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Autore: Deha delle Tenebre    14/10/2009    1 recensioni
Guardando una fotografia, una polaroid graffiata - immagini di vita senza senso - ho cercato di trarne fuori un qualcosa di bello, seppur disperato, che potesse competere in un concorso di scrittura. Spero possa piacervi, e buona lettura, come sempre.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I am not okay

 

Releases life in me 
In our mutual shame we hide our eyes [...]

Evanescence - Understanding

 

Ti avvicini a me con un sorriso sardonico che mi strappa un brivido.
- Sei mia, - sussurrano le tue labbra, all’altezza del mio orecchio – mia, mia, incondizionatamente mia. -
I tuoi occhi sono cenere, i tuoi capelli diamante, il tuo tocco caldo, rovente, come avvolto da fiamme. Ma non è vera passione quella che ti muove, che ti fa strusciare sul mio corpo, inducendomi a gemere di piacevole sofferenza.
Le tue carezze sono mosse da straziante nostalgia, il ricordo sfugge dalla polaroid alla quale l’hai rilegata e raggiunge la tua memoria.
E allora gridi, perché vorresti scappare da quel dolce sorriso immerso nel grano.
Vorresti allontanarti dal fantasma di ciò che non puoi più possedere, stringere forte con quelle stesse dita che ora stanno toccando me.
Ti perdi in lei, nell’eco del fruscio dei suoi capelli biondi come il sole, in quella pelle abbronzata che sa di mare. Ti manca terribilmente il suo sguardo e, ancor di più, il suo respiro sul tuo corpo affamato.

Semplicemente, non è più qui con te. La tua creatura se n’è andata, imprigionandoti in una prigione peggiore della morte.
Ma ci sono qui io; non è abbastanza?
No, non lo è mai stato.
Lo vedo nei tuoi occhi bramosi, ogni volta che ti sento dentro di me: c’è solo desiderio di dimenticare e di perdersi, non hai più spazio per il tenero amore.
Sono dunque il capo espiatorio? La donna su cui puoi sfogarti senza ritegno?
Se quella tua espressione in agonia non mi affascinasse tanto, sarei già fuggita anch’io.
Forse è proprio il tuo non poter fare a meno della memoria di lei a trattenermi.
Mi prendi con quella brutalità che mi fa sentire viva, dopo anni e anni di degrado interiore, e manca così poco prima che io possa toccare l’arcobaleno con un dito.
Eppure, lacerandomi, tu non guarisci.
Malato di un romanticismo dannato, ti chini su di me e sospiri. Stai piangendo, e mi stringi forte. In questo momento non mi lasceresti per nulla al mondo, soltanto perché sono la bambola di porcellana che può comprenderti.
Soltanto perché lascio che la tua mano mi sfiori ancora, mi accarezzi le gambe, il ventre, il seno, le labbra.
Ti piacciono, Thomas?
Sono carnose, due petali di ciliegio dischiuse in un vermiglio segreto. E allora mi prendi un’altra volta, con più violenza e più bisogno della prima.
- Sei mia. – ripeti durante l’atto, come una litania che ti salverà dalla disperazione.
È così ovvio, caro. Certo che sono tua, ma non sono ciò che vuoi.
La mia pelle è bianca come il latte, e tu odi che sia baciata dalla luna. I miei occhi sono color nocciola, non verdi come i suoi. E i miei capelli?
Continui ad accarezzarli, preso dalla foga del momento, e al contempo fingi che non siano della stessa tinta dell’ebano. Menti a te stesso, menti a me, menti addirittura a lei!
- Feriscimi! – grido allora, in un gemito.
E tu obbedisci, richiamato da qualcosa di ancestrale, di tanto doloroso da soffocare il respiro e l’anima.
Le tue mani, così grandi rispetto alle mie, si posano sulla mia carne fremente.
Mi baci con una forza tale da lasciarmi le labbra livide e, con un ruggito, sfumi il rossetto.
Ora il mio viso pare una maschera tumefatta e seducente al contempo, con quello scarlatto che ricorda il sangue.
Continui la tua opera imperterrito, entri ed esci a tuo piacimento.
Alcune lacrime scivolano lungo le mie guance, scavando nella carne.
Un urlo, un respiro affannato, un oblio senza nome.

Sono tua, dannatamente tua, ti capisco come nessun altro.
Ma la porcellana è così fragile.

 

  
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