Salve a tutti!
Eccomi di nuovo qui a rompervi un po’ le scatole!
Premetto che qualcuno di voi potrebbe aver letto la vecchia versione di
questa storia (l’ho postata un paio di giorni prima di questa, ma l’ho subito
cancellata, in quanto non mi soddisfava affatto). Questa è la versione
modificata e sinceramente… migliore!
Colgo l’occasione per ringraziare coloro che hanno letto e recensito la mia
storia precedente, “Cosa siamo adesso?”, che non ho avuto la possibilità di
ringraziare precedentemente.
Detto questo… vi lascio alla lettura della storia!
Nella
stanza regnava il gelo, nonostante un allegro fuoco scoppiettasse nel camino
della tenda. Probabilmente fuori, dove c’erano ancora residui di neve e
ghiaccio, l’aria sarebbe stata meno fredda.
Regnava
il silenzio, eppure nella stanza c’erano tre persone.
Una
ragazza, rannicchiata sul suo letto con le gambe incrociate strette, china a
studiare un libro. O almeno così sembrava.
Un
ragazzo dai capelli rossi, seduto su una sedia del piccolo tavolo posizionato
al centro della stanza. Guardava la ragazza, incerto se parlarle o no; ragazza
che si ostinava imperterrita a tener basso lo sguardo sul suo libro.
E
infine c’era lui, il terzo ragazzo che ormai aveva rinunciato al suo proposito
di riportare la pace fra quelli che da anni erano i suoi due migliori
amici.
- Io
vado a fare il giro di perlustrazione - annunciò Harry, infilandosi il
cappotto.
Non
ricevette alcuna risposta, non che se aspettasse una.
- Non
credo di metterci più di un’ora - concluse, avvolgendosi la sciarpa intorno al
collo e dirigendosi verso l’uscita.
Neanche
stavolta ricevette una risposta verbale: Ron si limitò a fargli un cenno con la
testa, mentre Hermione tenne fede al suo silenzio.
Era
stata stranamente taciturna tutto il giorno, parlando solo quando era
strettamente necessario.
Dalla
sera precedente, quando Ron aveva fatto ritorno alla tenda, Hermione si era
ritirata in una sorta di silenzio di protesta nei confronti di entrambi i
ragazzi.
Harry
sapeva che Hermione ce l’aveva con lui per il fatto che si era palesemente
schierato dalla parte di Ron la sera prima e si era rassegnato al malumore
della ragazza, sapendo che prima o poi li avrebbe perdonati entrambi.
Ma Ron
no. Lui non aveva alcuna intenzione di
rassegnarsi.
Il
sentirsi ignorato da Hermione pesava sul suo stomaco come un macigno.
Il
fatto che lei non accettasse nemmeno di guardarlo in faccia, lo logorava. Non
che non se lo meritasse: di questo Ron era perfettamente consapevole.
Erano
passate solo venti ore da quando era tornato da loro e molte altre ne sarebbero
dovute passare prima che Hermione lo perdonasse, Ron lo sapeva bene.
Ma
sapeva anche che non se ne sarebbe stato con le mani in mano, aspettando che
quel momento arrivasse, perdendo minuti preziosi. Minuti che non sapeva se
avrebbe avuto il tempo di recuperare…
- Io…
preparo un tè - disse Ron, sperando in una qualche reazione della ragazza.
Ma
niente. Fu come se non avesse aperto bocca.
- Ne
vuoi una tazza? - osò.
La
reazione di Hermione non fu diversa da quella precedente. Continuò a tenere lo
sguardo fisso sul libro.
-
Posso preparare quello alla vaniglia, come piace a te… - l’ostinazione di Ron,
per una volta, sembrava essere forte tanto quella di Hermione.
Si era
anche offerto di prepararle il suo tè preferito.
Quello
alla vaniglia.
Ecco
perché ogni volta che Ron sentiva il profumo e l’aroma della vaniglia pensava a
lei.
Magari,
questo pensiero gentile, l’avrebbe addolcita un po’…
O
forse no.
Hermione
chiuse il libro di scatto e rimase qualche secondo a fissare la copertina.
Quando
alzò lo sguardo e notò che Ron era ancora in attesa di una sua risposta, lo
guardò infastidita, inarcando le sopracciglia.
- No,
Ron. Non lo voglio il tè - rispose secca, alzandosi e afferrando il libro.
Fece
per andarsene. Nel bagno, probabilmente; non è che avesse molte alternative.
Ma Ron
la bloccò - Va bene, niente tè. Però dobbiamo parlare.
Hermione
si liberò con una scrollata, fulminando con uno sguardo Ron che temette seriamente
di essere schiantato.
- Per
quello che mi riguarda, puoi farti un monologo davanti ad una bella tazza di tè!
- gli rispose - Anzi, sai che ti dico? Fattelo alla vaniglia! - aggiunse acida.
Per un
attimo Ron pensò di lasciar perdere. Conosceva Hermione e la sua
testardaggine.
Dopotutto,
aveva ragione lei, no?
Si
chiese che diritto avesse di tornare da loro, da lei, dopo settimane e
pretendere che Hermione facesse finta di niente. No, lui non lo pretendeva.
Ma ne
aveva bisogno. Ne aveva un bisogno fisico.
Però…
che importanza aveva, in confronto al fatto che Hermione si rifiutava anche di
guardarlo negli occhi?
“Rinunciaci,
Ron. L’hai persa stavolta”.
Ma
questo pensiero svanì tanto velocemente quanto era venuto.
Se
Hermione non voleva parlargli, non aveva di peggio da perdere. Doveva almeno
tentare.
-
Hermione, parliamone - disse calmo, passandosi una mano sulla faccia.
Lei lo
guardò come se volesse prenderlo a schiaffi. Ron sperò che lo facesse, se
questo significava fargli ottenere il perdono.
Povero
illuso.
-
Parliamone? - disse lei, il volto contratto dalla rabbia- E di cosa? Io non ho
nulla da dirti - tentò di nuovo di superare Ron, invano.
-
Perfetto allora. Perché devi solo stare zitta e ascoltarmi.
Sarebbe
stato difficile stabilire chi fosse più stupito da quella risposta. Era la
prima volta che Ron usava un tono così duro con lei. La vide prima spalancare
gli occhi, boccheggiando, magari in cerca di qualche parolaccia
sufficientemente dura da urlargli addosso.
Stavolta
temette seriamente che Hermione mettesse mano alla bacchetta. Per questo decise
che era necessario cercare di porre rimedio, seppur parziale.
-
Scusa… scusa, io non volevo essere sgarbato - disse - Ti chiedo di stare a sentirmi, qualche
minuto.
Hermione
si guardò intorno, mordendosi il labbro, quasi a voler cercare una via di fuga.
- Va
bene. - disse infine, sbattendo il libro sul tavolino là vicino e incrociando
le braccia - Parla.
Ron
sospirò, ringraziando mentalmente per non essersi trovato al posto di quel
tavolino.
Adesso
che aveva via libera, non sapeva più da dove cominciare.
Cosa
dirle come prima cosa?
Che si
era maledetto ogni minuto per averli lasciati?
Che
non aveva fatto altro che pensare a lei, a dannarsi al pensiero che le potesse
succedere qualcosa?
Guardò
Hermione, ferma davanti a lui, con aria scocciata. Sapeva che avrebbe dovuto
fare molta attenzione nella scelta delle parole…
-
Allora? - lo incitò lei.
E
doveva anche sbrigarsi.
Ron
aprì la bocca un paio di volte, senza emettere suono.
- Mi…
mi dispiace.
Silenzio.
L’unico suono era lo scoppiettio del fuoco. Rimasero così, l’uno di fronte all’altra,
per una ventina di secondi; ognuno era in attesa che l’altro parlasse.
-
Tutto qui? - fece alla fine Hermione, alzando le sopracciglia - Caspita, Ron,
ti sei sforzato parecchio! - aggiunse pungente - Bene, abbiamo assodato che ti
dispiace, cosa che tra parentesi avevi già detto. Quindi posso andare.
Riafferrò
nuovamente il libro, senza incrociare lo sguardo di Ron.
Ma
anche stavolta non ne ebbe il tempo. Prima che potesse allontanarsi da lui, Ron
le tolse il libro dalle braccia e lo fece volare sul letto alle sue spalle.
- Ron!
Ma che diavolo…
La
afferrò saldamente, facendola voltare; Hermione si ritrovò bloccata tra la
stoffa della tenda e il corpo di Ron. Nonostante ciò, continuò ostinatamente a
non guardarla negli occhi.
Ma Ron
era vicino; tanto vicino da poter sentire il suo respiro sull’orecchio.
- Mi
dispiace. Mi dispiace di non riuscire a trovare delle parole che mi facciano
sembrare meno patetico di quanto io sia in questo momento - disse con
sicurezza.
Hermine
sospirò - Questo non è un mio problema - disse, ma il suo tono era meno ostile.
Stanco, piuttosto.
Evitava
ancora di guardarlo. Non sapeva che effetto le avrebbe fatto guardare Ron negli
occhi.
Anzi
no, lo sapeva bene. Le avrebbe riportato alla memoria tutti i sentimenti che
provava per lui e che aveva, a poco a poco, riportato alla luce nell’ultimo
anno.
Perché
quei sentimenti sarebbero stati molto più forti del risentimento che lei provava
nei confronti di Ron. E se lo avesse guardato negli occhi, non lo avrebbe
potuto più nascondere.
- E’
vero. Non lo è - sussurrò lui, mollando la presa sulla spalla di Hermione e
lasciando scivolare la sua mano sul braccio di lei - E’ colpa mia. E’ stata
solo colpa mia. E credimi, Hermione… - dovette riprendere fiato - Non c’è stata
ora che io non abbia pensato a voi, che non mi sia sentito in colpa…
Lei lo
fulminò con lo sguardo, incontrando quello di lui - Tu… tu ti sei sentito in
colpa? - il respiro le si stava facendo più affannato, gli occhi le prudevano.
Non voleva piangere. Non voleva dargli anche quella soddisfazione - E come
credi che mi sia sentita io? Eh, Ron?
Lui fu
spiazzato da quella reazione: si passò una mano tra i capelli, a disagio - Hermione,
io…
-
Adesso te lo spiego io cos’è il senso di colpa, Ronald - in una litigata
normale, a questo punto, Hermione avrebbe cominciato ad urlare. Ma non
stavolta. La sua voce era un sibilo, carico di delusione - E’ vivere per mesi
senza avere notizie del tuo migliore amico, pensando che se gli fosse successo
qualcosa sarebbe stata solo colpa tua, per non essere riuscita a convincerlo a
restare!
Nella
tenda piombò il silenzio.
Ognuno
di loro sosteneva il proprio sguardo, perso negli occhi dell’altro.
Fu Ron
il primo a distoglierlo.
- Ho
provato a tornare indietro non appena mi ero Smaterializzato… - disse Ron, con
voce atona - Volevo tornare da voi… da te. Io avevo bisogno di te, Hermione. E
ce l’ho ancora.
Hermione
sospirò, alzando gli occhi al cielo per ricacciare indietro le lacrime.
-
Questo non cambia le cose, Ron. Hai messo il tuo stupido orgoglio davanti alla
nostra amicizia… davanti a… a… tutto - non urlava più, ma la sua voce
nascondeva una tristezza profonda.
Ron
scosse la testa, sentendosi intrappolato dalle sue stesse azioni.
Sapeva
bene cosa si celava dietro quel “tutto”: anni di gelosie, di incomprensioni, di
litigi che li avevano portati nell’ultimo periodo a trovare un equilibro, per
il quale entrambi si erano sacrificati.
E lui,
ora, aveva mandato tutto a monte.
Se le
pareti non fossero state di stoffa, ci avrebbe sbattuto contro la testa.
Un
senso di vuoto si impadronì di lui.
In
quel momento Ron capì che ,per la prima volta dopo mesi, la Guerra Magica non
era il suo principale problema, perché stava perdendo la battaglia a cui teneva
di più.
Che
senso aveva continuare a combattere?
Guardò
di nuovo Hermione, stordito dalla sconfitta. Con un gesto spontaneo le scansò
un ciuffo dalla fronte, sollevato dal fatto che lei non lo avesse allontanato.
Lentamente,
una lacrima le rigò una guancia, mentre lei distoglieva lo sguardo,
imbarazzata.
Stava
piangendo.
Magari…
le importava ancora.
Magari…
non era tutto perso.
- Hermione,
ti prego… perdonami… ti prego… - si chiese quanto dovesse sembrarle patetico.
Si avvicinò impercettibilmente e senti il caldo sospiro di lei sul collo.
Hermione
si asciugò una lacrima con un gesto secco, ma il suo tono restava deciso -
Anche io ti ho supplicato, Ron.
Lui si
sentì sprofondare in un baratro. Si prese la testa fra le mani, mettendosi a
sedere sul lettino dietro di sé.
- Hai
ragione. Hai ragione, me lo merito.
Lei
scosse la testa; allungò un braccio verso di lui, ma lo ritirò in fretta.
Rimase in piedi davanti a Ron, a guardarlo tormentarsi, non sapendo cosa la
trattenesse dal sedersi accanto a lui e abbracciarlo.
Hermione
si mise una mano sulla bocca, reprimendo un singhiozzo, chiedendosi come
potesse fargli una cosa del genere. Ma doveva.
Si era
illusa troppe volte e stavolta era stata tanto vicina dal crederci davvero…
Ma poi
Ron se ne era andato.
Aveva
scelta un’altra strada, non lei.
Se
fosse successo un’altra volta, non sarebbe stata in grado di sopportarlo.
-
Questa non è una punizione, Ron - aggiunse più dolcemente - E’ solo… uno spunto
su cui riflettere. Per capire cosa vogliamo davvero.
Lui
annuì, poi tornò a guardarla - Io lo so già, Hermione. Ma aspetterò finchè non
lo avrai capito anche tu.
Titubante,
allungò una mano, accarezzandole il viso. Lei chiuse gli occhi a quel contatto,
ma subito si riscosse.
Hermione
gli sorrise debolmente. Si guardarono per qualche secondo, dopodiché Ron si alzò,
parandolesi davanti. Le afferrò una mano, prima che lei avesse il tempo di
indietreggiare.
- Ti
giuro che aggiusterò le cose - le disse, portandosi la mano di lei vicino le
labbra - Te lo giuro.
Era
una promessa che avrebbe mantenuto ad ogni costo.
Lui lo
sapeva.
Lei ci
sperava.
La
ragazza annuì, debolmente - Adesso però, devi lasciarmi… andare.
Ron
strinse maggiormente la stretta. Si avvicinò ancora a lei, tanto da farla
sbattere contro la ‘parete di stoffa, che vibrò impercettibilmente.
Posò
le labbra sulla fronte di lei, che tremò a quel lieve tocco senza però
spostarsi, assaporando tutte le emozioni di quel momento - Ti verrò a
riprendere, Hermione.
Hermione
sospirò, ritirando la mano.
Fu
come un corto circuito. La rottura di un legame elettrico.
Attese
un attimo prima di tornarsene sul suo letto, dall’altra parte della stanza.
Dopo
un attimo di esitazione, Ron decise di preparare il tè.
Aveva
estremamente bisogno di qualcosa che potesse, almeno in parte, addolcirgli
quella vita che si presentava dura, difficile, ma illuminata da una speranza in
più.
Speranza
che aveva un inconfondibile aroma di vaniglia.