Fissai
l'immagine idilliaca al di là della finestra che portava al
patio:
Jasper seduto sul gradino più in alto stava leggendo
qualcosa,
probabilmente un libro di poesie, dato che Renesmee, aggrappata alla
sua schiena, poggiava il mento sulla sua spalla destra e gli
circondava il collo con il braccino sinistro. Alice si alzò
da
divano e mi raggiunse, allarmata.
- Bella, non
preoccuparti, sto controllando ogni suo singolo pensiero. E' a posto. -
La
fissai sconcertata. Ormai, avevo piena fiducia in lui. E mi faceva
infuriare che anche il resto della mia famiglia non lo avesse. Mi
aveva fatto una promessa.
Ed ero certa che l'avrebbe mantenuta. Scrollai le spalle, sbuffando.
Frugai nel cassetto del mobile all'ingresso e mi avvicinai alla
portafinestra. Scattai una foto. E sorrisi compiaciuta, voltandomi
verso Alice e lanciandole la fotocamera.
- Guarda quanto sono
belli -
Scossi la testa. Me lo aveva promesso.
Ripensai all'ultimo battito del mio cuore, ai miei occhi che si aprivano alla realtà, al primo bacio con Edward.. alla prima volta che fissai il collo e il viso di Jasper con quegli occhi nuovi.
Era stato in quel preciso istante che avevo avuto paura di lui.
Non il giorno in cui l'avevo incontrato, non quello in cui aveva “addestrato” tutti per combattere Victoria e i neonati, non quando mi aveva raccontato della sua vita, nemmeno quando mi aveva attaccato la sera del mio compleanno. Da vampiro a vampiro. Ma sapevo di non avere niente da temere. Anzi, da quel momento la mia sicurezza si era come moltiplicata in modo esponenziale non solo perchè sapere di averlo dalla nostra parte mi suggeriva che nessuno avrebbe mai fatto niente di avventato verso di lui e di conseguenza verso di noi, ma più che altro perchè ricordavo meglio di tante altre cose, in quella parte annebbiata della mia mente dove stavano i vecchi ricordi, il giorno in cui si era scusato con me.
Sorrisi.
Si era avvicinato cauto, a passi lenti, mentre Edward mi stava aiutando a mettere il cappotto. Ero ancora confusa dal suo voto positivo e credevo che avesse scelto per il sì principalmente per Alice. Edward si era irrigidito. Io mi ero fatta prendere un po' dalla confusione, non capivo cosa stesse per succedere. Ma ero serena, trionfante. C'era Edward vicino a me e non avevo niente di cui aver paura. C'era questa defezione in qualche lobo del mio cervello che mi faceva sentire protetta e sicura anche se conoscevo le controindicazioni del frequentare una famiglia di vampiri. Era uno degli argomenti preferiti di Emmett sul quale sfottermi. Ora ne aveva altri. Purtroppo.
E poi Jasper si era fermato di fronte a noi, probabilmente senza respirare e quello più confuso sembrava essere lui. Ero praticamente certa che stesse saggiando l'atmosfera e che stesse scandagliando quello che provavo. Ma in quel momento mi sentivo amata, protetta, serena. Edward era tornato da me. O meglio, ero andata a riprendermelo giusto in tempo. E non facevo una colpa a Jasper per la mia incapacità e goffaggine. Mi dispiaceva per tutti i danni che avevamo fatto, quello sì. Per l'imbarazzo di riempire di sangue la loro casa. Per essere stata, da umana, così maldestra e impedita.
- Bella.. tu non hai paura di
me
-
Lo fissai, sempre più confusa, ma stavo arrivando alla soluzione. Jasper si sentiva in colpa. Mi voltai verso Edward fissandolo e mordendomi il labbro inferiore. Speravo ardentemente che non avessero litigato a causa mia o qualcosa del genere. E tornai a Jasper distrattamente, la sua era stata una domanda retorica. Cercai di sorridere.
- Beh... no. Dovrei? -
Jasper abbassò lo sguardo e sentii Edward soffocare una risata.
- Bella, ti devo delle scuse... Sono qui per scusarmi con te, per aver scatenato tutto questo. Mi dispiace, mi dispiace sinceramente. Spero che tu possa accettare le mie scuse, anche se riconosco che hanno davvero poco valore. E se non vorrai accettarle capirò, il primo a non accettare i miei limiti sono io. Sono mortificato e non avrei mai voluto che si arrivasse a tanto, che dovessi mettere la tua vita a repentaglio ancora e in modo molto più pericoloso. -
Mi fissò, in attesa che io dicessi qualcosa.
Ero sorpresa. Forse ero rimasta anche a bocca aperta, con la solita espressione da pesce bollito mentre rimettevo in ordine i pensieri e cercavo le parole giuste.
- Jazz, grazie. Ma non posso
accettare le tue scuse, perchè non hai niente di cui
scusarti. Non ti ho mai ritenuto responsabile di nulla e non voglio che
tu pensi di esserlo stato. Non ho paura di te, non ne ho mai avuta e
mai ne avrò. Quello che è successo, doveva
succedere e basta. E si è risolto. Quindi, per favore,
smetti di preoccuparti a riguardo. Ok? -
Mi
guardò basito. E io allungai la mano verso di lui, stendendo
il
braccio. Il suo sopracciglio si incurvò e poi con uno
scatto,
strinse la mia mano delicatamente. Gli sorrisi e lui
ricambiò.
Quando la nostra presa stava per sciogliersi lo trattenni.
- Il primo passo per superare i propri limiti è accettarli. Ce la farai.. Jazz, ne sono sicura. Abbi fiducia in te stesso -
Alice
mi prese a braccetto, sorridendo. Tornai al presente.
- Stai decidendo se ricordaglielo o no? -
La fissai e non potei fare a meno di ricambiare il sorriso. E lanciai un'altra occhiata al di là della portafinestra, mia figlia, il nostro miracolo, abbracciata così a Jazz, con il suo sangue profumato che pompava feroce al ritmo del suo piccolo isterico cuoricino, così vicina, così disinvolta, così rilassata, così felice.
Mi voltai verso Alice.
- Penso che ci stia pensando Renesmee, più o meno ogni giorno -
Lei sospirò rumorosamente.
- Poi, spiona come sei, figuriamoci se arrivi a stasera senza dirglielo tu! -
E la risatina di Renesmee attirò la nostra attenzione, contagiosa per noi, per Jasper, forse addirittura per Esme che ero quasi sicura li stesse spiando dalla finestra della cucina.
E
ricordai, molto più chiaramente, senza alcuna fatica, il
giorno in
cui avevo deciso che non sopportavo più vederlo girare
attorno a
Rosalie o ad Edward o a me come un satellite e gli avevo posato
Renesmee tra le braccia, avvolta nella sua copertina arancione,
capace di sciogliere la sua smorfia contrita con una piccola carezza.
Lo avevo incoraggiato a rilassarsi, nonostante Emmett si fosse alzato
dal divano di scatto e Rose lo stesse fissando truce.
- Penso che.. mi abbia voluto far capire che aspettava questo momento -
Disse, d'un fiato, emozionato.
Gli sfiorai il braccio.
- Non le farai mai del male -
Non era una domanda o una richiesta. Niente mi fece tremare la voce.
Era un affermazione, una convinzione.
Era fiducia.
Mi fissò, mi fissarono tutti.
- Te lo prometto, Bella -