Narcissa era
seduta su di una poltrona rossa vellutata, scrutando coi suoi occhi
grigi il cielo
plumbeo che minacciava pioggia.
Come tutti i Venerdì sera, non era tenuta ad aspettare il
marito che
probabilmente sarebbe tornato la mattina presto, ma lei era stufa.
Era stufa di essere la marionetta di Lucius, il suo giocattolino, il
suo
pupazzino anti-stress.
L’amore che aveva provato per lui si era consumato negli anni
e schiacciato da
ingiustizie, tradimenti e soppressioni, ma c’era ancora
qualcosa? Poteva (
nonstante tutto …) provare ancora qualcosa per
quell’uomo?
Narcissa guardò la sua immagine riflessa nel vetro della
finestra: cosa vedeva?
Un bella donna, dai lunghi e ricci capelli corvini, con due occhi
freddi,
glaciali, ma che presentavano occhiaie dovute alle notti passate
insonni a
pensare.
L’unico suo sollievo era stato il suo unico figlio, Draco, ma
adesso anche lui
l’aveva abbandonata per seguire il Signore Oscuro.
Era sola, in quel mondo che era stato tanto crudele con lei.
Eppure, ogni volta che suo marito ritornava a casa, non riusciva a
reprimere
quel senso di sollievo nel vederlo in salute.
Era troppo buona, ecco tutto.
Il suo cuore corrotto si era venduto a quello spirito malvagio e sadico
di
Lucius che, volente o nolente, nella sofferenza e nel dolore, avrebbe
sempre
amato.