- Betrayed Friendship –
-Capitolo 1: Return to home-
Con fatica e barcollando
leggermente, mi
dirigo verso l’enorme montagna di scatole di cartone che si
trova davanti l’ascensore.
Poggio i due scatoloni che ho in mano insieme agli altri e tiro un
lungo
sospiro di sollievo.
- Bene, questo era l’ultimo. Finalmente ho finito!
– mi passo una mano sulla
fronte per asciugare qualche gocciolina di sudore e spingo il tasto
rotondo,
chiamando l’ascensore che arriva dopo qualche secondo.
Anche se non del tutto entusiasta, comincio a caricare gli scatoloni
all’interno del mezzo, per poi, una volta finito, premere il
tasto cinque per
salire al piano dove si trova il mio appartamento.
Stancamente, mi appoggio alla parete e chiudo gli occhi.
Piacere, il mio nome è Naruto Uzumaki ed ho diciotto anni.
Non fatevi ingannare
dalle apparenze perché, nonostante la carnagione
caramellata, i capelli del
colore del grano e gli occhi tremendamente azzurri, sono un giapponese
al 100%.
Sono molto suscettibile su questo punto, quindi guai a chiunque si
azzardi a
darmi dell’Americano o dell’occidentale,
perché potrei non rispondere delle mie
azioni.
Non sono né magrissimo, né grasso e,
benché vorrei essere alto qualche
centimetro in più del mio metro e sessantasei, ora come ora
non mi lamento per
niente del mio aspetto fisico.
Come mai hai detto ora?, di sicuro è
questa la domanda che vi starete
tutti ponendo, non è vero? Beh, diciamo che per avere una
risposta, e per avere
chiara la situazione, dovreste conoscere la mia storia.
Avete qualche minuto di tempo per ascoltarla?
Bene, direi allora d’iniziare dalle mie origini, ovvero,
dalla mia famiglia.
Sono il secondogenito della famiglia Uzumaki, nonché figlio
di Minato Namikaze
e Kushina Uzumaki.
Amo, nel vero senso del termine, i miei genitori. Non so davvero come
farei
senza di loro, e poi… ci credete che la gente quasi si
spaventa quando vedono
me e mio padre camminare insieme per strada?
Credetemi, osservare le loro facce sorprese o incredule è
davvero uno spasso!
Ebbene, secondo il 99,9% delle persone che ci conoscono, io e mio padre
siamo
considerati come due gocce d’acqua, sia fisicamente che
caratterialmente. Devo
dire che se non fosse per l’età potremmo
tranquillamente spacciarci per
fratelli gemelli o qualcosa del genere.
Stessi occhi, stessi capelli, stessa carnagione… ma non
stesso carattere, il
quale, secondo mia madre - che per l’appunto rappresenta lo
0,1% - , l’ho fortunatamente
ereditato da lei.
Infatti, nonostante Kushina appaia come una donna bellissima e dalle
movenze
delicate, in realtà ha un carattere forte e impulsivo, che
la rende un vero e
proprio maschiaccio.
In ogni caso, sebbene mio padre a volte possa sembrare un idiota, in
realtà è
un uomo straordinario, serio sul lavoro e sempre presente in casa.
Davvero, penso che tipi come lui oramai se ne possano trovare davvero
pochi in
giro.
Ma torniamo a noi… dicevo…
Minato e Kushina si conobbero quando, su per giù, entrambi
avevano vent’anni.
A quel tempo mia madre lavorava come modella per una famosa casa di
moda mentre
mio padre faceva parte dei cinque avvocati che si occupavano della
parte
finanziaria/giudiziaria della stessa società.
Essendo in due reparti della società completamente opposti,
non si erano mai
visti o incontrati di persona, fino a quando un caro amico,
nonché collega, di
mio padre, Jiraya, non lo aveva costretto a farsi “un
giro nel reparto hot
dell’azienda” – così
lo aveva definito lui.
L’ero-sennin –così ho rinominato Jiraya
dopo averlo conosciuto meglio e aver
scoperto la sua enorme passione per il sesso femminile, tanto da venir
arrestato più e più volte per molestie e
spionaggio, in bagni pubblici e centri
termali- lo portò nel reparto dei set fotografici e fu
lì che mio padre e mia
madre si videro per la prima volta.
Inutile specificare che tra loro fu subito amore a prima vista. Un
colpo di
fulmine, insomma.
Quella volta parlarono molto e, da quel momento, non mancò
un giorno in cui mio
padre non andasse a trovare Kushina. Ne seguirono, naturalmente, varie
uscite e
appuntamenti, finché i due non si misero insieme e, dopo due
anni, si
sposarono.
Dopo un anno dal loro matrimonio nacque mio fratello maggiore, Yahiko.
Più grande di me di ben sette anni, nonostante
l’aspetto da teppista e l’aria
poco affidabile che trasmette, penso faccia parte di quella ristretta
fascia di
persone su cui puoi fare affidamento sempre e comunque.
Al contrario di me, lui ha ereditato i tratti di mia madre e il
carattere di
mio padre, anche se a volte, soprattutto quando mostra le sue
particolari manie
da despota, quali conquista del mondo, distruzioni di massa, ecc.., fa
veramente paura.
Quando gli ho posto il problema, mia madre mi ha rassicurato, dicendomi
che è
solo una cosa passeggera, tipo crisi fine-adolescenziale o simile,
anche se io
non ne sarei poi così sicuro…
Insomma, se fosse stato veramente così, non avrebbe mai
formato quel gruppo di
pazzi che si fa chiamare Akatsuki, dove lui e i suoi amici schizzati si
riuniscono per fare io-non voglio-sapere-cosa.
Ad essere sinceri, il rapporto tra me e mio fratello non è
stato fin dal
principio solido e bello come lo è adesso.
Per via della grande differenza di età che ci divide, quando
io avevo raggiunto
la fatidica età in cui si poteva parlare con le persone di
cose ben più serie e
importanti che di giocattoli e disegni, Yahiko era ormai entrato nella
famosa
età adolescenziale, dove i tuoi unici punti fissi sono il
divertimento e le
ragazze.
Ora che anch’io sto vivendo questa fase della mia vita, mi
rendo conto di
quanto il chiacchierare con un ragazzino di otto anni sia, in un certo
senso,
noioso e scocciante, ed è per questo che non gli ho mai
rinfacciato qual
distacco che aveva creato tra noi.
Il nostro rapporto si è notevolmente rafforzato e
solidificato quando
purtroppo, cinque anni fa, mia madre si è ammalata di cancro
ai polmoni.
Quando il dottore ci disse che per curarla dovevamo farla operare al
più
presto, per noi fu un duro colpo, soprattutto per mio padre.
Purtroppo, a causa del fatto che nella città in cui
abitavamo, Konoha, non ci
fossero chirurghi che operassero quel tipo di malattia, fummo costretti
a
trasferirci in America, più precisamente a Chicago, dove mia
madre fu operata
dal dottor Stolen, famoso chirurgo indirizzatoci da Tsunade, nostro
medico di
famiglia, nonché moglie di Jiraya.
Per fortuna l’operazione andò a buon fine e, dopo
anni di controlli e chemio,
adesso mia madre è tornata più in forma di prima.
Ringrazio tutti i giorni i Kami per questo.
In ogni caso, sette anni dopo la nascita di Yahiko, Kushina diede alla
luce me,
un bambino biondo e paffuto, di ben 3.8 Kg.
Credo sia inutile descrivervi la mia infanzia, in quanto penso sia
stata come
quella di tutti.
A sei anni cominciai finalmente le elementari, e con esse la mia vera
vita.
Ricordo perfettamente il mio primo giorno di scuola e di come mio padre
continuasse a piangere tenendomi stretto a lui, ripetendo in
continuazione che
non voleva lasciare andare il suo piccolo Nacchan –
nominativo datomi da lui e
che, sinceramente parlando, io odio – e che “stavo
crescendo troppo in fretta”…
che figuraccia!
Per fortuna che ci avevano pensato mia madre e mio fratello a
trascinarlo via…
Anche se ero un bambino solare, allegro e che amava giocare, a causa
della mia
inesperienza nel relazionare con gli altri, per i primi giorni rimasi
abbastanza in disparte, evitando gli altri bambini e non parlando con
nessuno,
insegnanti inclusi.
Nella pausa pranzo rimanevo sempre in classe insieme ad un altro
bambino che,
come me, non parlava con nessuno e stava sempre da solo, nonostante
più e più
volte molti nostri compagni gli chiedevano di unirsi a loro per un
gioco o un
disegno; mentre mangiavo lo osservavo sempre attentamente, sperando che
un
giorno si girasse verso di me e mi parlasse. Ogni tanto riuscivo ad
intercettare i suoi occhi d’onice che mi osservavano, i quali
poi fuggivano
subito non appena incontravano i miei, confusi.
Passarono così, tra sguardi furtivi e silenzi decisamente
imbarazzanti, i primi
due mesi di scuola, e i miei genitori non sapevano proprio come
aiutarmi a
trovare il coraggio per farmi qualche amico.
E poi… semplicemente arrivò il mio momento.
Quel giorno era stato come gli altri. Monotono.
Eppure, quando mi
ritrovai di nuovo ad osservare quel bambino mangiare, qualcosa mi disse
che, se
mi fossi alzato da quella sedia e avessi cominciato a parlare con
quest’ultimo,
la mia vita sarebbe cambiata in meglio.
Fu così che presi la mia decisione: presi il mio pranzo e mi
parai davanti a
quel bambino che, notandomi, fermò le bacchette con cui
stava mangiando a
mezz’aria e mi rivolse uno sguardo scocciato.
Io lo fissai sorpreso. Nonostante fossimo in classe insieme ormai da
due mesi,
non mi ero mai soffermato più di tanto sul suo aspetto
fisico: aveva dei
bellissimi occhi neri color pece, la carnagione bianca, quasi lattea, e
dei
corti capelli neri, leggermente sparati in alto sul retro. Insomma, non
si
poteva certo dire che Sasuke Uchiha, già da piccolo, non
fosse destinato a
diventare un bellissimo ragazzo!
Ricordo perfettamente quella che fu la nostra prima
conversazione…
- Cos’hai da fissare? – la sua voce mi
distolse dai miei pensieri,
riportandomi alla realtà.
- Non ti sto fissando! –
- Certo come no… - disse ironico, tornando ad osservare il
suo pranzo. - allora
cosa vuoi? –
- Beh… ecco… io volevo… - Arrossii.
Chissà perché ma quel bambino mi metteva in
soggezione.
- Entro oggi, Dobe. –
Sobbalzai. – Come mi hai chiamato, scusa? –
- D-O-B-E. vuoi che te lo ripeta, Dobe? –
Strinsi i pugni, irritato. Ma come si permetteva? Neanche mi conosceva
e già
m’insultava? Quel… quel…
- Teme! Non chiamarmi in quel modo! –
- E perché mai? È divertente vedere la tua faccia
che si gonfia come un
palloncino quando ti chiamo Dobe. – mi rispose, lanciandomi
un’occhiata
divertita e un sorrisino sghembo.
Ma siamo sicuri che questo abbia sei anni? mi chiesi, osservandolo bene.
- Teme! – gli urlai, mettendo su il mio solito broncio - Tsk!
E io che volevo
chiederti di pranzare insieme… -
- Come scusa? – chiese, alzando un sopracciglio.
- Ho detto che volevo chiederti se ti andava di mangiare con me. In
questi due
mesi ho notato che stai sempre da solo, quindi pensavo ti avrebbe fatto
piacere… e poi anche io sto sempre da solo,
quindi… -
Lui sembrò seriamente pensarci, osservandomi. - Tsk! Ok, ma
solo se non parli
così tanto. Mi hai già fatto venire mal di
testa… - mi rispose lui, mangiando
un boccone
- Eh? Stai dicendo sul serio? - chiesi incredulo, con la paura di
essermi
sognato tutto.
- Cosa della parola “ok” non ti è
chiara, Dobe? … Comunque piacere, Sasuke
Uchiha. – e detto questo mi porse la mano, che io andai a
stringere subito più
che volentieri, sorridendo felice.
- Piacere mio, Teme! Naruto Uzumaki. –
Ok, non fu il primo approccio più bello del mondo, ma per me
fu molto importante.
Da quel giorno io e Sasuke pranzammo tutti i giorni assieme, parlando
del più e
del meno… o meglio, io parlavo mentre lui rispondeva a
monosillabi, quali: si,
no, forse, Dobe.
Già, nonostante fosse un piccolo genio, il suo vocabolario
era molto limitato…
Eppure, nonostante fosse un tipo taciturno e scontroso, lo trovavo ogni
giorno
più simpatico, e piano piano cominciammo a passare sempre
più tempo assieme,
sia dentro l’ambiente scolastico sia fuori da esso.
Ricordo ancora la faccia scandalizzata che ebbe quando venne per la
prima volta
a casa mia e conobbe “l’abbraccio
stritolante” di mio padre. Per non parlare
della mia faccia sconvolta, quando conobbi la famosa famiglia Uchiha
per la
prima volta.
Mikoto e Fugaku Uchiha, i suoi genitori, erano due persone veramente
diverse
tra loro. Lei era una donna molto bella, con lunghi capelli neri e
occhi del
medesimo colore; era estremamente gentile con me. Mi sorpresi non poco
quando
venni a sapere che aveva conosciuto mia madre e che aveva partecipato
ad alcuni
concorsi di bellezza insieme a lei.
Fugaku, invece, era un uomo molto severo e autoritario, uno di quelli
che non
si fanno fermare da niente e da nessuno, ma che, dentro casa, riescono
a
cambiare completamente carattere, addolcendosi. Da quanto ne sapevo
lavorava in
un’importante studio legale e proprio per questo tornava
spesso a casa molto
tardi, cercando di passare quel poco tempo con i suoi due figli e la
moglie.
E poi, per ultimo c’era Itachi, il fratello di Sasuke. Aveva
la stessa età di
mio fratello e, a quanto avevo capito, frequentavano addirittura la
stessa
scuola; lo trovavo molto simpatico e mi divertivo parecchio quando
giocavamo
tutti e tre assieme, ma era come se tra noi e lui ci fosse un imponente
muro
che ci separava.
Potete immaginare la mia reazione quando venni a sapere che faceva
parte della
stessa organizzazione di pazzi creata da mio fratello…
quello fu veramente il
colmo, anche se, in segreto, ero davvero contento. Non immaginavo che
io e
Sasuke avessimo così tante cose in comune, e
chissà, forse era stato proprio il
destino a farci incontrare.
Forse eravamo destinati a stare insieme.
Non potevo ancora sapere quanto mi sbagliavo…
Il periodo delle elementari, probabilmente, fu il periodo
più bello della mia
vita e, nonostante fosse un bambino silenzioso e scontroso, io volevo
bene a
Sasuke.
Il mio affetto per lui superava addirittura quello per mio padre!
Mi aiutava nei compiti -visto che era lui il genio tra i due-, giocava
sempre
con me e mi proteggeva quando gli altri mi prendevano in giro per il
mio
aspetto.
I capelli biondo cenere sempre in disordine e trascurati, gli spessi
occhiali
che, insieme alla lunga frangetta, mi andavano a coprire gli occhi e le
larghe
tute arancioni che indossavo, diciamo che non mi rendevano
particolarmente
bello… al contrario, mi facevano essere il soggetto perfetto
da poter prendere
in giro sempre e ovunque.
Naturalmente il tempo passò, e con esso anche
l’infanzia, che venne sostituita
dalla prima adolescenza.
Eravamo in quarta elementare quando, a noi due, si aggiunse un terzo
membro:
Sakura Haruno.
Sakura era una bambina dai lunghi capelli di un insolito color rosa e
gli occhi
verdi; era molto timida e, visto che era appena arrivata in
città, faticò molto
a inserirsi nella nostra classe. Mi ricordava molto me prima che
legassi con
Sasuke e, proprio per questo motivo, me la feci amica, invitandola a
mangiare,
studiare e uscire con noi.
Anche se all’inizio Sasuke non fu molto d’accordo
all’idea che ci fosse una
piattola –così l’aveva rinominata lui,
visto che gli stava sempre attaccata-
insieme a noi due, con il passare dei giorni sembrò
accettare l’idea e senza
neanche accorgercene diventammo praticamente inseparabili.
Poi le elementari finirono, e con loro anche il mio periodo felice.
Il tempo passò, e con il tempo passò anche
l’infanzia, che venne sostituita
dalla prima adolescenza.
Ormai eravamo alle medie, dove ci si apriva un modo completamente nuovo
e
sconosciuto. Ma eravamo cambiati, e fu questo che portò alla
rottura di quella
profonda amicizia che ci era stata fondamentale negli anni addietro.
Sasuke, nonostante la sua giovane età, era diventato in poco
tempo il ragazzo
più popolare dell’istituto. Bello, atletico,
intelligente e bravo in qualsiasi
cosa, quasi tutte le ragazzine gli andavano dietro, compresa Sakura.
Sakura era diventata, anche lei, una splendida ragazza. Snella,
intelligente,
brava nella danza e nella ginnastica artistica, era corteggiata da
quasi mezza
scuola, ma non ci badava più di tanto, continuando ad andare
dietro a Sasuke.
Ero stato il primo a sapere della sua cotta per lui, e non ne ero stato
per
niente contento. Possibile che non si fosse accorta di me, che era da
più di un
anno che mi ero innamorato di lei? Possibile che fossi invisibile fino
a questo
punto? Possibile che i miei sentimenti per lei non contassero nulla?
Mi ero posto talmente tante di quelle volte queste domande che le
ricordo
perfettamente ancora tutt’ora. Insomma, era pur sempre la mia
prima cotta, no?
Volete sapere di me? Beh, ero rimasto il solito ragazzino da prendere
in giro e
da evitare; quello a cui fare gli scherzi; quello da sfottere. Lo
sfigato della
scuola, insomma.
E mentre loro crescevano e diventavano grandi e popolari, io li
guardavo da
lontano mentre, a mano a mano che passava il tempo, mi abbandonavano.
Il primo anno passò tranquillamente e, anche se io, Sakura e
Sasuke non ci
vedevamo più spesso come prima, passavamo quasi tutto il
nostro tempo libero
insieme.
Ma io mi ero accorto già da tempo che qualcosa non andava
più nel nostro rapporto.
Sakura stava sempre di più con le sue nuove amiche
–tra cui una certa biondina
di nome Ino- a chiacchierare di vestiti, gossip, shopping e di
“Sasuke Uchiha”,
più comunemente chiamato dalle ragazze
“Sasuke-kun” o “il mio Sasuke”.
Sasuke, invece, non sembrava diverso: era sempre il solito ragazzo
taciturno,
serio e diligente. Eppure anche lui stava cambiando.
Da quando aveva sentito che il padre voleva che s’impegnasse
negli studi per
poter ereditare, insieme a Itachi, la catena di studi legali Uchiha,
era sempre
più impegnato nelle sue attività scolastiche,
mentre trascurava sempre di più
me e Sakura.
Normale, direte, dopotutto tutti sanno che con il tempo le persone
cambiano.
Certo, ma aspettate di finire di ascoltare il mio racconto, prima di
giudicare…
Ormai eravamo alla fine del terzo anno e io ero stato quasi
completamente
dimenticato da loro due. Entrambi non mi parlavano e non mi salutavano
più: per
loro ero diventato un completo estraneo. Certo, non mancavano le
occasioni in
cui Sakura, incrociandomi nei corridoi, mi lanciasse uno sguardo
addolorato e
un silenzioso “scusami”, ma a me non interessava.
Ero arrabbiato con loro,
perché mi avevano lasciato di nuovo solo.
Fu in uno di quei soliti e monotoni giorni scolastici che incontrati
quelli che,
poi, sarebbero diventati i miei veri migliori
amici: Kiba Inuzuka e
Shikamaru Nara.
Quel giorno ero particolarmente giù di morale e, per
sfuggire ai miei problemi,
mi ero andato a nascondere in una parte del cortile scolastico in cui
non
veniva quasi mai nessuno. Ero lì tutto tranquillo quando, a
un certo punto,
l’abituale gruppetto che era solito prendermi in giro mi si
avvicinò.
- Ma tu guarda chi abbiamo qui… il mostriciattolo
di Konoha. – Neji Hyuga,
il capo del gruppo di bulletti della scuola, mi si avvicina insieme al
suo
gruppo, ghignando.
Impallidisco, mentre una forte paura s’impossessa di me.
- Ahahah! Ehi, guarda Neji… mi sbaglio o è
un’espressione impaurita quella che
ha impressa in faccia? –
- Tsk! Spiegami, Korai, come hai fatto a vederle la sua faccia con
quella
cascata di capelli e quegli occhiali a fondo di bottiglia?- a questa
sua
“battuta” tutti i ragazzi scoppiarono a ridere,
mentre io mi guardo intorno
alla ricerca di una via di fuga. Inutile, mi hanno circondato.
- Mmmh… come mai un mostro come te si trova nel nostro posto
di ritrovo,
Uzumaki? –
- I… il v-vostro posto di ritrovo? Ma… io non vi
ho mai visto qui… e poi c-chi
l’ha deciso che questo posto è vostro? –
balbetto. Dire che non ho paura di
loro è una gigantesca balla. Un pugno colpisce il mio viso,
facendomi cadere
gli occhiali e facendomi accasciare a terra.
- Chi l’ha deciso dici? – continua Neji,
prendendomi per il colletto della
divisa e facendomi sfuggire un gemito di dolore. – Semplice
Uzumaki: IO - e
detto ciò un altro pugno va a scontrarsi con la mia faccia.
- Ahi… -
- Tsk. Sei talmente debole da farti stendere da due pugnetti?
Patetico… -
Neji si sta avvicinando di nuovo a me, ma un urlo lo distoglie dal suo
operato.
- Neji Hyuuga, brutto bastardo, fermati immediatamente! –
Vedo Neji guardarsi intorno con uno sguardo a metà tra il
sorpreso e
l’arrabbiato, per poi, dopo averlo indirizzato verso
l’alto, impallidire
leggermente e fare un lungo balzo all’indietro. Curioso, non
feccio in tempo ad
alzare lo sguardo che un ragazzo, dagli scompigliati capelli castani e
il
fisico asciutto, ma non troppo, mi si para improvvisamente davanti.
Possibile che quel pazzo si sia buttato da una finestra?, penso.
- Hyuuga… sei grande e grosso, e ancora ti diverti a dare
fastidio agli altri?
Cos’è, la tua autostima è agli
sgoccioli e cerchi di risollevarlo sfogandoti su
quelli più deboli di te? – dal tono divertito del
castano e dallo sguardo
imbestialito del mio aguzzino, capisco che quest’ultimo non
ha una così grande
simpatia per l’altro.
- Inuzuka, perché non vai a giocare con quel sacco di pulci
che ti porti sempre
a presso e ti togli di torno? Sai, prima che tu venissi a disturbare,
stavo
facendo due chiacchiere con il mio … amichetto.
– dice ghignando e
provocandomi un brivido di terrore.
- Molto divertente, Hyuuga… davvero, molto
divertente. – gli risponde
ironico. – Ma ora smettila di dire cavolate e smamma. Oggi
non ho voglia di
discutere con un idiota come te. –
- Io non accetto ordini da nessuno, figuriamoci da te. – dice
con tono
divertito Neji, al che il mio salvatore fa spallucce.
- Oh, beh… peccato, sai? Comunque ti ricordo che a casa ho
tre, quattro
fotografie di te a otto anni, in cui portavi ancora il
pannolino… sai cosa
intendo, vero? – gli risponde con un ghigno stampato in
faccia. Vedo lo Hyuuga
sbiancare, questa volta del tutto, per poi arrossire leggermente nel
momento in
cui si accorge di avere tutti gli sguardi dei presenti puntati su di se.
- Vaffanculo inuzuka! – urla inviperito, per poi darci le
spalle e andarsene via
a grandi passi, mollando qualche spintone qua e là ai suoi
tirapiedi, che
subito si apprestano a seguirlo.
- Non senza di te Hyuuga! – lo sento urlare, prima di
scoppiare in una
fragorosa risata e girarsi verso di me. – Ehi, tutto ok
amico? – mi chiede,
mentre io rimango per un attimo intontito ad osservare lo strambo
ragazzo che
mi è di fronte: altezza sul metro e cinquantacinque, capelli
arruffati di un
bel colore castano, occhi di un insolito colore dorato e due strambi
tatuaggi
triangolari sotto gli occhi.
Strano, non mi sembra di averlo mai visto…
- Ehi, ci sei? – mi ridesta, sventolandomi una mano davanti
agli occhi.
- Eh? A-ah… s-sì, sì ci
sono… credo… - dico mentre mi rimetto in piedi e
mi
tolgo la polvere e la terra di dosso.
- Fiiuu… meno male. Sai, Neji purtroppo è un
sadico bastardo e temo che ormai
non sia più recuperabile. Pensa che quando era piccolo, ai
tempi degli ultimi
anni d’asilo, si spaventava per un nonnulla come una
femminuccia… non riesco
proprio a capire da dove gli sia uscito fuori questo suo lato
bastardo… mah!
Ah! Per non parlare di quando, in quarta elementare, ha quasi rischiato
di
affogare nella piscina della scuola. E aveva una ciambella con se! Ti
rendi
conto? Aveva una ciambella ed è quasi affogato! Ti giuro,
non avevo mai visto
spettacolo più comico in vita mia! E poi quella volta
quando… -
Oddio… ma quanto parla questo qui? Come si spegne? Non ho
mai sentito parlare
così tanto una persona in vita mia… tranne il me
stesso di qualche anno fa.
Involontariamente scoppio in una fragorosa risata che fa immediatamente
fermare
l’Inuzuka.
- Ah-ah! Ti ho fatto ridere! – esclama entusiasta, per poi
alzare il viso verso
una delle finestre della scuola e urlare: - Hai visto Shika? A quanto
pare
esiste qualcuno nel mondo a cui le mie storielle fanno ridere! -
Punto lo sguardo nella sua stessa direzione e intravedo un ragazzo con
una
strana capigliatura ad ananas affacciato alla finestra del secondo
piano;
dall’espressione annoiata che ha, non mi sembra molto
divertito.
- Kiba, sei noioso… sbrigati a salire su prima che suoni la
campana. – dice per
poi sparire.
- Tsk! Antipatico! –gli urla, per poi riportare i suoi occhi
dorati su di me. –
Non farci caso. Shikamaru non si entusiasma mai per nulla…
semmai solo quando
vede un qualcosa di soffice e morbido su cui dormire, ma per il resto
è uno
svogliato cronico! Ad ogni modo, piacere Kiba Inuzuka, 2^D.
Quell’idiota alla
finestra era un mio compagno di classe, Shikamaru Nara.– mi
dice, porgendomi la
mano.
- Naruto Uzumaki, 2^A. – rispondo ridacchiando e
stringendogli la mano.
- Bene, ed ora che ci siamo presentati avrei da farti una
domanda… - mi dice
ridiventando serio e osservando un punto alle mie spalle. –
quel tizio cupo,
che continua a fissarti da dietro quell’albero da quando ti
hanno aggredito, è
per caso un tuo amico o un tuo conoscente? –
Senza neanche fargli finire la frase, mi giro con uno scatto,
sobbalzando poi
quando i miei occhi incontrano quelli neri e profondi di Sasuke. Ci
fissiamo
per quello che a me sembra un tempo infinito, anche se sono solo pochi
e futili
secondi.
“Perché è lì?
Da quanto?
Possibile che abbia visto tutto e che non abbia voluto intervenire?
Perché?”
Domande… tante domande di cui, in fondo, conosco
perfettamente la risposta.
E allora capisco.
Capisco solo quando lo vedo voltarsi come se nulla fosse e andarsene,
unendosi
al gruppo di Neji.
Capisco che ormai non c’è più niente da
sperare.
Non c’è più nessuno
d’aspettare…
Crack.
… e sento perfettamente il mio cuore rompersi, e
con lui le mie ultime
speranze di quell’amicizia ormai del tutto finita.
- Io… - deglutisco, cercando di liberarmi di quel pesante
groppo che ho in
gola, per poi dare le spalle al punto in cui fino a pochi secondi prima
c’era
il mio ex migliore amico. - no… non ho la più
pallida idea di chi lui sia… -
Dolore, rabbia, abbandono, odio, disprezzo… non penso di
riuscire a descrivere
con precisione quello che provai in quel momento, ma posso assicurarvi
che essere
traditi dalla persona che si considera il proprio migliore amico, il
proprio
fratello, il proprio sostegno, è solo dolore, dolore,
dolore…
Mi aveva ferito profondamente. Punto. Non c’è
nient’altro da dire o da
aggiungere.
In quel periodo mi sentii come il contenitore di tutte le sensazioni
negative
esistenti al mondo.
Mangiavo solo se forzato, parlavo pochissimo con chiunque, non uscivo
di casa
se non per andare a scuola… passai tutte le vacanze di
Natale in questo stato e
i miei genitori non sapevano davvero più cosa fare con me.
Non servirono a nulla neanche le continue domande che Mikoto, sotto
richiesta
di Kushina, continuava a rivolgere a Sasuke sul perché fossi
caduto in quello
stato. Semplicemente lui gli rispondeva che non ne sapeva nulla e che
non
gl’interessava, e la discussione terminava lì.
A scuola invece, insieme a Kiba e Shikamaru, mi fingevo allegro e
spensierato,
ma tutt’ora sono sicuro che anche loro avessero notato che in
realtà qualcosa
non andava in me
che qualcosa d’importante si era rotto.
Quando nei corridoi intravedevo Sakura o Sasuke, cambiavo subito
direzione,
inoltrandomi in uno qualsiasi dei tanti androni dell’istituto
e scomparendo
dalla loro vista.
Sembravo una sottospecie di fantasma, a dire la verità.
E poi… beh, poi arrivò la malattia di mia madre e
tutti i miei futili problemi
passarono subito in secondo piano.
Ho ancora perfettamente impresso in mente quel giorno
all’aeroporto quando,
insieme a Shikamaru e Kiba, venne anche Sakura a salutarmi con loro.
Ero scioccato, sorpreso, arrabbiato, felice… tutto un
miscuglio di sensazioni a
cui non ero riuscito a dare un nome ben preciso.
Eppure, quando lei mi si avvicinò timidamente, quasi temendo
una mia reazione
improvvisa, e mi guardò con i suoi occhi verdi e sinceri,
non potei far altro
che accettare le sue scuse e ricambiare il suo abbraccio.
E in quel momento, mentre osservavo dall’oblò
l’aereo alzarsi in volo e la mia
città natia diventare sempre più piccola fino a
scomparire, non potei non
promettere a me stesso che, quando un giorno sarei tornato, mi sarei
vendicato.
Niente più pianti, niente più rimpianti, nessuna
debolezza.
Avrei fatto vedere a quell’insulsa città chi era
veramente Naruto Uzumaki.
XXX
Il pesante tonfo che produce l’ultimo dei tanti scatoloni che
contengono le mie
cose, rimbomba nell’appartamento vuoto e spoglio in cui mi
trovo. Respiro a
pieni polmoni quell’aria che sa di vecchio e di chiuso, per
poi espirare
rumorosamente e inarcare le mie labbra in un ampio sorriso.
- Finalmente a casa! – esclamo entusiasta, osservandomi
attorno.
Dopo aver aperto tutte le finestre della casa per far circolare un
po’ d’aria
nuova, prendo il cellulare dalla tasca dei jeans e compongo il numero
del
cellulare di mio padre, che mi risponde dopo appena due squilli.
- Naruto! –
- Papà, tuo figlio è lieto d’informarti
che è arrivato sano e salvo a
destinazione. –
- Meno male… tua madre non faceva altro che
chiedermi ogni cinque minuti se
eri arrivato o se stavi bene. – dice, ridacchiando.
- Si, certo… come no. Sono sicuro che quello eri tu, non la
mamma. –
- Ehm… ma no, cosa dici…
ahahah… -
Sospiro. – La mamma ha ragione… sei proprio un
bambino… -
- Ehi! Non parlarmi così, sono pur sempre tuo
pa–
- Piuttosto– dico senza dargli il tempo di finire
–quando avete il volo per
Konoha? Non vedo l’ora che arriviate anche voi. –
- Dopodomani. Purtroppo in questi giorni dovrai arrangiarti
con le pulizie e
la casa. –
- Nah, non preoccuparti… e poi Yahiko abita qui vicino, sono
convinto che sarà
più che felice di venirmi a dare una mano. –
rispondo, pregustando già la
faccia scocciata e schifata che farà mio fratello quando
sarà costretto ad
aiutarmi.
- Hai ragione… beh, allora ti saluto. La mamma ora
sta riposando, ma mi ha
chiesto di dirti che ti vuole bene e che ti manda un bacio. –
Sorrido. - Lo so… salutala da parte mia e digli che anche io
le voglio bene. –
Saluto mio padre e poi chiudo la chiamata. Con noncuranza, lancio il
cellulare
sul divano del salotto, accuratamente ricoperto da un lenzuolo bianco
impolverato, e mi guardo ancora per u po’ intorno,
soffermandomi poi con lo
sguardo su una vecchia foto impolverata posta sulla grande libreria
vuota
davanti a me.
Piano mi avvicino ad essa e la prendo in mano, eliminando con un gesto
secco
della mano la polvere dal vetro. Indurisco subito lo sguardo quando le
facce
sorridenti di tre bambini mi appaiono davanti agli occhi.
“Preparati Uchiha… vedremo chi riderà
per ultimo questa volta.” penso
osservando l’espressione seria del Sasuke dall’ora.
Rimetto la foto al suo
posto, coprendola, in modo tale da non avere quell’immagine
sempre sotto gli
occhi, per poi tornare con lo sguardo alla montagna di scatole
illuminate dai
rossi raggi del sole.
Prima inizio e meglio è, penso sbuffando e avviandomi verso
di esse.
-
Angolino dell’autrice pazza ^___^ -
Lo so, non dovevo farlo, ma… cosa ci volete fare?
Quando l’ispirazione
chiama, chiama. xD
(*Una padellata arriva in testa all’autrice, la quale lancia
un’occhiataccia al
suo acerrimo nemico, che ora sta impugnando una nuova
padella… Sasuke-idiota*)
Bene.
Allora, la sottoscritta non
sa perché ha pubblicato questa
cosa che dovrebbe assomigliare ad una storia, ma l’ha fatto,
quindi… mah,
sinceramente non saprei cosa dire, tranne che: non uccidetemi!!! xD
(*’Padellata in testa’, the
return*)
Non so ne quando, ne se l’aggiornerò –
perché, per il momento, la sottoscritta
non ha ne altri capitoli scritti, ne la minima idea di dove voglia
andare a
parare con cette chose… =___=”.
Intanto vi lascio con questo prologo, per farvi avere un’idea
di quale dovrebbe
essere la trama (anche se, come al solito, sono sicura che non si
sarà capito
nulla -___-) e se la cosa possa interessare a qualcuno…
(Me evita una nuova padellata, recuperando quest’ultima stile
Matrix, per poi
rilanciarla contro Sasuke-idiota, facendolo svenire sul colpo.)
Good! *posa Gai*
Insomma, se non vi ho annoiato
troppo e
volete sapere come gliela farà pagare Naruto al teme, non vi
resta che
continuare a seguirmi ^__________^