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Autore: KyubiKonanOfAkatsuki    12/10/2009    3 recensioni
[Prequel di Kowaii Kitsune]Come è nato il CP9? Perché Lucci è il più forte assassino mai visto dalla sua creazione, e qual'è il perché della sua rivalità con Jyabura? In questa storia, racconterò la nascita del CP9 aggiungendo il mio OC alla vicenda. [Kaku si tranquillizzò al tono di voce di Kokitsune, ora più o meno incolore. Lei era fatta così, ma dopotutto nella visita medica della scorsa settimana le erano stati riscontrati chiari segni di schizofrenia, ma a lei non sembrava importarne molto. Kalifa sosteneva che la sua amica era perfettamente normale e non era pazza, ma a volte non ne sembrava convinta neanche lei.
Kokitsune: -Aspetta, ora tocca a me farti qualche domanda… Che ne so, pensi che io sia pazza?-
Kaku: -No, assolutamente… Perché?-
Kokitsune: -Lo so che lo pensi. Tutti lo pensano. Anche Kalifa, ma per bontà o forse pietà non me lo dice! Io ti faccio pietà, ammettilo!-
Suonava aggressiva, di nuovo nervosa...]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cipher Pool 9, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[E’ difficile la vita, quando tutti ti vedono come un demonio. Vieni deriso, umiliato, picchiato anche se non hai fatto nulla, conta solo come appari, non come sei dentro. Kokitsune lo sapeva bene. C’era una persona, invece, che era davvero degna di quell’appellativo ma per le sue ‘normali’ caratteristiche veniva lasciata in pace e veniva anzi lodata come una figura da imitare, anche a soli tredici anni… Lucci. Ma lui, a differenza di lei, amava uccidere. Faceva del sangue un lusso al quale non poteva rinunciare, e le sue azioni ricadevano su Kokitsune, allora non ancora un membro effettivo del CP9. Lei veniva giudicata per quello che appariva. Ma vi racconterò la loro storia, e non solo. Perché non è solo la loro, ma quella del CP9 di allora]

 

Lui era lì, seduto, che guardava il pavimento.

Al bordo di un marciapiede, che guardava torvo i passanti che si affrettavano verso le loro case, prima del calar della notte. Tra le mani, un tozzo di pane che stava sbriciolando per il suo piccione, Hattori, che stava appollaiato sulla sua spalla, vicino ai suoi capelli lisci, corti e vagamente ondulati. Le sue piume bianche contrastavano notevolmente con i capelli, neri corvini.

 

Lucci: -Tieni Hattori, e fattelo bastare fino a domani, che non abbiamo altro-

 

Lucci aveva solo sei anni, quando venne iniziato alle Rokushiki.

Non aveva famiglia, e si vedeva, dato che viveva per strada. Sua unica compagnia era appunto Hattori, piccione che aveva salvato dalle grinfie di un gatto che lo stava per mangiare. Ogni tanto, se il cielo gliela mandava buona, mettevano le mani su un po’ di cibo, ma per il resto vivevano alla giornata. Ma quella sera sarebbe stata l’ultima notte trascorsa per strada.

 

???: -Tu, bambino… Vieni con me-

Lucci: -Oh? Chi sei?-

 

La voce estranea era quella di un uomo adulto. Sembrava parecchio deciso, e comunque Lucci era solo un bambino, anche se si fosse opposto non avrebbe fatto una gran differenza. Una mano lo afferrò con forza dal magro braccio, alzandolo violentemente.  

 

???: -Mi chiamo Spandine, orfanello. Verrai addestrato per diventare un membro del CP9. Una volta giunti a destinazione, verrai informato-

Lucci: -Mi lasci! Mi sta facendo male!-

Spandine: -Non scherzare! E comunque, perché ti preme così tanto la vita? Non hai nessuno accanto, nessuno che chieda di te, non hai neanche un tetto sotto il quale ripararti! Anzi, per sopravvivere rubi anche. Non mi darai a bere che quel tozzo di pane te lo sei guadagnato onestamente! A questo punto, se devi proprio vivere, renditi utile!-

 

Quelle parole avevano colpito il bambino. Non si era mai posto quelle domande, e sentirsele rinfacciate così di colpo con tono duro e seccato, facevano particolarmente effetto.

 

Lucci: -… Dove mi porta?-

Spandine: -Alla nostra base. Ne abbiamo una in ogni città, delinquente!-

 

Una volta arrivati alla base della Marina, Lucci venne fatto accomodare in un ufficio molto ordinato. Si respirava un forte odore di caffé, e numerosi fogli erano accatastati sulla scrivania in lucido legno davanti a lui. Si era accomodato in una poltrona in pelle nera, come gli era stato detto, in attesa dello stesso uomo che l’aveva raccolto dalla strada. Si strofinò gli occhi: aveva sonno. Dopotutto era mezzanotte, e lui era abituato ad essere a dormire da qualche parte a quell’ora.

Un rumore: Spandine era appena entrato nell’ufficio, con un pezzo di carta e una penna in mano. Chiuse la porta dalla quale era entrato e si accomodò oltre la scrivania, di fronte a Lucci.

 

Spandine: -Allora… Il tuo nome-

Lucci: -Rob Lucci-

Spandine: -Età-

Lucci: -Sei anni-

Spandine: -Sei predisposto a malattie?-

Lucci: -No-

Spandine: -Questo lo deciderà il nostro dottore… Ti esaminerà domani. Comunque, paure?-

Lucci: -Nessuna-

Spandine: -Ultima cosa… Per stasera. Ti piacciono i gatti?-

Lucci: -Che razza di domanda è questa? Comunque sì. Mi piacciono-

 

Hattori, irritato, volò dall’altra parte della stanza. Lucci sorrise, il piccione aveva un buon motivo per odiare i felini.

 

Spandine: -Molto bene. Abbiamo un Frutto del Diavolo, a quanto ci hanno detto è uno Zoan modello Felis Felis, e lo daremo a te. Hai bisogno di diventare forte, se vuoi esserci d’aiuto…-

Lucci: -Ok. Non so neanche cosa sia un Frutto del Diavolo, ma se proprio devo prenderlo e mi farà diventare forte…-

Spandine: -Non te ne pentirai. Ora vattene di qui, qualcuno ti indicherà il tuo alloggio per stanotte, e dormi. Avrai bisogno di tutte le tue forze per domani-

 

Nonostante le ultime parole dell’uomo abbiano lasciato il bambino perplesso, obbedì. Fuori dalla porta, evidentemente a origliare, c’era un adolescente (quattordici anni) vestito con una camicetta bianca e dei pantaloni neri. I capelli viola e gli occhi apparentemente pesti, lo guardava con invidia.

 

???: -Mhm. Papà dice così a tutti… Beh, io sono Spandam. Ti devo indicare dove dormi-

Lucci: -Va bene. Fammi strada-

Spandam: -Spero che non ti faccia problemi condividere la stanza con un altro moccioso… Si chiama Jyabura, ha sei anni più di te. L’abbiamo già da un po’-

 

Il ragazzo lo guidò attraverso i corridoi della sede. Erano molto puliti, e nonostante fosse notte tarda molti Marines erano ancora in piedi a lavorare. Salirono delle scale e percorsero un corridoio pieno di porte, tutte uguali, se non fosse che avevano una targhetta con un numero diverso per ogni stanza. Arrivarono fino alla numero tredici e Spandam entrò senza nemmeno bussare, provocando l’ira di un bambino poco più piccolo di lui. Un undicenne, per la precisione, i lunghi capelli neri e sciolti, una cicatrice sull’occhio sinistro.

 

Spandam: -Hai compagnia, marmocchio-

Jyabura: -Cosa?! Qui non c’è posto per tutti e due!-

 

Lucci capì fin dal primo momento che non sarebbe andato d’accordo con Jyabura, che era un’attaccabrighe e di certo non si sforzava di fare amicizia.

In ogni caso, la stanza dove erano alloggiati era piccolina, e sulla moquette marrone segni di… Graffi.

 

Jyabura: -Una volta tanto che ho qualcosa solo per me scopro che devo condividerla!!!-

Spandam: -Ma questo lo abbiamo raccattato dalla strada, come te, piccolo lurido verme!-

Jyabura: -… Guarda che mi trasformo-

 

Lucci si meravigliò. Spandam indietreggiò appena, ma non sembrava intimorito.

 

Spandam: -E noi ti buttiamo in mare. A te insegnano pure le Rokushiki, ma devono provvedere al rispetto! Tu altro, come ti chiami… Quello è il tuo compagno di stanza-

 

Spinse dentro il bambino e chiuse la porta. Si sentì la chiave scattare nella serratura e chiuderli dentro.

 

Jyabura: -Tsk… Fa sempre così-

Lucci: -Prima hai detto ‘mi trasformo’… Che volevi dire?-

Jyabura: -Beh, che mi trasformo. Sai che vuol dire?-

Lucci: -Sì, ma… La gente non si trasforma-

Jyabura: -Ahah, non sai farlo? Ti faccio vedere-

 

Jyabura sembrava contento che il suo nuovo compagno di stanza non sapesse trasformarsi. Sembrava comunque che avesse problemi a farlo, ma ci riuscì: una coda da lupo, la pelliccia grigia e il muso a punta.

 

Lucci: -Sei un lupo mannaro-

Jyabura: -No, mi hanno dato un Frutto del Diavolo e l’ho mangiato. Sai, li danno soltanto ai ‘forti’-

Lucci: -Ah, allora tu sei forte-

Jyabura: -Puoi dirlo-

 

Lucci decise di non far arrabbiare subito il ragazzo lupo dicendogli che anche lui avrebbe avuto quel potere. Prima bisognava cercare di farselo amico… Finché non sarebbe stato abbastanza forte da tenergli testa.

 

Lucci: -Sai se ci sono altri nella ‘squadra’ dove ci devono mettere?-

Jyabura: -Oh, sì. Non so quando arriveranno, ma so che c’è una che è una volpe umana, sai le kitsune... Una biondina sua amica, uno con il naso squadrato… Ma comunque, a quanto ho sentito, il Governo sta ancora ‘negoziando’…-

Lucci: -Sai molte cose-

Jyabura: -Sai, alcune cose le dicono solo a noi agenti… Aspetta di esserlo anche tu…-

 

Si vantava Jyabura, pieno di sé. Il bambino si buttò subito nel letto che gli era stato preparato, sprofondando con la testa nel cuscino. Anche se il suo compagno era odioso, aveva un posto sicuro e caldo per dormire.

  
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