01/10/2009
2 recensioniRicordare faceva male, dimenticare era vietato
Il getto d’acqua era bollente, le pareti della doccia giacciate.
Mi piaceva la sensazione, il contrasto.
Forse era una delle poche cose ( o meglio l’unica) che ormai potevo definire piacevole. Mi ricordava qualcosa (o meglio qualcuno) a cui mi ero imposta di non pensare.
Il marmo freddo evocò nella mia mente ricordi lontani, felici, di una vita che sembrava avere un senso, e che ormai non mi apparteneva più. Perché lui non c’era più.
L’annebbiamento familiare mi avvolse placando il dolore, che sarebbe stato eccessivo da sopportare per il mio cuore ormai in frantumi.
Ricordare faceva male, dimenticare era vietato(*). Pensando a ciò i ricordi mi si rovesciarono addosso, come un secchio d’acqua ghiacciata che ti toglie il respiro: noi due, il suo tocco gelido, la sua pelle bianca e marmorea, i suoi occhi d’orati, il suo sorriso, il sole che scaldava entrambi, la nostra radura…
E poi per me fu troppo, non sentivo più l’aria entrare nei polmoni, non sentivo più l’acqua che mi scorreva addosso. Nonostante tutto, però, preferivo il bruciore quasi insopportabile nei polmoni al dolore che i ricordi provocavano.
Mi rannicchiai sul pavimento, stringendo le ginocchia al petto, come per impedire al dolore di strappare via dal mio petto i brandelli di cuore che mi restavano.
Ma lottare ormai era inutile.
Già…perché lottare se la tua unica ragione di vita ti ha abbandonata?
(*)Stephanie Meyer, New Moon
__Lale__