gratto un attimo la testa e poi ricordo che la macchina l’ho lasciata sotto un albero a destra della strada.

“allora dove andiamo?” mi domanda in macchina

“se lo volevi sapere dovevi essere più carino con me prima. Sai, sono molto suscettibile. Non c’è scritto questo nel tuo manuale? Arrivati ad u certo punto della vita non si vuole essere più presi in giro.”

“si, l’ho letto, ma sai, credevo che tu fossi diverso..insomma un nonno in gamba,giovanile” e mi rivolge un sorriso smagliante

Mi metto a ridere: “ è possibile che mi tu mi abbia appena preso in giro facendomi un complimento?”

“è un’arte che coltivo sin da quando ero piccolo.”mi confida, ridendo

“dio, pensa che incubo che dovevi essere già da bambino!”esclamo, scoppiando a ridere per la risposta

“no, ero molto tranquillo, mi adoravano tutti e ogni volta che venivano dei parenti a casa si complimentavano con i miei perché credevano che sorridessi loro perché gli volevo bene. Non avevano ancora capito che più che loro adoravo la cioccolata che mi portavano. Tutti i parenti ormai lo sapevano quindi quando venivano a casa era ben attenti a portarmene una scorta che potesse durare sino alla loro vista successiva. Solo che tra una visita e l’altra venivano anche altri parenti, che, furbissimi, pensavano la stessa cosa dei precedenti.”

“alla fine della tua infanzia eri diventato praticamente obeso!”noto, divertito dal suo racconto

“leva il praticamente! Pesavo50 kg all’età di dieci anni!”puntualizza gioioso

“non ci credo!” esclamo, spalancando gli occhi e pensando al fisico che ha oggi.

“un giorno ti mostrerò le foto…tu invece, scommetto che eri un bambino che rompeva le palle a tutti quanti e voleva sempre essere il capetto!”

“no, diciamo solo che ero abbastanza vendicativo…”dico,sogghignando

Intanto scendiamo dalla macchina e ci incamminiamo in una zona pedonale, tutta illuminata da luci di piccoli ristoranti ed insegne luminose di vari colori. È un quartiere dove ci sono praticamente solo posti dove mangiare, tutti stranieri però.

“in che senso vendicativo?” mi chiede, curioso, pronto a ridere

“ diciamo solo che una volta perché mio fratello maggiore non mi aveva lasciato giocare con i suoi giocattoli e io, arrabbiatissimo, gli volevo far capire che non mi si diceva di no. La settima dopo presi tutte le sue magliette bianche e le misi a lavare nel lavandino con un bellissimo maglione rosso di mia madre…”

Scotty si mette a ridere e mi guarda accigliato:

“credo che da allora ti abbia lasciato giocare spesso con lui e suoi giocattoli…”

“ puoi dirlo bene. Andò in giro con le magliette rosa per parecchio tempo!”

“siamo arrivati.” Gi indico un ristorantino tenuto da un afro-americano che secondo me fa il più buon cous-cous di tutta Los Angeles.

“wow! Ottima scelta, adoro il cous-cous!”e sorride

“allora abbiamo qualcosa in comune” dico, sorridendo a mia volta.

Entriamo e ci sediamo in un angolo non molto affollato.

Nella mezz’ora successiva ordiniamo e parliamo del quartiere: ci era già stato altre volte e lo adora. Secondo lui è uno dei rari posti di Los Angeles dove si può attraversare la Cina, l’Europa e i paesi arabi in pochi minuti attraverso l’odore che le loro cucine emanano, dando un senso di etnicità unico nel suo genere.

Sorrido e ammetto che per me è la stessa cosa. Gli confido che questo tra tanti ristoranti questo è il mio preferito in assoluto: non è uno di quei ristoranti di lusso o ornato con chissà quali cose. Assomiglia di più invece ad un’unica grande stanza in stile orientale: le pareti sono di un color rosso scuro abbastanza pesante, i tavoli sono bassi e ci si siede a gambe incrociate o in ginocchio su dei puff di vario colore. Le luci del lampadario sono molto luminose ma hanno attorno la lampadine una specie di velo in grado di offuscare un po’ la luce e farle emanare la luce con le sfumature del colore del velo. È molto, come dire, intimo, secondo me. E mi piace. Sono contento di averci portato Scotty.

Tra il primo e il dessert che non abbiamo ancora scelto, Scotty tira fuori qualcosa dalla sua tracolla.

“ecco la famosa sorpresa…alla fine ti sei persino dimenticato di chiedermela.”in effetti ci siamo messi a parlare del quartiere e della nostra passione per le culture straniere che me ne ero completamente dimenticato.

Osservo ciò che mi passa: è un grande foglio di un che fa parte di un blocco di disegni. Sul foglio in questione vi è disegnato un tavolo sul quale sopra è posato un grande cesto contente frutta di ogni genere che un piccolo gatto da dietro, poggiato sempre però sul tavolo, fa rovesciare sul tavolo. Tre quarti della frutta è posizionata tra il tavolo e il cesto, mentre l’altro quarto è designato in caduta libera verso il basso. è davvero bello. Il realismo dei contorni della frutta è assurdo e l’espressione del gatto è giocherellona e sorpresa tanto quanto basta.

“..chi lo ha designato?”

“io…”

“davvero?”

“e già..sai, era un’idea per il muro della tua cucina, è abbastanza grande ma è parecchio spoglio…”dice, con l’aria di buttarla là così.

“ e tu vorresti designare questo sul muro a dimensioni più grandi?” dico, ancora sbalordito.

“se non ti piace lascia perdere..” si affretta a dire

“ma starai scherzando, spero..è bellissimo e l’idea mi piace da matti. Ti immagini che muro? Sarà stupendo!”dico sincero

Noto che la parte inferiore delle sue orecchie è diventata rossa e che le sue guance si tingono leggermente dello stesso colore mentre sorride timidamente gioca con la punta del coltello. È la prima volta che lo vedo timido.

“che c’è arrossiamo? Ma quanto siamo timidi…”dico, per metterlo nuovamente a suo agio.

Lui effettivamente scoppia a ridere e mi lancia una finta occhiataccia.

“dove hai imparato a designare in questo modo?”chiedo, comunque curiosissimo di saperne di più

“ho studiato all’otis college of art and design della California per 3 anni, da quando avevo 18 anni a quando ne compii 21” lui, invece, non sembra molto entusiasta di parlarne.

“ e perché non hai continuato?” mi interesso.

“semplice, non mi hanno rinnovato la borsa di studio, quindi non me la sono più potuta permettere e ho dovuto cominciare a lavorare per pagarmela. Solo che è parecchio cara ed è difficile mettere soldi da parte in una città come Los Angeles dove tutto è caro. Ma parliamo d’altro, non mi piace ricordare. Sono passati due anni.” Mi esorta:sembra a disagio . Non mi guarda negli occhi mentre lo dice, parla velocemente e il suo tono di voce non è più allegro e spensierato come prima. noto che persino mano con il quale lascia il coltello di scatto trema un po’.

Così annuisco e cambio discorso di fretta:non voglio farlo sentire nervoso e ho l’impressione che il passato non sia il suo argomento preferito. Già ieri,mentre pitturavamo a casa, non mi aveva voluto parlare della sua precedente storia. Sono intrigato però dal passato già così pieno di misteri di questo giovane.

Ci mettiamo a parlare di viaggi e di paesi esteri che abbiamo visitato. Scopriamo di non avere esattamente gli stessi gusti in fatto di paesi ma ci accomuna la voglia di scoprire, di visitare e vedere cose nuove. Entrambi in più siamo molto affascinati dall’Europa, in quanto è il continente che consideriamo più vicino noi per mentalità.

“io adoro l’Europa che è più a est,ma devo ammettere che correrei a per visitare l’Italia, la Francia e la Germania. Adoro anche il Belgio..è lì che si è sviluppata la pittura fiamminga..” mormora, quasi come se gli fosse sfuggito, ma io l’ho sentito.

“io adoro invece l’Inghilterra e tutto ciò che riguarda la sua cultura: adoro la sua storia, il suo modo di pensare, di agire, così razionale. Adoro anche la loro piena libertà di quasi tutto: mi piace l’idea che un paese lasci liberi i suoi cittadini in modo che possano non sentirsi giudicati ma anzi che li stimoli ad essere sempre originali e innovatori”

Lui mi sorride, guardandomi però con occhi indagatori, quasi che mi stessero valutando.

“che c’è?...” chiedo, scoprendomi arrossito sotto il suo sguardo penetrante

“niente, mi piace il tuo modo di pensare liberale.”

“grazie..” mormoro.

E questa volta sono sicuro che fosse un complimento.

Mentre parliamo arrivano i nostri dessert: lui ha preso una coppia di frutta tipicamente usata nella cucina africana mentre io una fetta di torta ai datteri.

“ti và?è buonissima!” mi propone

“ok. però anche tu assaggia questa! I datteri non sono proprio il mio forte ma una volta ogni tanto mi piacciono!”

Lui annuisce, ci guardiamo velocemente e capiamo che la situazione così non è delle migliori: non posso mettere la mia fetta di torta in mezzo alla sua coppa di frutta! Così da un parte io spingo il piatto verso il centro del tavolo e lui fa lo stesso con la sua macedonia africana: versa il contenuto nel mio piatto sin troppo grande per una fetta e ci mettiamo a mangiare nello stesso piatto.

Seguitiamo parlando di culture diverse dalla nostra e questa volta ci addentriamo nei paesi ancora più lontani. Proseguiamo così il resto della serata, tra viaggi e culture. Non ci accorgiamo che,nel frattempo il ristorantino si sta svuotando e che siamo quasi le uniche persone rimaste.

Quando ci alziamo decidiamo di continuare un po’ la serata andando a farci una camminata.

“ sicuro che dopo la mamma non ti sgrida, Scotty?”lo prendo in giro

“secondo me tu lo stai chiedendo perché cominci ad avere sonno. Sai l’ora della nanna è passata da un pezzo per te..”

“perché che ore sarebbero?”

“ ora te lo dico subito….è quasi mezzanotte…”dice, sorpreso anche lui in effetti

“davvero?”

“non mi dire che ti stavi divertendo con un poppante…!”

“ e tu con un vecchietto!”

Lui mi fronteggia:

“forse” e mi guarda di sfuggita, sorridendo

“già, anch’io forse…- dico, lasciandomi andare- ma è meglio che ti accompagni a casa che domani mattina ti devi svegliare presto.”dico, ricordandomi che a cena mi aveva detto che domani mattina avrebbe dovuto svegliarsi alle 6e mezza

“ok…”

Ci avviamo così verso la macchina,un po’ in silenzio un po’ ascoltando il rumore della città notturna che si sveglia.

“è bello vivere in una città dove si può stare svegli tutti la notte ed essere comunque sicuri di trovare un posto dove poter parlare con gli altri o anche solo distarsi” e quando lo dice intuisco che c’è qualche cosa di più in quella frase ma non riesco ad afferrarlo. Non ancora perlomeno. Non è infatti questa la sera in cui lo capirò perché infatti prosegue gioioso, descrivendo ciò che si può fare di notte.

“ah, e una volta vorrei portarti in uno dei miei posti preferiti, invece. Se ti và.”propone, alla fine

“ si certo!...- dico, forse un po’ troppo velocemente e felicemente.-….mi porti al centro ricreativo dove tu e i tuoi amichetti vi riunite per giocare con le macchinette?” dico, per riprendermi.

“lo so che ai tuoi tempi la tecnologia non era del tutto ancora entrata in circolazione, comunque ora si gioca con i video-game. Sai, computer..oggetto tecnologico più o meno rettangolare..” dice, designando in aria un rettangolo come fossi stupido. Ride.

“wow, hai fatto geometria oggi con la tua maestra a scuola, Scotty?”ribatto, punto sul vivo e ridendo

“si, però non è la stessa che mi insegna geografia ad esempio. lo so che per te è strano..quando ci andavi te c’era ancora il maestro unico.”mi spiega, sempre sorridendo.

“si, ok, fenomeno. Intanto però dimmi dove girare per casa tua.”dico, tentando di cambiare argomento e scuotendo la testa in modo rassegnato: non so cosa rispondergli. Lo guardo di sbieco e sorrido

.

Lui ricambia il sorriso e poi si gira guardando fuori il finestrino.

“ecco, poco più avanti.”

5 minuti dopo lui scende dalla macchina e si volta a guardarmi:

“grazie per la bella serata, satana. È bello parlare con te…- dice, dolcemente....ovviamente però il più bello rimane sempre adattarsi alle tue condizioni di anziano!” finisce, ridendo

“buona notte poppante!” e sorrido

“’notte satana!”

Quando vedo il portone del suo palazzo vecchio e mal ridotto chiudersi dietro di lui sento un enorme sorriso salirmi sulle labbra.

Accendo la radio e canticchio frasi senza senso e motivetti che sinceramente dubito esistano.

Grazie e tutti coloro che seguono Kevin e Scotty!

  
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