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Autore: Iamthelizardqueen    01/06/2005    13 recensioni
Ah! i benefici di una buona discussione; Usagi e Mamoru reagiscono stranamente alla loro costante diatriba - traduzione a cura di ^Sophie^
Genere: Romantico, Commedia, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Sweet Loving Hate

Di IamtheLizardQueen
Tradotta da ^Sophie^ in esclusiva per il sito EFP

NdA : Oh, mi fa molto piacere essere tornata! Questo è uno sciocco piccolo racconto basato sulla prima stagione AR (per AR si intende Alternate Reality, NdT) che ho scritto di recente mentre ero in aereo. Ho deciso che per questa volta avevo scritto abbastanza scene drammatiche, ho provato qualcosa di un po’ più nuovo. Tenete conto che ero su un aereo e più fuori di testa del solito. E se la differenza di età tra Usagi e Mamoru vi crea qualche fastidio, fate come me: fate finta che sia tutto solo un grande stereotipo. Oh, Sailor Moon non mi appartiene (davvero? Sì, davvero, è la verità, lo giuro!) Buona lettura!

= = = = = = =

Usagi stava vivendo una notevole buona giornata. Era arrivata a scuola in orario, e non importa se per farlo si era precipitata attraverso la porta proprio quando la campanella suonava - ciò sottolinea il fatto che era arrivata in tempo. Aveva superato eccellentemente… ehm, bè… ah, aveva passato il compito di matematica, cosa che le aveva fatto immensamente piacere. Inoltre quello era giorno di paghetta e lei, quella mattina, aveva ricevuto la sua. Niente punizioni, una sala giochi che richiedeva la sua presenza, soldi e nessun senso di colpa. Sì, dopotutto, era proprio una bella giornata.

“Ciao, testolina buffa” disse una voce. Ho parlato troppo presto, pensò Usagi, un’occhiata di disapprovazione attraverso i suoi lineamenti. Se qualcuno poteva rovinare la sua giornata perfetta, quello era Mamoru. L’egocentrico, arrogante, cretino Mamoru Chiba, che si considerava un esperto in tutto - incluso tutto quello che c’era di sbagliato in Usagi.

“Che cosa vuoi?” chiese sospettosamente Usagi.

“Solo farti sapere che ero qui, per darti la possibilità di evitare di piombarmi addosso. Sono un po’ stanco di essere vittima della tua goffaggine” affermò Mamoru. Non poté però resistere dal sorridere in modo compiaciuto. “Sebbene, forse non farebbe alcuna differenza vedere come tu ti butti contro di me di proposito.”

La faccia di Usagi divenne rossa, la collera appena trattenuta. Pestando il piede a terra disse tagliente: “Hai perduto la memoria? Io, venire addosso a te volontariamente? Ah!”

“Dunque… non sarebbe la prima volta che una ragazza si sia infatuata di me. Quindi, dimmi testolina buffa, ho ragione?” Mamoru non infastidiva tutti. Usagi, infatti, era la sola persona con cui parlava quotidianamente, se si considerava ‘conversazioni’ i loro incontri sopra i toni. Lei aveva qualcosa che lo faceva reagire istintivamente. Lui era particolarmente fiero di questo nuovo modo di tormentare - era abbastanza efficace. Si aspettò la sua esplosione da un momento all’altro.

“Tu hai completamente ragione, Mamoru, come al solito” disse Usagi dolcemente, sbattendo le ciglia. L’espressione arrogante di Mamoru sbiadì nell’incredulità e poi nella preoccupazione. “Io ti vengo addosso ogni giorno di proposito.” Il cuore di Mamoru cominciò a battere a intermittenza. La poco impercettibile insinuazione di Usagi ebbe un sorprendente effetto sulle sue emozioni. Usagi vide il cambiamento nell’espressione di Mamoru e comprese che era ora di far scattare la trappola. “Ti venivo addosso sperando che tu avessi la decenza di cadere e morire! Uno di questi giorni, ti colpirò nel punto giusto e forse sarò abbastanza fortunata da vederti uscire fuori della mia vita per sempre! Ora, spostati cretino, ho cose importanti da fare” esclamò trionfalmente Usagi sorpassandolo. Fece due passi, inciampò nelle sue gambe ‘troppo lunghe all’apparenza’ e cadde.

Mamoru si riscosse rapidamente dal suo deluso stupore e rise.

“Qualsiasi cosa tu dica Usagi, crederò solo a quello che voglio credere e tu credi pure a quello che vuoi credere.”

“Arg!” strillò Usagi per il fastidio. Non arrischiò uno sguardo indietro mentre si allontanava da Mamoru. Questi la guardò allontanarsi precipitosamente, prima di girarsi e incamminarsi nella direzione opposta. Che ragazza, pensò Mamoru. La marmocchia viziata non sapeva quanto fosse stata brava e tutto quel potenziale sprecato… Forse se avesse avuto un po’ di incoraggiamento? disse una vocina compassionevole nella sua testa. “Quello di cui ha bisogno è un buon calcio nel didietro” affermò Mamoru ad alta voce. Due anziane signore che passavano di lì trasalirono alle sue parole e lo fissarono come se fosse pazzo. Tu sei pazzo, diventi tutto contento quando pensi che Usagi sia innamorata di te e allo stesso tempo maledicendo il fatto che lei esista. Mamoru decise di andare a casa; era tutto accaldato e seccato a causa della discussione - non sapendo dove altro andare.

Sebbene Usagi non l’avrebbe mai ammesso con nessuno, inclusa se stessa, apprezzava totalmente le sue litigate con Mamoru. L’alterco di quel giorno non aveva avuto eccezione. Amava il fatto di poter scaricare tutte le sue frustrazioni, senza pensarci. Anche quando discuteva con Rei, c’era in lei una parte che si sentiva in colpa e che pensava al fatto che ‘Sailor Moon’ non avrebbe agito in tal modo contro una sua compagna. Ma con Mamoru era diverso, dopo tutto lui non avrebbe potuto avere una opinione più bassa di quella che già aveva su di lei se lei ci provava e, inoltre, non le interessava cosa lui pensasse di lei. L’unico inconveniente alle discussioni era tutta l’energia che aveva quando finivano. Si sentiva sempre così vitale, così speciale e carica in seguito e non sapeva mai abbastanza cosa fare con quel sentimento. Quel giorno il gioco di Sailor V sarebbe stato il fruitore della sua super-condizione.

* * *

“Usagi! Me lo hai promesso su una pila di manga che saresti andata a correre questa mattina, se ti avessi fatto saltare gli allenamenti ieri. Ora alzati!” urlò Luna alla sua protetta, la mattina successiva. Quando Luna non ottenne nuovamente risposta, non ebbe altra scelta che affondare le unghie nel piede di Usagi, che spuntava opportunamente fuori dalle coperte.

“Ouch!” strillò Usagi, facendo un piccolo balzo.

“Finalmente. Ora, vai a correre come avevi detto che avresti fatto. Immagina come ti sentiresti se una delle guerriere fosse colpita a causa della tua mancanza di preparazione” disse Luna con la sua voce altezzosa, che a Usagi risultava sempre particolarmente fastidiosa quando la sentiva prima delle 9 di sabato mattina.

“Andrò a correre, ma perché ci devo andare così presto? Non otterrò gli stessi risultati se vado, diciamo, verso mezzogiorno?”

“Se non ti do fastidio adesso, troverai qualche scusa dopo. Ora alzati o userò la mia zampa sinistra” dichiarò Luna, abbassando la voce drammaticamente. Gli occhi di Usagi si spalancarono per la paura. Luna aveva un’unghia molto lunga e molto affilata nella zampa sinistra Usagi non aveva fretta di conoscerla.

“Okay, okay, sto andando. Shh!” disse Usagi scivolando fuori dal letto. Indossò i vestiti che usava per correre: pantaloncini neri che le fasciavano le gambe toniche, top nero che enfatizzava lo stomaco piatto e il seno sorprendentemente abbondante e felpa grigia che portava slacciata a meno che non fosse freddo. Con i capelli legati nei suoi tradizionali buffi codini, uscì fuori di casa e cominciò a correre con un modesto ritmo in direzione del parco. Nonostante tutte le sue lamentele, le piaceva quasi correre. Era una delle poche cose dell’addestramento che sapeva fare bene e di solito lo poteva fare da sola - era un sollievo non avere il fiato di Luna sul collo per un momento.

L’aria era frizzante ma pulita e Usagi sospirò lievemente, appagata. Allungando il passo entrò nel parco e si diresse verso il lago. Era così concentrata nei suoi pensieri che non notò la presenza di un altro corridore nel parco.

Mamoru aveva da lungo tempo scoperto il piacere di fare una corsa mattutina. (NdA: io stessa non ho mai scoperto questo tipo di gioia. Preferisco il tipico piacere che prevede una ‘tazza fumante di caffè e i cartoni del sabato mattina’. ) Di solito lo faceva sentire in pace con se stesso e quando si viveva un tipo di vita come il suo, la serenità era sempre difficile da raggiungere. Ecco perché fu così contrariato nel vedere Usagi giungere da un sentiero che si univa al suo. Sapeva che era infantile ma gli sembrava come se il parco fosse suo e non avrebbe mai creduto che lei fosse il tipo che faceva jogging. Poi considerando quello che lei mangiava in una giornata-tipo, doveva esercitarsi molto per mantenere quella forma… Quella flessuosa, tonica e totalmente deliziosa figura. L’umore di Mamoru si rabbuiò. Da quando aveva sviluppato tali pensieri su una sciocca, seccante mocciosa viziata come Usagi? Forse perché era senza ragazza da troppo tempo… Beh, non c’era niente da fare: avrebbe dovuto infastidirla. Se il suo giorno era stato rovinato, allora lui si sarebbe maledettamente assicurato che anche quello di lei lo fosse.

“Testolina buffa. Questa è una sorpresa, finalmente sei riuscita a capire quale piede va prima dell’altro?”

“Ci avrei scommesso che non sarei riuscita ad avere un giorno di pace. Cosa vuoi, idiota?”

“Rivoglio il mio parco. È ovvio che tu non sia mai venuta a correre qui prima d’ora.”

“Cosa diavolo te lo fa credere?”

“Beh… voglio dire, basta guardarti. Sarei pronto a scommettere che tu non abbia praticato questa parte dell’allenamento per un po’ di tempo.”

Usagi abbassò brevemente lo sguardo, la sua scarsa fiducia in se stessa la tradì. Nel momento in cui i suoi occhi abbandonarono il sentiero, incespicò e arrossì. NON aveva bisogno di questo tipo fastidio. Aumentò il passo. Per la prima volta in vita sua, fu estremamente contenta delle sue capacità come Sailor Moon; sapeva che avrebbe potuto facilmente distanziare Mamoru e probabilmente anche batterlo in una gara.

Mamoru rise quando lei inciampò e nel momento in cui lei aumentò la velocità, lui la imitò. Il fatto che corresse quasi quotidianamente, sia come in quel momento che nei panni di Tuxedo Kamen, gli fu di grande aiuto. Nonostante il suo dispetto, lei poteva distanziarlo.

“Odio smentirti, ma a meno che tu non sia il sovrano di tutta la Terra, allora questo parco non ti appartiene. Ora sparisci dalla mia vista prima che ti faccia causa per molestia.” Usagi stava ancora bruciando per i suoi insulti e aumentò di nuovo il passo. Va via, pregò Usagi nella sua testa. Se lui avesse continuato, lei molto presto sarebbe scattata e allora Mamoru sarebbe stato vittima della collera di una guerriera Sailor.

Mamoru rimase impressionato quando lei cominciò a correre più forte. Lui la raggiunse, ma stavano tenendo un ritmo molto più veloce di quello che era solito tenere nelle sue corse. Lui non voleva (non poteva) darle la soddisfazione di andare più veloce di lui.

“Molestia? Scusami, ma credo che tu sia l’unica a dar fastidio.”

“Sì… bene e come lo chiami questo? O è normale per te inseguire fanciulle innocenti nel parco e insultarle? Dimmi, sei un idiota dalla nascita o è qualcosa che ti hanno insegnato i tuoi genitori?”

Mamoru vide rosso: nessuno osava menzionare la sua famiglia, non se sapevano cosa era meglio per loro.

“E i tuoi genitori, quanto tempo ci metteranno per ripudiarti vergognandosi per la tua imbarazzante immaturità, il tuo incredibile egocentrismo e la tua assoluta stupidità?” sibilò Mamoru.

Fortunatamente Usagi era già molto arrabbiata sennò avrebbe potuto arrendersi e strillare. Invece, ribatté usando un linguaggio che lei pensava non avrebbe mai usato verso un altro essere umano. Ma dopotutto, ragionò, Mamoru non era umano: era una stupida macchina parlante che camminava.

“Taci, coglione, se non sai cosa è meglio per te. E non rivolgermi MAI più la parola.” Detto ciò, cominciò a correre velocemente, sperando di mettere una certa distanza tra lei e Mamoru e dalle cose che lui aveva detto.

Mamoru fu sorpreso di sentirla imprecare, doveva aver colpito un punto delicato. Ne fu contento, lei se lo meritava. Con un po’ di fatica, la raggiunse di nuovo. Questa volta non le disse niente, corse solamente al suo fianco per un momento prima di accelerare di nuovo e sorpassarla.

Usagi non voleva essere da meno. Lo raggiunse e la gara ebbe inizio. Le due persone più cocciute che esistevano sulla faccia della Terra stavano correndo fianco a fianco, a una velocità che non tutti sarebbero capaci di mantenere, ognuno tentava di superare l’altro. Era una questione di orgoglio, era uno scontro di volontà ed era un esercizio di… stupidità. Usagi aveva la sensazione che presto sarebbe svenuta, ma questo l’avrebbe fermata? Certamente no. Stava sudando e i battiti del cuore le martellavano nelle orecchie, ma si rifiutò di lasciar vincere Mamoru. Sarebbe morta piuttosto che lasciargli quella soddisfazione. Doveva solo pregare che non le venisse un colpo.

Mamoru lanciò un’occhiata furtiva alla sua ‘partner’ di corsa, sperando che lei mostrasse qualche segno di cedimento. Lei stava respirando affannosamente, come lui, ma sul volto era stampato uno sguardo determinato che lui era abituato a vedere solo sul volto di una certa guerriera vestita alla marinaretta. Usagi non sembrava avere la minima intenzione di mollare e una parte di lui rimase affascinata dalla resistenza che lei stava dimostrando, mentre lui era vicino alla spossatezza. Un’altra parte di lui era esasperata. Perché non mollava? Lui aveva già corso il doppio del percorso che era solito fare e tre volte più veloce e in qualche modo sapeva già che la colpa era tutta di lei. Avrebbe solo dovuto mollare, ma lui sarebbe morto piuttosto che lasciare che la regina dei goffi lo superasse. Regina dei goffi? Questo mi fa venire in mente un’idea, pensò Mamoru. Certo, non era molto sportivo, ma se lui non avesse fatto qualcosa per fermare quella folle gara, avrebbero entrambi rischiato di essere colpiti da un attacco cardiaco. Così le diede una spallata. Usagi gli lanciò un’occhiata adirata mentre usciva brevemente fuori dal sentiero, ma vi ritornò e lo spinse. Mamoru incespicò, la riprese di nuovo e la spinse un po’ più forte. Si trovavano sulla cima di una collina, sull’altro lato del sentiero c’era un dolce pendio erboso e questa volta quando Usagi fu spinta, in qualche modo i suoi piedi si ingarbugliarono tra loro. Sapendo dalle numerose esperienze passate che stava per cadere si aggrappò al braccio di Mamoru, determinata a farlo cadere insieme a lei.

Se Usagi era sul punto di ridere, lo avrebbe sicuramente fatto alla vista dell’espressione di Mamoru mentre cadeva insieme a lei per terra. Non dovevano essersi fatti niente - se non altro per il fatto che erano su un pendio e che avevano avuto un forte slancio nel momento della caduta. Cominciarono a rotolare sempre più veloci, fino a che, raggiunto il basso, si fermarono bruscamente e Mamoru si ritrovò sopra. Le loro teste cozzarono tra loro con un rumoroso tonfo. Per un momento furono troppo confusi per fare qualsiasi cosa tranne che fare profondi respiri e cercare di prevenire lo stordimento. Poi ripresero la litigata.

“Guarda cosa hai fatto! Tu sei la ragazza più fastidiosa, priva di tatto e influenzabile che abbia mai conosciuto!”

“Non posso credere che tu stia incolpando me per questo! E non riesco a credere che tu mi abbia spinta! Eccomi, mi stavo godendo un sabato mattina perfettamente normale, quando ti presenti tu, come uno di quei folli sergenti addestratori dell’esercito, e poi, quando tu non ce la fai più, mi spingi! È incredibile. E guarda la mia testa! Avrò di sicuro un orribile bernoccolo enorme dopo aver sbattuto contro la tua testa dura. Tu sei veramente il più grande leccapiedi che io abbia mai incontrato, e nella mia vita ho conosciuto parecchie cose strane. Non so cosa…” continuò Usagi con i suoi forti e urlanti vaneggiamenti che alla fine Mamoru dovette smorzare o rischiava che il suo udito rimanesse danneggiato per sempre.

“Non stai mai zitta?” le gridò Mamoru. Usagi continuò a parlare.

“Eccoti costringermi a terra e non chiedermi neanche se sto bene. Potrei avere delle ossa rotte o una commozione cerebrale, lo sai… e… ehi, ma tu non vuoi diventare dottore o cosa?”

Mamoru riuscì a pensare ad una sola maniera per fermare la sua tirata, ma anche se si accinse a metterla in pratica, una parte di lui si stava meravigliando delle sue motivazioni. Stava agendo totalmente spinto dall’istinto e questo non era il modo in cui era solito prendere decisioni, ma ciò non lo fermò.

La baciò. Non incontrò i suoi occhi, né le chiese il permesso. Focalizzò solamente la sua attenzione sulle sue labbra e fermò il loro movimento con la pressione della sua bocca. Usagi era così scioccata che perse completamente il filo dei suoi pensieri. Forse era a causa della loro discussione e della corsa, ma lei improvvisamente si sentì viva anche se il suo non era più sangue ma adrenalina pura e lei ricambiò il suo bacio. Lui era il nemico, ma in qualche modo stava tentando di auto-convincersi che il Mamoru che lei conosceva e il Mamoru il cui corpo e le cui labbra erano premute contro di lei fossero due entità separate. Ciò significava che era giusto far scorrere le sue dita fra i capelli di lui e lasciarlo far scivolare le mani lungo il suo corpo.

Senza dubbio è la mancanza prolungata di una ragazza. Voglio dire, questa è Usagi, la ragazza che riesco a malapena a sopportare? E allora che importa se lei è vestita succintamente, se i suoi seni premono contro di me ad ogni respiro profondo e se ogni centimetro della sua pelle scoperta è tonica e lucida di sudore? Aspetta, dove sto andando con questi pensieri? Ah, a chi diavolo interessa? Mamoru la baciò rudemente, come se tentasse di dividere con lei un po’ della sua frustrazione che stava provando e cercò di farsi strada con la lingua nella sua bocca. Se avesse avuto qualche illusione che quello significava qualcosa più di una semplice attrazione fisica, questa svanì nel momento in cui le loro lingue si incontrarono. Lei lo mordicchiò poco gentilmente e lui premette così duramente dentro la sua bocca che non ci fu alcuna possibilità per le labbra di lei di non rimanere contuse. Quando la sua mano sfiorò la sua vita, non provò alcun rimorso a stringerla un po’ più strettamente, proprio come lei non provò alcuna colpa nel dargli pugni sulla spalla quando lui accidentalmente fece pressione sui suoi capelli.

“Ehi, ragazzi! Questo è un parco pubblico per le famiglie. Non potete fare quel tipo di cose qui!” urlò un oltraggiato genitore dal sentiero. Mamoru e Usagi si separarono, fissando prima l’uomo poi l’un l’altra. L’improvvisa consapevolezza di ciò che era accaduto tra loro fece impallidire Usagi e corrugare di disgusto la faccia di Mamoru.

“Togliti di dosso, porco!” scattò Usagi, spingendo via Mamoru e alzandosi in piedi. Mamoru strofinò una mano sulle labbra, come se all’improvviso quel sapore fosse disgustoso. Desiderò che ciò fosse vero, ma i suoi occhi erano già corsi a cercare le labbra tumide di lei, volendola baciare di nuovo.

Usagi stava cercando di fingere di non aver freddo ora che era lontana dalle braccia di Mamoru. Si agitò quando lui la fissò senza dire nulla e decise di andarsene.

“Ci si vede in giro, testolina buffa. E cerca di non gettarti ai miei piedi la prossima volta che ci vediamo, okay?” borbottò Mamoru alla sua figura che si allontanava.

“Come, scusa?” disse Usagi furiosa. “Tu mi hai baciata e non viceversa. In realtà dovresti imparare a tenere sotto controllo i tuoi ormoni, capito?”

Prima che Mamoru potesse replicare, Usagi se ne andò, correndo il più veloce possibile. Dentro di lei si sentiva come una gelatina tremolante e sebbene avrebbe dovuto sentirsi completamente spossata dopo quella maratona, trovò comunque abbastanza energia per tornare a casa senza rallentare. Luna era ancora rannicchiata sul letto di Usagi. Si stiracchiò quando Usagi entrò.

“Deve essere stata una lunga corsa, Usagi. Forse stai imparando a prendere le cose più seriamente, sono orgogliosa di te.”

Usagi dovette mordersi il labbro per non ridere. Si domandò quanto orgogliosa sarebbe stata Luna se avesse saputo che stava quasi per fare l’amore con Mamoru in un luogo pubblico. Entrò nella doccia e cercò di dimenticare l’intera faccenda, ma il segno di una mano sul seno le ricordò che le cose molto probabilmente non sarebbero ma più state le stesse.

* * *

Qualche giorno dopo, alla sala giochi, Mamoru stava lentamente sorbendo il suo caffè e leggendo il giornale. Stava deliberatamente evitando di pensare a Usagi e al fatto che lui l’aveva baciata. Ed era stato lui ad incoraggiare quel bacio, non importa quello che aveva detto a Usagi. Inoltre, lei aveva scelto di ricambiare quel bacio e altri ancora. Dio, poteva ancora sentire come era la sua pelle: tonica e calda al tatto. Mamoru accavallò le gambe bruscamente per prevenire i suoi capricciosi pensieri, quando un turbine biondo sbatté contro di lui, facendogli rovesciare il caffè su tutto il giornale.

“Fa’ attenzione, testolina buffa!” disse aspramente.

“Sei stato tu a rovesciarlo” gli rispose a tono Usagi, girandosi per guardarlo.

“Questo perché tu mi sei appena venuta addosso” spiegò Mamoru arcignamente.

“Allora, scuuuusami” disse Usagi, alzando gli occhi al cielo. Fece per andarsene quando Mamoru le afferrò il polso.

“No, non penso che ti scuserò. Hai rovinato il mio giornale, proprio come hai rovinato la mia corsa l’altra mattina e proprio come rovini tutto ciò che tocchi.”

“Io rovino tutto? Oh, e suppongo che tu sia perfetto? Sai, alcune persone penserebbero che maltrattare una ragazza sia una cosa poco carina da fare.”

“Oh, sta’ zitta! La tua voce sta diventando nociva” le gridò Mamoru. Il suo tono era così alto che tutti, nell’affollata sala giochi, smisero immediatamente di fare quello che stavano facendo per capire che cosa era tutta quella agitazione. In un istante tutto si acquietò così che tutti poterono sentire quando una cannuccia di plastica rotolò sul tavolo e cadde sul pavimento.

Usagi sorrise. “Penso che il nostro pubblico abbia appena appurato che la tua voce è acuta almeno quanto la mia.”

“Ci state ENTRAMBI facendo diventare matti, a me e tutti gli altri! Onestamente, se state per litigare, e credo che sia inevitabile, potreste utilizzare la stanza sul retro. Anche solo per la salvezza del mio locale” disse Motoki, interrompendo la coppia che stava bisticciando.

Usagi e Mamoru si voltarono per guardarlo, i volti arrossati dalla mortificazione.

“Vedi cosa hai fatto? Hai fatto arrabbiare il povero Motoki” lo rimproverò Usagi, incapace (poco propensa a?) di lasciare cadere la discussione.

“Io? Lui è mio amico” rispose Mamoru.

Motoki non li interruppe una seconda volta. Al contrario, condusse i due attaccabrighe su e attraverso la cucina, fino in fondo all’edificio dove c’era una piccola stanza, poco più grande di un ripostiglio, con una pesante porta. Li spinse dentro e chiuse la porta sbattendola. Quando ritornò nella sala giochi, Motoki fu accolto da un amichevole applauso per aver sistemato i due ‘guastafeste’.

Usagi e Mamoru registrarono appena il cambio di stanza. Il litigio continuò.

“Avrei pensato fosse impossibile venir sbattuti fuori da una sala giochi, ma… Congratulazioni, ci sei riuscita” disse Mamoru sarcasticamente.

“Sta zitto, Mamoru, anche tu sei qui. Infatti è tutta colpa tua” gridò Usagi facendo un passo verso di lui. Stava respirando affannosamente e si sentiva accaldata ed eccitata. Quella stava per diventare una delle migliori litigate che loro avessero mai avuto. La migliore? Non intendeva la peggiore? Vero, gli insulti erano stati rapidi e pesanti, ma anche se dava sfogo alla sua rabbia, una parte di lei stava usando quell’energia trasformandola in qualcos’altro. Qualcosa simile alla passione… cominciò a perdere il filo del discorso quando certi altri elementi acquisirono importanza. Ad esempio come gli occhi scuri di Mamoru si fossero fatti più scuri e profondi e come fossero vicine le sue labbra quando lui si chinò in avanti per urlarle in faccia. O come il costante scorrere delle sue dite fra i suoi capelli meravigliosi e soffici lo facessero apparire sensualmente scarmigliato.

“Sei egoista. Sei golosa” continuò Mamoru, mentre la mente di Usagi vagava.

“Scusa, cosa hai detto?” domandò educatamente Usagi.

Mamoru la guardò fissamente, incredulo. “Incredibile, la tua concentrazione non riesce nemmeno a coprire l’arco di una intera discussione!”

“Beh… è solo colpa tua. Tu sei troppo dannatamente attraente!” gridò frustrata Usagi, mentre l’avversione e l’autocontrollo lasciavano il posto al desiderio sfrenato. Mamoru ebbe solo un momento per registrare il suo commento prima che Usagi gli si avventasse addosso. Le braccia di lei circondarono il suo collo con fare esperto, le sue labbra coprirono il grugnito di sorpresa, unica immediata risposta di Mamoru a quella situazione. Caddero sul pavimento per la forza dello slancio di Usagi.

Mamoru pensò di essere arrabbiato per l’incerimoniosa discesa sul pavimento, ma la caduta aveva sollevato graziosamente la gonna già corta di Usagi, così decise di trarre il meglio da quella situazione. (NdA: che vita difficile, la sua! ) Le loro lingue lottarono con più forza di quella che probabilmente era necessaria, affondando e mordicchiando con tutta l’energia che il litigio aveva fomentato. La mano di Usagi si fece strada sotto la sua camicia e si spostò avanti e indietro, passando da una carezza delicata all’affondare le sue unghie nella sua pelle. Lui non le piaceva, ricordò a se stessa, ma doveva ammettere che le piaceva come lui la faceva sentire dentro. Era chiaro che lei amava odiarlo.

Nella testa di Mamoru, cinque voci diverse stavano discutendo riguardo a quello che avrebbe dovuto fare. La prima voce: lei è tua nemica giurata… liberati di lei e sciacquati la bocca. La seconda voce: sei nel retro di una sala giochi… il posto migliore per qualsiasi cosa tu decida di fare. La terza voce: liberati di lei… tu non hai fatto niente altro che lamentarti di lei da quel giorno al parco. La quarta voce: anche se la odi, non hai alcuna scusante per trattarla in questo modo… la stai praticamente maltrattando. La quinta voce: lei è favolosa, è single ed è consenziente… perché diavolo ci stai ascoltando?

Mamoru (NdA: sorpresa, sorpresa) diede retta all’ultima voce. Le sue mani cominciarono ad accarezzare la pelle morbida delle sue gambe nude e poté sentire i suoi seni premere contro il suo petto, attraverso la camicetta. Le sue mani dovevano essere elettriche: qualsiasi punto in cui lei lo toccava, lui rabbrividiva e si contorceva. Senza sosta, le loro bocche si muovevano insieme in una costante lotta tra supremazia e desiderio. Lui adorava il suo sapore, anche quando odiava quella bocca che di solito gli riversava addosso insulti. Il loro amplesso quasi violento e certamente intenso fu interrotto bruscamente da un bussare alla porta.

Gli occhi di Usagi si spalancarono e corsero a incontrare quelli di Mamoru, le implicazioni della sua situazione le piovvero addosso come un’ondata fredda. E se Motoki fosse entrato direttamente e li avesse visti? Lei non lo avrebbe mai più dimenticato.

“Se il silenzio indica che avete smesso di litigare, adesso, ragazzi potete venire fuori” disse Motoki da dietro la porta.

“Oh, mio Dio, ci scoprirà” mormorò Usagi con veemenza.

“Cosa pensi che stesse per succedere? O eri così disperata di possedermi che ti sei scagliata contro di me senza pensare?” borbottò Mamoru di ritorno, un sorriso compiaciuto ingentilì i suoi lineamenti.

“Disperata? Scagliata?” cercò di capire Usagi incredula. Il pomello della porta tremò prima che Usagi potesse rispondere a tono e si alzò in piedi. Sistemò la camicetta e raddrizzò la gonna proprio prima che Motoki entrasse nella stanza.

“Cosa succede?” domandò Motoki, vedendo Mamoru sul pavimento e Usagi agitata e forse anche un po’ imbarazzata.

“Testolina buffa è una cannonata, letteralmente” disse Mamoru. “Mi domando cosa ci sia che non va in una persona per renderla così violenta.”

“Usagi, è la verità? Lo hai spinto?” chiese Motoki incredulo.

“Ma io… ma lui… è stato…” tentò di difendersi, ma non riuscì a trovare un’altra scusa ragionevole per spiegare perché Mamoru fosse sul pavimento. Guardò Mamoru e anche nella penombra avrebbe potuto dire che lui stava ridendo della sua situazione. “Tu, piccolo bastardo!” urlò per la frustrazione.

“Whoa! Calmati Usagi. È già a terra. Su, Mamoru, lascia che ti aiuti ad alzarti” propose Motoki. Mamoru impallidì, realizzando che non poteva fare avvicinare Motoki o, buio o non buio, l’amico avrebbe notato la… ehm… ‘crescente’ attrazione di Mamoru per Usagi. Questa notò la sua espressione, lanciò una veloce occhiata per confermare i suoi sospetti, prima di sorridere con diabolico divertimento. Con voce vellutata, lei disse: “Oh, io non mi preoccuperei Motoki. Mamoru si ‘alzerà’ un pezzo alla volta.” Usagi rise prima di girare i tacchi e uscire dalla stanza. Mamoru era proprio eccitato.

“Cosa voleva dire?” domandò Motoki, non capendo ancora cosa Usagi volesse dire.

“Come posso supporre di sapere cosa passa nel cervellino di quella sciocca?” disse Mamoru, teso. Soprattutto, Motoki non doveva scoprire che ho quasi fatto l’amore con Usagi per la seconda volta. Lui non ne sarebbe mai venuto a conoscenza.

“Allora vieni?” chiese Motoki, visto che Mamoru non accennava ad alzarsi.

“Tra un minuto. Prima voglio essere sicuro che se ne sia andata.”

“Paura di un nuovo scontro?” si informò Motoki, ridendo al pensiero che qualcuno potesse essere spaventato da un soldo di cacio come Usagi.

“Qualcosa del genere” concordò Mamoru con un sorriso. Tu non hai idea di quanto possa essere pericolosa. Mentre sedeva là, Mamoru cominciò a pianificare il prossimo incontro con Usagi. Doveva essere qualcosa capace di provocare una discussione (che tra loro poteva avere come oggetto anche il nulla) perché quello sembrava essere il catalizzatore e doveva succedere in un posto in cui Usagi fosse l’unica a venire sconfitta. Era consapevole che i suoi piani lo stavano facendo sorridere come un idiota, ma attribuì la reazione alla promessa di vendetta e non all’opportunità di essere di nuovo con Usagi. Lei avrebbe pagato per la dolorosa, sebbene piacevole, posizione in cui si trovava.

* * *

La settimana che trascorse vide Usagi e Mamoru molto più agitati del solito. Tentarono di giustificare le loro recenti azioni in maniera razionale, per scoprire che era piuttosto difficile. Una volta poteva essere liquidata come un semplice errore di giudizio, la seconda implicava che c’era qualcosa un pochino più profondo che li stava avvicinando. E vedendo come Mamoru e Usagi aspettavano la discussione successiva, significava qualcosa, di nuovo. Usagi stava affrontando quella non richiesta attrazione per Mamoru nel suo solito modo: lo ignorava sperando che svanisse. (NdA: questo è il modo che preferisco anch’io per affrontare i problemi!) Mamoru fece tutto quello che poteva per liberarsi del suo eccesso di energia e uscì perfino con una che gli aveva consigliato Motoki. La donna risultò essere bellissima, intelligente e completamente innamorata cotta, ma lui non provò nulla nei suoi confronti. Il calore, la passione, l’eccitazione allo stato puro, che provava quando era con Usagi, semplicemente mancavano. Ahh, Usagi. Stava realizzando che lei, e solo lei, soddisfaceva una parte di lui che aveva a lungo ignorato. Lussuria, Mamoru ammise prontamente, ma forse era qualcosa di più? Simili pensieri mettevano a disagio Mamoru così cercò di ricacciarli nel profondo della sua mente.

Il mattino dopo Usagi si svegliò come di consueto. “Sono in ritardo! Ooh, perché nessuno mi ha svegliato prima?” strillò Usagi, correndo giù per le scale. Afferrò la cartella, il pranzo e mise in bocca un muffin, prima di correre fuori casa e salutare i suoi genitori.

“Dovremmo dirle che è in anticipo di mezz’ora?” chiese suo padre pigramente, riempiendo di nuovo la tazza di caffè.

“Ormai è troppo tardi. Almeno per una volta sarà puntuale, sebbene io non approvi il tuo scherzo, Shingo. Assicurati di mettere l’ora giusta sull’orologio, prima di domani” disse la madre di Usagi, tuttavia i suoi occhi ridenti tradirono il fatto che trovasse lo scherzo divertente.

Usagi guardò per caso l’orologio a metà strada della sua folle corsa e quasi svenne quando lesse l’ora. Comunque, prima che avesse il tempo di confermare che era indubbiamente in anticipo e di rallentare, girò l’angolo e si scontrò con quello che a lei sembrò essere un solido muro di muscoli.

“Ma non ti stanchi mai di venirmi addosso, testolina buffa?”

“E tu non ti stanchi mai di essere colpito? Perché non ti sposti mai dalla mia traiettoria? E il mio nome non è testolina buffa, cretino” disse Usagi, molto offesa.

“Non posso credere che tu ti sia offesa. Sono io la vittima qui e tu ti scusi mai dopo avermi colpito? No, non lo fai. Lo sai, qualcuno dovrebbe davvero insegnarti le buone maniere.”

“Tu mi stai gridando in faccia nel mezzo di una strada pubblica, facendo una scenata. Non penso dovresti essere tu ad ammonirmi sulla mia educazione” affermò Usagi malignamente.

“Arg!” urlò Mamoru, infastidito. Era determinato a vincere almeno una discussione e ci sarebbe riuscito senza il beneficio del pubblico che lo stava guardando con curiosità. Afferrò il suo polso e la spinse rudemente attraverso una vicina siepe. Si ritrovarono in un luogo relativamente isolato: celati alla vista della casa, sulla cui proprietà si trovavano, da una fila di alberi alti, impossibili da vedere dalla strada a causa degli fitti cespugli. “Tu mi vieni addosso tutte le volte, hai qualche idea di quello che mi fai?”

“Suppongo che me lo dirai” disse Usagi, incrociando le braccia al petto e sollevando il mento in aria. Era un modo per apparire fredda e altera, ma in realtà Usagi non voleva guardarlo negli occhi nel caso lei gli fosse saltata addosso di nuovo. Davvero, cosa c’era di sbagliato in lei? Le ragazze normali non si fermavano per amoreggiare con i loro nemici mentre stavano andando a scuola, non è vero?

Gli occhi di Mamoru erano incollati sulla faccia accaldata e sulla piega elegante del collo di Usagi quando sollevò il mento. Poteva praticamente vedere come stava correndo il suo battito, nonostante i suoi tentativi di sembrare calma. Come faceva a sembrare adorabile e innocente un momento e spaventosamente sensuale quello dopo? Stava per perdere un’altra discussione.

“No, non te lo dirò” disse con voce roca. “Te lo mostrerò.”

Prima che Usagi potesse sbattere le palpebre, Mamoru la stava premendo contro di sé; modellando la sua dura figura contro la sua. Usagi emise un sussulto di spavento mentre la bocca di Mamoru coprì la sua in un bacio selvaggio e appassionato. La sua cartella cadde trascurata dalle sue mani, le sue gambe si allacciarono istintivamente attorno ai suoi fianchi quando lui la sollevò, senza sforzo, così che lei potesse proprio sentire quanto lui aveva bisogno di lei. Con fluida grazia, Mamoru cadde sulle ginocchia e con attenzione sistemò Usagi sulla soffice terra prima di piegarsi di nuovo su di lei. “Visto? Questo è quello che succede quando tu mi tocchi. Ogni volta che tu mi vieni addosso, noi litighiamo e io comincio a sentirmi vivo o altro, ma poi tu scappi via e mi lasci tutto… confuso. Poi tutto il giorno, tutto quello che posso fare è pensare a te e chiedermi che cosa di te mi faccia diventare così matto” disse Mamoru senza fiato. Baciò Usagi prima che lei potesse rispondere e il bacio fu rude e sembrò essere al tempo stesso sia una punizione per ogni volta che lei era scappata via, sia un ringraziamento per sbattergli contro. Interruppe il suo assalto per dirigere i suoi baci lungo la mascella e il collo.

“Almeno sai che la tua influenza su di me è forte proprio come per te. Non posso dirti il numero di volte che ho sbattuto contro di te mentre andavo a scuola e le conseguenti punizioni scolastiche che ho preso, perché stavo fantasticando di averti causato qualche dolore. È diventato anche peggio dopo, invece del solito fantasticare sul progettare la tua orribile morte, pensavo a… bè fare quello che stiamo facendo.”

Mamoru alzò la sua testa per guardarla, colpito dal suo commento. Usagi arrossì, come se, avere avuto pensieri su di lui, fosse peggio delle attuali azioni, e ciò fece ridere sommessamente Mamoru.

“Almeno tu non devi gironzolare il resto della giornata con la gente che pensa tu sia una ragazzina arrapata. Penso che Motoki sospetti qualcosa, non ti ho mai ringraziato per avermi lasciato là sul pavimento.”

“Quindi tu te lo meritavi” dichiarò Usagi. Mamoru avvicinò il volto a quello di lei fino a che non furono naso contro naso e poi tentò di apparire minaccioso. “Voglio dire, mi dispiace?” squittì Usagi.

“Non è sufficiente. Mi chiedo cosa dirà la gente quando arriverai a scuola completamente scarmigliata” domandò retoricamente Mamoru, abbassando la bocca per assaporare le sue labbra di nuovo e allentare il fiocco della sua uniforme scolastica. Usagi lottò brevemente e con poca determinazione, sapendo che, se non se ne fosse andata presto, sarebbe arrivata in ritardo a scuola, ma subito scoprì che lasciare Mamoru era anche più difficile che lasciare il suo letto quella mattina. Infatti, niente le sembrava giusto come il trovarsi tra le braccia di Mamoru. Sentì la mano di Mamoru lasciar stare il suo fiocco e cominciare a scivolare giù lungo i suoi fianchi fino all’orlo della sua gonna. Abilmente, quella mano cominciò il suo viaggio indietro lungo la sua gamba, questa volta lungo la sua pelle sensibile.

Improvvisamente, Usagi si paralizzò: ogni muscolo si bloccò quando scorse due paia di scarpe dall’altra parte del cespuglio che li nascondeva. Pratiche scarpe, modello Mary-Jane, dal tacco basso, perfettamente lucide, che potevano appartenere solo a Ami, e un altro paio di bassi mocassini marroni con la punta consumata che appartenevano a Makoto - quella ragazza non aveva bisogno di tacchi, era già alta a sufficienza. Oh, Dio, due delle mie migliori amiche sono ferme a non più di mezzo metro da qui. Avrebbero scoperto qualsiasi suono e tutto il vergognoso segreto di ‘dormire col nemico’.

Mamoru si preoccupò di essere probabilmente andato troppo oltre (aveva le sue ragioni per detestare Usagi, ma non significava che avrebbe dovuto forzarla a fare qualcosa), prima di notare il suo sguardo fisso. Quindi aveva paura della punizione, non è vero? Bene, probabilmente dopo si sarebbe pentito di questo, ma era una opportunità troppo succulenta per passarci sopra. Con l’indice tracciò delicatamente una linea lungo la pelle molto sensibile dell’interno coscia. Usagi strillò per la sorpresa e tutte e due le paia di scarpe si girarono nella direzione da cui giunse il rumore. Usagi chiuse gli occhi, aspettandosi di essere scoperta da un momento all’altro, quando la campanella della scuola suonò e le sue amiche se ne andarono. Nel momento in cui il brusio degli studenti che entravano a scuola cessò, Usagi allontanò Mamoru e si rialzò instabile sui piedi.

“Come hai potuto fare questo? Quelle erano le mie amiche. Ci avrebbero scoperto. Oh cavoli, ora arriverò tardi in classe” realizzò Usagi. Scavalcò il prono Mamoru e si guardò intorno alla ricerca della cartella. Mamoru si alzò, recuperò la borsa e finse di passargliela. Quando lei la sfiorava, lui la sollevava sopra la sua testa.

“Pensavo tu fossi abituata ad arrivare in ritardo.”

“Abituata, sì, ma ciò non significa che mi piaccia. Sono abbastanza nei guai senza doverlo fare di proposito. Posso avere la mia borsa, per favore?”

Il suo tono disperato e sommesso colse di sprovvista Mamoru. Era facile dimenticare qualche volta che Usagi aveva una vita al di fuori delle loro discussioni. Si ritrovò a domandarsi che tipo di cose le piaceva fare quando lei non era con lui. In realtà, lui non conosceva molto di quello che la riguardava - non gli interessava superare la definizione di egoista, fastidiosa mocciosa che le aveva dato.

“Sì, scusa. Ecco” disse Mamoru passandole la cartella gentilmente e poi riallacciandole il fiocco dell’uniforme. Usagi rimase là ferma a guardare Mamoru come se gli fosse cresciuta un’altra testa. “Cosa?”

“Niente, è solo che tu non ti sei mai scusato con me prima d’ora” spiegò Usagi. Questo semplice atto di cortesia era più sconcertante di qualsiasi altra cosa accaduta prima. All’inizio, aveva pensato che la sua attrazione per Mamoru fosse puramente fisica e poi aveva cominciato veramente a non vedere l’ora di rivederlo, e ora questo. Improvvisamente lei stava osservando un lato completamente nuovo di Mamoru che era decisamente difficile da detestare.

“Allora, scommetto che ci rivedremo venerdì?” domandò Mamoru annoiato. Adesso stavano entrando in acque inesplorate.

“Huh?” esclamò Usagi, confusa. Aveva dimenticato qualcosa che avevano pianificato?

“Noi litighiamo sempre di venerdì: tu finisci presto a scuola e io non ho le lezioni del pomeriggio, il venerdì. Quindi cos’altro dovremmo fare?”

“Quindi continueremo ancora a discutere, anche se noi… uh…”

“Smettere di fare gli stupidi? Certo, mi immagino che le nostre discussioni siano una parte della nostra routine, il nostro M.O. (modus operandi). Non avere l’uno senza l’altro. E io preferisco piuttosto questa nuova aggiunta al nostro schema abituale.”

“Sì, anch’io” confessò Usagi, osando incontrare gli occhi di lui. Sospirò: “Io non posso fare niente normale, vero? Allora d’accordo, Idiota, devo andare subito a scuola e prendere la mia punizione. Ci si vede!”

“A presto testolina buffa!” disse Mamoru, andandosene nella direzione opposta - ma non prima di aver visto l’istintivo contrarsi delle spalle di Usagi al suono di quel nomignolo.

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Per favore leggete e commentate. Ho così poco per cui essere impaziente… nel prossimo capitolo, Usagi e Mamoru scopriranno le rispettive identità segrete.

  
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