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Autore: Sherry    30/09/2009    3 recensioni
Ciao a tutti! Ecco qui la mia raccolta di fic uscite dalla sfida del Mugiwara no Usagi. A ogni capitolo viene associato un doujinshi e una fanfiction che si basa su questa immagine. Spero vi piacciano!
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti

Ciao a tutti!
Ecco qui la quarta shot della raccolta…spero vi piaccia!

Fatemi sapere cosa ne pensate!

Buona Lettura

 

 

Doujinshi

 

 

 

 

 

 

Camminavano tranquillamente da una decina buona di minuti, parlando e scherzando, come buoni amici.

Eppure la ragazza non riuscì a fare a meno di pensare che era un vero peccato.

Un uomo era proprio ciò di cui aveva bisogno, in un momento come quello.

Necessitava di affetto, protezione, amore, fiducia… tutte sensazioni che riusciva a provare con lui.

Zoro.

Lo amava da una vita, ma sapeva che il suo era un amore a senso unico. Lui pensava ancora a Kuina, la sua ex, morta tragicamente in un incidente. E dopo quell’episodio lo spadaccino non si era mai più impegnato con nessuna, forse per paura che anche a questa nuova compagna potesse succedere qualcosa.

Così Nami si limitava a frequentarlo come amico, migliore amico, covando segretamente dentro di sé quell’amore profondo che provava.

Improvvisamente, una frase la fece pietrificare.

“Sai Nami?” domandò Zoro, con voce roca. “Domani c’è la semifinale…Kuina sarebbe fiera di me”

La rossa, che era già persa per vaneggiamenti ancor prima di sentire il ragazzo pronunciare questa frase, prese il suo discorso come una conferma di ciò che aveva pensato sin da subito. Zoro pensava ancora a lei, e non aveva altro per la testa.

Rimasero in silenzio per qualche istante, Nami persa nei suoi pensieri amari, Zoro a guardarla preoccupato. Cos’aveva detto di tanto sconvolgente da farla pietrificare?

“Nami?” provò a chiamarla, sperando di riuscire in qualche modo a farla uscire da quello stato di profonda tristezza che le vedeva dipinta sul volto.

“Nami…” la richiamò, senza risultato.

Lo spadaccino decise allora di prendere in mano la situazione.

Si avvicinò a lei, sicuro,  e la afferrò per un braccio dirigendola verso casa sua. Era sicuro di non potersi perdere, la sua abitazione era solo a 100 metri da lì.

E mentre camminavano, o meglio lui la tirava e lei lo seguiva come un peso morto, la mano del ragazzo, involontariamente, scese su quella della ragazza, stringendola piano e dandole conforto.

Arrivati alla porta dell’abitazione – ebbene sì, l’aveva trovata – Zoro si prese qualche secondo per guardarla negli occhi.

Era bella, da togliere il fiato.

Anche così con gli occhi tristi e spenti, rassegnati quasi…

“Entra” le disse. Non era una richiesta, o forse sì. Sperava solo di poter alleviare il dolore della giovine che, dopotutto, si era ritrovato ad amare oltre se stesso.

Qualche minuto dopo, i due ragazzi erano all’interno dell’appartamento. Era carino, arredato con gusto, provvisto addirittura di caminetto. Zoro l’aveva ereditato dal primo maestro dell’arte della spada che lo avesse mai allenato, morto per vecchiaia pochi anni dopo averlo conosciuto.

E Zoro andava fiero di quella sua piccola “tana”, la accudiva come un tesoro prezioso.

Non aveva mai fatto entrare nessuno a casa sua, nessuno tranne lei.

Nami, a detta dello spadaccino, era l’unica che meritasse di conoscere tutto di lui.

Si accomodarono sul divano, davanti al caminetto spento, e Zoro aspettò pazientemente che fosse lei a parlare.

Succedeva sempre così tra loro.

Se Nami aveva qualche problema, Zoro la portava a casa sua e aspettava pazientemente che fosse lei a dirgli cosa le era successo. Quando era Zoro a stare male, invece, si ritrovavano a casa della ragazza. Era sempre stato così, anche prima e durante la relazione con Kuina.

Il suo rapporto con Nami era speciale.

“Ho paura” disse Nami titubante, volgendo infine lo sguardo in quello dello spadaccino. Durante tutto il tragitto aveva pensato e pensato, ed era giunta alla conclusione di dovergli confessare quello che provava per lui, perché era certa che non avrebbe provato niente di simile con nessun altro.

“Di cosa?” intervenne lui, parlando a bassa voce. Non voleva turbarla o interromperla nel suo discorso.

“Di rimanere sola” rispose spiccia lei, abbassando gli occhi. Zoro provò l’irrefrenabile impulso di prenderla tra le braccia e baciarla, ma si frenò con una gran forza d’animo.

“La mamma se n’è andata, Nojiko sta male…” Gli occhi di Nami pizzicavano, bruciavano insistenti la loro voglia di esplodere in lacrime. Una lacrima, veloce, sfuggì dalle ciglia lunghe della rossa, e rotolò senza sosta lungo la sua guancia.

A Zoro si spezzò il cuore. Mosse una mano, grande e calda, ad asciugarle la lacrima, e già che c’era la abbracciò. Doveva essere un abbraccio fraterno, consolatore, ma non vi riuscì molto bene. Era troppa, troppa la voglia di tenerla stretta a sé  di fare l’amore con lei.

“Zoro…” continuò Nami, con voce rotta. “…ho bisogno di qualcuno che stia con me, che mi protegga e mi sostenga ” la ragazza tremò appena, al contatto della mano ruvida di lui che le faceva una carezza sulla guancia.

Ma per questo ci sono sempre, lo sai…” rispose tranquillo lui. Vide Nami scuotere vigorosamente la testa, facendo segno di no.

“Quello che intendevo” lo interruppe “…è che ho bisogno di un compagno, Zoro. Di qualcuno che mi ami…” Nami alzò gli occhi leggermente rossi su di lui, ed entrambi non trovarono niente da dire.

Rimasero qualche secondo in silenzio, abbracciati, a guardarsi negli occhi.

Zoro avrebbe voluto rispondere che la amava, e che lo faceva da una vita, ma aveva il timore che Nami volesse stare con qualcun altro, che lui non la meritasse, che potesse ripetersi il dolore che aveva provato alla perdita di Kuina.

In realtà lo sapeva, se mai avesse dovuto perdere Nami sarebbe morto dal dolore. Era molto più importante di Kuina, lo era sempre stata.

E improvvisamente, Zoro capì.

Nami era lì per lui, non poteva farsela sfuggire.

Non poteva aspettare che qualcun altro, attirato dalla bellezza della ragazza, gliela portasse via per dirle che la amava.

Così, lo spadaccino passò ai fatti.

Si avvicinò cauto a lei, al suo viso, chiedendo leggermente gli occhi e dandole la possibilità di rifiutarlo, se lo avesse voluto.

Ma dopo poco, lo schiaffo che si era immaginato non era ancora arrivato, così decise bene di avvicinarsi ancora a lei, e di baciarla.

Un bacio lento, desiderato da tanto.

Non le aveva detto che la amava, certo, ma l’avrebbe fatto in futuro.

Sicuramente.

 

  
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