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Autore: Naco    04/10/2009    11 recensioni
C’era una volta, tanti e tanti anni fa, in un regno lontano lontano, un bellissimo bambino che si chiamava Takano...
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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TAKANANTOLO
Aka
Perfect boy Evolution


C’era una volta, tanti e tanti anni fa, in un regno lontano lontano, un bellissimo bambino che si chiamava Takano.
Takano viveva felice con il suo papà, perché la sua mamma era morta, e tutti gli volevano bene: era intelligentissimo e dolcissimo e odiava le ingiustizie; infatti, quando vedeva un altro bambino più sfortunato di lui preso in giro dai compagni, non esitava a picchiare i ragazzini dispettosi per riportare il sorriso sul volto del più piccolo.
Uno sfortunato giorno, però, il suo papà decise di risposarsi. La nuova moglie era una donna vedova e aveva due figli, avuti con due mariti diversi (infatti i ragazzini non si somigliavano per niente): Takenaga e Ranmaru. Sebbene i due ragazzi fossero anch’essi bellissimi e intelligentissimi, la donna non vedeva di buon occhio Takano: il bambino, infatti, era superiore ai suoi figli sia nell’aspetto, che nella prestanza fisica (né Ranmaru né Takenaga infatti erano capaci di picchiare più di due bambini contemporaneamente, il primo perché troppo fine, il secondo perché troppo dedito agli studi da potersi permettere altri interessi diversi dai suoi amati libri), che nell’intelligenza (il piccolo Takano era capace di calcolare fino al milligrammo quanti granchi aveva comprato la cuoca solo guardando la busta piena e riusciva a riconoscere tutti gli ingredienti di una pietanza e ad elencarli nell’ordine in cui erano stati aggiunti, cosa che invece a Takenaga non era mai riuscita, nonostante conoscesse anche le disequazioni di secondo grado!).
Naturalmente, Takano ignorava i pensieri maligni della matrigna e continuava a mangiare e a giocare alla guerra con i suoi amici come sempre.
Tuttavia, un malaugurato giorno il padre di Takano morì: un suo amico gli aveva rivelato in tutta confidenza che suo figlio era stato eletto Il più bello del Villaggio e il cuore del poveretto non aveva retto a una simile notizia: perché suo figlio sì, e lui che si candidava da almeno vent’anni per quel premio non aveva mai ricevuto il prestigioso titolo?
Fu così che Takano si ritrovò a vivere da solo con la matrigna e i due fratellastri. Immediatamente, l’atteggiamento dei tre verso il ragazzo cambiò e la donna lo costrinse ad occuparsi dei lavori domestici.
“Perché solo io devo fare queste cose?” chiese.
“Perché tu sei molto più robusto dei tuo fratelli! Takenaga è destinato a diventare un grande studioso, quindi non ha tempo da perdere con queste sciocchezze, mentre Ranmaru ha una pelle molto delicata e potrebbe farsi male! Io poi sono troppo occupata! Devo cercare il mio settimo marito e non posso mica occuparmi di tutto qui!”
Ma Takano non ci stava a fare la casalinga da solo, così sgattaiolava fuori per poter giocare con i suoi amichetti; tuttavia, le voci girarono in fretta e gli altri bambini iniziarono a prenderlo in giro perché faceva cose da femmine.
“Noi non vogliamo giocare con le femminucce!” lo schermirono e ben presto Takano si ritrovò senza nessun amico; come se non bastasse la matrigna aveva scoperto le sue fughe e, per punizione, l’aveva lasciato a digiuno per una settimana.
Per questo motivo, visto che nessuno voleva essergli amico, il bambino decise che il cibo era più importante di qualsiasi altra persona e che quindi si sarebbe adattato a quella condizione, purché non gli fossero tolti i suoi amati gamberi.
Passarono i mesi, passarono gli anni e il tempo non fece altro che aumentare la bellezza del giovane e l’invidia dei fratellastri e della matrigna.
Un giorno, il telegiornale comunicò una notizia straordinaria: tutti i giovani del regno erano invitati al palazzo reale perché, tra tanti, la principessa avrebbe scelto il suo futuro sposo.
Ovviamente la matrigna di Takano comprese che quella era un’ottima occasione per i suoi due pargoli, così non perse tempo e iniziò i preparativi per il gran giorno.
“Posso venire anche io?” chiese Takano.
“Vuoi scherzare? Mi faresti fare una pessima figura!” commentò secca la donna.
Il ragazzo sbuffò: quella era il palazzo reale e sicuramente ci sarebbe stato così tanto cibo come non ne aveva mai visto in vita sua, e quella donna voleva impedirgli di andarci? Se lo poteva anche scordare!
Il giorno della festa arrivò ben presto e Takano aspettò pazientemente che la sua matrigna e i fratellastri se ne andassero; quando finalmente sentì la loro limousine sgommare via, provò a sgattaiolare dalla finestra, ma, appena la toccò, fu attraversato da una scossa elettrica.
Quella donna l’aveva fregato un’altra volta!
Per la rabbia, Takano colpì il vetro con tutta la forza che aveva, ma l’unico risultato che ebbe fu che venne investito da una nuova scarica. Mezzo morto, si accasciò sul suo letto dolorante: la mano gli faceva così male, che aveva le lacrime agli occhi.
“Oh poverino!” esclamò ad un tratto una voce “Ci tieni così tanto ad andare a quella festa, vero?”
“Chi ha parlato?” chiese invece lui.
“Sono stato io.”
All’improvviso, una pentola si trasformò in un ragazzo dai capelli biondi, vestito di blu, con un cappello a punta in testa.
“Mago Zurlì!”
“Veramente sono una fata e mi chiamo Yuki.” puntualizzò.
“Ma le fate non sono tutte donne, scusa?”
“Sì, ma mia madre non poteva avere figli, così ha provato l’inseminazione artificiale e l’effetto collaterale è stato che sono nato maschio.”
“Capisco… ma adesso da me che vuoi?”
“Beh, sai, ti ho osservato molto in questo periodo: da quando tuo padre è morto, sei stato un bambino molto buono, hai servito la tua matrigna e i tuoi fratellastri senza mai lamentarti, hai smesso di fare a botte…”
“Veramente l’ho fatto perché nessuno voleva giocare con me!”
“… così, per premiarti, ho deciso di realizzare un tuo desiderio! Vuoi andare al ballo della principessa, vero?”
“Sì!”
“Bene!”
Fata Yuki disegnò un cerchio con la sua bacchetta, pronunciò delle parole e Takano si ritrovò addosso un abito nero, elegantissimo, con tanto di papillon e fiore all’occhiello.
“Devo andarci conciato così?” domandò perplesso.
“Certo, altrimenti non ti lasciano entrare!”
“Ma come ci vado, scusa? Non ho mica la macchina e quella donnaccia non mi vuol far prendere neanche la patente!”
Niente paura! La Fata pronunciò ancora altre parole e alcune pentole si trasformarono in una Ferrari Testa Rossa da un milione di euro, con tanto di autista.
“Allora, ti piace?” chiese Fata Yuki soddisfatta; Takano, però, era già schizzato via, alla volta del castello.
“Ehi! Devi tornare prima di mezzanotte, perché a quell’ora la magia scomparirà!” riuscì ad urlargli dietro, prima che l’auto scomparisse alla sua vista.
Quando il ragazzo arrivò al palazzo reale, per un attimo, credé di aver sbagliato posto: non c’era nessun banchetto sontuoso, le luci erano tutte spente, sulle pareti c’erano tante ragnatele e ogni tanto si sentivano dei rumori inquietanti.
Si guardò intorno, perplesso: non c’era nessuno in giro e si chiese dove diavolo potessero essere finiti tutti. All’improvviso sentì un urlo e corse a vedere cosa fosse accaduto. Quando alla fine raggiunse il luogo interessato, per poco non gli venne un colpo: uno strano essere, completamente nero, si muoveva furtivo nella stanza; cinque ragazzi fissavano il punto dove questo si trovava, sconvolti.
“Ehi tu, chi diavolo sei?” urlò.
Quando questi vide Takano, così bello e luminoso, come il sole, per poco non rimase accecato. “Una creatura splendente!” urlò, scappando via.
“Ehi tu, aspettami!”
La strana creatura correva, ma Takano le stava dietro con estrema facilità: dopo tutti quegli anni di lavori domestici, i suoi muscoli si erano rinforzati, eccome! Del resto, lui non era assolutamente intenzionato a lasciarla scappare: quello strano essere aveva in mano l’unica cosa commestibile che avesse visto da quando aveva messo piede in quel posto, e lui aveva troppa fame per lasciarsi sfuggire una simile occasione: non mangiava da ore e sarebbe morto se non avesse addentato qualcosa!
Ad un certo punto, l’essere inciampò in qualcosa e cadde per terra; Takano non aspettava altro e immediatamente l’immobilizzò. Fu in quel momento che, finalmente, poté vederlo in volto: non si trattava né di un animale, né di un fantasma. Era semplicemente una ragazza.
“Allora, ora che mi hai preso, che vuoi? Sei qui per la stessa ragione degli altri?”
“Ehi! Io non-!”
“Principessa Sunako-chan!” urlò una voce femminile e, ad un tratto, Takano vide una giovane donna di bell’aspetto correre verso di loro con delle guardie.
Takano finalmente capì. “Cosa? Tu saresti la principessa?”
“Certo, che ti credevi?”
“Ma le principesse non dovrebbero essere tutte belle, dolci e gentili?! Tu sei brutta da far paura!”
A quelle parole, una strana aura rossa avvolse la presunta principessa e Takano provò un brivido lungo la schiena; istintivamente, indietreggiò.
“Cosa hai detto?” urlò lei, lanciandosi all’inseguimento del ragazzo; Takano riuscì immediatamente a scartare l’attacco della giovane.
Comprendendo subito che salvarsi la pelle era molto più importante di un pezzo di cioccolato, Takano se la diede immediatamente a gambe; tuttavia, la principessa non sembrava intenzionata a farlo scappare così impunemente.
Corse a perdifiato per i corridoi bui del castello, senza tener conto di dove stesse andando, troppo spaventato per poter pensare a qualcosa di diverso dalla fuga. Quando ormai le forze stavano per abbandonarlo e lo stomaco fu colpito da un crampo più forte, vide una porta diversa dalle altre, che attirò subito la sua attenzione: i passi della ragazza si facevano sempre più vicini e lui comprese che entrare lì dentro era ormai la sua unica salvezza.
Una volta nella stanza, si guardò intorno e per poco non cacciò un urlo. Se possibile, quella stanza era ancora più assurda del castello: le finestre erano coperte da pesanti tendaggi neri che impedivano alla luce di entrare dall’esterno; l’unica fonte luminosa proveniva dal desktop di un computer acceso, dove faceva bella mostra di sé un wallpaper di una scena splatter di qualche film dell’orrore, di cui evitò accuratamente di chiedersi il titolo; intorno a lui, una serie di teschi, scheletri e strani manichini.
La porta si spalancò e la principessa entrò nella stanza.
“Tu! Come ti sei permesso di entrare nella mia stanza?”
“La tua stanza?!” se è possibile, Takano era ancora più sconvolto. “Ora capisco quell’appello disperato in televisione! Solo un pazzo chiederebbe in sposa una principessa malata come te!”
Non ebbe neanche finito di parlare, che le campane suonarono la mezzanotte e, come in un flash, Takano ricordò le parole della fata: entro pochi secondi sarebbe tornato normale e, non solo non era riuscito a mangiare niente di buono, ma aveva addirittura scoperto che la famosa principessa era una svitata! Si rese conto che non poteva assolutamente restare lì: se le guardie l’avessero beccato, sicuramente l’avrebbero rinchiuso in prigione. E non è che ci tenesse tanto, soprattutto perché avrebbe voluto dire restare ancora in quel castello maledetto.
Si guardò intorno ed ecco che finalmente la vide, la sua ancora di salvezza: con uno scatto, prese il mantello che ricopriva uno scheletro e se lo mise addosso.
“E comunque non ti preoccupare, me ne vado subito!” urlò e con un balzo la superò, correndo verso l’uscita del castello.
La principessa, però, non sembrava intenzionata a fargliela passare liscia così impunemente, perché continuò a rincorrerlo per tutto il castello, intimandogli di restituirgli qualcosa, che lui indovinò essere il mantello.
Arrivò a casa completamente trafelato e distrutto, non sapeva bene se a causa della corsa, della fame o dello shock; si rinchiuse in camera sua, nascose il mantello sotto il suo letto per farlo sparire alla vista, in attesa di decidere come sbarazzarsene.
“E tutto per uno stupido mantello!” brontolò prima di addormentarsi.
Intanto, al castello, erano tutti in agitazione: la principessa Sunako correva da una parte all’altra sconvolta: sua sorella Noi non l’aveva mai vista così, neanche quando Hiroshi, il suo amato manichino, era stato portato via da una delle cameriere per lavarlo, e lei non l’aveva più trovato per alcuni giorni.
“Ma cosa è successo, Sunako-chan?” le chiese.
“Quel tipo me l’ha rubato! Brutto ladro! Lo voglio indietro!”
Noi ci pensò su e ricordò di aver visto un ragazzo correre via con il mantello della sua amata sorella. Quindi, se lui si era portato via qualcosa di Sunako, significava che si era innamorato di lei, non c’erano dubbi! E Sunako, dal canto suo, non aveva mai mostrato attaccamento a nessuno dei vestiti che aveva, quindi la ragazza sospettò che l’interesse di sua sorella non fosse per il capo di vestiario, ma piuttosto per il ragazzo che gliel’aveva sottratto. Oh, la sua Sunako! Ma perché non era onesta con i suoi sentimenti, una volta tanto?
Il giorno dopo il telegiornale mandò in onda un annuncio secondo il quale chiunque avesse notizie del ragazzo che aveva preso il mantello della principessa era pregato di comunicarlo con urgenza.
Naturalmente, non giunse alcuna notizia al castello: nessuno aveva visto nulla e Takano non aveva intenzione di rivedere la principessa e di essere rinchiuso con l’accusa di furto.
Visto che non c’erano novità e che la principessa non accennava a calmarsi, Noi decise che avrebbero attraversato il regno, pur di trovare questo famigerato ragazzo: forse il giovane era soltanto molto timido e temeva la notorietà che sarebbe derivata dal matrimonio con sua sorella.
Le due ragazze, in incognito, girarono in lungo e in largo, ma senza alcun risultato: avevano visionato tutti i mantelli neri esistenti, ma Sunako era sicura che non fosse nessuno di quelli. Ormai le principesse erano demoralizzate e decise ad abbandonare le ricerche, perciò si fermarono nell’ultimo paese per riposarsi un po’ e prendersi un caffè prima di tornare al castello. Le due erano sedute in un bar, quand’ecco che Sunako scattò in piedi e si lanciò fuori dal locale. L’aveva trovato, finalmente!
“Ehi tu, ladro! Restituiscimi ciò che mi hai rubato!” gridò la ragazza
Alla vista della giovane, Takano, più che mai deciso a non avere più niente a che fare con lei, mollò le buste della spesa che aveva in mano e corse via; la principessa gli fu subito alle calcagna.
“Che accidenti vuoi?”
“Restituiscimi quello che mi hai rubato, ladro!”
“Dopo mi lascerai in pace?!”
“Tu dammi solo quel che è mio!”
Takano corse verso casa, seguito dalla ragazza: alla vista della fanciulla, la matrigna e i due fratellastri si prostrarono a terra, chiedendosi cosa diavolo ci facesse in una casa normale e luminosa come la loro, ma troppo sconvolti per domandare spiegazioni a Takano.
“Eccolo!” l’apostrofò intanto lui, indicandole il famigerato mantello. “Prenditelo!”
Gli occhi della principessa si spalancarono e una lacrima bagnò la sua guancia; per un attimo, Takano pensò che gliel’avrebbe restituito volentieri anche prima, se davvero la rendeva così felice.
Tuttavia, Sunako cercò qualcosa all’interno del mantello e, una volta trovato quel che cercava, lanciò via il capo senza tanti complimenti.
“La mia mannaia! La mia preziosa mannaia!”
“La mannaia?!”
“Certo! Me la regalò mia madre quando ero piccola! Non vedi com’è carina? E’ una miniatura perfetta di quelle che usavano i boia nelle loro esecuzioni!” cinguettò felice, stringendosi l’oggetto al petto, come se fosse un tesoro ed ignorando completamente il gelo che era caduto nella stanza alle sue parole, nonostante fosse pieno agosto.
“Oh, Sunako-chan, allora è lui il famoso ragazzo!” esclamò felice Noi, appena arrivata. “Sì, me lo ricordo, ed anche più carino di quel che mi sia sembrato inizialmente! Bene, celebreremo subito le nozze, che ne dite?”
Nessuno rispose, la principessa felice per aver ritrovato il proprio tesoro; Takano shockato all’idea di aver tenuto per tanti giorni sotto il suo letto una mannaia, anche se in scala; Takenaga, colpito dalla bellezza e dalla grazia della principessa Noi; sua madre e i suoi fratelli, troppo sconvolti da tutto ciò che avevano appena visto.
Fu così che i due giovani, dopo mille peripezie, riuscirono a coronare il loro sogno d’amore: lei, con la sua mannaia; lui, con i suoi amati gamberi (che erano molto più buoni di quelli che mangiava a casa sua!).
E vissero tutti felici (?) e contenti (?)!


FINE


Probabilmente i fratelli Grimm, Perrault e Basile si staranno rivoltando nella tomba adesso (e come dar loro torto? XD), ma finalmente l’ho finita! *_* L’idea mi è venuta qualche sera fa, prima di addormentarmi (la notte porta consigli, è vero: pessimi! XD): alcuni personaggi sono troppo, troppo perfetti per alcuni ruoli! XD Lo so, sono malata mentale come e più di Sunako! XD
Questa storia partecipa al Fairy Tale di Fanworld.it e alla Criticombola di Criticoni (prompt numero 38).
   
 
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