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Autore: Rain Rose    29/09/2009    22 recensioni
Dolore, rabbia, abbandono, odio, disprezzo… non penso di riuscire a descrivere con precisione quello che provai in quel momento, ma posso assicurarvi che essere traditi dalla persona che si considera il proprio migliore amico, il proprio fratello, il proprio sostegno, è solo dolore, dolore, dolore…
Mi aveva ferito profondamente. Punto. Non c’è nient’altro da dire o da aggiungere.

[SasuNaru] [Coppie secondarie non ancora stabilite ^^"]
Genere: Romantico, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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- Betrayed Friendship

-Capitolo 1: Return to home-

 

 

 

Con fatica e barcollando leggermente, mi dirigo verso l’enorme montagna di scatole di cartone che si trova davanti l’ascensore. Poggio i due scatoloni che ho in mano insieme agli altri e tiro un lungo sospiro di sollievo.
- Bene, questo era l’ultimo. Finalmente ho finito! – mi passo una mano sulla fronte per asciugare qualche gocciolina di sudore e spingo il tasto rotondo, chiamando l’ascensore che arriva dopo qualche secondo.
Anche se non del tutto entusiasta, comincio a caricare gli scatoloni all’interno del mezzo, per poi, una volta finito, premere il tasto cinque per salire al piano dove si trova il mio appartamento.
Stancamente, mi appoggio alla parete e chiudo gli occhi.


Piacere, il mio nome è Naruto Uzumaki ed ho diciotto anni. Non fatevi ingannare dalle apparenze perché, nonostante la carnagione caramellata, i capelli del colore del grano e gli occhi tremendamente azzurri, sono un giapponese al 100%. Sono molto suscettibile su questo punto, quindi guai a chiunque si azzardi a darmi dell’Americano o dell’occidentale, perché potrei non rispondere delle mie azioni.
Non sono né magrissimo, né grasso e, benché vorrei essere alto qualche centimetro in più del mio metro e sessantasei, ora come ora non mi lamento per niente del mio aspetto fisico.
Come mai hai detto ora?, di sicuro è questa la domanda che vi starete tutti ponendo, non è vero? Beh, diciamo che per avere una risposta, e per avere chiara la situazione, dovreste conoscere la mia storia.
Avete qualche minuto di tempo per ascoltarla?
Bene, direi allora d’iniziare dalle mie origini, ovvero, dalla mia famiglia.
Sono il secondogenito della famiglia Uzumaki, nonché figlio di Minato Namikaze e Kushina Uzumaki.
Amo, nel vero senso del termine, i miei genitori. Non so davvero come farei senza di loro, e poi… ci credete che la gente quasi si spaventa quando vedono me e mio padre camminare insieme per strada?
Credetemi, osservare le loro facce sorprese o incredule è davvero uno spasso!
Ebbene, secondo il 99,9% delle persone che ci conoscono, io e mio padre siamo considerati come due gocce d’acqua, sia fisicamente che caratterialmente. Devo dire che se non fosse per l’età potremmo tranquillamente spacciarci per fratelli gemelli o qualcosa del genere.
Stessi occhi, stessi capelli, stessa carnagione… ma non stesso carattere, il quale, secondo mia madre - che per l’appunto rappresenta lo 0,1% - , l’ho fortunatamente ereditato da lei.
Infatti, nonostante Kushina appaia come una donna bellissima e dalle movenze delicate, in realtà ha un carattere forte e impulsivo, che la rende un vero e proprio maschiaccio.
In ogni caso, sebbene mio padre a volte possa sembrare un idiota, in realtà è un uomo straordinario, serio sul lavoro e sempre presente in casa.
Davvero, penso che tipi come lui oramai se ne possano trovare davvero pochi in giro.
Ma torniamo a noi… dicevo…
Minato e Kushina si conobbero quando, su per giù, entrambi avevano vent’anni.
A quel tempo mia madre lavorava come modella per una famosa casa di moda mentre mio padre faceva parte dei cinque avvocati che si occupavano della parte finanziaria/giudiziaria della stessa società.
Essendo in due reparti della società completamente opposti, non si erano mai visti o incontrati di persona, fino a quando un caro amico, nonché collega, di mio padre, Jiraya, non lo aveva costretto a farsi “un giro nel reparto hot dell’azienda” – così lo aveva definito lui.
L’ero-sennin –così ho rinominato Jiraya dopo averlo conosciuto meglio e aver scoperto la sua enorme passione per il sesso femminile, tanto da venir arrestato più e più volte per molestie e spionaggio, in bagni pubblici e centri termali- lo portò nel reparto dei set fotografici e fu lì che mio padre e mia madre si videro per la prima volta.
Inutile specificare che tra loro fu subito amore a prima vista. Un colpo di fulmine, insomma.
Quella volta parlarono molto e, da quel momento, non mancò un giorno in cui mio padre non andasse a trovare Kushina. Ne seguirono, naturalmente, varie uscite e appuntamenti, finché i due non si misero insieme e, dopo due anni, si sposarono.
Dopo un anno dal loro matrimonio nacque mio fratello maggiore, Yahiko.
Più grande di me di ben sette anni, nonostante l’aspetto da teppista e l’aria poco affidabile che trasmette, penso faccia parte di quella ristretta fascia di persone su cui puoi fare affidamento sempre e comunque.
Al contrario di me, lui ha ereditato i tratti di mia madre e il carattere di mio padre, anche se a volte, soprattutto quando mostra le sue particolari manie da despota, quali conquista del mondo, distruzioni di massa, ecc.., fa veramente paura.
Quando gli ho posto il problema, mia madre mi ha rassicurato, dicendomi che è solo una cosa passeggera, tipo crisi fine-adolescenziale o simile, anche se io non ne sarei poi così sicuro…
Insomma, se fosse stato veramente così, non avrebbe mai formato quel gruppo di pazzi che si fa chiamare Akatsuki, dove lui e i suoi amici schizzati si riuniscono per fare io-non voglio-sapere-cosa.
Ad essere sinceri, il rapporto tra me e mio fratello non è stato fin dal principio solido e bello come lo è adesso.
Per via della grande differenza di età che ci divide, quando io avevo raggiunto la fatidica età in cui si poteva parlare con le persone di cose ben più serie e importanti che di giocattoli e disegni, Yahiko era ormai entrato nella famosa età adolescenziale, dove i tuoi unici punti fissi sono il divertimento e le ragazze.
Ora che anch’io sto vivendo questa fase della mia vita, mi rendo conto di quanto il chiacchierare con un ragazzino di otto anni sia, in un certo senso, noioso e scocciante, ed è per questo che non gli ho mai rinfacciato qual distacco che aveva creato tra noi.
Il nostro rapporto si è notevolmente rafforzato e solidificato quando purtroppo, cinque anni fa, mia madre si è ammalata di cancro ai polmoni.
Quando il dottore ci disse che per curarla dovevamo farla operare al più presto, per noi fu un duro colpo, soprattutto per mio padre.
Purtroppo, a causa del fatto che nella città in cui abitavamo, Konoha, non ci fossero chirurghi che operassero quel tipo di malattia, fummo costretti a trasferirci in America, più precisamente a Chicago, dove mia madre fu operata dal dottor Stolen, famoso chirurgo indirizzatoci da Tsunade, nostro medico di famiglia, nonché moglie di Jiraya.
Per fortuna l’operazione andò a buon fine e, dopo anni di controlli e chemio, adesso mia madre è tornata più in forma di prima.
Ringrazio tutti i giorni i Kami per questo.
In ogni caso, sette anni dopo la nascita di Yahiko, Kushina diede alla luce me, un bambino biondo e paffuto, di ben 3.8 Kg.
Credo sia inutile descrivervi la mia infanzia, in quanto penso sia stata come quella di tutti.
A sei anni cominciai finalmente le elementari, e con esse la mia vera vita.
Ricordo perfettamente il mio primo giorno di scuola e di come mio padre continuasse a piangere tenendomi stretto a lui, ripetendo in continuazione che non voleva lasciare andare il suo piccolo Nacchan – nominativo datomi da lui e che, sinceramente parlando, io odio – e che “stavo crescendo troppo in fretta”… che figuraccia!
Per fortuna che ci avevano pensato mia madre e mio fratello a trascinarlo via…
Anche se ero un bambino solare, allegro e che amava giocare, a causa della mia inesperienza nel relazionare con gli altri, per i primi giorni rimasi abbastanza in disparte, evitando gli altri bambini e non parlando con nessuno, insegnanti inclusi.
Nella pausa pranzo rimanevo sempre in classe insieme ad un altro bambino che, come me, non parlava con nessuno e stava sempre da solo, nonostante più e più volte molti nostri compagni gli chiedevano di unirsi a loro per un gioco o un disegno; mentre mangiavo lo osservavo sempre attentamente, sperando che un giorno si girasse verso di me e mi parlasse. Ogni tanto riuscivo ad intercettare i suoi occhi d’onice che mi osservavano, i quali poi fuggivano subito non appena incontravano i miei, confusi.
Passarono così, tra sguardi furtivi e silenzi decisamente imbarazzanti, i primi due mesi di scuola, e i miei genitori non sapevano proprio come aiutarmi a trovare il coraggio per farmi qualche amico.
E poi… semplicemente arrivò il mio momento.
Quel giorno era stato come gli altri. Monotono. Eppure, quando mi ritrovai di nuovo ad osservare quel bambino mangiare, qualcosa mi disse che, se mi fossi alzato da quella sedia e avessi cominciato a parlare con quest’ultimo, la mia vita sarebbe cambiata in meglio.
Fu così che presi la mia decisione: presi il mio pranzo e mi parai davanti a quel bambino che, notandomi, fermò le bacchette con cui stava mangiando a mezz’aria e mi rivolse uno sguardo scocciato.
Io lo fissai sorpreso. Nonostante fossimo in classe insieme ormai da due mesi, non mi ero mai soffermato più di tanto sul suo aspetto fisico: aveva dei bellissimi occhi neri color pece, la carnagione bianca, quasi lattea, e dei corti capelli neri, leggermente sparati in alto sul retro. Insomma, non si poteva certo dire che Sasuke Uchiha, già da piccolo, non fosse destinato a diventare un bellissimo ragazzo!
Ricordo perfettamente quella che fu la nostra prima conversazione…


- Cos’hai da fissare? – la sua voce mi distolse dai miei pensieri, riportandomi alla realtà.
- Non ti sto fissando! –
- Certo come no… - disse ironico, tornando ad osservare il suo pranzo. - allora cosa vuoi? –
- Beh… ecco… io volevo… - Arrossii. Chissà perché ma quel bambino mi metteva in soggezione.
- Entro oggi, Dobe. –
Sobbalzai. – Come mi hai chiamato, scusa? –
- D-O-B-E. vuoi che te lo ripeta, Dobe? –
Strinsi i pugni, irritato. Ma come si permetteva? Neanche mi conosceva e già m’insultava? Quel… quel…
- Teme! Non chiamarmi in quel modo! –
- E perché mai? È divertente vedere la tua faccia che si gonfia come un palloncino quando ti chiamo Dobe. – mi rispose, lanciandomi un’occhiata divertita e un sorrisino sghembo.
Ma siamo sicuri che questo abbia sei anni? mi chiesi, osservandolo bene.
- Teme! – gli urlai, mettendo su il mio solito broncio - Tsk! E io che volevo chiederti di pranzare insieme… -
- Come scusa? – chiese, alzando un sopracciglio.
- Ho detto che volevo chiederti se ti andava di mangiare con me. In questi due mesi ho notato che stai sempre da solo, quindi pensavo ti avrebbe fatto piacere… e poi anche io sto sempre da solo, quindi… -
Lui sembrò seriamente pensarci, osservandomi. - Tsk! Ok, ma solo se non parli così tanto. Mi hai già fatto venire mal di testa… - mi rispose lui, mangiando un boccone
- Eh? Stai dicendo sul serio? - chiesi incredulo, con la paura di essermi sognato tutto.
- Cosa della parola “ok” non ti è chiara, Dobe? … Comunque piacere, Sasuke Uchiha. – e detto questo mi porse la mano, che io andai a stringere subito più che volentieri, sorridendo felice.
- Piacere mio, Teme! Naruto Uzumaki. –


Ok, non fu il primo approccio più bello del mondo, ma per me fu molto importante.
Da quel giorno io e Sasuke pranzammo tutti i giorni assieme, parlando del più e del meno… o meglio, io parlavo mentre lui rispondeva a monosillabi, quali: si, no, forse, Dobe.
Già, nonostante fosse un piccolo genio, il suo vocabolario era molto limitato…
Eppure, nonostante fosse un tipo taciturno e scontroso, lo trovavo ogni giorno più simpatico, e piano piano cominciammo a passare sempre più tempo assieme, sia dentro l’ambiente scolastico sia fuori da esso.
Ricordo ancora la faccia scandalizzata che ebbe quando venne per la prima volta a casa mia e conobbe “l’abbraccio stritolante” di mio padre. Per non parlare della mia faccia sconvolta, quando conobbi la famosa famiglia Uchiha per la prima volta.
Mikoto e Fugaku Uchiha, i suoi genitori, erano due persone veramente diverse tra loro. Lei era una donna molto bella, con lunghi capelli neri e occhi del medesimo colore; era estremamente gentile con me. Mi sorpresi non poco quando venni a sapere che aveva conosciuto mia madre e che aveva partecipato ad alcuni concorsi di bellezza insieme a lei.
Fugaku, invece, era un uomo molto severo e autoritario, uno di quelli che non si fanno fermare da niente e da nessuno, ma che, dentro casa, riescono a cambiare completamente carattere, addolcendosi. Da quanto ne sapevo lavorava in un’importante studio legale e proprio per questo tornava spesso a casa molto tardi, cercando di passare quel poco tempo con i suoi due figli e la moglie.
E poi, per ultimo c’era Itachi, il fratello di Sasuke. Aveva la stessa età di mio fratello e, a quanto avevo capito, frequentavano addirittura la stessa scuola; lo trovavo molto simpatico e mi divertivo parecchio quando giocavamo tutti e tre assieme, ma era come se tra noi e lui ci fosse un imponente muro che ci separava.
Potete immaginare la mia reazione quando venni a sapere che faceva parte della stessa organizzazione di pazzi creata da mio fratello… quello fu veramente il colmo, anche se, in segreto, ero davvero contento. Non immaginavo che io e Sasuke avessimo così tante cose in comune, e chissà, forse era stato proprio il destino a farci incontrare.
Forse eravamo destinati a stare insieme.
Non potevo ancora sapere quanto mi sbagliavo…
Il periodo delle elementari, probabilmente, fu il periodo più bello della mia vita e, nonostante fosse un bambino silenzioso e scontroso, io volevo bene a Sasuke.
Il mio affetto per lui superava addirittura quello per mio padre!
Mi aiutava nei compiti -visto che era lui il genio tra i due-, giocava sempre con me e mi proteggeva quando gli altri mi prendevano in giro per il mio aspetto.
I capelli biondo cenere sempre in disordine e trascurati, gli spessi occhiali che, insieme alla lunga frangetta, mi andavano a coprire gli occhi e le larghe tute arancioni che indossavo, diciamo che non mi rendevano particolarmente bello… al contrario, mi facevano essere il soggetto perfetto da poter prendere in giro sempre e ovunque.
Naturalmente il tempo passò, e con esso anche l’infanzia, che venne sostituita dalla prima adolescenza.
Eravamo in quarta elementare quando, a noi due, si aggiunse un terzo membro: Sakura Haruno.
Sakura era una bambina dai lunghi capelli di un insolito color rosa e gli occhi verdi; era molto timida e, visto che era appena arrivata in città, faticò molto a inserirsi nella nostra classe. Mi ricordava molto me prima che legassi con Sasuke e, proprio per questo motivo, me la feci amica, invitandola a mangiare, studiare e uscire con noi.
Anche se all’inizio Sasuke non fu molto d’accordo all’idea che ci fosse una piattola –così l’aveva rinominata lui, visto che gli stava sempre attaccata- insieme a noi due, con il passare dei giorni sembrò accettare l’idea e senza neanche accorgercene diventammo praticamente inseparabili.
Poi le elementari finirono, e con loro anche il mio periodo felice.
Il tempo passò, e con il tempo passò anche l’infanzia, che venne sostituita dalla prima adolescenza.
Ormai eravamo alle medie, dove ci si apriva un modo completamente nuovo e sconosciuto. Ma eravamo cambiati, e fu questo che portò alla rottura di quella profonda amicizia che ci era stata fondamentale negli anni addietro.
Sasuke, nonostante la sua giovane età, era diventato in poco tempo il ragazzo più popolare dell’istituto. Bello, atletico, intelligente e bravo in qualsiasi cosa, quasi tutte le ragazzine gli andavano dietro, compresa Sakura.
Sakura era diventata, anche lei, una splendida ragazza. Snella, intelligente, brava nella danza e nella ginnastica artistica, era corteggiata da quasi mezza scuola, ma non ci badava più di tanto, continuando ad andare dietro a Sasuke.
Ero stato il primo a sapere della sua cotta per lui, e non ne ero stato per niente contento. Possibile che non si fosse accorta di me, che era da più di un anno che mi ero innamorato di lei? Possibile che fossi invisibile fino a questo punto? Possibile che i miei sentimenti per lei non contassero nulla?
Mi ero posto talmente tante di quelle volte queste domande che le ricordo perfettamente ancora tutt’ora. Insomma, era pur sempre la mia prima cotta, no?
Volete sapere di me? Beh, ero rimasto il solito ragazzino da prendere in giro e da evitare; quello a cui fare gli scherzi; quello da sfottere. Lo sfigato della scuola, insomma.
E mentre loro crescevano e diventavano grandi e popolari, io li guardavo da lontano mentre, a mano a mano che passava il tempo, mi abbandonavano.
Il primo anno passò tranquillamente e, anche se io, Sakura e Sasuke non ci vedevamo più spesso come prima, passavamo quasi tutto il nostro tempo libero insieme.
Ma io mi ero accorto già da tempo che qualcosa non andava più nel nostro rapporto.
Sakura stava sempre di più con le sue nuove amiche –tra cui una certa biondina di nome Ino- a chiacchierare di vestiti, gossip, shopping e di “Sasuke Uchiha”, più comunemente chiamato dalle ragazze “Sasuke-kun” o “il mio Sasuke”.
Sasuke, invece, non sembrava diverso: era sempre il solito ragazzo taciturno, serio e diligente. Eppure anche lui stava cambiando.
Da quando aveva sentito che il padre voleva che s’impegnasse negli studi per poter ereditare, insieme a Itachi, la catena di studi legali Uchiha, era sempre più impegnato nelle sue attività scolastiche, mentre trascurava sempre di più me e Sakura.
Normale, direte, dopotutto tutti sanno che con il tempo le persone cambiano.
Certo, ma aspettate di finire di ascoltare il mio racconto, prima di giudicare…
Ormai eravamo alla fine del terzo anno e io ero stato quasi completamente dimenticato da loro due. Entrambi non mi parlavano e non mi salutavano più: per loro ero diventato un completo estraneo. Certo, non mancavano le occasioni in cui Sakura, incrociandomi nei corridoi, mi lanciasse uno sguardo addolorato e un silenzioso “scusami”, ma a me non interessava. Ero arrabbiato con loro, perché mi avevano lasciato di nuovo solo.
Fu in uno di quei soliti e monotoni giorni scolastici che incontrati quelli che, poi, sarebbero diventati i miei veri migliori amici: Kiba Inuzuka e Shikamaru Nara.
Quel giorno ero particolarmente giù di morale e, per sfuggire ai miei problemi, mi ero andato a nascondere in una parte del cortile scolastico in cui non veniva quasi mai nessuno. Ero lì tutto tranquillo quando, a un certo punto, l’abituale gruppetto che era solito prendermi in giro mi si avvicinò.


- Ma tu guarda chi abbiamo qui… il mostriciattolo di Konoha. – Neji Hyuga, il capo del gruppo di bulletti della scuola, mi si avvicina insieme al suo gruppo, ghignando.
Impallidisco, mentre una forte paura s’impossessa di me.
- Ahahah! Ehi, guarda Neji… mi sbaglio o è un’espressione impaurita quella che ha impressa in faccia? –
- Tsk! Spiegami, Korai, come hai fatto a vederle la sua faccia con quella cascata di capelli e quegli occhiali a fondo di bottiglia?- a questa sua “battuta” tutti i ragazzi scoppiarono a ridere, mentre io mi guardo intorno alla ricerca di una via di fuga. Inutile, mi hanno circondato.
- Mmmh… come mai un mostro come te si trova nel nostro posto di ritrovo, Uzumaki? –
- I… il v-vostro posto di ritrovo? Ma… io non vi ho mai visto qui… e poi c-chi l’ha deciso che questo posto è vostro? – balbetto. Dire che non ho paura di loro è una gigantesca balla. Un pugno colpisce il mio viso, facendomi cadere gli occhiali e facendomi accasciare a terra.
- Chi l’ha deciso dici? – continua Neji, prendendomi per il colletto della divisa e facendomi sfuggire un gemito di dolore. – Semplice Uzumaki: IO - e detto ciò un altro pugno va a scontrarsi con la mia faccia.
- Ahi… -
- Tsk. Sei talmente debole da farti stendere da due pugnetti? Patetico… -
Neji si sta avvicinando di nuovo a me, ma un urlo lo distoglie dal suo operato.
- Neji Hyuuga, brutto bastardo, fermati immediatamente! –
Vedo Neji guardarsi intorno con uno sguardo a metà tra il sorpreso e l’arrabbiato, per poi, dopo averlo indirizzato verso l’alto, impallidire leggermente e fare un lungo balzo all’indietro. Curioso, non feccio in tempo ad alzare lo sguardo che un ragazzo, dagli scompigliati capelli castani e il fisico asciutto, ma non troppo, mi si para improvvisamente davanti.
Possibile che quel pazzo si sia buttato da una finestra?, penso.
- Hyuuga… sei grande e grosso, e ancora ti diverti a dare fastidio agli altri? Cos’è, la tua autostima è agli sgoccioli e cerchi di risollevarlo sfogandoti su quelli più deboli di te? – dal tono divertito del castano e dallo sguardo imbestialito del mio aguzzino, capisco che quest’ultimo non ha una così grande simpatia per l’altro.
- Inuzuka, perché non vai a giocare con quel sacco di pulci che ti porti sempre a presso e ti togli di torno? Sai, prima che tu venissi a disturbare, stavo facendo due chiacchiere con il mio …
amichetto. – dice ghignando e provocandomi un brivido di terrore.
- Molto divertente, Hyuuga… davvero, molto divertente. – gli risponde ironico. – Ma ora smettila di dire cavolate e smamma. Oggi non ho voglia di discutere con un idiota come te. –
- Io non accetto ordini da nessuno, figuriamoci da te. – dice con tono divertito Neji, al che il mio salvatore fa spallucce.
- Oh, beh… peccato, sai? Comunque ti ricordo che a casa ho tre, quattro fotografie di te a otto anni, in cui portavi ancora il pannolino… sai cosa intendo, vero? – gli risponde con un ghigno stampato in faccia. Vedo lo Hyuuga sbiancare, questa volta del tutto, per poi arrossire leggermente nel momento in cui si accorge di avere tutti gli sguardi dei presenti puntati su di se.
- Vaffanculo inuzuka! – urla inviperito, per poi darci le spalle e andarsene via a grandi passi, mollando qualche spintone qua e là ai suoi tirapiedi, che subito si apprestano a seguirlo.
- Non senza di te Hyuuga! – lo sento urlare, prima di scoppiare in una fragorosa risata e girarsi verso di me. – Ehi, tutto ok amico? – mi chiede, mentre io rimango per un attimo intontito ad osservare lo strambo ragazzo che mi è di fronte: altezza sul metro e cinquantacinque, capelli arruffati di un bel colore castano, occhi di un insolito colore dorato e due strambi tatuaggi triangolari sotto gli occhi.
Strano, non mi sembra di averlo mai visto…
- Ehi, ci sei? – mi ridesta, sventolandomi una mano davanti agli occhi.
- Eh? A-ah… s-sì, sì ci sono… credo… - dico mentre mi rimetto in piedi e mi tolgo la polvere e la terra di dosso.
- Fiiuu… meno male. Sai, Neji purtroppo è un sadico bastardo e temo che ormai non sia più recuperabile. Pensa che quando era piccolo, ai tempi degli ultimi anni d’asilo, si spaventava per un nonnulla come una femminuccia… non riesco proprio a capire da dove gli sia uscito fuori questo suo lato bastardo… mah! Ah! Per non parlare di quando, in quarta elementare, ha quasi rischiato di affogare nella piscina della scuola. E aveva una ciambella con se! Ti rendi conto? Aveva una ciambella ed è quasi affogato! Ti giuro, non avevo mai visto spettacolo più comico in vita mia! E poi quella volta quando… -
Oddio… ma quanto parla questo qui? Come si spegne? Non ho mai sentito parlare così tanto una persona in vita mia… tranne il me stesso di qualche anno fa. Involontariamente scoppio in una fragorosa risata che fa immediatamente fermare l’Inuzuka.
- Ah-ah! Ti ho fatto ridere! – esclama entusiasta, per poi alzare il viso verso una delle finestre della scuola e urlare: - Hai visto Shika? A quanto pare esiste qualcuno nel mondo a cui le mie storielle fanno ridere! -
Punto lo sguardo nella sua stessa direzione e intravedo un ragazzo con una strana capigliatura ad ananas affacciato alla finestra del secondo piano; dall’espressione annoiata che ha, non mi sembra molto divertito.
- Kiba, sei noioso… sbrigati a salire su prima che suoni la campana. – dice per poi sparire.
- Tsk! Antipatico! –gli urla, per poi riportare i suoi occhi dorati su di me. – Non farci caso. Shikamaru non si entusiasma mai per nulla… semmai solo quando vede un qualcosa di soffice e morbido su cui dormire, ma per il resto è uno svogliato cronico! Ad ogni modo, piacere Kiba Inuzuka, 2^D. Quell’idiota alla finestra era un mio compagno di classe, Shikamaru Nara.– mi dice, porgendomi la mano.
- Naruto Uzumaki, 2^A. – rispondo ridacchiando e stringendogli la mano.
- Bene, ed ora che ci siamo presentati avrei da farti una domanda… - mi dice ridiventando serio e osservando un punto alle mie spalle. – quel tizio cupo, che continua a fissarti da dietro quell’albero da quando ti hanno aggredito, è per caso un tuo amico o un tuo conoscente? –
Senza neanche fargli finire la frase, mi giro con uno scatto, sobbalzando poi quando i miei occhi incontrano quelli neri e profondi di Sasuke. Ci fissiamo per quello che a me sembra un tempo infinito, anche se sono solo pochi e futili secondi.

“Perché è lì?
Da quanto?
Possibile che abbia visto tutto e che non abbia voluto intervenire?
Perché?”

Domande… tante domande di cui, in fondo, conosco perfettamente la risposta.
E allora capisco.
Capisco solo quando lo vedo voltarsi come se nulla fosse e andarsene, unendosi al gruppo di Neji.
Capisco che ormai non c’è più niente da sperare.
Non c’è più nessuno d’aspettare…

Crack.
… e sento perfettamente il mio cuore rompersi, e con lui le mie ultime speranze di quell’amicizia ormai del tutto finita.
- Io… - deglutisco, cercando di liberarmi di quel pesante groppo che ho in gola, per poi dare le spalle al punto in cui fino a pochi secondi prima c’era il mio ex migliore amico. - no… non ho la più pallida idea di chi lui sia… -



Dolore, rabbia, abbandono, odio, disprezzo… non penso di riuscire a descrivere con precisione quello che provai in quel momento, ma posso assicurarvi che essere traditi dalla persona che si considera il proprio migliore amico, il proprio fratello, il proprio sostegno, è solo dolore, dolore, dolore…
Mi aveva ferito profondamente. Punto. Non c’è nient’altro da dire o da aggiungere.
In quel periodo mi sentii come il contenitore di tutte le sensazioni negative esistenti al mondo.
Mangiavo solo se forzato, parlavo pochissimo con chiunque, non uscivo di casa se non per andare a scuola… passai tutte le vacanze di Natale in questo stato e i miei genitori non sapevano davvero più cosa fare con me.
Non servirono a nulla neanche le continue domande che Mikoto, sotto richiesta di Kushina, continuava a rivolgere a Sasuke sul perché fossi caduto in quello stato. Semplicemente lui gli rispondeva che non ne sapeva nulla e che non gl’interessava, e la discussione terminava lì.
A scuola invece, insieme a Kiba e Shikamaru, mi fingevo allegro e spensierato, ma tutt’ora sono sicuro che anche loro avessero notato che in realtà qualcosa non andava in me
che qualcosa d’importante si era rotto.
Quando nei corridoi intravedevo Sakura o Sasuke, cambiavo subito direzione, inoltrandomi in uno qualsiasi dei tanti androni dell’istituto e scomparendo dalla loro vista.
Sembravo una sottospecie di fantasma, a dire la verità.
E poi… beh, poi arrivò la malattia di mia madre e tutti i miei futili problemi passarono subito in secondo piano.
Ho ancora perfettamente impresso in mente quel giorno all’aeroporto quando, insieme a Shikamaru e Kiba, venne anche Sakura a salutarmi con loro.
Ero scioccato, sorpreso, arrabbiato, felice… tutto un miscuglio di sensazioni a cui non ero riuscito a dare un nome ben preciso.
Eppure, quando lei mi si avvicinò timidamente, quasi temendo una mia reazione improvvisa, e mi guardò con i suoi occhi verdi e sinceri, non potei far altro che accettare le sue scuse e ricambiare il suo abbraccio.
E in quel momento, mentre osservavo dall’oblò l’aereo alzarsi in volo e la mia città natia diventare sempre più piccola fino a scomparire, non potei non promettere a me stesso che, quando un giorno sarei tornato, mi sarei vendicato.
Niente più pianti, niente più rimpianti, nessuna debolezza.
Avrei fatto vedere a quell’insulsa città chi era veramente Naruto Uzumaki.


XXX


Il pesante tonfo che produce l’ultimo dei tanti scatoloni che contengono le mie cose, rimbomba nell’appartamento vuoto e spoglio in cui mi trovo. Respiro a pieni polmoni quell’aria che sa di vecchio e di chiuso, per poi espirare rumorosamente e inarcare le mie labbra in un ampio sorriso.
- Finalmente a casa! – esclamo entusiasta, osservandomi attorno.
Dopo aver aperto tutte le finestre della casa per far circolare un po’ d’aria nuova, prendo il cellulare dalla tasca dei jeans e compongo il numero del cellulare di mio padre, che mi risponde dopo appena due squilli.
- Naruto! –
- Papà, tuo figlio è lieto d’informarti che è arrivato sano e salvo a destinazione. –
- Meno male… tua madre non faceva altro che chiedermi ogni cinque minuti se eri arrivato o se stavi bene. – dice, ridacchiando.
- Si, certo… come no. Sono sicuro che quello eri tu, non la mamma. –
- Ehm… ma no, cosa dici… ahahah… -
Sospiro. – La mamma ha ragione… sei proprio un bambino… -
- Ehi! Non parlarmi così, sono pur sempre tuo pa–
- Piuttosto– dico senza dargli il tempo di finire –quando avete il volo per Konoha? Non vedo l’ora che arriviate anche voi. –
- Dopodomani. Purtroppo in questi giorni dovrai arrangiarti con le pulizie e la casa. –
- Nah, non preoccuparti… e poi Yahiko abita qui vicino, sono convinto che sarà più che felice di venirmi a dare una mano. – rispondo, pregustando già la faccia scocciata e schifata che farà mio fratello quando sarà costretto ad aiutarmi.
- Hai ragione… beh, allora ti saluto. La mamma ora sta riposando, ma mi ha chiesto di dirti che ti vuole bene e che ti manda un bacio. –
Sorrido. - Lo so… salutala da parte mia e digli che anche io le voglio bene. –
Saluto mio padre e poi chiudo la chiamata. Con noncuranza, lancio il cellulare sul divano del salotto, accuratamente ricoperto da un lenzuolo bianco impolverato, e mi guardo ancora per u po’ intorno, soffermandomi poi con lo sguardo su una vecchia foto impolverata posta sulla grande libreria vuota davanti a me.
Piano mi avvicino ad essa e la prendo in mano, eliminando con un gesto secco della mano la polvere dal vetro. Indurisco subito lo sguardo quando le facce sorridenti di tre bambini mi appaiono davanti agli occhi.
“Preparati Uchiha… vedremo chi riderà per ultimo questa volta.” penso osservando l’espressione seria del Sasuke dall’ora. Rimetto la foto al suo posto, coprendola, in modo tale da non avere quell’immagine sempre sotto gli occhi, per poi tornare con lo sguardo alla montagna di scatole illuminate dai rossi raggi del sole.
Prima inizio e meglio è, penso sbuffando e avviandomi verso di esse.


 

 

- Angolino dell’autrice pazza ^___^ -


Lo so, non dovevo farlo, ma… cosa ci volete fare? Quando l’ispirazione chiama, chiama. xD
(*Una padellata arriva in testa all’autrice, la quale lancia un’occhiataccia al suo acerrimo nemico, che ora sta impugnando una nuova padella… Sasuke-idiota*)
Bene.
Allora, la sottoscritta
non sa perché ha pubblicato questa cosa che dovrebbe assomigliare ad una storia, ma l’ha fatto, quindi… mah, sinceramente non saprei cosa dire, tranne che: non uccidetemi!!! xD
(*’Padellata in testa’, the return*)
Non so ne quando, ne se l’aggiornerò – perché, per il momento, la sottoscritta non ha ne altri capitoli scritti, ne la minima idea di dove voglia andare a parare con cette chose… =___=”.
Intanto vi lascio con questo prologo, per farvi avere un’idea di quale dovrebbe essere la trama (anche se, come al solito, sono sicura che non si sarà capito nulla -___-) e se la cosa possa interessare a qualcuno…
(Me evita una nuova padellata, recuperando quest’ultima stile Matrix, per poi rilanciarla contro Sasuke-idiota, facendolo svenire sul colpo.)

Good! *posa Gai*

Insomma, se non vi ho annoiato troppo e volete sapere come gliela farà pagare Naruto al teme, non vi resta che continuare a seguirmi ^__________^

 

 

  
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